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Manfredonia - La poesia del faro

Novanta gradini di una scalinata a chiocciola. E’ la distanza che separa la Manfredonia che tutti conosciamo da quella che davvero in pochi hanno visto. La visuale inedita è quella che si gusta e si assapora ogni istante dalla sommità del faro: un elemento funzionale per la navigazione, fondamentale sino all’avvento della tecnologia, ma anche un posto che può essere visitato da tutti seppur pochi lo sappiano.

Il faro di Manfredonia, con ottica rotante e la cui portata è di ben ventitrè miglia marine, rappresenta pur sempre un simbolo della nostra città, della sua naturale inclinazione verso il mare, del suo volersi spingere sempre oltre l’orizzonte visibile. Una struttura che subì i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, ma che dopo la ricostruzione continua a conservare, nella parte superiore, proprio quella che era la sommità originaria del faro abbattuto nel periodo bellico.

“Torre argentea, vaporosa, con un occhio giallo che s’apriva a un tratto, lievemente, nella sera”, scriveva Virginia Woolf in “Gita al faro”. Visitare il faro di Manfredonia è facoltà di tutti, basta semplicemente rivolgersi a quello che una volta veniva chiamato “il guardiano del faro” e che ora è invece un civile in forza alla Marina Militare: il signor Ottavio Greco. Con l’automazione degli impianti i compiti dell’uomo non sono più quelli di vigilare la notte affinché la fiamma non si spenga, sono invece di controllo dei macchinari e di manutenzione periodica. Oltre che di carte nautiche e meteorologia, il guardiano oggigiorno deve sapere di correnti elettriche e di campi magnetici perché i fari sono come romantiche enciclopedie della scienza energetica dell’ultimo secolo.

“E’ un lavoro adatto agli appassionati – la considerazione del Sindaco, Angelo Riccardi, dopo una recente visita al nostro faro – quale mi è parso dal primo istante Ottavio. Non potevo non notare la competenza, la meticolosità, la precisione, l’ordine, la cura dei dettagli: la passione che muove quest’uomo. Credo che sia la leva più efficace per trovare ogni giorno qualcosa da fare, sistemate, migliorare”. E se qualcuno nutre dubbi provi a fare capolino nell’androne d’ingresso del faro e si fermi ad osservare le decine di riproduzioni fedeli ed in scala del nostro faro e dei suoi “colleghi”, realizzate a mano dal “guardiano del faro”.

Ottavio si prende cura del faro di Manfredonia da otto anni (da tanto si è trasferito dalla natia Taranto, dove svolgeva identico incarico, con famiglia al seguito) ed è a lui che occorre rivolgersi per ritirare la modulistica. Una visita che vi suggeriamo, quasi caldeggiamo. Siamo certi che resterete così tanto stupiti ed affascinati da portare sempre con voi e dentro di voi ciò che vedrete, al di là delle foto di rito. Vi resterà dentro la Manfredonia che vedrete nella spiaggia, nel mare, nei gabbiani, nelle barche, nel Castello, nel Golfo, nelle case una addosso all’altra del centro storico ed in quelle più spaziate in lontananza. Serve davvero poco per richiedere la visita: indicare quando la si vorrebbe effettuare, in quante persone si vorrà essere e se vi sono minori, fornire un riferimento telefonico.

C’è chi dice che il faro ormai non serve più a niente, ma non è così. Al di là del fatto che i natanti hanno tutte le strumentazioni elettroniche, quando il mare è in tempesta, vedere una luce in lontananza, tra le onde, è molto rassicurante. Una perfetta metafora di ciò che accade nella vita di ognuno di noi. Passa il tempo ma resta il mito del faro. La durezza della vita sfocia nel romanticismo, la tempesta diventa metafora d’altro. Per questo i fari sono diventati oggi anche mete turistiche, attrazioni. Perché i fari sono alti, misteriosi, solitari, forse un pò sinistri, certamente affascinanti.







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