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Trump sta per conquistare la nomination repubblicana dopo i successi in Iowa, New Hampshire e Nevada. Ci vogliono 1.215 delegati per candidarsi ufficialmente. Anche i repubblicani delle Isole Vergini degli Stati Uniti hanno votato con i caucus. Trump ha vinto con un rapporto di tre a uno su Haley, dandogli tutti i delegati disponibili per la convenzione nazionale repubblicana del 15-18 luglio nel Wisconsin che deciderà ufficialmente il candidato Gop.

L'ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha vinto nei caucus repubblicani del Nevada, dove non ha affrontato alcun aspirante di peso. Lo rendono noto le proiezioni del New York Times e del Washington Post. La principale rivale di Trump, Nikki Haley, non ha partecipato. L'ex presidente americano ha registrato il 97,6% dei voti, mentre Ryan Binkle, un pastore del Texas poco conosciuto, è arrivato secondo con il 2,4%.

Intanto il presidente russo parla dell'ex volto di Fox News, giornalista di riferimento della nuova destra americana: "L'Ucraina è uno Stato artificiale, firmiamo la pace con Kiev ma Boris Johnson la fece saltare". Toni sarcastici per Biden e affettuosi per Trump

l'Ucraina è uno Stato artificiale, gli Usa hanno collaborato al sabotaggio di North Stream 2, la Cina non è una nazione aggressiva e Mosca non ha alcuna rivendicazione territoriale sulla Polonia o i Paesi baltici. Sono i passaggi principali dell'attesa intervista concessa del presidente russo, Vladimir Putin, a Tucker Carlson, ex volto di punta di Fox News e giornalista di riferimento della nuova destra americana, ripartito da X dopo il polemico licenziamento dall'emittente.

"I bolscevichi hanno creato l'Ucraina sovietica, che fino ad allora non esisteva affatto. L'Ucraina e' uno stato artificiale", ha detto Putin, secondo il quale
"il ripristino delle relazioni tra i popoli di Russia e Ucraina richiede molto tempo, ma accadrà".

Per Putin "dopo la seconda guerra mondiale, l'Ucraina ha ricevuto parte dei territori polacchi, ungheresi e romeni. L'Ucraina, in un certo senso, è uno stato artificiale creato per volontà di Stalin. L'Ucraina sovietica ha ricevuto un gran numero di territori che non hanno mai avuto nulla a che fare con essa, in primo luogo la regione del Mar Nero". Putin ha negato di avere rivendicazioni territoriali su "Polonia, Lettonia o chiunque altro".

Il presidente russo è apparso sarcastico con Joe Biden e affettuoso con Donald Trump, quando gli è stato chiesto quale rapporto avesse con i due leader. "Non ricordo - ha detto parlando di Biden - quando ci ho parlato l'ultima volta". Invece riguardo Trump ha commentato: "Ho avuto un buon rapporto con lui. Non è una questione di leader, è una questione di mentalità".

Sui mancati contatti con Biden, Putin ha aggiunto con sarcasmo: "Perchè dovrei chiamarlo? Di cosa dovrei parlargli o implorarlo? 'Fornirete queste e quelle armi all'Ucraina? Oh, ho paura, ho paura, per favore non consegnarle'. Di cosa possiamo parlare?".

Fonte Agi e varie agenzie

Aleksej Vladimirovich Paramonov, la cui nomina è stata ufficializzata nel decreto firmato dal presidente russo Vladimir Putin . E il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso il suo gradimento.

Così al posto di Razov arriverà un altro diplomatico di lungo corso e con un’ottima conoscenza dell’Italia e della lingua. Il 61enne Paramonov ha stretto buoni rapporti con il tessuto economico italiano da console a Milano dal 2008 al 2013 e ha ricevuto due onorificenze: prima Cavaliere dell'ordine al merito della Repubblica italiana (2018), poi Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia (2020). Titoli che riconoscono «particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione tra l’Italia e gli altri Paesi e nella promozione dei legami con l’Italia».

Con un'intervista alla Tass, ripresa da “La Repubblica”, l’ambasciatore Alexey Paramonov lancia un monito durissimo al governo Meloni: “”Con l’inizio della sua presidenza del G7, sta attivamente rivendicando il ruolo di “capo coordinatore” di questo quartier generale antirusso dell’Occidente”. E ha aggiunto: “La posizione delle autorità ufficiali nei confronti della Russia è prevalentemente sgarbata, di natura essenzialmente ostile”. Paramonov nell’estate scorsa ha sostituito a Roma Sergey Razov

«Sono già stati approvati otto pacchetti di aiuti militari, comprendenti un’ampia gamma di armi letali» ha rammentato l’ambasciatore di Mosca elencando l’appoggio italiano all’Ucraina. «L’altro giorno il ministro della Difesa ha dichiarato che il Paese è tra i primi cinque fornitori di sistemi bellici al regime di Kiev. Eccoli i ‘bravi’ italiani”. Paramonov, comunque evidenzia che in Italia c’è un «numero crescente di associazioni e movimenti politici che spingono per normalizzare le relazioni con Mosca e fermare l’escalation tra l’Occidente e la Russia».

Classe 1962, già console russo a Milano e finora direttore del dipartimento Europa del ministero degli Esteri russo, il nuovo ambasciatore a Roma era salito agli onori delle cronache un anno fa, per aver rilasciato all’agenzia di stampa Ria Novosti, a neanche un mese dall’inizio della guerra, un’intervista nella quale aveva parlato di «conseguenze irreversibili» nei rapporti tra Roma e Mosca se l’Italia avesse adottato altre sanzioni contro la Russia. Definendo tra l’altro l’allora ministro della Difesa Lorenzo Guerini un «falco» e "l'ispiratore" della campagna anti russa in Italia.

Le relazioni tra Russia e Italia oggi «non sono di molto» migliori rispetto «al periodo dell’invasione nazifascista dell’Unione Sovietica nel 1941-1943». Nella intervista rilasciata alla Tass e ripresa da Repubblica, l’ambasciatore russo Alexey Paramonov lancia un avvertimento minaccioso a Giorgia Meloni e al suo esecutivo. Paramonov che non è nuovo a minacce all’Italia, nell’estate scorsa ha sostituito a Roma Sergey Razov.

«Con l’inizio della sua presidenza del G7 – attacca Paramonov – sta attivamente rivendicando il ruolo di “capo coordinatore” di questo quartier generale antirusso dell’Occidente», aggiungendo che «la posizione delle autorità ufficiali nei confronti della Russia è prevalentemente sgarbata, di natura essenzialmente ostile».  L’ambasciatore russo ricorda inoltre che l'Italia «ha aderito pienamente alle misure di pressione esercitate dall’Occidente sulla Russia, tanto che in Italia si parla ormai apertamente di guerra ibrida contro il nostro Paese».

Intanto il giornalista americano Tucker Carlson ha messo a segno lo scoop bramato da quasi tutti i giornalisti occidentali: intervistare Vladimir Putin. A prescindere dal giudizio sulla guerra in Ucraina, ottenere il punto di vista del presidente russo senza il filtro – si fa per dire – della propaganda del Cremlino, è il desiderio di molti. Mosca ha confermato quella che diventerà la prima chiacchierata con un giornalista occidentale dall’inizio del conflitto, febbraio 2022. L’americano, licenziato l’anno scorso dalla rete conservatrice Fox News, ha confermato che l’intervista sarà trasmessa “presto”, in un unico blocco e senza censura, ma non in diretta. Il cronista vicino a Donald Trump potrebbe renderla pubblica giovedì 8 febbraio e il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha negato che Carlson abbia una posizione “filo-russa” assicurando che Putin ha accettato di parlare con lui perché la sua posizione è lontana da quella degli altri giornalisti anglosassoni: “La sua posizione è diversa dalle altre. Non è né filorussa né filo ucraina, ma piuttosto filoamericana, ma almeno contrasta con la posizione dei media anglosassoni tradizionali”.

Ma ora, a causa di questa intervista, il giornalista pro-Trump è finito nel mirino dell’Unione europea. Secondo quanto rivelato dall’ex primo ministro belga e attuale membro del Parlamento europeo Guy Verhofstadt ai microfoni di Newsweek, è stata inoltrata richiesta per un “travel ban” nei confronti di Carlson, definito un “portavoce” di Trump e di Putin: “Poiché Putin è un criminale di guerra e l’Ue sanziona tutti coloro che lo fiancheggiano, sembra logico che il servizio per l’azione esterna esamini anche il suo caso”.

Probabilmente la vicenda si chiuderà con un nulla di fatto, ma è il principio a spaventare: realizzare un’intervista - seppur a Vladimir Putin – potrebbe fare finire chiunque nella blacklist di Bruxelles.  Una stortura che deve fare riflettere, perché mina la libertà e l’indipendenza dei professionisti a prescindere dall’orientamento politico. Anche perché lo stesso discorso potrebbe valere per chi ha intervistato Lavrov, Peskov e gli altri collaboratori di Putin.

Trump non è solo per la prossimità tra il cronista e il Tycoon. L’intervista allo zar indica che ormai nell’Impero si gioca a carte scoperte. Non per nulla, poco prima dell’intervista di Carlson, Trump ha lanciato un appello ai repubblicani del Congresso affinché non approvino la legge sugli aiuti all’Ucraina (sul punto rimandiamo alla nota a piè di pagina).

Ormai si combatte senza infingimenti: Trump si pone come l’unico argine ai neoconservatori e alle loro guerre infinite – missione che si era riproposto Biden, ma alla quale ha mancato per debolezza, ricatti e tragico deficit di lucidità – e come freno alla prospettiva di una guerra globale.

Quest’ultima possibilità è più reale che mai perché il Progetto per un Nuovo secolo americano, nel quale furono delineate le guerre infinite come mezzo per prolungare l’egemonia Usa nel mondo, è ormai obsoleto, essendo stato varato nel 2000.

Da allora il mondo è cambiato: le guerre regionali sono diventate molto più impegnative – vedi lo scontro con gli Houti – e i rivali globali non possono più essere costretti a un ruolo secondario nell’agone globale.

Fonte Atlantico quotidiano / piccole note / il secolo d Italia / e varie agenzie

 

Dopo giorni di attesa e discussioni, è arrivata la bozza del piano di Hamas per un cessate il fuoco con Israele. La proposta è articolata in tre fasi, ciascuna di 45 giorni, per un totale di quattro mesi e mezzo di tregua che dovrebbero portare ad un accordo per la fine della guerra. Fonti informate sui negoziati hanno affermato che i terroristi non chiedono fin da subito garanzie per la conclusione del conflitto, ma che l’intesa deve essere raggiunta prima del rilascio degli ultimi ostaggi.

Per quanto riguarda le fasi del piano, nella prima saranno liberate tutte le donne ancora prigioniere nella Striscia, i maschi sotto i 19 anni, gli anziani e i malati. In cambio, Tel Aviv dovrà scarcerare un totale di 1500 detenuti palestinesi, un terzo dei quali condannato all’ergastolo, e ritirare le proprie truppe dalle aree popolate dell’exclave. Durante la seconda, saranno rilasciati gli ultimi ostaggi maschi e Ie Idf dovranno spostarsi fuori dai confini di Gaza. 

Questa fase, però, non verrà attuata fino a quando le parti non avranno concluso “colloqui indiretti sui requisiti necessari per porre fine alle operazioni militari reciproche e tornare alla calma totale”. La terza e ultima parte del piano prevede lo scambio di resti e corpi. Hamas ha chiesto anche un aumento degli aiuti a Gaza, con l’ingresso di 500 camion al giorno. “La gente è ottimista, ma allo stesso tempo prega che questa speranza si trasformi in un vero accordo che ponga fine alla guerra”, ha affermato Yamen Hamad, padre di quattro bambini rifugiato in una scuola della Nazioni Unite nella zona centrale della Striscia e sentito da Reuters. “Le persone attendono notizie di un cessate il fuoco, sono speranzose nonostante i continui bombardamenti”.

Secondo alcune indiscrezioni riportate dall’emittente televisiva israeliana Kan, il primo ministro Benjamin Netanyahu avrebbe dato la sua approvazione alla proposta di tregua. L’ufficio del premier non ha però confermato queste affermazioni e ha riferito al Times of Israel di non avere nuove risposte riguardo all’intesa presentata da Hamas. La leadership politica dello Stato ebraico si riunirà oggi per discuterla. È improbabile che il governo di Tel Aviv accetti un accordo che preveda la fine della guerra e consenta all’organizzazione terroristica di sopravvivere.

"C'è molto lavoro da fare, ma siamo molto concentrati su questo lavoro e si spera, sulla possibilità di riprendere il rilascio degli ostaggi che era stato interrotto", ha detto il segretario di Stato Usa dopo aver informato i leader israeliani sulla proposta di accordo mediata dal Qatar. "Abbiamo tutti l'obbligo di fare il possibile per fornire l'assistenza necessaria a coloro che ne hanno così disperatamente bisogno, e i passi che vengono compiuti - ulteriori passi che devono essere compiuti - sono al centro dei miei incontri qui", ha aggiunto.

Un nuovo round di colloqui sugli ostaggi mediato da Egitto e Qatar inizierà domani al Cairo, hanno riferito fonti egiziane, secondo quanto riportano i media del Cairo rilanciati dai giornali israeliani.

Molte delle proposte avanzate da Hamas per raggiungere una tregua e il rilascio degli ostaggi sono inaccettabili. Lo ha affermato un alto funzionario israeliano citato dall'emittente Channel 13, precisando che la questione ora è se respingere del tutto tali richieste o avviare ulteriori negoziati nel tentativo di ammorbidirle. Secondo quanto riferito da Yedioth Ahronoth, il gabinetto di sicurezza allargato si riunirà domani sera alla luce della controproposta presentata dal Movimento islamico che richiede, tra l'altro, il rilascio di oltre un migliaio di detenuti palestinesi, compresi quelli condannati all'ergastolo per fatti di sangue, un cessate il fuoco di quattro mesi e mezzo e il completo ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia.

Intanto l'incontro privato precedentemente programmato tra il segretario di Stato americano Antony Blinken e il capo di stato maggiore dell'IDF, Herzi Halevi non ci sarà. Lo riporta la stampa israeliana. Secondo il Times of Israel, l'incontro sarebbe saltato in quanto l'ufficio di Netanyahu si sarebbe opposto a un incontro tra un diplomatico straniero e il capo dell'esercito senza la presenza di esponenti politici e dirigenti ufficiali. Halevi, scrive ancora la stampa israeliana, partecipa all'incontro tra Blinken e Netanyahu con i suoi collaboratori e i membri del gabinetto di guerra.

La controproposta per una tregua avanzata da Hamas è "più specifica" e "fornisce scadenze": "nessuno dei dettagli" può essere modificato, ha avvertito Mohammad Nazzal, alto esponente dell'ufficio politico di Hamas, in un'intervista ad Al Jazeera. "La macchina omicida israeliana deve essere fermata. Desideriamo vedere il completo ritiro delle forze di occupazione israeliane dalla Striscia di Gaza. La nostra risposta è realistica e le nostre richieste sono ragionevoli", ha sottolineato, sostenendo che gli israeliani "non sono seriamente impegnati in questo accordo". Come garanti dell'accordo, Hamas ha indicato Qatar, Egitto, Turchia, Russia e Onu.

La controproposta di Hamas è stata giudicata "un po' esagerata" dal presidente americano Joe Biden, ma Nazzal ha respinto il commento, accusando il capo della Casa Bianca di essere "totalmente di parte" e di aver "preso parte alla guerra intrapresa contro Gaza". "Ha fornito la copertura politica e legale agli israeliani e ha sostenuto tutte le mosse di Netanyahu. Hanno lavorato fianco a fianco, fornendo assistenza militare e finanziaria", ha sostenuto l'esponente di Hamas.

Stando a quanto riportato da Sky News Arabia, il Qatar avrebbe proposto ad Hamas degli incentivi nel tentativo di avvicinare le posizioni e arrivare ad un accordo. Doha avrebbe chiesto all'organizzazione terroristica di sostituire la richiesta del ritiro completo delle Idf con la formula "lavorare per spingere le forze israeliane a ritirarsi da Gaza", in cambio di un cessate il fuoco di quattro mesi invece di un mese e messo come inizialmente proposto da Tel Aviv, "il ritorno degli sfollati nelle loro aree e la creazione di campi migliori", insieme al ripristino del sistema idrico e fognario. L'Emirato avrebbe inoltre assicurato ad Hamas che Israele acconsentirà a rilasciare tra 3mila e 5mila detenuti e ha riferito al gruppo palestinese la minaccia israeliana di invadere Rafah in caso di mancato raggiungimento di un accordo. L'alto esponente dell'ufficio politico dell'organizzazione Mohammad Nazzal ha però dichiarato in un'intervista ad Al Jazeera che "nessuno dei dettagli" della proposta può essere modificato

“Dobbiamo finire il lavoro. E lo faremo”, ha affermato Gabi Siboni, direttore dei programmi Military and Strategic Affairs e Cyber Security all'Università di Tel Aviv e consulente senior per l'Idf. “I leader di Hamas non si consegneranno mai. Sono molto determinati e combattono per la morte. Dobbiamo dunque ucciderli e li uccideremo”. L’uomo ha però ammesso che la pressione delle famiglie degli ostaggi e degli alleati americani per una tregua è molto forte, ma ha sottolineato anche che l’opinione pubblica di Israele non accetterà mai uno scenario in cui Hamas e i suoi gruppi alleati siano ancora presenti nella Striscia.

 

Fonte Agi / Giornale e varie agenzie

 

 

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