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Fabbri, Accardi e Barbiero: i ritmi del mondo in 3 cd

Alessandro Fabbri, Five Winds, Caligola Records.

L'attacco dell'album è una rosa dei venti, afflati che sono folate di note, sospiri lirici, aliti armonici. Stiamo parlando di "Five Winds" disco edito da Caligola Records a nome di Alessandro Fabbri, batterista dall'innato spirito swing. Questi ha strutturato il nuovo progetto mettendo in vetrina una cinquina di fiati, tenore e soprano dell'ospite Pietro Tonolo, flauto di Sebastiano Bon e l'oboe di Simone Santini, ambedue anche al sax, in più il corno francese di Elio Venturini e il fagotto di Davide Maia. 
Con il risultato di creare vortici melodici e improvvisativi che, quasi fossero cinque venti, si rincorrono "ridendo, come in un gioco chiassoso".
Intanto la batteria non sta lì a riempire i vuoti della trama semmai ne organizza il telaio, ne articola gli orditi, ne riannoda i fili. Affiancato da Guido Zorn al contrabbasso, Fabbri rifugge dall'incaparbirsi sulle proprie abilità di strumentista, per pensare all'insieme e comporre per il collettivo.
Fra le nove tracce del disco ce ne sono comunque tre a firma di altri autori - oltre a "Four Winds" di Holland, "No Baby" di Lacy e "Silent Brother" di Flores - da cui traspaiono precisi riferimenti del leader a partire da Monk, il cui nome viene (quasi) anagrammato in "Melodious Tonk" e poi parafrasato in "Melodious Work".
Un lavorio artigianale, da "fornace" sonora in cui si fonde, con elementi classici, un jazz adamantino e trasparente come il vetro. Soffiato, naturalmente!


Fabio Accardi, Breathe, Mordente.

Dopo oltre trenta album da sideman e quattro a proprio nome, il batterista compositore e arrangiatore Fabio Accardi non rappresenta più una sorpresa per chi segue il jazz odierno. Ma l'ascolto di un suo nuovo album, è il caso di " Breathe", l'effetto-sorpresa lo fa sempre e comunque in positivo. 
Chi scrive, recensendo il precedente "Precious" della stessa label Mordente, ne aveva descritto l'"ecosofia" di base e che qui ritorna. 
Un'ecologia del suono anzitutto per i riferimenti ideali su cui è fondata, ambiente e habitat, sviluppo sostenibile ed energia pulita. Il che, a livello di pentagramma, si traduce in brani che scorrono fra fusion e ovattato neobop, attenti a non alterare gli equilibri del proprio "breathe". Accardi è batterista "spirometrico" nel senso che riesce a misurare con le bacchette la frequenza "respiratoria" dell'esecuzione ed a modularla, dilatandola o comprimendola a piacimento.
L'equipe al suo fianco pare selezionata a mezzo manifestazione "d'interesse" poiché si avverte lontano un miglio che i vari Gaetano Partipilo (sax alto e soprano), Claudio Filippini (piano), Francesco Poeti (chitarra elettrica) e Giorgio Vendola (contrabbasso) - i primi tre visti all'opera in "Precious" - si conformano, assecondanti e compiacenti, al flusso e deflusso dei temi esposti nei sei brani scritti da Accardi oltre "Daydreaming" dei Radiohead. Quest'ultima è la traccia sul cui schema aperto ed effettisticamente "ambient" si schiudono ulteriori orizzonti di elaborazione, arrangiamento, interpretazione. Per il disco che verrà.

Massimo Barbiero, Foglie d'erba, Music Studio.

Se l'arte può trasmettere l'impressione dell'oggetto come "visione" e non come "riconoscimento" (Šklovskji) allora Massimo Barbiero delinea, nella musica del compact "Foglie d'erba", oggetti e cose (mare, schiuma d'onda, prato, rupe, nube, pioggia, fiore), suggestioni (chimera), sensazioni (l'abbandono, la ferita) dando una percezione che è immagine imprevista, straniante, di quanto rappresentato.
Lo fa con l'ausilio di marimba timpani glockenspiels percussioni vibrafono cimbalo, apparecchiando un ventaglio di echi est-ovest / sud-nord, in uno spaziotempo indefinito e indelimitato.
Barbiero, lo afferma egli stesso nelle liner notes, ricerca il "rito" dell'esperienza in "solo" con la musica al centro della propria "preghiera laica", direbbe Pasolini. Un approccio, il suo, fra l'esperienza mistica e la connessione, d'impronta psicoanalitica, fra mente (creativa) e corpo in quanto terminale degli impulsi psichici che producono narrazione sonora tramite percussioni.
Non c'è in questo disco, a differenza di altri precedenti, un'indagine sul mito.
Lo sguardo stavolta è indirizzato più al terreno ed all'umano, alla pandemia, al suo sviluppo devastante. Una riflessione, la sua, affidata al Suono che esiste di per sé, a prescindere dalla musica: " è il suono ciò che conta" (Giacinto Scelsi).

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