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Sabato, 01 Giugno 2024

Ucraina-Russia, tensione alle stelle

Nonostante il susseguirsi di contatti e incontri, ultimo in ordine di tempo quello in queste ore tra il Segretario di Stato americano Antony Blinken e il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov a Ginevra, l’escalation delle tensioni tra Russia e Ucraina delle ultime settimane rischia di sfociare in una guerra.

"Gli alleati della Nato stanno mettendo le forze in allerta e stanno inviando navi e caccia in Europa dell'Est, per rinforzare la nostra capacità di deterrenza e difesa, mentre la Russia continua ad aumentare la propria presenza militare dentro e fuori dall'Ucraina".Lo sottolinea la Nato in una nota.Gli Stati Uniti hanno ordinato l'evacuazione delle famiglie dei diplomatici in Ucraina.

E l'amministrazione statunitense sconsiglia anche ai cittadini americani di recarsi in Russia. Kiev critica, giudicandolo "prematuro" ed "eccessivo" l'ordine impartito da Washington di evacuare i familiari dei diplomatici Usa dall'Ucraina. "Con tutto il rispetto del diritto degli stati stranieri di garantire la sicurezza delle loro missioni diplomatiche, noi consideriamo questa misura presa dagli americani come prematura ed eccessiva", dichiara in una nota il portavoce del ministero degli Esteri ucraino, Oleg Nikolenko. "A meno che il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, non abbia qualcosa da dirci di importante, il personale dell'Unione Europea non ha in programma nessuna evacuazione dall'Ucraina", commenta l'Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell, prima del consiglio affari esteri a Bruxelles, commentando l'annuncio Usa dell'evacuazione delle famiglie dei diplomatici. "Non credo che si debba drammatizzare la situazione, i negoziati con la Russia sono in corso, non penso che si debba lasciare l'Ucraina", ha aggiunto Borrell.

Le premesse per una simile escalation c'erano da tempo, tuttavia è difficile capire perché la situazione si stia degradando così rapidamente proprio adesso, otto anni dopo lo scoppio della crisi ucraina e un (relativo) congelamento del conflitto nel Donbass. Ha inoltre un che di paradossale il fatto che il massiccio dispiegamento di truppe russe alla frontiera con l'Ucraina negli ultimi mesi abbia coinciso con l'avvio negli Stati Uniti della Presidenza Biden, che si era invece aperta con l'annuncio di un rilancio di negoziati su temi specifici di sicurezza con Mosca dopo il quadriennio di Trump.

Resta impossibile dire con certezza quale siano le vere intenzioni di Mosca, e se il Cremlino abbia o meno una strategia predeterminata. È difficile pensare che lo scopo primario dell’ammassamento di truppe russe al confine sia stato quello di invadere l’Ucraina. In primis, non c’è un territorio preciso a cui la Russia potrebbe guardare - contrariamente alla penisola di Crimea nel 2014 - né forze in Ucraina che rivendicano, come era successo nel Donbass, l’indipendenza territoriale, che Mosca potrebbe utilizzare come occasione per penetrare il territorio ucraino in nome della difesa di comunità russofone.

Putin non ha tutti i torti quando delinea la necessità di un mondo caratterizzato da un maggiore equilibrio di poteri rispetto a quello esistente tuttora. Tuttavia il Presidente russo non è esente da responsabilità a riguardo. L’Ucraina sarebbe certamente rimasta legata alla Russia se avesse visto in quest'ultima più un alleato che un oppressore. Lo scarso successo ottenuto dall’unione doganale è da imputarsi anche alla volontà, da parte della Russia, di rendere i Paesi ex sovietici sudditi del loro forte vicino. Guardando all'economia, ben pochi ad oggi si fidano dell’orso russo: il rublo ha perso metà del suo valore negli ultimi due anni. Gli investimenti esteri in Russia sono diminuiti drasticamente a seguito delle tensioni in Crimea. Secondo la classifica “ease of doing business 2016”, stilata dalla World Bank, il Paese si colloca al cinquantunesimo posto su 189, dopo Stati come Messico, Montenegro, Perù, solo per fare alcuni esempi (l'Italia si colloca al 45esimo posto). 

L’escalation da parte russa è iniziata con l'invio di truppe al confine ucraino nel marzo-aprile 2021, proseguito la scorsa estate e diventato sistematico e su larga scala a partire da novembre (si parla al momento di circa 170 mila unità). Nel frattempo, le relazioni con gli Stati Uniti, già molto tese, si sono ulteriormente degradate. Se a giugno in vista dell'incontro con Biden le due parti si erano trovate lontane su molte posizioni, ma dialoganti sulla questione del controllo degli armamenti, a dicembre Mosca ha presentato agli Stati Uniti un ultimatum per iscritto, chiedendo - ai fini di una de-escalation - che la NATO si impegnasse a negare formalmente l'ingresso dell'Ucraina e della Georgia nell’Alleanza, pur sapendo che la richiesta non avrebbe mai potuto essere accettata.

Stilando una lista non esaustiva, alcuni elementi spiegano il cambio di atteggiamento di Mosca. Il primo, di contesto, è la generale radicalizzazione delle posizioni dell’establishment russo (parallela a un'influenza crescente delle élite militari) che sostiene la necessità di imporre più nettamente, se necessario anche con la forza, la visione revisionista di Mosca per la costruzione di una nuova architettura di sicurezza europea. Il secondo è l’evoluzione della situazione in Ucraina. Negli ultimi mesi il governo di Volodymyr Zelensky ha approvato una serie di leggi che limitano l'utilizzo della lingua e dei media russi e che, di conseguenza, riducono ulteriormente la possibilità che il Donbass russofono venga in futuro reintegrato dall'Ucraina in linea con le condizioni di Mosca inserite nel protocollo di Minsk (al momento l'unico accordo, negoziato da Francia e Germania, a cui è appeso formalmente il destino della regione). In tale contesto, in Russia si discute in queste settimane l'idea di riconoscere le due entità separatiste di Donetsk e Lugansk, cosa che affosseranno definitivamente l'accordo.

Guardando ai principali alleati Usa, questi ultimi si collocano alle prime posizioni del mondo in termini di PIL pro capite e ricchezza. Lo stesso non può dirsi per le repubbliche ex sovietiche, vessate da corruzione e clientelismo. Forse uno degli esempi più lampanti dell’insuccesso sovietico è la Germania Est. A seguito della caduta del muro di Berlino, la Germania impiegò diversi anni e una quantità considerevole di risorse per ammodernare la parte del Paese che fu in mani sovietiche, con un processo che continua tuttora. Difficile imputare tutto questo alle trame politiche occidentali. L'impressione è che l'orso russo abbia perso terreno sull’occidente e che tenti di attribuire le conseguenze dei suoi errori in campo politico ed economico agli Stati Uniti e ai loro alleati europei.

Le proteste in Ucraina cominciano nel novembre 2013, quando il Presidente dell’epoca, Viktor Yanukovych, sospende i preparativi per l'implementazione di un accordo economico con l'Unione europea avallato da tutti i partiti eccetto il partito comunista, accettando al contempo un'offerta di aiuto economico proposta da Putin. Proteste filo-europee (“Euromaidan”) esplodono a Kiev e si estendono a diverse altre città ucraine, con l'obiettivo di ottenere le dimissioni del Presidente e indire nuove elezioni. Yanukovich, dopo diversi tentativi di reprimere le proteste, è spinto a firmare un accordo con i dissidenti per porre fine alla crisi poco prima di lasciare l'incarico nel febbraio 2014.

Mentre un nuovo parlamento filo-europeo si stabilisce a Kiev, in Crimea uomini armati prendono il controllo degli edifici pubblici, instaurando un autoproclamato governo filorusso. Il 18 marzo del 2014, a soli due giorni da un referendum per l'indipendenza della Crimea dall'Ucraina proposto dal governo filorusso (e considerato illegale dall’OCSE), la Russia annette la Crimea.

Sulla scia delle istituzioni politiche, hanno da subito criticato la politica estera del Cremlino: l’annessione della Crimea è avvenuta unilateralmente, senza una formale dichiarazione di guerra all’Ucraina. Inoltre, Putin avrebbe approfittato della caduta del Governo e della confusione nel Paese per impossessarsi del prezioso avamposto militare (la penisola ospita uno dei maggiori contingenti militari russi al di fuori del proprio Paese, nonché un avamposto si notevole rilevanza militare sul mar Nero). La campagna mediatica internazionale contro il gesto russo continua tuttora: a titolo di esempio citiamo un recente articolo del “The Economist” dedicato alla vittoria del famoso festival Eurovision da parte di una cantante Tartara proveniente dalla Crimea, contraria all’annessione.

D'altra parte la repentina mossa del Cremlino trova poche scusanti nell'opinione pubblica europea: il Paese più vasto del mondo è visto come una potenza militare aggressiva che costringe i propri vicini a stipulare patti di dubbio valore economico, punendo chi si oppone con brutali azioni militari. In termini di diritto internazionale, l'annessione della Crimea alla Russia è un atto illegale: al diritto all'autodeterminazione dei popoli invocato da Putin per giustificare l'annessione è subordinata l'integrità territoriale dello Stato in questione, l’Ucraina. Eccezioni come il Kosovo (spesso citato da Putin) sono avvenute in seguito ad interventi del Governo centrale mirati a penalizzare la popolazione di una determinata regione o cultura. Nel caso del Paese ex jugoslavo, per esempio, Belgrado abolì unilateralmente l’autonomia del Kosovo garantita dalla Costituzione.

Intanto Londra annuncia il ritiro del suo personale dall'ambasciata di Kiev per la "minaccia crescente" della Russia nei confronti dell'Ucraina. Lo fa sapere il Foreign Office, a poche ore dall'ordine impartito dagli Stati Uniti di evacuare dall'Ucraina i familiari dei diplomatici Usa, aggiungendo che però l'ambasciata britannica resta aperta per il disbrigo degli affari essenziali. "Alcuni membri del personale dell''ambasciata" e i loro familiari "si stanno allontanando da Kiev in risposta alla minaccia crescente della Russia", si legge nella nota.

"Sulle sanzioni vogliamo agire in forte coordinamento con i nostri partner: gli Usa, il Canada e il Regno Unito. Al momento stiamo continuando a costruire un forte pacchetto di sanzioni, ma nulla di concreto verrà approvato oggi", spiega ancora Borrell. "C'è un processo, il processo è in corso, sarà tutto pronto quando necessario, ma oggi non annunceremo nulla", aggiunge.

Intanto, il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, accusa la Germania di "tradimento" e "omissione di soccorso", in un duro intervento pubblicato in esclusiva dalla Bild di oggi, a causa della mancata consegna di armi all'Ucraina da parte di Berlino. "Questa è omissione di soccorso e tradimento degli amici, in una situazione drammatica, nella quale il nostro Paese viene minacciato dalle truppe russe su diversi confini", afferma. "Molti si pongono la domanda: con chi sta il governo tedesco? Dalla parte della libertà e dunque dell'Ucraina, o dalla parte dell'aggressore?". "Adesso serve un chiaro segnale dal paese più importante d'Europa", aggiunge.

Fonti :  caffè geopolitico / huffpost / ansa

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