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Inchiesta sul Covid, indagati Conte e Speranza

Emozione stamane fra i parenti delle vittime di Covid davanti alla Procura. Con loro c'era l'avvocato Consuelo Locati, che coordina il team dei legali. "C'è grande gratitudine adesso - hanno sottolineato i familiari - perché per noi si riscrive la storia in questo momento. È ormai chiaro che non è stato uno tsunami improvviso e che qualcuno sarebbe dovuto intervenire".
I familiari delle vittime hanno portato con sé gli esposti a loro tempo presentati proprio in Procura a Bergamo.

«Il sacrificio dei nostri cari non sia vano. Mai più una pandemia, una qualsivoglia emergenza, ci trovi impreparati». È l'appello lanciato da Consuelo Locati, dell'associazione "Sereni e sempre uniti" che rappresenta i familiari delle vittime di Covid, sentita oggi in audizione informale in Commissione Affari sociali della Camera nell'ambito dell'esame delle proposte di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. «Noi vogliamo sapere che cosa è successo, non ci interessa la politica. A voi noi chiediamo un'altra verità», dice. «Voi avete il dovere ridare a tutti noi la speranza di credere in qualcosa, la verità».

«Siamo stati abbandonati, ci siamo sentiti di vivere in una realtà surreale. La Bergamasca è stato il luogo della strage più devastante dal secondo Dopoguerra. In un mese circa sono decedute più di 6mila persone come eccesso di mortalità rispetto ai 5 anni precedenti», evidenzia Locati che pone una serie di domande: «Perché non si è intervenuti almeno a partire dal 5 di gennaio del 2020 al primo alert dell'Oms? Perché non ci è stato comunicato che il virus era già nelle nostre case e, invece di metterci al corrente del rischio che correvamo, ci dicevano che tanto era poco più di una banale influenza? E nella Bergamasca perché non si è intervenuti subito a isolarci? Noi chiedevamo di essere isolati, ma nessuno lo ha mai fatto. Perché sono stati inviati i militari nella Bergamasca il 5 marzo del 2020 e poi sono stati ritirati tre giorni dopo? Non può di certo essere un segreto di Stato, questa spiegazione non possiamo accettarla».

Locati cita poi «il piano pandemico non adeguato, non attuato». La verità, incalza, «è che dovevamo essere pronti e non lo eravamo. Chi ci rappresenta ufficialmente ci dia risposte chiare, sincere, trasparenti - esorta - Riteniamo di avere questo diritto, perché riteniamo che queste risposte rappresentino il rispetto che le nostre istituzioni riconoscono a noi familiari e prima ancora ai nostri cari che non ci sono più. Noi abbiamo dato fiducia al Parlamento, ma finora questa fiducia non ci è stata ripagata. La Commissione d'inchiesta sarebbe la prova che anche le istituzioni vogliono riprendere una relazione coi propri cittadini. 

E le risposte devono essere date in tempi ragionevoli. A noi non serve un giorno per ricordare i nostri cari, perché li ricordiamo tutti i giorni e promettiamo loro che avranno giustizia e non solo nei tribunali, ma anche attraverso quelle verità che solo il Parlamento ci può dare. L'auspicio è che venga istituita una Commissione d'inchiesta bicamerale proprio per mantenere alta l'attenzione su una delle pagine più buie della nostra storia, perché analizzare ogni errore e ogni sbaglio serve perché la strage che abbiamo vissuto non si ripeta più».

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la Bergamasca con oltre 6 mila morti in più rispetto alla media dell'anno precedente, è stata chiusa l'inchiesta per epidemia colposa con 19 indagati tra cui l'ex premier Giuseppe Conte, l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, il Governatore della Lombardia Attilio Fontana e l'ex assessore della sanità lombardo Giulio Gallera.

Il procuratore aggiunto di Bergamo Cristina Rota con i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la supervisione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno tirato le somme di una indagine con cui si è cercato di far luce e individuare le responsabilità di quella tragedia che ha lasciato una profonda ferita, e di cui è ancora vivo il ricordo delle lunghe file di camion dell'esercito con sopra le bare delle vittime da trasportare fuori regione per essere cremate.

Di fronte alle migliaia di morti e le consulenze che ci dicono che questi potevano essere eventualmente evitati, non potevamo chiudere con una archiviazione": così ha detto il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani parlando dell'inchiesta appena chiusa sul Covid nella Bergamasca.

"La nostra scelta - ha aggiunto Chiappani - è stata quella di offrire tutto il materiale raccolto ad altri occhi, che saranno quelli di un giudice, di un contraddittorio con i difensori perché è giusto che la ricostruzione la diano gli interessati e da tutto questo ricavare l'esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico, amministrativo" quindi "una lezione, una grandissima riflessione".

La speranza del procuratore è che "al di là delle accuse, delle polemiche che senz'altro ci saranno" questo sia "uno strumento di riflessione". C'è stata una "insufficiente valutazione di rischio. Il nostro scopo - ha detto - era quello di ricostruire cosa è successo e di dare una risposta alla popolazione bergamasca che è stata colpita in un modo incredibile, questa è stata la nostra finalità, valutare se un'accusa può essere mantenuta come noi valutiamo di fare proprio per questa insufficiente valutazione di rischio". Con un "decreto" del "23 febbraio 2020 - prosegue Chiappani - era stata richiamata la legislazione sanitaria precedente, per cui nel caso di urgenza c'era la possibilità sia a livello regionale sia anche a livello locale di fare atti contingibili e urgenti in termine tecnico, cioè di chiudere determinate zone, c'era questa possibilità e poteva essere fatto proprio in virtù di questo diretto richiamo, fatto in un decreto di emergenza del 23 febbraio".

A proposito del tema del piano pandemico, uno dei capitoli dell'inchiesta sulla pandemia di Covid, Chiappani spiega che  "il nostro problema è stato sì quello del mancato aggiornamento del piano pandemico, e questo riguardava un lato ministeriale, ma anche la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi che già erano previsti nel piano antinfluenzale comunque risalente al 2006".

E' stato un "lavoro mastodontico" quello della Procura di Bergamo nell'inchiesta sulla gestione della pandemia di Covid. "Ci abbiamo impiegato tre anni ma mi risulta - racconta il procuratore  - che non sia stata ancora neanche iniziata una commissione parlamentare. Noi in tre anni abbiamo fatto un'inchiesta". Il lavoro ha incluso "ricostruire centinaia di vite, un insieme non solo di provvedimenti ma migliaia di mail e sms, tre consulenze durate oltre un anno - ha elencato - ricostruire tutti i rapporti anche di natura estera (ricordo il discorso dell'Oms, della mancata attuazione e aggiornamento del piano pandemico), ricostruire tutte le attività da parte delle amministrazioni". "Noi siamo in Lombardia - ha concluso - quindi anche delle singole amministrazioni lombarde: non è un gioco".

"E' vergognoso - dice il governatore Attilio Fontana - che una persona che è stata sentita a inizio indagine come persona a conoscenza dei fatti scopra dai giornali di essere stato trasformato in indagato. E' una vergogna sulla quale non so se qualche magistrato di questo Paese ritiene di indagare. Sicuramente non succederà niente. Anche in altri processi in cui sono stato assolto - aggiunge - ho saputo dai giornali cose che non sapevo". Fontana - scrive la Procura - avrebbe causato "la diffusione dell'epidemia" in Val Seriana con un "incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone, pari al numero di decessi in meno che si sarebbero verificati" se fosse stata "estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020".

Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità e altri, tra cui componenti del Cts e dirigenti ministeriali, indagati per epidemia colposa assieme anche ad Attilio Fontana e Giuseppe Conte, avevano "a disposizione", almeno dal 28 febbraio 2020, "tutti i dati" per "tempestivamente estendere" la zona rossa anche alla Val Seriana. Erano contenuti nel "Piano Covid elaborato da alcuni componenti del Cts coordinati dal prof. Stefano Merler". Documento che "già prospettava" lo "scenario più catastrofico per l'impatto sul sistema sanitario". Lo scrive la Procura di Bergamo nell'avviso di chiusura indagini.

Il direttore dell'Iss Silvio Brusaferro, nonostante le raccomandazioni e gli alert lanciati dall'Oms a partire dal 5 gennaio 2020 avrebbe proposto "di non dare attuazione al Piano pandemico, prospettando azioni alternative, così impedendo l'adozione tempestiva delle misure in esso previste". Lo scrivono i pm di Bergamo nell'avviso di chiusura dell'indagine sulla gestione del Covid in cui Brusaferro è indagato per epidemia colposa e rifiuto di atti d'ufficio con, tra gli altri, l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, Claudio D'Amario ex dg della prevenzione del ministero, e con Angelo Borrelli, ex capo della Protezione Civile.

L'ex premier Giuseppe Conte e l'allora ministro della Salute Roberto Speranza, assieme ad altri indagati tra cui il Governatore lombardo Attilio Fontana, hanno «cagionato per colpa la morte» di una cinquantina di persone. Lo scrive la Procura di Bergamo nell'avviso conclusione indagini notificato a 17 persone.

Fonti Varie agenzie

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