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Reddito minimo e deficit, Di Maio in pressing su Tria: "Fare deficit, punto"

Il vertice di centrodestra preoccupa il vicepremier pentastellato: "La manovra metterà in atto i punti principali del nostro programma", avevano detto in una nota congiunta Berlusconi, Salvini e Meloni. Così il capo politico del M5S sembra aver fretta di imporre i temi del contratto cari al proprio elettorato.

"Il reddito di cittadinanza sarà rivolto agli italiani", ha quindi precisato Di Maio a Radio Anch'io su RadioRai, dopo che Tria - pungolato da FdI - aveva rivelato che il reddito minimo sarebbe andato anche agli stranieri. "Abbiamo corretto la proposta di legge anni fa, è singolare che torni in auge", ha sottolineato oggi il ministro del Lavoro, "Certamente con i flussi migratori irregolari che ci sono oggi è impossibile fare il reddito di cittadinanza senza sapere qual è la platea ed è ovvio che si deve restringere ai cittadini italiani. La prima forma della proposta era molto vaga, è stata corretta nel 2016".

Pure il vicepremier Matteo Salvini rimanda al mittente l’allargamento del reddito di cittadinanza agli stranieri: «Sono sicuro che gli amici dei Cinque Stelle garantiranno che ad usufruire del reddito di cittadinanza saranno solo e soltanto gli italiani». Così come «è scritto chiaramente nel contratto di governo», affonda il leghista Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera. «Le parole di Tria sono state male interpretate - spiega -: ha solo citato un vecchio disegno di legge del M5S, superato poi dall’intesa raggiunta nel contratto di governo». Resta però che sul merito della proposta anche l’Ocse è perplesso. Secondo la capo economista Laurence Boone, «il progetto deve essere mirato» per aiutare le persone colpite dalla crisi sotto forma di «misure contro la povertà», perché «un reddito universale diretto a tutti sarebbe molto costoso» e generico. Replica il premier, Giuseppe Conte: «Non raccoglierei le polemiche, l’Ocse fa le sue valutazioni, ma non mi sembrano supportate dai fatti».

Il vertice del centrodestra, con la ricucitura dei rapporti tra il leader del Carroccio e quello di Forza Italia, ha alimentato i sospetti dei 5 stelle circa le reali intenzioni di Salvini rispetto alla durata del governo. Poi, quando la Lega ha riunito i suoi sottosegretari a casa del vicepremier e ha messo a punto le proposte per la manovra, tutte centrate sulla flat tax e su «quota 100» per le pensioni, tralasciando invece il reddito di cittadinanza, è trapelata l’irritazione dei 5 stelle. Anche perché la situazione è oggettivamente complicata. Mentre l’Ocse ha rivisto al ribasso le stime di crescita e ha chiesto al governo di non smontare la riforma Fornero (prendendosi la reprimenda di Luigi Di Maio: «L’Ocse non interferisca) Tria, sempre alla Camera, ha confermato la sua linea: la legge di Bilancio rispetterà i vincoli sul deficit e sul debito e quindi le misure previste dal programma di governo saranno introdotte con «gradualità».

Ma un retroscena raccontato dal Corriere parla di un diktat ben più duro. "Fare deficit, punto", ripeterebbe Di Maio ai tecnici del Mef, considerando pretesti i dubbi sollevati da Tria. Vertici e parlamentari M5S si affrettano a smentire la volontò di cambiare le poltrone del Tesoro. Ma promettono in ogni caso battaglia in Aula: "Il Movimento non intende arretrare nemmeno di un millimetro", è il motto.

Intanto a Palazzo Chigi il premier Giuseppe Conte ha incontrato Tria, il sottosegretario Giorgetti e i ministri Fraccaro, Moavero e Savona, oltre ai viceministri Castelli e Garavaglia per parlare della manovra. Assente proprio Di Maio, ancora impegnato nella sua missione in Cina.

Intanto Andrea Muratore scrive al quotidiano il Giornale come la Germania non rispetta le regole e fa la morale sull' italia e sul Euro :  La Germania che non rispetta le regole: la doppia morale su Italia e euro ....

Scrive il collega : La fase della scrittura della legge di bilancio è da tempo la più critica per qualsiasi esecutivo italiano, specie per l’attuale che si trova sotto osservazione speciale da parte delle istituzioni politiche e finanziarie dell’Unione europea. Lega, M5S e ministri “terzi” duellano sul deficit, sulle scelte di politica economica, sui decimali, ma il punto centrale è che nel discorso economico non è prioritaria, come dovrebbe essere nella prassi di un governo che si autodefinisce “di cambiamento” e nella logica di una politica coraggiosa, una focalizzazione sugli obiettivi, i traguardi di crescita auspicati, bensì la fa da padrone l’oramai noto discorso sui vincoli.

Su quelle regole che l’Italia si troverebbe costretta a dover seguire per correggere dei suoi vizi atavici: prima fra tutte la soglia, religiosa prima ancora che politica, del 3% nel rapporto deficit/Pil. Il discorso sulla responsabilità, sulla necessità di adattarsi alle regole scritte nei trattati europei e sulla tendenza italiana a dover necessariamente usufruire del “vincolo esterno” per adattarsi ad esse ritorna, con costanza, nella pubblicistica italiana. Vogliamo, in questo contesto, proporre una visione più ordinata e chiara di queste dinamiche: anziché essere accusati dalle regole, osservare i loro problemi e capire che per l’Italia è vitale spingere per dei cambiamenti e, al tempo stesso, ricordare come esse siano funzionali, principalmente, a un ben noto partner europeo dell’Italia, la Germania. Che in molti campi è tutto fuorché virtuosa.

Giunge come una boccata d’aria fresca nella pubblicistica economica il recente saggio dell’economista Sergio Cesaratto, Chi non rispetta le regole, che indaga in maniera precisa le doppie morali insite nella costruzione europea e nell’approccio rigoroso all’economia mainstream.

Cesaratto, secondo il quotidiano Il Giornale è bene premetterlo, non nega i limiti insiti nel “sistema Paese” Italia, primo fra tutti la scarsità di capitale sociale, ma denuncia con forza il fatto che la Germania abbia, per anni, predicato nei consessi europei il rigoroso rispetto dei vincoli di bilancio, i tagli alla spesa pubblica e le politiche di austerità, ma al tempo stesso abbia costruito un modello economico fondato sulle esportazioni “incompatibile con le regole del gioco  fondamentalmente basato sulla trasgressione” dei principi fondanti dell’Unione.

L’idea di fare dell’Europa una politeia (comunità) e non un progetto meramente economicista appare ambiziosa e andrebbe nell’interesse dell’Italia, perché indirizzerebbe le regole comunitarie verso una reale riformulazione democratica. Difficile che a Berlino possano gradire e dare luce verde al piano di Savona. Ma libri come quello di Cesaratto ci insegnano che dietro ogni volontà di preservazione dello status quo ci sono interessi ben individuabili e facenti capo alla Germania. Spiace vedere certe correnti di pensiero predominanti anche in un Paese come l’Italia che senza cambiamenti sostanziali continuerà a dibattersi nelle difficoltà.

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Secondo il Professore Antonio Maria Rinaldi “il concetto di “moneta generale” espresso da Funk, si sposa perfettamente con l’idea della creazione di una area valutaria da imporre al Continente con funzione aggregatrice per effetto della forza delle regole poste a suo supporto”.

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