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Crisi dell’identità europea: da Lutero alla pace di Westfalia

Il Rinascimento, come abbiamo visto, col suo umanesimo paganeggiante, stimolò quello spirito d’orgoglio e di autonomia, che dopo il peccato originale, ci caratterizza in quanto uomini e contro il quale, chi più, chi meno, tutti dobbiamo lottare. L’individualismo trionfò e contro i sani dettami della filosofia scolastica, vietava all’uomo di consegnarsi ad una qualsivoglia autorità a lui esterna. Questa fu una delle tante cause umane, che determinò quella Riforma ,che-non entro nel merito della questione teologica, la quale esula dagli scopi di questo articolo-, secondo il già ricordato storico  gesuita J. Lortz è la più grande catastrofe abbattutasi sulla Chiesa nell’intero corso della sua storia, fino ad oggi. Naturalmente, fu un evento di tale portata , da avere anche ripercussioni politiche e sociali: quelle che ci interessano in questo scritto. Il monaco agostiniano Martin Lutero (1483-1546), l’iniziatore della Riforma, da un punto di vista culturale non aveva conosciuto direttamente la Scolastica del duecento, di stampo tomista, ma non solo,  bensì quella decadente del trecento, quella occamista. L’occamismo come già visto in precedenza, ribaltò il rapporto tra intelligenza e volontà, persino in Dio stesso, del quale fu messa in particolare rilievo, l’Onnipotenza della Volontà, a scapito del Logos ordinante ed immutabile, in modo tale, che Egli avrebbe potuto cambiare, ad es., la morale e comandare, come giusto, anche l’omicidio …; la ragione umana, insomma, si riduceva a mera tecnica: l’uomo si salvava solo per mezzo della volontà. Lutero dall’occamismo ereditò una sfiducia nelle capacità della ragione umana, ma reagì “violentemente” al suo volontarismo: così, mentre umanesimo e occamismo sopravvalutavano l’azione dell’uomo nella salvezza, l’ex monaco agostiniano l’annullò, ponendo la “giustificazione”, unicamente nei meriti di Cristo, senza alcun concorso umano. Come notò argutamente Papa Benedetto XVI (2005-2013) nell’Enciclica Spe Salvi al par 7, Lutero, fra gli altri, mutò il termine greco usato nella Lettera agli Ebrei (elenchos), in riferimento alla fede, che ha valore oggettivo di prova, in Festsehen, che ha quello soggettivo di convinzione, dando il là definitivo al soggettivismo. Da lì il passo alla ribellione e al disgregarsi dell’Europa, fu breve. Certo, la Chiesa di Roma aveva le sue colpe, soprattutto negli uomini di curia. Lo storico Daniel Rops ha definito la Chiesa alla vigilia del Concilio di Trento,(1545) come «un cadavere in brandelli» . Lo scrittore cattolico più celebre, Vittorio Messori, descrivendo la situazione della Chiesa rinascimentale, ha affermato: «La Chiesa sembrava un infermo senza speranza, ormai allo stadio terminale, anche perché mancava di uomini: ce ne erano tanti, forse fin troppi, abili, talvolta abilissimi, in ogni specie di arte, nelle scienze, nella politica, nella diplomazia,magari nella guerra». Mancavano, in pratica, teologi e filosofi di rango, che non fossero semplici ripetitori del passato, dai quali si sarebbe dovuti ripartire. In questa situazione, la riforma luterana ,pur iniziata con la voglia e il desiderio di purificare la Chiesa dai suoi eccessi, ben presto si allontanò dall’ortodossia.  D’altronde, sempre seguendo qui il valido ragionamento di  Messori, la situazione morale della periferia della Chiesa non coincideva con quella romana, certamente meno evangelica; erano quelli, tra le altre cose, gli anni in cui operava il nepotismo di alcuni pontefici. Messori cita a sostegno, un’interessantissima considerazione di uno dei massimi avversari del cristianesimo, in particolare nella sua versione cattolica, Friedrich Nietzsche (1844-1900), che nella Gaia scienza, scrisse: «All’epoca della grande corruzione della Chiesa, essa era in Germania, pochissimo corrotta… relativamente parlando, nessun popolo fu mai più cristiano dei tedeschi all’epoca di Lutero; la loro cultura cristiana era giusto pronta per sbocciare in una centuplicata magnificenza di fioritura. Non mancava ancora che una sola notte: ma questa portò la tempesta che pose termine a tutto». Impressionante il mysterium iniquitatis, qui sicuramente all’opera… La chiesa, pur a “brandelli”  reagì splendidamente; le cronache di quei tempi ricordano, che il giorno d’apertura del tridentino, parteciparono alla processione inaugurale la “miseria” di 4 cardinali, 4arcivescovi, 21 vescovi e 5 padri generali di Ordini religiosi, su oltre 600, che ne avevano teoricamente diritto. Sui risultati raggiunti da quell’assise,ascoltiamo ancora Messori: «In una Chiesa dalla struttura umana esausta,corrotta, interessata più agli studi umanistici che a quelli biblici, più alla scienza e alla bellezza del mondo che alla stultitia crucis, in una Chiesa così, chi avrebbe immaginato che si nascondesse una tale sapienza teologica da definire con nettezza stupefacente(in fondo, per la prima volta) il cattolicesimo nella sua piena ortodossia?» Domanda questa, che può avere risposta solo nella fede nel Suo Signore, che promise con il non praevalebunt, l indefettibilità della Chiesa. Sul piano politico-sociale il Concilio di Trento (1545-1563) incise nel profondo sui paesi,che si mantennero fedeli a Roma. L’Europa divenne una sorta di “campo di battaglia”, per quelle che,indebitamente, furono definite guerre di religione. La realtà, infatti, ci parla di guerre per l’egemonia politica, che ebbero la religione a pretesto. Cattolici e protestanti si scontrarono,sì, ma spesso mischiati fra loro e non solo! La Francia, figlia primogenita della Chiesa, non esitò a schierarsi con la Germania protestante e con i Turchi (!), pur di interrompere l’egemonia politica dell’altrettanto cattolica Spagna di Carlo V(1500-1558). La Francia, non paga di ciò, ostacolò pure il tentativo degli Asburgo d’Austria, nel 600, e della stessa Spagna, di reprimere- anche per motivi economici- il calvinismo nei Paesi Bassi, specialmente nelle province Unite (Olanda), divenute, nel frattempo, la massima potenza economica in Europa. I protestanti, grazie all’aiuto economico/militare della cattolica Francia, riuscirono a sventare i progetti della casa reale austriaca. Dal 1618 al 1648 si combatté la guerra dei Trent’anni, al termine della quale, con la pace di Westfalia, si sancì ufficialmente la divisione dell’Europa tra cattolici e protestanti. Inoltre, fu esteso, a livello continentale, il principio sancito con la Pace di Augusta(1555), cuius regio eius religio, secondo il quale, i principi tedeschi avevano la potestà di scegliere la religione dei propri sudditi. A ben vedere, questo principio negava in radice, l’identità stessa delle comunità nate dalla Riforma, strutturatesi storicamente come Chiese della libertà. A meno di 30 anni dal suo’esordio, infatti, la Riforma fece svanire le libertà promesse. Si era passati, da una libera sottomissione al Papa, ad una forzata sottomissione al Principe. Questione nodale, questa, messa a fuoco,lucidamente, dal già citato J. Lortz: «Nella  pace di Augusta non solo i seguaci della Riforma acquistarono il diritto di organizzare la loro vita religiosa ed ecclesiastica secondo la loro coscienza, a differenza e in opposizione alla forma cattolica passata, ma al tempo stesso fu gravemente minata  la libertà di coscienza: il potere civile ottenne il diritto di disporre della coscienza dei sudditi». Possiamo rilevare, che fu messo in moto un meccanismo pericoloso, giunto fino a noi; negli ultimi anni, infatti, a livello legislativo, usando in modo distorto il diritto, si sta tentando di “silenziare” la coscienza, soprattutto sui temi di bioetica, di chi non si allinea alla Vulgata corrente, sedicente progressista ed orientata verso un’autodeterminazione assoluta dell’uomo.  La pace di Westfalia, peraltro, fu un grave colpo all’unità europea, così com’era stata fino ad allora. I singoli Stati,infatti, si configurarono sempre più come autonomi gli uni rispetto agli altri e,dunque, con una conflittualità reciproca,  potenzialmente, più accentuata; esattamente, quel che ci ha poi dimostrato la storia successiva.  La concezione del Sacro Romano Impero fu minata fin nelle fondamenta; nelle parole del filosofo W. Leibniz (1646-1716), esso era stato una sorta di «repubblica comune delle genti cristiane, di cui erano capi il pontefice per le cose sacre e per le temporali l’Imperatore». Una breve, ma efficace descrizione di quel che l’Impero ha rappresentato per la storia europea, la troviamo nelle parole dello scrittore tedesco, massacrato dai nazisti, F. Malleczewen (1884-1945): «E’ un sogno passato l’unità cristiana; è un ricordo il tempo in cui al signore imperiale del mondo visibile era affidato il compito di trovare nell’idea dell’antico impero e nell’invisibile la formula sacra della riconciliazione dei popoli e della pace sulla terra. Sapevamo che tale formula non esiste su questa terra insanguinata, ma pur sapendolo, la cercammo».

La distruzione dell’unità religiosa, all’interno stesso della civiltà europea, divenne ‒ secondo Lortz ‒ ,probabilmente, la causa più forte dell’attuale età ostile alla fede. Il moltiplicarsi, in seno all’unità cattolica, di svariate confessioni, che si richiamavano,ugualmente, al cristianesimo, infatti, fece sorgere il dubbio su quale potesse essere quella vera. Il discorso,ovviamente, deve proseguire.

 

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