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La National Security Agency sta spiando le registrazioni telefoniche di milioni di utenti americani di Verizon, una delle maggiori compagnie di telefonia degli Usa, sulla base di un ordine segreto di un tribunale emesso in aprile. Lo denuncia il Guardian online.

L'ordine della Foreign Intelligence Surveillance Court (Fisa), emesso il 25 aprile, chiede a Verizon di dare informazioni alla Sicurezza Usa su tutte le chiamate telefoniche fornite dai suoi sistemi giorno per giorno, sia all'interno del Paese che tra gli Stati Uniti e altri Paesi, scrive ancora il Guardian che ha ottenuto una copia del documento. Il documento, sottolinea il giornale britannico, mostra per la prima volta che sotto l'amministrazione Obama le registrazioni delle comunicazioni di milioni di cittadini americani vengono raccolte indiscriminatamente e in massa, a prescindere dal fatto che gli utenti siano sospettati o meno di un illecito. Il Fisa ha concesso il via libera all'Fbi il 25 aprile dando al governo la possibilità di ottenere i dati per tre mesi, fino al 19 luglio. In base alla decisione della Corte, vengono raccolti i numeri di entrata e uscita delle chiamate, i dati sulla localizzazione, gli orari e la durata, ma non i contenuti.

L'amministrazione Obama difende la pratica dei controlli sulle telefonate degli utenti di Verizon definendola "uno strumento fondamentale per proteggere la nazione dalle minacce terroristiche', ha detto un alto funzionario della Casa Bianca.

Un alto funzionario dell'amministrazione Obama conferma la raccolta di dati sulle telefonate di milioni di utenti dell'operatore Usa Verizon."Decliniamo ogni commento", ha risposto anche Verizon attraverso il suo portavoce a Washington Ed McFadden.

L'ordine per la sorveglianza telefonica emesso da un tribunale Usa e pubblicato dal Guardian, "é autentico" e "sembra un atto di routine di rinnovamento di una direttiva emessa per la prima volta dalla stessa corte nel 2006". Lo scrive il Washington Post, citando funzionari dell'amministrazione Usa e un esperto, tutti coperti dall'anonimato.

Il ministro dello Sviluppo Economico, Zanonanto, interviene durante la recente assemblea 2013 di Confindustria

 

In attuazione di una specifica azione prevista nel programma comunitario PON “Ricerca e competitività” FESR 2007-2013., il Ministero dello Sviluppo economico, con il Decreto 6 marzo 2013, ha deciso di istituire un nuovo regime di aiuto finalizzato alla promozione della nascita di nuove imprese nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, prevedendo due tipologie d’intervento:

aiuti in favore delle piccole imprese di nuova costituzione (Titolo II del decreto)

sostegno ai programmi di investimento effettuati da nuove imprese digitali e/o a contenuto tecnologico (Titolo III) .

Le risorse finanziarie disponibili sono costituite da:

-          100 milioni di euro, rivenienti dal PON “Sviluppo imprenditoriale locale” FESR 2000-2006, per il primo intervento, riservato alle imprese con sede legale e operativa nelle aree di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia individuate nella Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale

-          90 milioni di euro, a valere sul PON “Ricerca e competitività” FESR 2007-2013, per il secondo intervento, riservato alle imprese con sede legale e operativa nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

Per entrambi gli interventi i soggetti beneficiari sono le imprese di piccola dimensione costituite in forma societaria da non più di 6 mesi dalla data di presentazione della domanda di agevolazione, nonché le persone fisiche che intendono costituire una nuova impresa.

Nel caso degli aiuti in favore delle piccole imprese di nuova costituzione (Titolo II) l’agevolazione concedibile è rappresentata da un contributo, nel limite massimo di 200.000 euro, a parziale copertura dei costi sostenuti dall’impresa nei primi 4 anni, decorrenti dalla data di presentazione della domanda di agevolazione, connessi alla realizzazione di un piano di impresa finalizzato a:

- introduzione di nuove soluzioni organizzative o produttive

- ampliamento del target di utenza del prodotto o servizio offerto.

I costi agevolabili sono quelli riferiti a:

-          interessi sui finanziamenti esterni concessi all’impresa

-          costi (spese di affitto, canoni di leasing e/o quote di ammortamento) relativi all’acquisto della disponibilità di impianti, macchinari e attrezzature tecnologici necessari all’attività di impresa

-          costi salariali relativi al nuovo personale dipendente assunto dall’impresa.

Per il sostegno ai programmi di investimento effettuati da nuove imprese operanti nell’economia digitale o a contenuto tecnologico, proposti da nuove imprese e finalizzati a valorizzare economicamente i risultati del sistema della ricerca pubblica e privata (Titolo III) è previsto invece, nei limiti del regime de minimis (200.000 euro), un contributo in conto impianti, accompagnato da un servizio di tutoring tecnico-gestionale a sostegno della fase di avvio.

Sono ammissibili le seguenti spese:

impianti, macchinari e attrezzature tecnologici; componenti hardware e software; brevetti e licenze

certificazioni, know-how e conoscenze tecniche, anche non brevettate, purché direttamente correlate alle esigenze produttive e gestionali dell’impresa; progettazione, sviluppo, personalizzazione, collaudo di soluzioni architetturali informatiche e di impianti tecnologici produttivi, consulenze specialistiche tecnologiche funzionali al progetto di investimento, nonché relativi interventi correttivi e adeguativi.

Il Decreto 6 marzo 2013 è in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. E’ prevista a breve l’emanazione di una circolare che, oltre a indicare specifiche condizioni di ammissibilità alle agevolazioni e ulteriori elementi sui criteri e sull’iter di valutazione delle domande, stabilirà i termini per la presentazione, a partire dal prossimo mese di settembre, delle istanze da parte delle imprese.

La fiscalità immobiliare è caratterizzata – oltre che da una gravosità ormai non più sopportabile – da assurdità, paradossi e illogicità. Al proposito, la Confedilizia segnala un’incongruenza toccata con mano, negli ultimi mesi, da un numero crescente di locatori.

Capita con sempre maggior frequenza – chiarisce l’organizzazione storica dei pro- prietari di casa – che vi siano proprietari disposti a concedere una riduzione del canone a un proprio inquilino che rischia di diventare moroso, perché non più in grado di pagare l’importo pattuito. Se locatore e conduttore concordano di formalizzare la riduzione, l’Agenzia delle entrate ha fatto presente che occorre registrare la modifica del contratto, per ridurre il carico d’imposte gravanti sul canone. Infatti, il minor introito del canone de- termina una minor base imponibile e dunque il pagamento di imposte ridotte. La regi- strazione, però, costa 67 euro d’imposta fissa. E per il bollo se ne vanno 14,62 euro per ogni foglio (pari a 100 righe). Dunque, venire incontro a esigenze di un inquilino conce- dendogli una riduzione di canone ha un costo burocratico.

Sarebbe auspicabile, conclude la Confedilizia, che almeno in casi simili si ponesse un limite alla voracità tassatoria del fisco, concedendo l’esenzione dagli oneri di bollo e re- gistro nel caso di diminuzione del canone.

Il Presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, ha così dichiarato: “Quella indicata è una delle tante macroscopiche storture che abbiamo via via segnalato ai Gover- ni. Speriamo che il Governo Letta, e il Ministro per le Politiche abitative on.le Maurizio Lu- pi, vi pongano ora rimedio. Norme strampalate e disposizioni senza senso non possono più, a maggior ragione in questo periodo di crisi, assommarsi ad una fiscalità smodata, sabotando l’affitto fino a farlo spegnere e facendo nello stesso tempo finta di provvedere, all’emergenza abitativa che incombe, con megalattici piani di edilizia popolare destinati a realizzarsi, al più presto, fra dieci anni”.

Solopochi giorni dopo l’intervista esclusiva rilasciata lo scorso 29 maggio dall’ex ministro del lavoro a Class TV sulla sua esperienza al Ministero dell’Economia durante il Governo Monti, decine di articoli su internet parlano già di un’Elsa Fornero che punta nuovamente il dito sugli italiani e sul loro lavoro, definendoli ‘poco produttivi e troppo costosi’ per la nostra economia. Già in passato, alcune affermazioni dell’ex ministro avevano sollevato polemiche e malumori. Soprattutto la sua definizione dei giovani, troppo “choosy” nel cercare un lavoro, ancora a caccia del lavoro stabile e poco flessibili, aveva generato dissapori e malcontento nelle nuove generazioni.

Nonostante le affermazioni e i giudizi-che in pochi giorni si sono già ampliamente diffusi nel web- mettano in risalto ulteriori critiche agli italiani sulla loro produttività, l’intervista su Class Tv si è focalizzata su due punti fondamentali e necessari - secondo l’ex ministro - per dare alla nostra economia una nuova struttura solida e competitiva.

Il primo punto analizzato dall’ex ministro del lavoro è quello relativo all’apprendistato che - secondo la sua opinione - deve essere preso più seriamente dalle aziende e dalla società. Nell’affermare quanto bassa sia la produttività del lavoro italiano, Elsa Fornero indica anche come causa primaria il divario esistente tra il tipo di preparazione che la scuola offre e quello che il mondo del lavoro richiede. Facendo un confronto con la Germania, che ha cercato di colmare il vuoto tra il mondo del lavoro e quello dell’istruzione insistendo sul potenziale di un apprendistato svolto seriamente, spiega come nel mondo tedesco si siano creati ponti funzionali tra scuole professionali e imprese, in modo da dare la possibilità ad un giovane apprendista, che lavora in un’impresa, di svolgere anche attività di formazione, integrando l’aspetto pratico a quello teorico e viceversa.

Il secondo punto analizzato durante l’intervista, invece, si focalizza sulla necessità di ridurre il ricorso a contratti di brevissimo termine, che – a suo avviso - non portano ad una soluzione del problema del lavoro e che non hanno vantaggi produttivi né per l’azienda, né per il lavoratore, troppo preoccupato del suo ‘essere precario’ per poter dare il meglio sul lavoro.

<<Con una qualità di contratti migliori, secondo me, si ha la base per quell’azione di medio periodo che è strutturale – afferma - ma dobbiamo sempre partire dalla considerazione che noi abbiamo un’economia in recessione, in crisi, che investe un’economia strutturalmente debole, e noi dobbiamo fare qualcosa per la recessione e per migliorare la struttura dell’economia. La riforma del mercato del lavoro si inserisce in questa seconda, per migliorare l’ossatura>>.

"Dire (e pubblicare) che la Commissione EU ci chiede di tassare "le case" e "i beni immobili" è fare opera di disinformazione, per non dire altro. Il testo inglese della raccomandazione indica, senza equivoci, che si è inteso fare riferimento a qualsiasi tipo di proprietà (statica). E la proprietà immobiliare è stabile (ma non statica) e richiede, comunque, continui lavori ed interventi, tanto più se affittata. L'occasione è in ogni caso propizia per chiedersi cosa mai fa sì che l'Europa (e la stampa italiana condizionata da certi gruppi di potere, bancari o imprenditoriali) non si sia ancora accorta che il settore delle locazioni è in Italia il più ingessato che si conosca (regolato com'è da una normativa che, per gli usi industriali e commerciali, risale a 7 lustri fa e per l'uso abitativo a quindici anni fa) e come può essere che solo per questo comparto l'Europa non abbia ancora chiesto quelle liberalizzazioni che di continuo chiede per altri".

E' la nota diffusa stamane dalla Confedilizia, a proposito della raccomandazione UE all'Italia a chiusura della procedura di infrazione.

 

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