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In molti hanno scritto che la scomparsa della regina Elisabetta II d’Inghilterra, con le immagini e le dirette televisive del suo prolungato funerale, hanno suscitato un certo interesse, addirittura fascino nei confronti dell’istituto monarchico. Antonino Sala, collaboratore della prestigiosa Fondazione Thule di Palermo, in un post su facebook ha invitato a leggere il libro del professore Tommaso Romano, “La Tradizione Regale. Singolarità fra Autorità e Libertà”, Fondazione Thule Cultura (2021, e.30,00. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) Ho accolto l’invito, lasciando in sospeso un libro che stavo leggendo per dedicarmi completamente alla monumentale Summa del professore Romano, sulla Regalità presente nella storia delle Civiltà dell’uomo. Una regalità ora vilipesa da infime volgarità e sprofondamenti nel buio delle catene degli interessi solo mondani. Un testo di 313 pagine, suddiviso in due parti, la prima in cui si sviluppa il concetto di  regalità, nella seconda si dà spazio ad una serie di dieci saggi ed interventi, contributi che confermano la prospettiva attraverso le opinioni e le analisi di esperti studiosi sul tema. Gli interventi presenti sono di Ignazio E. Buttitta, Manlio Corselli, Fernando Crociani Baglioni, Pier Felice degli Uberti, Vincenzo Guzzo, Gennaro Malgieri, Carmelo Montagna, Roberto Russano, Antonino Sala, Primo Siena. Nel testo troviamo un’ampia bibliografia e un Florilegio della Regalità, un mosaico variegato di citazioni, massime, aforismi, di personalità più o meno note della cultura tradizionale e conservatrice. Approntare una recensione esauriente di “quest’opera è estremamente arduo,- scrive Carmelo Fucarino -  se non impossibile, sia per la sostanza dei temi trattati sia per la profonda acribia dell’indagine che si avvale della ricerca storica dalle prime comunità antropologiche alla recente codificazione storica e soprattutto filosofica, per il rigore logico nella sua sincronia e diacronia”.(Carmelo Fucarino, The Crown o se volete la Corona, 2.2.22, culturelite.com).

Nel proemio l’autore esplicita e definisce la reale dimensione ideologica del trattato: «La regalità è la bellezza manifestata dal Sacro che si protende al superiore, il mito dell’ordine, un radicamento nel simbolo, l’umana trascendenza che supera il solo divenire del singolo e la consegna dell’Assoluto, al tempo della vita».

Il professore chiarisce subito che la «regalità è l’incarnazione di un Principio che si incarna in un Re» e dal «riconoscimento della corretta Origine del potere sovrano, generato e codificato nel Rito sacro, nei Simboli, nel Mito che è sorretto dalla Grazia e dalla Volontà di Dio, con la decisa e laboriosa volontà e determinazione di guida pastorale del popolo, delle nazioni, perseguita e fondata sul primato dello spirituale e del conseguente Diritto Naturale».

Pertanto, per Romano, “Il re è il mediatore per eccellenza. In senso orizzontale: fra corpi costituiti, i gruppi di interesse, le funzioni, le fazioni, fra gli stessi individui. In senso verticale: fra il divino, a cui ogni regalità si richiama, e gli uomini sui quali essa si esercita”. Se smette di essere un mediatore,“smette di essere re e diviene un capobanda”. Ma il re è anche un arbitro e non un despota, equo decisore nell’equilibrio fra le parti. Al re bisogna accostare la figura del padre. Non è un caso che la rivoluzione trionfa con la decapitazione del Padre del Regno nel 1793. Un odio al Padre della Patria, nello stesso tempo muore anche la paternità insieme al suo stesso fondamento che è la famiglia, quella tradizionale. Romano su questo tema fa riferimento al professore Claudio Risè, che ha scritto interessanti libri sulla figura del padre e sulla sua “scomparsa” nella società di oggi.

"Era naturale che, per secoli, la Chiesa e i suoi fedeli abbiano ravvisato nel re un’immagine di Dio Padre, e in ogni regno un’immagine del regno”. Intanto precisa Romano che la parola "regno" compare innumerevoli volte nel Vangelo, e quando Gesù ci insegna la preghiera ideale, ci insegna a pregare per l’avvento di un regno, non di una legislatura.

Anche lo stesso matrimonio inteso come istituzione superiore e non solo frutto del sentimento. Lo sposo diventa l’icona del principe quanto la sposa come principessa. La Madonna, madre di Dio e Corredentrice, Ella è Regina del cielo, madre del Dio vivente, di Gesù Cristo. E’ la regina dei supplicanti, dei vinti, dei condannati, dei cristiani che combattono. Maria è anche la regina che trasmette la vita.

Il testo si sofferma sull’importanza del mito e della sacralità, facendo riferimento alla tradizione greca da Omero in poi, la sacralità del mito è indicata dalla forma biblica, quel David straordinario antenato di Gesù, alla millenaria tradizione dei faraoni. Ci sarebbe da rilevare l’archè divina del re orientali, indoeuropei e persiani. Lo sviluppo diacronico del concetto sintesi di Regalità e Sacralità trova nel testo un’analisi puntuale e particolare, passando dalle società note attraverso l’archeologia e i reperti e monumenti per passare alla storia da Atene, a Roma e Bisanzio nell’evidenza della sacra unzione. Nel testo si raccomanda che lo studio del passato va contestualizzato, va sempre visto non con la mentalità di oggi.

Romano in particolare rivaluta il lungo periodo dell’Impero Bizantino, denigrato arbitrariamente da certi storici come Edward Gibbon. “Ancora oggi la marginalizzazione della storia bizantina, in tutti i suoi domini, è palese in ambito storiografico, teologico e anche artistico [...]”. C’è qualche eccezione, fra queste spiccano Marta Sordi, Ilaria Ramelli, Franco Cardini. Ma soprattutto la colossale opera su Bisanzio, A Short History of Byzantinum del 1997, dell’illustre storico John Julius Norwich. Lo storico segnala la figura di Costantino il “Grande”, che in appena quindici anni, prese due decisioni epocali, ciascuna capace di mutare il corso della storia: “l’adozione del Cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero e il trasferimento della capitale da Roma alla nuova città eretta sul luogo dell’antica Bisanzio [...]”. Sempre su Costantino, Romano cita lo storico Alessandro Barbero, col suo monumentale studio, “Costantino il vincitore”, Salerno editrice (2016). Qui vengono analizzate “tutti gli aspetti della vita, delle imprese, della pace religiosa e delle realizzazioni multiformi [...] sulla rappresentazione del trionfo e della fede di costruzioni celebrative, di basiliche, caserme, palazzi, città [...]”. Un giudizio su Bisanzio è complesso, non mancarono ombre e crociate, invasioni e pure vassallaggi imposti. Un grande impero Romano d’Oriente nato l’11 maggio del 330 e finito il 29 maggio 1453, in quegli anni ottantotto tra uomini e donne hanno indossato la corona imperiale. Pochi furono quelli spregevoli, “i più furono sovrani coraggiosi, retti, timorati di Dio che, con maggiore o minore successo diedero il meglio di sé". Certamente la civiltà bizantina non merita il giudizio negativo che gli addossa Gibbon, “quella bizantina fu, al contrario, una società profondamente religiosa in cui l’analfabetismo, almeno tra le classi medio-alte, era praticamente sconosciuto, e in cui numerosi imperatori acquistarono fama per la loro erudizione”.

Interessante il capitolo del libro dove si affronta il rapporto tra Romanità e Cristianità. Romano lamenta un rinnegamento e una marginalizzazione della Sacralità e del Diritto Naturale per colpa della sferzante pretesa del laicismo secolarizzato nel frattempo egemone nella ricerca filosofica e teologica. Tuttavia per Romano sicuramente il cardine della civiltà occidentale e cristiana, è stata la sacralità, la monarchica e l’impero.

A questo punto è fondamentale comprendere che cos'è la romanità? Attenzione ci tiene a precisare Romano, qui ci interessa, “non il rapporto tra Gesù e Roma, ma tra Gesù e la Romanità”. Anche perché Gesù ha voluto nascere, crescere e morire sotto Roma, “Gesù si fissa in quel tempo come suddito di Roma. Ma non essendo un suddito qualunque bensì il Figlio di Dio, Gesù consacra una volta per tutte la Romanità”. Romano segnala anche la lettura dottrinale su Romanità e Cristianità che hanno fatto altri Autori come per esempio Augusto Del Noce e tanti altri. A questo proposito sono significative l’interpretazione che ne dà Attilio Mordini, con il suo “Tempio del Cristianesimo”, in particolare il quinto capitolo, riproposto abbondantemente nel testo di Romano, dove riconosce il grande lavoro dell’impero romano che ha ordinato a sé tutte le nazioni del mondo allora conosciuto. In questo modo Roma raccoglieva nel suo Pantheon i simulacri di tutte le divinità. Ma questo era un sincretismo, sarà successivamente il Cristianesimo a fare la vera unità. Il testo del professore Romano si concentra nell’approfondire l’origine del potere attraverso il diritto romano. Anche in questo caso i riferimenti agli studiosi che si sono occupati del tema, è straordinario a cominciare dallo stesso imperatore e pensatore Marco Aurelio. E poi il direttore e animatore de “La Tradizione”, Pietro Mignosi. Infine al professore Salvatore Riccobono Jr., continuatore fedele del grande romanista Salvatore Riccobono, Accademico d’Italia (1864-1958) che ha coraggiosamente polemizzato con i teorici del nazionalsocialismo a Berlino, non assencando per nulla l’antisemitismo nazista, rivendicando l’originalità del Diritto Romano, poi innervatosi nel Cristianesimo.

Interessante la breve scheda su “L’Ancien Regime”, dove si cita il prezioso opuscolo dottrinale di Sant’Alfonso Maria dé Liguori, “La fedeltà dei vassalli verso Dio li rende fedeli anche al loro Principe”, del 1777. In quest’opera il santo napoletano ha indicato diverse figure esemplari di Sovrani Cristiani: Costantino il grande, San Luigi IX, re di Francia, Santo Stefano, re di Ungheria, Sant’Etelberto del Kent, ma anche le Sante Sovrane, come Brigida Regina di Svezia e altri. Romano ricorda la Profezia sul Gran Monarca nelle Tradizioni dei Re Taumaturghi e la trascendenza del Principio Monarchico. Qui si pone l’attenzione sul mito del Gran Monarca che lotta contro l’Anticristo e che avrebbe liberato la Terra Santa dagli infedeli attraverso una solenne, mistica e gloriosa crociata. Per il giurista Pierre Dubois, il Gran Monarca era Filippo il Bello. Mentre Francisco Elias de Tejada lo attribuiva al re Filippo II di Spagna, come si evince nella succosa opera La Monarchia Tradizionale.

“Il tema del Gran Monarca - secondo Romano - è ancora vivo nel mito, nelle visioni mistiche, persino in alcuni, fra i molti, messaggi mariani, specie quelli di Fatima, in don Bosco e in san Pio da Pietrelcina”. In “La Tradizione Regale”, c’è anche spazio per la descrizione dell’antichissima sacralità dell’imperatore giapponese in un’epoca che ha avuta imposta la sua dissacralizzazione.  Il penultimo capitolo presenta il tema dei Totalitarismi: Comunismo, Nazismo, Democratismo e dittature salutiste. Qui si affrontano le ideologie che hanno occupato il secolo scorso, il Novecento. Tutti intendono costruire un mondo nuovo, che diventa un mito, ben descritto da Eric Voegelin. Apparentemente contrapposte le ideologie che hanno infiammato e insanguinato il Novecento, hanno tutte una struttura comune. “Evidentemente - scrive Romano - il contenuto dell’espressione ‘mondo nuovo’ varia secondo le ideologie. Identica però è la ‘speranza’ di una possibile redenzione affidata all’uomo nella storia, identica è la fede nella rivoluzione intesa come grazia santificante, identica è l’attesa del Regno.

Romano si attarda nel sottolineare la traduzione pratica dell’ideologia marxista nel sistema sovietico, del Partito Comunista al potere, e del suo braccio armato e repressivo di polizia, dell’esercito, del terrore, dei gulag. Veniva promessa la “felicità per tutti”, eretta lucidamente sullo sterminio, sul carcere, sulla repressione, il tutto con la complicità morale dell’Occidente, che non voleva ascoltare i dissidenti come Bukowski, Zinoiev, Sacharov e poi il lucidissimo profeta Alexander Solzenicyn con il suo Arcipelago Gulag. Si critica l’egemonia culturale gramsciana che dura ancora, con le tonnellate di volumi, pubblicazioni, giornali. Fa notare Romano che la ricca Fondazione Feltrinelli non dedicò mai una parola ai dissidenti e ai “confortevoli” gulag.

Attenzione il professore Romano ci mette in guardia: la dottrina totalitaria comunistica è tutt'altro che defunta. Non è facile smascherare i bavagli imposti. Oggi, “servirebbero élites consapevoli, minoranze attive determinate, che sappiano rispondere con libertà e con strumenti adeguati (culturali, mediali e politici) a un tale stato di cose, che è il frutto coerente dello spirito della modernità, postmoderno compreso”. Necessiterebbe una una visione di risorgenza, servirebbe una “superiore visione e un principio unificante della sovranità Regale (che non è sovranismo)”.

L’ultimo capitolo (Fra Sovranità e Sovranismo. Vere e false identità) si offrono dei chiarimenti sul tema dell’istituzione monarchica. Il professore critica un certo tradizionalismo, conservatorismo monarchico che “vive di un pur ammirevole lealismo e/o nostalgismo romantico, chiuso, troppo spesso, in un recinto ideale, rispettabile ma a volte asfittico, che appare inamovibile e infruttuoso”. La Monarchia non è un moloch immodificabile, come pretende di essere la Repubblica. Bisogna rileggere la Storia e la dinamica delle idee e soprattutto “qualunque revisione si deve legare alla contestualizzazione, pena l’esercizio acritico della ricerca e lo stravolgimento passatista [...]”. Attenzione a come viene narrata la storia, è inutile affannarsi a far giustizia, a condannare e assolvere. A certe sterili rivendicazioni territoriali, ai cosiddetti sudisti, sicilianisti,papalini, padani, tirolesi,nazionalisti beceri. “Il fatto non è teoria che, ovviamente, non esclude la Tradizione (che è il contrario della mummificazione della storia che è sempre in divenire, come è nella natura stessa), e che non è la contemplazione della cenere (Gomez Davila), quanto un fuoco perenne, vivo, permanente, che ogni soggetto umano sostanzia, propone e consegna, senza per questo doversi ergere a misura di tutte le cose”. Questo non esclude, come ci ha insegnato Renzo De Felice, la lettura critica, il revisionismo necessario. “Un acritico e anacronistico restaurazionismo è tanto sterile, quanto inutile o addirittura deleterio al singolo quanto alle ‘patrie’, che si vorrebbero affermare o riaffermare”.

Interessanti le riflessioni finali del professore palermitano sulle spregiudicate oligarchie falsamente democratiche oggi presenti a livello planetario, che “condizionano dolcemente, usando soprattutto la tecnica, i media, l’informatica unita alla cibernetica e alla chimica, verso l’inquadramento del corpo sociale, addestrato come il cane di pavlov”. Queste oligarchie hanno una grande capacità di manipolazione e sorveglianza, costruiscono “emergenze”, risolvendo ogni dissenso e ogni disobbedienza civile. L’impero del nostro tempo, scrive Romano è il grande fratello che già Huxley, Benson e Orwell ci avevano profeticamente prospettato, oggi imposto con un potente Bio-potere in mano a pochi. Non vogliamo apparire complottisti o esagerati, basta solo osservare e non spedire al capestro l’intelligenza in pericolo di morte, come la diagnosticava Marcel de Corte.

Concludo la mia sintesi incompleta all’importante testo di Romano con le parole dell’ultimo Re d’Italia, Umberto II di Savoia: “La Repubblica si può reggere col 51%, la Monarchia no. La Monarchia non è un partito. E’ un istituto mistico, irrazionale, capace di suscitare negli uomini incredibile volontà di sacrificio. Deve essere un simbolo caro o non è nulla [...] non posso essere il capo di una fazione. O le circostanze mi permettono di essere il Re degli Italiani o preferisco essere un signore privato, un Italiano in esilio”.

 

È in fase di ultimazione un modello 3D ad alta definizione della facciata, del tetto di copertura, del quarto cortile e di metà della galleria centrale del Cannocchiale della Reggia di Caserta. Il progetto è stato realizzato grazie a una donazione della Micron Foundation, che si pone l’obiettivo di arricchire la vita della comunità anche attraverso iniziative che promuovono l’inclusione e abilitano opportunità eque per tutti.

L'iniziativa è finalizzata ad incrementare l'accessibilità e l'inclusività del Museo, anche per i non vedenti, nell'ambito di una più ampia progettazione relativa alla fruizione ampliata del proprio patrimonio e al superamento delle barriere culturali, cognitive e psicosensoriali nei luoghi della cultura. Non soltanto le persone con disabilità visiva potranno conoscere parte della Reggia di Caserta attraverso il tatto, ma tutti potranno vivere un’esperienza di visita più completa.

Il rilievo strumentale e tridimensionale della Reggia di Caserta è stato realizzato con tecnologia laser scanner. Questa tecnologia consente l’acquisizione dei dati che descrivono la geometria del manufatto architettonico con un elevato grado di precisione. Essa, quindi, permette di rilevare la cosiddetta “Nuvola di Punti - Point Cloud” che restituisce una serie di informazioni, coordinate metriche, con precisione millimetrica anche a distanze elevate. Oltre a ciò, la strumentazione utilizzata rileva il "valore di riflettanza". Esso conduce a una restituzione non solo tridimensionale del modello in scala, ma anche di identificare la sua consistenza materica. In questo modo ogni superficie viene descritta sia dal punto di vista quantitativo sia qualitativo. Ad integrazione della fase di rilievo metrico, è stato effettuato anche il rilievo fotografico.
 
Tramite l’utilizzo di software dedicati, le singole scansioni, effettuate da differenti punti (stazioni di rilievo), sono state unite in un unico sistema di riferimento cartesiano senza alterazione dei dati geometrici. Si è giunti così alla generazione del modello 3D, visualizzabile grazie agli oltre 9 miliardi di punti che hanno costituito la nuvola di punti complessiva e alla generazione di superfici tridimensionali. Le nuvole di punti del fabbricato, poi, sono state sottoposte ad azioni di restituzione grafica 2D. Si è, quindi, passati alla ricostruzione delle piante, sezioni e prospetti in modo vettoriale. L'ultima fase di modellazione 3D è stata realizzata con software che permettono la definizione geometrica dell'architettura e la "scultura digitale" per orpelli, decorazioni, conchiglie, foglie e capitelli.

Successivamente, grazie a una pianta tattile munita di sensori, sarà possibile scoprire anche la distribuzione degli ambienti interni. Tali sensori, disposti in corrispondenza degli Appartamenti Reali, dello Scalone, della Cappella Palatina e nel Teatro di Corte, saranno attivabili con un tocco, che darà il via all'audiodescrizione degli spazi. Il modello 3D della Reggia di Caserta sarà parte dei percorsi tattili permanenti che l'Istituto museale metterà a disposizione dei suoi visitatori.
 
Il 30 settembre si terrà la presentazione riservata alla stampa.
Dalla sua fondazione nel 1999, la Micron Foundation ha supportato con oltre 150 milioni di dollari le comunità dove i dipendenti di Micron vivono e lavorano tramite iniziative filantropiche ed attività di volontariato. I programmi di donazione da parte della Foundation ed i programmi aziendali di donazione da parte di Micron rientrano nell’organizzazione Micron Gives i cui finanziamenti, programmi e impegno nel volontariato si concentrano sulla promozione dell’educazione scientifica ed ingegneristica e sulla risposta ai bisogni umani fondamentali. 

 

 

Nel cuore di Roma storica, alla Ass. Stampa Estera è stato presentato in una conferenza stampa, il progetto di restauro per oltre 80 milioni di euro di finanziamenti della Reggia di Caserta. Una vera e propria rivoluzione che non può essere fatta soltanto con Pnrr, Pon o Fesr. Ne è convinta Tiziana Maffei, direttore del Museo autonomo riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco secondo cui «serve una sensibilità diversa» perché «non è possibile soltanto fare gli sceriffi». Come sottolinea il direttore per preservare il complesso monumentale non bastano i fondi ma anche i cittadini devono fare la loro parte. Grandissima sarà l’attenzione per il «museo verde» costituito dal parco e dal giardino che si estende su una superficie di 123 ettari e che nel solo mese di aprile con la Reggia ha superato quota 95mila visitatori superando il mese di agosto 2021. Per parco e acquedotto Carolino sono stati stanziati 25 milioni del Pnrr (tra gli interventi previsti anche il recupero delle sorgenti del Fizzo e la messa in sicurezza del bosco di San Silvestro). Piccoli angoli di paradiso che rinasceranno con un progetto strutturato perché come Maffei precisa «la Reggia di Caserta non ha solo l’ambizione, ma nel suo dna una dimensione da istituzione europea» e «una storia da riscrivere». La grande mostra Un segnale chiaro arriva con la prima mostra prodotta dalla Reggia di Caserta in collaborazione con Opera Laboratori (società che gestisce i servizi aggiuntivi oltre che della residenza reale, tra gli altri, anche di Uffizi, Brera e Pompei). Dal 1° luglio al 16 ottobre «Frammenti di Paradiso. Giardini nel tempo alla Reggia di Caserta», l’esposizione curata dalla stessa Tiziana Maffei insieme con Alberta Campitelli e Alessandro Cremona. Nelle Sale dell’Appartamento della Regina, affacciate sull’incomparabile vista del Parco Reale con la scenografica via d’acqua la mostra che con un taglio inedito racconterà la storia del giardino unendo ricerca scientifica e spettacolarità. Duecento opere tra dipinti, disegni, sculture, erbari, libri e oggetti d’arte e interpretazioni contemporanee mettono in gioco e in relazione sistemi di ville e giardini che attraversano e interessano tutta la penisola, dal Rinascimento ai primi anni dell’Ottocento. È in corso d’opera invece — documentato puntualmente sui social — lo scenografico restauro della Fontana di Diana e Atteone, per marcare ulteriormente questo nuovo corso. Uno dei tanti cantieri — che hanno visto all’opera nel 2021 ben 120 addetti – come quello del Teatro di Corte vanvitelliano la cui riapertura è prevista nel 2023, giusto in tempo per celebrare l’anniversario dei 250 anni dalla morte del grande architetto. Spazio anche all’enogastronomia con «Oro Re» il primo vino prodotto nella Vigna della Reggia di Caserta e presentato all’ultimo Vinitaly. Alle prime mille bottiglie di Pallagrello bianco prodotte quest’anno seguiranno altre 3 mila di Pallagrello rosso nel 2023. E al cinema, non solo con residenza reale a fare da set per innumerevoli film, ma con l’arrivo di due grandi produzioni: una francese e l’altra italiana.

Il 20 ottobre si terrà un incontro di approfondimento sull'avviso pubblico per la valorizzazione delle serre borboniche della Reggia di Caserta.
Con la pubblicazione avvenuta nell'agosto scorso del primo bando dedicato al recupero in chiave culturale e produttiva delle serre borboniche, che mira a coinvolgere partner privati, continua il percorso di valorizzazione degli spazi della Reggia di Caserta in un’ottica di sviluppo sostenibile, circolarità e impresa attiva. Alla Reggia di Caserta ci sarà, infatti, un'occasione di conoscenza e sopralluogo per gli interessati a partecipare all’avviso che scadrà il 5 dicembre 2022.

Per le antiche serre borboniche della Reggia di Caserta è tempo di una vera e propria rivoluzione: la Direzione punta al loro recupero grazie al primo avviso pubblico di SEMI - Sviluppo e Meraviglia d’Impresa, non solo per renderle nuovamente fruibili ai tantissimi visitatori della Reggia di Caserta (nel solo mese di agosto sono state registrate 102.000 presenze, il numero più alto registrato dal 2014) ma anche per restituirgli quella funzione produttiva che le caratterizzava all’epoca borbonica.

La Reggia di Caserta ospiterà il 20 ottobre un'iniziativa in presenza, per conoscere nel dettaglio gli elementi caratterizzanti e guardare da vicino l’area da riqualificare. L'appuntamento è pensato appositamente per approfondire e rispondere a eventuali dubbi dei soggetti interessati a sottoscrivere la manifestazione di interesse: da tutti gli operatori economici fortemente orientati al mondo della botanica, della floricoltura e delle scienze ambientali (florivivaisti, operatori economici del verde) ad architetti e progettisti del paesaggio, fino ad aziende del settore culturale che si occupano di mediazione, educazione, valorizzazione e restauro.

L’evento si pone come fondamentale incontro di approfondimento e conoscenza. La giornata sarà suddivisa in due momenti: la mattina sarà dedicata allo studio dell’avviso e dei dettagli tecnici. Tiziana Maffei, direttore della Reggia di Caserta, Marco d’Isanto, consulente per imprese e istituzioni culturali, e il team della Reggia di Caserta illustreranno le diverse caratteristiche dell’avviso, in particolare il valore e il ruolo del partenariato pubblico-privato, vero punto di forza dell’intero progetto di SEMI. Questa modalità di gestione, infatti, prevista dalla normativa (articolo 151 comma 3 del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50), è già una buona prassi in diversi progetti già attivati dalla Reggia di Caserta, che da tempo punta sulla collaborazione tra pubblico e privato per la tutela, la salvaguardia e la promozione di specifiche aree e spazi del complesso vanvitelliano. Il pomeriggio invece, spazio al sopralluogo nel Giardino Inglese e nelle aree delle serre borboniche. Insieme ai tecnici della Reggia di Caserta sarà possibile osservare da vicino l’attuale situazione delle serre e valutare in loco i possibili interventi e utilizzi dello spazio da proporre nella manifestazione di interesse.

La giornata del 20 ottobre diventa così anche il momento ideale per attivare alleanze e collaborazioni nell’ottica della creazione di gruppi misti di lavoro che possano partecipare all’avviso come unico soggetto, soddisfacendo tutti i diversi requisiti specificati nel testo.  

 L’avviso pubblico: dettagli e finalità

L’avviso riguarda una vasta area a vocazione produttiva delle antiche serre borboniche: quasi 8000 mq che comprendono la serra borbonica in muratura, la serra a botte, quella del XIX secolo e quella moderna (XX secolo). La speciale forma di partenariato scelta permetterà di lavorare allo stesso tempo su processi di salvaguardia, recupero, manutenzione, gestione, produzione, apertura, fruizione, promozione, sperimentazione e ricerca: nei fatti, verrà promossa una valorizzazione completa del patrimonio culturale realizzata in concerto con la pubblica amministrazione. I soggetti che sceglieranno di partecipare avranno quindi diverse azioni da perseguire: dovranno costruire un rapporto stabile e strutturato con i centri di ricerca e le università, in particolar modo con i due poli già coinvolti nella valorizzazione e nella conservazione del Museo Verde della Reggia di Caserta, l’Università degli Studi di Bologna e l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dovranno prevedere un investimento finalizzato al restauro conservativo degli edifici e impegnarsi a co-progettare insieme alla direzione della Reggia di Caserta un piano di rilancio delle attività produttive. Per fare questo, la Reggia di Caserta metterà a disposizione i documenti di archivio e i cataloghi storici, in cui è possibile identificare moltissimi esemplari della collezione storica delle serre, come la collezione delle celebri camelie. Sempre all’interno dell’avviso è esplicitata anche la pianificazione di attività indirizzate ad incrementare la fruizione degli spazi, la divulgazione delle tematiche ambientali, la riproduzione del patrimonio vegetale storico, la diffusione del concetto di cura al fine promuovere la necessaria consapevolezza del complesso quanto mai attuale rapporto uomo-ambiente. Attività strettamente connesse a quelle di mediazione, educazione e animazione, che dovranno essere supportate da un piano strategico ben definito.

Reggia di Caserta e partenariato pubblico-privato: una scelta vincente

“La Reggia di Caserta, in un'ottica di sostenibilità legata agli obiettivi dell'Agenda 2030 e di promozione di tutte le forme di produzione di qualità, ha avviato un'intensa attività di collaborazione finalizzata alla valorizzazione del Complesso Vanvitelliano, del territorio regionale e nazionale e delle sue eccellenze in una logica di bene comune e responsabilità condivisa - ha dichiarato Tiziana Maffei, direttore della Reggia di Caserta - Il partenariato pubblico-privato può infatti essere un'occasione di arricchimento reciproco, in grado di creare connessioni tra i portatori di risorse e competenze e di generare senso di appartenenza e desiderio di prendersi cura del patrimonio culturale nazionale”.

Una scelta che la Reggia ha già testato per altri progetti, come ad esempio quello dedicato a “Oro Re”, il primo vino della Reggia di Caserta, prodotto da Tenuta Fontana nella vigna del Bosco di San Silvestro, di cui è stata presentata la prima bottiglia in occasione dello scorso Vinitaly. Lo stesso approccio si ritrova anche nella proficua collaborazione con la Cooperativa EVA, che grazie alle arance del Parco Reale ha creato la “Marmellata delle Regine” e altri prodotti in un’ottica no waste.

"Questa forma di partenariato è speciale perché punta a rivitalizzare il patrimonio culturale in modo nuovo - ha dichiarato Marco d’Isanto, consulente per imprese e istituzioni culturali - Grande valore è dato alla comunità e alle connessioni che si possono creare, in un’ottica di sussidiarietà orizzontale dove il bene pubblico interessa tutti, cittadini, comunità, istituzioni e soggetti privati”.

 

La rivista “Cristianità”, organo ufficiale di Alleanza Cattolica compie cinquant’anni di vita. L’attuale numero 413 in diffusione propone due presentazioni, la prima del compianto dirigente di Alleanza Cattolica, professore Marco Tangheroni (1946-2004) in occasione dei venticinque anni dalla sua nascita; la seconda è dello storico Oscar Sanguinetti. Per il momento presento quest’ultima. Nel settembre del 1973 vedeva la luce il «numero zero ad experimentum» di Cristianità. L’evento segnava, in qualche modo, la conclusione della fase embrionale dell’associazione e l’apertura in Italia di una intensa e feconda stagione di apostolato culturale di segno contro-rivoluzionario. Prima della rivista Cristianità in Alleanza Cattolica, erano esistiti ciclostilati, ricordo in particolare, un bollettino periodico intitolato “Il resto della verità”, ne sono usciti quattro numeri. Tuttavia la rivista, voleva essere uno strumento completo per informare in primis i suoi membri, ormai presenti in più province del territorio nazionale, in vista di un’auspicata omogeneità culturale, nonché per far conoscere all’esterno le tesi ufficiali — la «linea» — dell’associazione, fornendo a un pubblico più esteso elementi di analisi della situazione, di informazione e di formazione culturali. Alla fine del secolo e del millennio il mondo è cambiato e di molto. C’era stata la caduta del Muro di Berlino, l’implosione del sistema imperiale comunista nei paesi dell’Europa centro-orientale. Tuttavia, l’inizio del nuovo millennio e del nuovo secolo era coinciso con un’altra «svolta epocale»: l’attacco terroristico contro gli Stati Uniti d’America avvenuto l’11 settembre 2001, un evento che aveva rimesso in movimento la storia e disegnato orizzonti sempre più confusi all’avvenire del mondo. Dopo il crollo delle Twin Towers a New York City il mondo si era accorto che la minaccia rappresentata dall’islamismo radicale aveva compiuto un salto di qualità e che i gruppi terroristici miravano non più solo a occupare pacificamente il territorio europeo e occidentale ma anche a ricostituire il Califfato — estintosi nel 1924 — o comunque a dar vita a entità statali dove la legge coranica fosse la regola giuridica. Uno scenario relativamente nuovo colpisce la Chiesa e il mondo intero.

Iniziando dalla Chiesa, ricordiamo che l’organismo fondato venti secoli prima da Gesù Cristo ha salutato l’ingresso nel suo terzo millennio con un solenne Giubileo, celebrato dall’anziano pontefice polacco, san Giovanni Paolo II (1978-2005), ormai al tramonto del suo ministero e della sua esistenza. La Chiesa, lungi dal sentirsi decrepita, si slanciava con impeto giovanile nel nuovo tempo umano, carica di problemi ma anche oltremodo ricca, come in tutte le sue età, pure le più travagliate, di tesori inestimabili di grazia soprannaturale, continuando a presentarsi come perenne via per raggiungere la vita eterna beata. In effetti, in questi anni di inizio millennio, i fenomeni destabilizzanti già manifestatisi nella Chiesa sullo scorcio del ventesimo secolo sembravano perdurare e aggravarsi: l’«autodemolizione» denunciata da san Paolo VI (1963-1978) nei primi anni 1970 non si era arrestata, ma continuava, sebbene in forma carsica, al di sotto di una linea ufficiale del pontificato di Giovanni Paolo II, che aveva frenato i rigurgiti di progressismo che affioravano ovunque.

Giovanni Paolo II nel 1992 aveva fatto dono alla Chiesa di un testo di importanza assoluta e universale, di un corredo fondamentale per rievangelizzare l’Occidente: il Catechismo della Chiesa Cattolica. Cristianità nel 2012 ne celebra il ventesimo anniversario con un’ampia disamina del valore dottrinale e pastorale del testo, dedicandovi un numero speciale in cui, fra gli altri interventi autorevoli e di pregio, appare l’articolo di Cantoni dedicato a Il «Catechismo della Chiesa Cattolica».

 In quegli anni il secolarismo scatenato delle culture della modernità tardiva e relativistica, che prosciugava sempre più gli animi da ogni traccia di fede, di senso comune e di voglia di vivere, si è dotato di un’arma nuova e mortale nel suo sforzo di nuocere alla maggior agenzia di valori intrinsecamente ostili al secolarismo e al relativismo, ossia alla Chiesa: l’accusa di pedofilia e quella, correlata, di «copertura» da parte delle gerarchie ecclesiastiche. L’arma non era nuova ed era in realtà spuntata, perché la polemica veniva da ambienti progressisti che nel post-Sessantotto teorizzavano e praticavano la pedofilia e si appuntava su un fenomeno che investiva non solo il clero ma diverse categorie di persone. Durante il pontificato di Benedetto XVI (2005-2013), le forze anticlericali esasperano il problema e sfruttano le lacerazioni provocate dallo scandalo della pedofilia, di cui Papa Benedetto aveva dato una lettura in forte contro-tendenza, legando il fenomeno soprattutto al clima di relativismo morale creatosi nei seminari dopo il Sessantotto e nel postConcilio e saranno forse tra le cause della sua decisione di lasciare il Soglio e rinunciare al ministero petrino.

Su Cristianità, una volta perfezionate le dimissioni di Benedetto XVI, Massimo Introvigne, allora reggente nazionale vicario, traccia un fedele profilo del pontificato cessato, ne redige un accurato «bilancio», accompagnato da un caloroso farewell, ribadendo nel contempo la fedeltà di Alleanza Cattolica alla Cattedra di Pietro e al suo nuovo titolare . Sempre in ambito ecclesiale, Cristianità registra anche un fatto piccolo ma assai significativo, ossia il riconoscimento canonico — come associazione privata di fedeli con personalità giuridica privata — di Alleanza Cattolica da parte della diocesi di Piacenza-Bobbio, il 13 aprile 2012 . Riguardo al riconoscimento, Cantoni precisa: «Dopo cinquant’anni Alleanza Cattolica ha ricevuto un riconoscimento ufficiale — è l’inizio, il battesimo, ma è già un passaggio significativo —, e ciò è accaduto non perché abbia modificato qualcosa di essenziale, pur se nel tempo siamo cresciuti, qualcosa si è svolto».

Intanto negli ultimi decenni vi è l’avanzata della globalizzazione, un fenomeno che non concerne più soltanto la finanza — già mondializzata nell’Ottocento — e la comunicazione — le cui barriere cadono nella seconda metà del Novecento grazie ai satelliti, alla «rivoluzione digitale» e a Internet —, ma invade ogni aspetto della vita: dall’accresciuta mobilità delle persone e delle merci a quella dei centri di produzione, nonché alla fluttuazione e mutazione del lavoro salariato, con enormi ricadute sugli Stati e sui relativi sistemi economici, ricadute che arrivano a modificare in profondità le relazioni e i legami sociali, non solo quelli commerciali.

 Con la globalizzazione si intreccia l’esplosione del fenomeno migratorio, che investe soprattutto l’Africa e l’Asia orientale — India, Bangladesh, Pakistan — ma si nota anche in aree dell’America meridionale e alla frontiera fra Messico e Stati Uniti. Oltre ai vari fattori che provocano l’immigrazione, come le guerre, l’economie disastrate, la rivista sottolinea un’altra fonte di flussi umani verso i Paesi opulenti dell’Europa e dell’Occidente in generale: la migrazione, pure quella che potremmo definire «ideologica», dai Paesi islamici. Migliaia di persone, lavoratori e no, si insediano con le proprie famiglie negli Stati più «aperti», come il Regno Unito, la Germania, la Francia e l’Italia, fino a costituire ormai minoranze cospicue della popolazione. E dove vi è un islamico quella è terra d’islam, potenzialmente rivendicabile come sovranità. Nonostante lo sforzo statunitense, non di rado coronato da effimero successo, per contrastare l’espansione del radicalismo armato di matrice islamica — non l’unico radicalismo armato, ma di certo il più diffuso e pericoloso — sul suo proprio terreno di coltura, non si può dire che il fenomeno sia scomparso. Forse si è indebolito, ma non è domo. L’abbandono statunitense dell’Afghanistan ai talebani — dopo centinaia di morti fra le file dei soldati USA —, l’impantanamento in Siria, le difficoltà dello sforzo euro-americano in Libia, nello Yemen, in Nigeria, nell’Africa sahariana, sono altrettanti fattori che sembrano vanificare il disegno complessivo di estinguere queste tendenze radicali e di ridimensionarne il pericolo per l’Occidente. Su queste svariate correnti che attraversano impetuose la vita di ciascuno di noi e che modificano la convivenza civile nel nostro Paese si è abbattuta due anni or sono l’epidemia di SARS da virus denominato «Covid-19» originatasi in Cina. Lepidemia, grazie alla globalizzazione, è giunta in tutto il mondo e ha letteralmente sconvolto economie, forme di convivenza, vita familiare, attività lavorativa e professionale, scuola e rapporto fra i cittadini, nonché fra i cittadini, le istituzioni e i servizi pubblici. Ha avuto un impatto devastante sui sistemi sanitari nazionali e ha rovinato intere categorie di operatori economici e di imprese, offrendo invece larghe possibilità di profitto a chi ha saputo «cavalcare» per tempo la crisi e soddisfare i nuovi bisogni individuali e collettivi da essa scatenati.

Nella politica italiana ha assistito senza farsi troppe illusioni all’ascesa del fenomeno berlusconiano e all’accesso al governo delle forze di centro-destra, inclusa la destra post-fascista, fino a poco prima demonizzata o strumentalizzata. La presentazione di Sanguinetti fa riferimento alle varie stagioni politiche italiane a partire da quella specie di “insorgenza” popolare guidata dal Polo delle Libertà, dopo quella del 18 aprile 1948. Ne ha apprezzato soprattutto il ruolo di oggettivo rallentatore — e, in certa misura, inibitore — dell’avanzata implacabile dell’agenda anti-bioetica, senza trascurare il rilievo dell’avanzata tecnocratica. Tutto ciò è venuto meno con il governo guidato da Matteo Renzi (2014-2016) e quello presieduto da Paolo Gentiloni (2016-2018), durante i quali sono state approvate la legge che modifica il diritto di famiglia, introducendo le unioni civili fra persone dello stesso sesso, e la legge sul cosiddetto «fine-vita», che sancisce per il malato la possibilità di rifiutare le cure, anche quelle cosiddette «salva-vita», e di fatto introduce il «diritto» al suicidio.

Oggi, i cattolici italiani sono diventati una minoranza e sul piano politico devono offrire il proprio contributo alla realizzazione del bene comune, innanzitutto «[...] difendendo e diffondendo quei princìpi senza i quali non c’è bene comune [...] che vanno dalla sacralità della vita, alla centralità della famiglia, dalla libertà religiosa e di educazione all’attenzione speciale alle categorie più in difficoltà», e sostenendo i «princìpi contenuti nella dottrina sociale della Chiesa, confrontandoli con la situazione storica in cui si vuole operare per evidenziare le priorità».

L’area «bioetica», specialmente nella sua relazione con la politica, è quella che nel periodo considerato presenta le più numerose e difficili problematiche, in quanto settore di punta del tentativo rivoluzionario di sovvertire i costumi attraverso una legislazione atta a coprire le più folli possibilità offerte dalla scienza e dalla tecnica sanitarie. Cristianità dà puntuale notizia e commento a tutto il magistero, via via sempre più corposo, che san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, senza omettere gli spunti forniti nei suoi documenti e nelle sue dichiarazioni da Papa Francesco, producono in quest’area.

Un capitolo a parte merita l’analisi della «rivoluzione nella Rivoluzione», che a partire da inizio secolo ha compiuto passi giganteschi, ovvero l’omosessualismo e tutte le sue derivazioni LGBTQ, che costituiscono la più recente frontiera del tentativo di imporre la teoria gender come visione univoca della persona, ma in realtà in una prospettiva molto più ampia. In occasione della presentazione, il 22 ottobre 2002, da parte dei Democratici di Sinistra e di altri di una proposta di legge dal titolo Disciplina del patto civile di solidarietà e delle unioni di fatto, che mirava al riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, incluse quelle omosessuali, Cristianità pubblica una sorta di breve catechismo a domande e risposte redatto da Bruto Maria Bruti (1954-2010) per fornire argomentazioni a chi vi si opponeva. Alla difesa e all’apologia della famiglia come primo alveo dell’esistenza umana e come struttura-base della società è dedicato l’intero numero 377, uscito poco dopo la manifestazione per la famiglia — o Family Day — svoltasi a Roma il 20 giugno 2015.

 Per la ricostruzione della verità storica Cristianità è stata pure attenta alle ricorrenze storiche, in particolare al bicentenario della prima fase dell’Insorgenza italiana, quella del 1799, e alla seconda fase di essa, manifestatasi fra il 1805 e il 1809. Lo ha fatto, in particolare, dando spazio alle cronache dei convegni organizzati dall’ISIN, l’Istituto per la Storia delle Insorgenze, poi denominato ISIIN, Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale, a Milano nel 1996 e 1997, oltre che nel 2004 e nel 2005, ma anche polemizzando con le letture scorrette dell’Insorgenza. Al fenomeno Cantoni dedica più tardi, nel 2008, un ampio articolo-saggio, che a mio avviso «chiude» l’ermeneutica storica del fenomeno delle «Vandee cattoliche» — ricollegandole alla parabola ascendente dello Stato moderno —, maturata nella riflessione di quasi un quarantennio. Così pure, fin dal 1998, mantiene viva la memoria della «guerra dei Cristeros» avvenuta settant’anni prima nel Messico cattolico, una memoria particolarmente cara a chi, come Alleanza Cattolica, promuove la regalità anche sociale del Signore. Un certo rilievo è stato riservato alla commemorazione del terzo cinquantenario dell’Unità italiana. Nel 2011 sono stati pubblicati sul numero 359 un «manifesto», dal titolo «1861-2011. Unità e Risorgimento. La verità anzitutto». Un manifesto-appello per l’identità nazionale, e la cronaca del convegno 1861-2011. A centocinquant’anni dall’Unità d’Italia. Quale identità?, organizzato a Roma il 12 febbraio 2011 da Alleanza Cattolica. Ha fatto quindi seguito l’ampio e importante saggio di Mauro Ronco, La questione istituzionale dopo l’Unità d’Italia, pronunciato nel corso del predetto convegno, e in seguito riveduto e annotato: un testo lucido e compiuto che fonda la posizione legittimamente critica sul Risorgimento che è da sempre nel DNA di Alleanza Cattolica e dovrebbe esserlo di ogni realtà associativa conservatrice.

Nel 2013 è ricorso il trentennale del documento della Congregazione per la Dottrina della Fede Dichiarazione sulla massoneria — pubblicato il 26 novembre 1983 —, approvato speciali modo da san Giovanni Paolo II, che costituisce tuttora il diritto vigente in materia dei rapporti fra la Chiesa e la setta massonica. Il numero 370 è stato dedicato al tema e reca un articolo di Introvigne, fondamentale per una visione completa, e soprattutto aggiornata, del fenomeno massonico.

Come detto, la rivista Cristianità non si occupa solo del passato, ma attinge al passato, alla fede e alla retta ragione per comprendere come affrontare il presente e «preparare» il futuro. In questa prospettiva, sulle sue pagine si sono succedute analisi della situazione — una situazione che potremmo dire varia ogni giorno, pur in un contesto di degrado spirituale e morale crescente — in cui l’apostolato culturale di Alleanza Cattolica viene a situarsi. Così, Cristianità ha affrontato il nodo della definitiva «morte» della cristianità nata sulle ceneri dell’impero romano. Una morte «annunciata», che ora ci fa trovare di fronte non più a un organismo in agonia ma a un cadavere in via di decomposizione, quindi connotato dai fenomeni dissolutori e miasmatici tipici di questa condizione, che proiettano liquami a 360 gradi. La condizione, di degrado della nostra società, di un mondo sempre più “liquido” di Quarta Rivoluzione ha costretto l’associazione a mutare il proprio apostolato. Ha aperto la serie delle analisi don Pietro Cantoni, nel 2016, con Riflessioni su «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» e la situazione attuale, e ha proseguito Marco Invernizzi con Alleanza Cattolica fra Sessantotto e «morte» della cristianità. In questo stesso articolo veniva lanciata la strategia che sembrava meglio rispondere alle nuove esigenze venutesi a creare, una strategia racchiusa nella parola d’ordine: «costruire ambienti». Ovvero, cercare di «[...] operare dentro gli ambienti che si sono costituiti dopo il 1968, che sono movimenti ecclesiali e gruppi di preghiera, ma non esclusivamente [come] le reazioni spontanee alla Quarta Rivoluzione: un esempio ne è il Comitato Difendiamo i Nostri Figli, che ha promosso i due raduni di massa dei Family Day del 20 giugno 2015 e del 30 gennaio 2016.

Numerosi interventi di Cantoni sulla rivista — recanti prospettive e riflessioni su una Cristianità Nuova nel terzo millennio, a partire dalla consapevolezza della Cristianità in agonia e dalle sue dimensioni culturali — sono stati raccolti poi raccolti in G. CANTONI, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, SugarCo, Milano 2008.

Invernizzi torna ancora su questo tema, l’anno seguente: «Il Sessantotto, rivoluzione eminentemente individualistica e interiore, ha anche distrutto gli ambienti, in particolare quelli fondati semplicemente sull’amicizia, che nascevano spontaneamente soprattutto fra i giovani, sostituendoli con nuove aggregazioni artificiali fondate sull’ideologia, sulla musica o sullo sport. Queste ultime due forme sono sopravvissute alla fine dell’epoca delle ideologie». E nell’editoriale del numero successivo, nel paragrafo dedicato a Come cambia la lotta contro la Rivoluzione, Invernizzi afferma: «[...] sempre più evidente appare la necessità di una ricostruzione che passi attraverso la riconquista delle anime e ricreando il rapporto fra persona e persona, mediante un apostolato che comprenda la creazione di ambienti missionari, che non si chiudano in loro stessi, ma sappiano trovare il linguaggio e le forme adatte a toccare il cuore dei nostri contemporanei. [...] Un apostolato, infine, come ha spiegato Papa Francesco sempre incontrando la Chiesa italiana il 10 novembre 2015, che sappia essere umile, disinteressato e capace di trasmettere la letizia dell’essere cristiano, affinché gli uomini disperati del nostro tempo vedano nei cattolici il desiderio di servire e di fare crescere e non l’arroganza o lo zelo amaro, il distacco dai privilegi del denaro e del potere, e quindi la gioia che nasce dal Vangelo, senza la quale è difficile oggi mostrare la verità della dottrina cristiana».

Terminata la stagione della diffusione militante nelle vie e nelle piazze, nel 2009, con il numero 351, viene mutato il modo di proporre la rivista, passando dal formato A4 al formato quaderno, per renderla più simile ad altre testate allora presenti nel mondo cattolico, in particolare alla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica. Nel 2013, con il numero 367 viene introdotto qualche ritocco stilistico alla copertina, da allora rimasta immutata. Il cambio di veste editoriale è l’aspetto più visibile di un mutamento più profondo. La rivista, infatti, si dota di una redazione vera e propria, che ha sede a Roma, e passa da bimestrale a trimestrale — tornando poi alla cadenza bimestrale dal 2017 —, senza mai diminuire il numero delle pagine. Lo fa confermando la linea, scelta nei primi anni 1970, di fornire elementi d’informazione, d’interpretazione e di giudizio sui grandi eventi che interessano la vita della Chiesa, la politica internazionale e nazionale, la società e la cultura. Perciò a Giovanni Cantoni, fondatore di Alleanza Cattolica e direttore della rivista dal primo numero, si affianca ufficialmente un corpo redazionale associativo, garanzia della fedeltà della linea editoriale al patrimonio dottrinale e culturale cui Alleanza Cattolica attinge fin dalla sua fondazione. L’anno seguente Cristianità dà risalto al cinquantenario dell’opera del professor Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), Rivoluzione e ControRivoluzione, libro di formazione di base dell’associazione, e al convegno organizzato in quell’occasione, a Roma, il 21 novembre 2009, da Alleanza Cattolica in collaborazione con l’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà. Nel 2013 compare l’ultimo articolo scritto da Cantoni per la «sua» Cristianità e dedicato a commemorare il centenario della nascita di Nicolás Gómez Dávila (1913-1994), una delle maggiori «scoperte» del suo ininterrotto lavoro di scouting culturale. Colpito in quell’anno da una grave malattia, non collabora più alla rivista, salvo con alcuni articoli frutto di interventi precedenti a quella data, e lascia nel 2016 la guida dell’associazione, sostituito da Marco Invernizzi. Cristianità gli dedica buona parte dei numeri 393 e 394 in occasione del suo ottantesimo compleanno, quindi l’intero numero 401 dopo la sua scomparsa, avvenuta il 18 gennaio 2020, e il numero 411 con la pubblicazione degli atti del convegno Per la maggior gloria di Dio, anche sociale. In memoria di Giovanni Cantoni (1938-2020), tenutosi a Piacenza, sua città natale, il 25 settembre 2021. 3. Sanguinetti conclude la sua documentata presentazione sulla vita di Cristianità negli ultimi venticinque anni e nell’imminenza del cinquantesimo anniversario della sua nascita, si impone qualche breve considerazione di merito. La prima riguarda la longevità della testata: questa tumultuosa transizione d’epoca, il mutare ogni giorno più rapido dell’ambiente in cui le iniziative editoriali vengono a collocarsi, il fluttuare dei gusti del pubblico, la concorrenza spietata dei social media e della comunicazione elettronica, hanno segnato la morte di tante riviste, specialmente quelle attive nell’area della cultura e della cultura religiosa e conservatrice in particolare. L’aver superato agevolmente i quattrocento numeri in cinquant’anni rappresenta dunque un autentico monstrum.

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