Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Venerdì, 17 Maggio 2024

Al Salone del libro Loren…

Mag 15, 2024 Hits:329 Crotone

L'Istituto Ciliberto-Luci…

Mag 14, 2024 Hits:140 Crotone

Le opere di Bach: gli eff…

Mag 02, 2024 Hits:434 Crotone

In città l'ultima tappa d…

Apr 30, 2024 Hits:468 Crotone

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:683 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:1091 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:1086 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:1457 Crotone

 

Nella terra natale di Giovanni Boccaccio, lì dove è ambientata la famosa novella VI, 10 del suo celebre Decameron - raccontata da Dioneo sotto il regno di Elissa - dal 2 marzo al 12 maggio 2024 a Certaldo (FI) arriva “Stars and Stones”, la nuova mostra di Vincenzo Marsiglia a cura di Davide Sarchioni, promossa dal Comune di Certaldo con il supporto della galleria ArteA Gallery di Milano e coordinamento di Exponent.

Dopo aver inaugurato l'Art Fair di Parigi lungo gli Champs Elisées e la fiera Roma Arte in Nuvola, Vincenzo Marsiglia torna con un nuovo progetto d'arte contemporanea dedicato al borgo toscano, capace di creare relazioni inedite tra linguaggi digitali e consistenze materiche ispirate all'importante patrimonio storico, artistico e letterario del luogo. Tra opere in marmo e tessuti, ardesie e alabastri, disegni e fotografie, ma anche installazioni luminose, ologrammi e mappature in realtà mista e aumentata, il borgo ubicato lungo la Via Francigena diventa così il protagonista di una narrazione contemporanea, in cui nuovi linguaggi artistici incontrano antiche bellezze senza tempo, tra letteratura e architettura, affreschi e storia, per offrire al visitatore uno sguardo trasversale sul patrimonio culturale italiano.

“Stars and Stones” è un viaggio poetico e visivo attraverso l'arte di Marsiglia, che si articola tra alcuni dei luoghi più importanti e iconici del borgo medievale, tra la Casa del Boccaccio con la sua torre panoramica e il suggestivo Palazzo Pretorio, sede principale della mostra. Un itinerario costituito da un ampio gruppo di opere di diversa tipologia, per la maggior parte inedite e appositamente realizzate per questo progetto che nell'insieme sintetizzano l’attitudine multidisciplinare dell'artista e gli esiti più recenti della sua ricerca rivolta all'impiego di materiali eterogenei e all'esplorazione dei media digitali.

Il percorso espositivo contamina sia spazi interni che esterni, luoghi fisici e virtuali e si snoda a partire dalle sale del Palazzo Pretorio, simbolo di Certaldo ubicato alla fine di via Boccaccio, dalla Sala del Vicario con un'installazione site-specific di ologrammi e proiezioni digitali in dialogo con gli affreschi di Pier Francesco Fiorentino della fine del XV secolo. Si prosegue con le opere in marmo nero del belgio (“Burning Stones”), in alabastro (“Shadow Stones” e “Shadow Star Cloud”), con le grandi stelle in tessuto, con i neon (“Prospect”), fino alle opere su carta. L'ultima sala ripercorre l'innovativa esperienza immersiva in realtà mista e aumentata “Map (Star) the World – Certaldo” vissuta in prima persona dall'artista mappando e rivestendo con pattern stellati virtuali alcuni tesori di inestimabile valore storico-artistico custoditi nei musei e nelle chiese di Certaldo per mezzo del visore HoloLens 2, come il “Tabernacolo dei Giustiziati” (1464-65), capolavoro di Benozzo Gozzoli nella chiesa di San Tommaso e Prospero, la tomba di Boccaccio nella Chiesa Madre dei Santi Jacopo e Filippo e le pagine della copia originale del “Decamerone”, in un'inedita ed affascinante rilettura del passato storico, artistico e letterario italiano tra visione analogica e digitale. L'esperienza è restituita mediante una selezione di scatti fotografici e un video visionario dove compaiono anche vedute panoramiche e dettagli del borgo storico di Certaldo.

All'esterno, nella loggia di Palazzo Pretorio è collocata un'installazione a neon di luce azzurra a forma di stella. Una seconda stella più grande irradia di nuova luce la Casa di Boccaccio che, ancorata sulla loggia, incontra visivamente quella della loggia del Palazzo Pretorio creando una diagonale luminosa a indicare il cammino lungo la via principale del paese.

La riflessione artistica di Marsiglia è imperniata attorno alla continua elaborazione di un segno a forma di stella a quattro punte (Unità Marsiglia), interpretabile come un'unità di misura, un carattere alfabetico e un simbolo, che viene formulata  sia singolarmente sia come pattern, incidendo o rivestendo materiali e superfici secondo svariate tecniche e modalità, sollecitando significati e risultanze estetiche inattese e sorprendenti. Così il titolo della mostra “Stars and Stones” include i due termini chiave “Stelle” e “Pietre” che si riferiscono sia alla stella, segno distintivo dell'artista, sia alle pietre impiegate per realizzare le opere, ma fornisce anche suggestioni ulteriori e implicazioni più ampie che possono spaziare liberamente in ambiti differenti, come le coordinate per indicare il cielo e la terra, le contrapposizioni tra ciò che è spirituale e ciò che è terreno, tra irrazionale e concreto, tra la luce e il buio, tra impalpabile e tangibile, tra digitale e analogico e molte altre ancora.

“Mi piace pensare a Vincenzo Marsiglia come un re Mida che nobilita tutto ciò che tocca mediante il suo segno distintivo. - dichiara il curatore Davide Sarchioni – La sua stella è un segno estetico e razionale, ma anche poetico, simbolico e carico di rimandi, la cui formulazione amplifica e dischiude intenti e significati sempre nuovi che cambiano al variare della tecnica e dei materiali impiegati, così come dei contesti in cui agisce. Riflettendo sulle peculiarità del luogo in cui la mostra è allestita, le pietre pregiate incise con la forma o la sagoma di una stella a quattro punte rimandano anche a significati ancestrali, legati all'origine dell'umanità, mentre le mappature stellate digitali che rivestono oggetti e architetture, coinvolgendo anche paesaggi e contesti di rilevanza storica e culturale, trasformano la percezione del reale sollecitando riflessioni futuribili. In entrambi i casi le opere di Marsiglia connettono il passato con il futuro collocandosi in un tempo cristallizzato fatto di stelle e di pietre”.

Tra gli eventi collaterali ufficiali della 60. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, la Mostra personale e progetto di ricerca dell’artista messicana Betsabeé Romero, dal titolo The endless Spiral, è organizzata dal Museum of Latin American Art (MOLAA) di Long Beach CA e curata da Gabriela Urtiaga, storica dell’arte e ricercatrice argentina, Chief curator del museo stesso. 

 L’esposizione si propone di esplorare il percorso artistico di Betsabeé Romero attraverso opere commissionate e nuove installazioni, ed è il risultato della lunga relazione tra l’artista e il Museo Molaa. Il suo lavoro infatti fa parte della collezione permanente del Museo e, al termine della mostra come Evento Collaterale della 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, sarà allestita nel 2025 al MOLAA a Long Beach, Califonia USA. Le linee e i concetti curatoriali si diramano lungo le sale degli spazi espositivi della Fondazione Bevilacqua La Masa, con l’implicita premessa di indagare il tema “Stranieri ovunque” titolo di questa 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia. 

 La mostra presenta diverse sezioni che creano un approccio differente a questo cruciale argomento, facendo emergere idee e concetti dal corpus delle opere evidenziando dualità, tensioni, conflitti e fratture nella nostra cultura e storia. L’artista ha sviluppato inizialmente una forte narrativa ponendo l'accento sull'esperienza di essere straniero nel mondo. Dal punto di vista dei molti a cui manca un territorio dove trovare rifugio e sopravvivere. Parla di chi nella fuga siscontra con confini politici ed economici, sempre estranei ed escludenti; dallo specchio che non ci riconosce, che dubita, osserva, ignora e distorce. 

 Da specchi che non includono identità e generi, al di là delle classificazioni e discriminazioni obsolete. Dalle case in cui prevale la violenza, esercitata da coloro che ne hanno raccolto il testimone, come un pugnale che segna arbitrariamente confini che definiscono il loro potere di piccoli patriarchi, a scapito della vita delle donne  dei bambini, vulnerabili e indifesi. Dalle comunità più sagge e coerenti che hanno dovuto nascondersi per difendere i propri luoghi sacri e salvare il mondo dalla barbarie, a cui ha condotto la logica dell'avidità e del consumo eccessivo. La mostra è divisa in sei sezioni. 

 L’esperienza estetica inizia con l'installazione “Segni per guidarci verso l'esilio”, che mette in discussione il concetto e le esperienze di migrazione avvenute prima, durante e dopo il nostro tempo, ed evidenzia come una comunità possa contribuire a smantellare l'orrore e le ingiustizie. Attraverso l’opera “Identità”, alcuni specchi concavi di sicurezza, che rivestiranno completamente la sala, osserveranno e distorceranno la nostra immagine. Specchi mappati e truccati, con linee dure e confinanti, specchi rotti in un universo rotto. “Barbed Borders” esplora la sofferenza che causa i confini. Sono linee imposte che si oppongono alla necessità, alla sopravvivenza e alla comprensione, cicatrici che sanguinano il mondo. 

 Linee che ci inseguono per tutta la vita, iscritte sul corpo, incise nei piedi, nelle impronte che lasciamo. Linee crudeli, spigoli malati e mortali. L’installazione “Totem rotolanti di gomma e oro” introduce il visitatore alla mobilità e nei totem urbani su ruote, ruote incise a mano che un tempo erano strumenti di memoria, timbri cilindrici che hanno impresso la storia in tutte le culture dell'umanità. Le ruote occidentali hanno cambiato l’andamento della corsa, dando priorità alla velocità e all'oblio per continuare a travolgere. Questi pneumatici riciclati rivendicano la direzione opposta alla modernità; invece di servire sulle autostrade e ai veicoli del potere, si muovono all'indietro, azionati manualmente per ricordare e rendere visibile ciò che la velocità aveva lasciato dietro di sé, per non vederlo più. 

 Un totem mobile dell'iconografia indigena di tutte le Americhe, ricami e ceramiche, stele e oggetti in pietra provenienti da diverse regioni e culture. “Nel punto di fuga delle ombre” l’artista riflette sulla cultura come casa che portiamo all’interno di un rifugio sopravvissuta all’ombra di tutti i poteri. Infine, “Feathers of a spiral sunrise”, e un viaggio attraverso una spirale senza fine, la saggezza che semina e germina in cicli, un compendio rotante di voli collettivi e accattivanti. Lumaca dalle ali circolari e labirintiche, una cresta orizzontale e infinita, veste architettonica e rituale, uno spazio dove tutti possono entrare e abitare. La mostra è realizzata con il sostegno di William S. & Michelle Ciccarelli Lerach e Santiago García Galván. Betsabeé Romero è un'artista che ha avuto l'opportunità di vivere e produrre il suo lavoro in paesi, culture e contesti diversi. 

Gabriela Urtiaga scrive di lei «Betsabeé è uno spirito nomade sempre alla ricerca di nuove esperienze e prospettive, con un focus sull’esame di diversi temi essenziali e urgenti per il pubblico internazionale. Lavora con una forte consapevolezza di questioni come la migrazione, i ruoli di genere, le tradizioni culturali, la religiosità, il meticciato e la memoria individuale e collettiva. Il suo metodo di trasgredire i limiti delle diverse categorie stabilite, di rendere visibile l'ingiustizia nel mondo come punto di esame e invito all'azione, viene ridefinito come un impegno comunitario attraverso un dialogo tra arte, giustizia sociale e patrimonio, che interagiscono per il bene comune. L’artista ha sviluppato una forte narrativa iniziale che si concentra sull’esperienza di essere straniero nel mondo, e dal punto di vista di molti a cui manca il territorio per cercare rifugio e sopravvivere»  

 Fonte Studio Begnini

Sarà ospitata al Museo di Roma a Palazzo Braschi da martedì 20 febbraio a domenica 23 giugno 2024 la grande mostra “Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visioni dal Giappone”, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e co prodotta e organizzata dalla Sovrintendenza Capitolina e da MondoMostre, con il supporto di Zètema Progetto Cultura.
 L’esposizione, a cura di Rossella Menegazzo, propone un percorso nell’arte giapponese tra il XVII e il XIX secolo attraverso centocinquanta capolavori provenienti dal Museo d’Arte Orientale E. Chiossone di Genova e dal Museo delle Civiltà di Roma, firmati dai maestri del periodo Edo, tra cui Kitagawa Utamaro, Katsushika Hokusai, di cui verrà presentata anche la Grande Onda di Kanagawa, Keisai Eisen e la grande scuola Utagawa con Toyokuni, Toyoharu, Hiroshige, Kuniyoshi, Kunisada.
 Filo conduttore del percorso espositivo è il filone artistico conosciuto come ukiyoe, parola giapponese che letteralmente significa “immagini del mondo fluttuante”. Affermatosi a partire dalla metà del Seicento, l’ukiyoe porta al centro dell’attenzione il mondo contemporaneo giapponese del tempo legato alla nascita delle città, di nuove classi sociali, gusti e mode, che i maestri contribuiscono a diffondere insieme a nuovi valori estetici, educativi e culturali omogenei in tutto il Paese.
La forte influenza esercitata dall’arte giapponese e dall’ukiyoe sulla cultura occidentale di fine Ottocento e inizio Novecento è restituita in mostra attraverso il racconto dell’esperienza unica di due artisti italiani, lo scultore Vincenzo Ragusa e l’incisore Edoardo Chiossone, che furono invitati dal governo giapponese Meiji di fine Ottocento come formatori e specialisti nei primi istituti di grafica e arte. Essi furono figure-chiave nello sviluppo delle prime professioni artistiche di stampo occidentale, insieme ad Antonio Fontanesi per la pittura e Giovanni Vincenzo Cappelletti per l’architettura. La conoscenza profonda del Giappone nei lunghi anni di permanenza permise loro di diventare anche collezionisti, formando due tra i più importanti nuclei di arte orientale in Italia, oggi conservati presso il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova e al Museo delle Civiltà di Roma. In mostra la presenza italiana in Giappone di fine Ottocento e l’affascinante aspetto del collezionismo orientale in Italia sono anche testimoniati da alcuni pezzi appartenenti al Museo delle Civiltà di Roma, acquisiti da Luigi Pigorini e appartenuti al primo Console italiano in Giappone Cristoforo Robecchi e al conte Enrico di Borbone, conte di Bardi, gran parte della cui collezione è oggi al Museo d’Arte Orientale di Venezia.
“Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visioni dal Giappone” restituisce un ritratto culturale del Giappone tra Seicento e Ottocento e testimonia lo scambio artistico tra Italia e Giappone, la cui influenza sopravvive ancora oggi attraverso manga, anime e un’estetica che ha trasformato il nostro vivere contemporaneo.

 Fonte Zètema Chiara Sanginiti

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI