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La casa Europa costruita dalla forza del Cristianesimo

Reims

Leggere il libro di Gonzague de Reynold, “La casa Europa. Costruzione, unità, dramma e necessità”, pubblicato da D'Ettoriseditori di Crotone (2015) è piacevole perchè scritto veramente bene, un testo che riesce mirabilmente a descrivere con grandi quadri geografici la storia della costruzione della Casa Europa. Una storia straordinaria che dovrebbero attentamente leggere e studiare gli studenti dei nostri licei.

L'apporto greco alla Casa Europa.

Lo storico svizzero dopo aver esplorato le fondamenta preistoriche della nostra casa europea, risale alla luce del piano terra greco.”Vi troveremo - scrive Reynold – come nelle vaste sale di un museo, la prima grande forma, la forma modello della nostra civiltà europea”. La civiltà ellenica, nata da due forze, quella barbara degli Achei e da quella vecchia, la civiltà asiatico-mediterranea.

Qui Reynold si limita all'essenziale nel descrivere l'apporto greco,“ciò che l'Europa le deve, ciò che noi le dobbiamo e ciò che rischiamo di perdere, è l'affermazione del valore della persona”. Mentre per Reynold, nella massa asiatica, governata da Stati totalitari e burocratici, la persona umana non è riuscita mai ad emanciparsi, peraltro anche presso gli barbari, dove primeggia il clan. Mentre nelle città greche, la persona umana riusciva a liberarsi, anche perchè l'umanità è poco numerosa.

Il pensatore svizzero sottolinea la grande importanza dell'eredità del valore educativo greco e perentoriamente afferma che“i popoli europei hanno raggiunto la civiltà soltanto passando per l'insegnamento classico; coloro ai quali è mancato non hanno svolto o non svolgono alcun ruolo nel mondo delle idee”.

L'impero mediterraneo dei Romani.

Dal piano terra passiamo al primo piano, e siamo ai Romani che hanno ereditato dai Greci, la coscienza dell'Europa. Anche se i romani non hanno costruito un impero europeo, ma soltanto un impero mediterraneo. Tuttavia,“se avessero conosciuto meglio la geografia, sarebbero certamente riusciti”, in particolare quando fronteggiavano i germani.“Il fallimento dei Romani in Germania fu per loro, per i Germani, per noi stessi, una disgrazia”. Reynold si avvale della straordinaria descrizione che fa del territorio europeo il padre della geografia, il greco Strabone, che ha riconosciuto per primo i vantaggi naturali dell'Europa, la sua penetrazione nel mare e il suo clima. Infatti per Strabone, “l'Europa è la terra dell'uomo, il continente dello spirito: è soprattutto una unità”.

Il secondo piano della Casa europea: i barbari.

Continuando con la metafora della costruzione della casa, Reynold si appresta a salire al secondo e ultimo piano della nostra casa europea: è il piano dei barbari. Intanto lo storico delle civiltà svizzero, ci tiene a precisare che il termine “barbaro” non deve essere preso in senso morale, peggiorativo, ma in senso storico”, sia presso i Greci che poi presso i Romani, designa l'estraneo al mondo antico, colui che parla una lingua indistinta e non compresa. Comunque sia il barbaro, “non è né un essere incolto, né un uomo nuovo. Il barbaro ha alle spalle un lunghissimo passato[...]”. Certamente ha la sua cultura, ma non ancora la civiltà, questa appartiene all'impero romano, il prototipo dello Stato organizzato, mentre i barbari, ancora sono incapaci di innalzarsi all'idea di Stato, formano soltanto clan, tribù. Una cosa è certa, “il barbaro è il vicino immediato della civiltà, che sarà il civilizzato di domani, ma che può essere il civilizzato di ieri”.

La Romania e il Barbaricum.

In quest'epoca della storia si trovano di fronte il mondo antico e il mondo nordico, una Romania e un Barbaricum. Erano due mondi che certamente avevano già avuto relazioni in passato, garantita attraverso i grandi fiumi europei. Naturalmente qui Reynold come al solito descrive i territori di questi due mondi con quadri appropriati, è un piacere leggere il testo.

Di sicuro questi due mondi, l'antico e il mondo nordico erano spinti l'uno verso l'altro. Era normale che i Celti e i Germani si riversassero verso il sud, il mondo mediterraneo, l'impero. Da parte sua, l'impero romano cercava di estendersi verso il Nord. Era proprio la natura che portava all'”imperium Romanum la missione di portare ai barbari la civiltà mediterranea: una riunione della civiltà antica e della giovane forza. Ne era uscita la Grecia, ne era uscita Roma stessa: ne uscirà questa volta l'Europa”.

Del resto l'impero stesso “aveva chiamato a sé i Barbari, i Germani. Fin dalla seconda metà del secolo III i Romani ne fanno dei soldati. E ben presto, “i Germani formano la gran parte delle armate romane”.Così alla fine i Germani si trovarono padroni dell'imperium.

La Chiesa, i monaci hanno salvato il mondo antico.

Così come è stato per gli Elleni e per i Romani, anche i popoli nordici hanno contribuito alla formazione dell'Europa. Soprattutto i Celti, che possedevano una loro spiritualità non lontana da quella cristiana. “Il successo che san Patrizio (385-461) - scrive Reynold – guadagnò in Irlanda come missionario e organizzatore della Chiesa ne è la prova. Il primo contributo dei Celti alla civiltà europea è stato dunque religioso. Sono stati i monaci irlandesi come san Colombano (542ca.-461) e i suoi compagni che sono venuti a intraprendere la riforma della cristianità occidentale”.Sono stati proprio questi monaci a conservare le lettere antiche, il greco e il latino. Ma anche i germani, avevano un'epopea da far conoscere.

Ripartendo sempre dalla geografia, lo storico svizzero racconta come è finito il mondo antico, sicuramente per indebolimento.“L'intero mondo antico muore di anemia spirituale[...]mai la civiltà fu così vicina a estinguersi, mai l'umanità si è trovata sul bordo di un tale vuoto[...]”Il mondo antico non era riuscito a fare unità spirituale, c'era una insufficienza religiosa e morale. Ci riuscirà il cristianesimo che va a completare la casa europea con il tetto.“L'immagine del tetto indica che non ha distrutto né lo scantinato preistorico e protostorico dell'Europa, né il piano terra greco, né il primo piano romano, né il secondo piano barbaro. Al contrario, li ha protetti contro le intemperie che li deterioravano; ha purificato l'atmosfera, reso la vecchia casa abitabile agli uomini”.Del resto Nostro Signore è venuto sulla terra: […] non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”. “Non parliamo dunque mai di rivoluzione”, scrive Reynold.

Lascio parlare il pensatore svizzero che è anche un profondo letterato: “La trasformazione fu così profonda che ne uscì un altro uomo: il cristiano”. “Il cristiano prende il posto del polites greco e del civis romanus nella serie dei grandi tipi umani. L'eroe si trasfigura in santo”.

La missione civilizzatrice del cristianesimo si può riassumere in questi termini: “mantenere il mondo antico e civilizzare il mondo barbaro chiamandoli entrambi a fondersi in una fede comune”. Per Reynold, s'incontrano due virilità: la vecchia e la nuova. “Le Gesta Romanorum ci mostrano come i cristiani abbiano traghettato nell'epoca della cristianità l'ammirazione della roma antica, quella delle leggende eroiche, quella esaltata da Tito Livio”. La Chiesa in pratica ha salvato, conservato e rinnovato la cultura antica, e introdusse i migliori elementi della cultura barbarica. Così Reynold può parlare di una sintesi di tre culture sovrapposte: la cristiana, l'antica e la barbara. Tuttavia salvare la cultura antica significava, in una prima fase, raccogliere e trasmetterne i testi. Lo hanno fatto sia Boezio, che Cassiodoro, e poi Sant'Isidoro, vescovo di Siviglia e dottore della Chiesa, a loro dobbiamo la traduzione delle opere greche e la salvezza della lingua latina. Ci fu dunque - scrive Reynold – grazie alla Chiesa e ai suoi chierici, nei peggiori momenti dell'imbarbarimento e in fondo al periodo vuoto, una pre-rinascita della cultura antica”. Una serie impressionante di religiosi, di uomini di Chiesa, di santi che, “avevano capito quanto il rispetto della lingua coincidesse con il rispetto del pensiero, della verità”.

L'opera di sant'Agostino.

Comunque quello che ha fatto più di tutti, fu sant'Agostino,“la sua opera si erge come un portale tra l'antichità e il medioevo,l'impero romano e l'Europa”. E' molto eloquente la descrizione che fa Reynold: “Agostino è un lirico pieno di pathos. Per l'acutezza e la profondità della sua osservazione psicologica è già un moderno. Nella sua Città di Dio, inaugura la filosofia della storia, una filosofia che era impossibile prima del cristianesimo”. Pertanto già in queste opere, anche se apologetiche e dogmatiche, si possono intravedere i germi di una rinascita letteraria. Inoltre, sotto gli auspici della Chiesa, si è infine operata la fusione tra il mondo barbaro e il mondo antico. Questa fusione si è realizzata per due vie: “la prima è l'iniziazione dei barbari, dei nordici, alla cultura antica stessa, allo studium sapientae: si pensi a Carlo Magno, alla Schola palatina, al suo ministro dell'istruzione pubblica, l'anglosassone Alcuino[di York (735-804), beato]. La seconda è il salvataggio e la conservazione fatta dalla Chiesa stessa della poesia e delle leggende nordiche”. In pratica è la stessa operazione di salvataggio per le opere antiche.

Pertanto sia per gli antichi, ora anche per la Chiesa: “salvare, mantenere, conservare, ricordare e trasmettere”, era fondamentale. La Chiesa, la pensava come gli antichi. Per Reynold, “la forza del cristianesimo fu di essersi presentato al mondo antico con passato, tradizioni, fede,credenze che fossero venerabili come i suoi: non solo un Nuovo Testamento, ma anche un Antico; la qual cosa faceva dire a sant'Agostino che il cristianesimo era sempre esistito fin dalla fondazione del mondo. La Chiesa rispetta dunque il passato degli altri, innanzitutto grazie proprio alla sua stessa antichità, e in secondo luogo in quanto testimone dell'anima naturaliter christiana”.

s.giovanna d'arco 2

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