Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Venerdì, 14 Giugno 2024

San Giuda Taddeo presenta…

Mag 27, 2024 Hits:406 Crotone

Al Salone del libro Loren…

Mag 15, 2024 Hits:1150 Crotone

L'Istituto Ciliberto-Luci…

Mag 14, 2024 Hits:503 Crotone

Le opere di Bach: gli eff…

Mag 02, 2024 Hits:782 Crotone

In città l'ultima tappa d…

Apr 30, 2024 Hits:837 Crotone

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:1033 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:1377 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:1368 Crotone

Il Museo Nazionale Romano ospita nelle Aule delle Terme di Diocleziano la mostra “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità”, la più grande e prestigiosa esposizione di reperti archeologici organizzata dalla Romania all’estero negli ultimi decenni, per ripercorrere lo sviluppo storico e culturale del proprio territorio nell’arco di oltre millecinquecento anni, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C.
La mostra, a cura di Ernest Oberlander direttore del Museo Nazionale di Storia della Romania, e di Stéphane Verger direttore del Museo Nazionale Romano, si riallaccia alle esposizioni di Madrid (Museo Archeologico Nazionale, 2021) e Bucarest (Museo Nazionale di Storia della Romania, 2022), ampliandone il percorso: a Roma infatti (fino al 21 aprile 2024) saranno presentati circa 1000 oggetti provenienti da 47 musei romeni, oltre che dal Museo Nazionale di Storia della Repubblica di Moldova per la prima volta esposti accanto ad alcuni reperti del Museo Nazionale Romano.
 
Tema della mostra è la costruzione della Romanità, già al centro di un’altra grande esposizione: “Tota Italia. Alle origini di una nazione” realizzata con la Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura, curata da Massimo Osanna e Stéphane Verger (Roma, Scuderie del Quirinale, 14 maggio - 25 luglio 2021).
La realizzazione della mostra “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità” è stata possibile grazie all’Ambasciata della Romania in Italia, in partenariato con il Museo Nazionale di Storia della Romania e il Museo Nazionale Romano, al Ministero Romeno della Cultura, al Ministero degli Affari Esteri della Romania, al Ministero della Difesa Nazionale della Romania, all’Istituto Culturale Romeno tramite l’Accademia di Romania, al Ministero della Cultura italiano e alla Direzione Generale Musei.
Posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Romania e del Presidente della Repubblica Italiana, la mostra segna un doppio anniversario per i rapporti bilaterali romeno-italiani: sono trascorsi infatti 15 anni dalla firma del Partenariato Strategico Consolidato tra la Romania e l’Italia e 150 anni dalla costituzione della prima Agenzia Diplomatica della Romania in Italia.
Nel suo messaggio di saluto il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ripercorre le tappe della solida amicizia tra Romania e Italia e dichiara: “Le relazioni diplomatiche tra Bucarest e Roma risalgono al 1879, anno successivo al conseguimento dell’indipendenza romena dall’Impero ottomano. Tuttavia, l’amicizia unica che esiste tra Romania e Italia ha radici ben più antiche, che risalgono alla conquista della ricca Dacia da parte dell’Impero Romano, dall’imperatore Traiano nell’anno 106 d.C. La presenza romana fu tutto sommata breve, ma l’influenza nella regione fu profonda, lasciando l’impronta indelebile della latinità nella zona dei Carpazi e del Basso Danubio. Oggi tale interconnessione storica, culturale e linguistica, insieme alla condivisa eredità di una civiltà millenaria, cementa anche i legami politici ed economici tra i due Paesi, ulteriormente rafforzati dai sempre più intensi contatti tra le nostre società civili, oltre che dalla comune appartenenza all’Unione Europea e all’Alleanza Atlantica”.
Per celebrare il doppio anniversario, l’ingresso alla mostra sarà gratuito per i cittadini della Romania e della Repubblica di Moldova.

LA MOSTRA
L’evento segna l’apice degli scambi culturali bilaterali e mette insieme importanti reperti, per seguire l’evoluzione storica del territorio dell’attuale Romania, lungo un percorso temporale di oltre millecinquecento anni, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C., raccontando i numerosi contatti e scambi avvenuti in questa regione, grazie all’abbondanza di risorse e alla posizione tra l’Europa e l’Asia.
Ad aprire il percorso, il calco di una scena scolpita sulla Colonna Traiana (scena XXXII, spirale V), che ritrae tre arcieri Daci che tengono sotto tiro i Romani assediati all’interno di una città e che l’archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli fece colorare agli inizi degli anni ’70, dimostrando così l’esistenza del colore nell’architettura dell’antichità imperiale romana.
Accanto sono esposti capolavori come il Serpente Glykon da Tomis, raffigurazione in marmo di un ‘demone buono’ che guarisce dalle epidemie; il magnifico elmo d’oro di Cotofeneşti di manifattura tracia, con varie scene di sacrificio; l’elmo celtico di bronzo da Ciumeşti, col sorprendente cimiero a forma di aquila che stupisce per l’unicità della fattura e progettualità; il tesoro gotico di Pietroasele del IV secolo d.C. con l’eccezionale phiale (coppa) d’oro lavorata a sbalzo e le grandi fibule; e ancora alcuni bracciali d’oro daci, le tavolette in bronzo della Lex Troesmensium e il donarium di Biertan.
In mostra anche un’ampia selezione di importanti reperti - tra cui armi, vasi, ceramiche, monete, gioielli e corredi per i riti di magia - attraverso i quali è possibile scoprire la religione, l’arte, l’artigianato, il commercio e la vita quotidiana della antica Dacia.
Come un viaggio millenario durante il quale vedere l’evoluzione degli antenati geto-daci verso i popoli geti e daci; la trasformazione di una parte della Dacia in provincia romana; l’integrazione di questo spazio nel mondo romano; la sopravvivenza della civiltà anche dopo l’abbandono del territorio dacico da parte dell’esercito e dell’amministrazione di Roma; la convivenza degli abitanti del territorio con le popolazioni migranti.
Il fascino della mostra emerge dall’intreccio e dall’influsso reciproco delle civiltà, dalle trasformazioni profonde, dal processo di formazione e adattamento che ha portato alla creazione di un’identità culturale, per un lasso di tempo che va dalla fine della prima età del ferro e fino agli albori della civiltà europea attuale, in uno spazio percepito dai contemporanei del millennio delle migrazioni come “ultima frontiera della Romanità”, luogo dove il fondamento linguistico gettato dalla lingua latina e il nome dei romani sono sopravvissuti, nonostante le vicissitudini, fino ai nostri giorni.

Il più grande scultore greco dell’età classica, Fidia. Protagonista dell’Atene di Pericle, il suo nome è noto a tutti per la realizzazione di opere come il Partenone e le sue decorazioni scultoree e i mitici colossi crisoelefantini dell’Atena Parthenos e dello Zeus di Olimpia, una delle sette meraviglie del mondo antico. Il suo genio creativo ha impresso un marchio indelebile nell’immaginario collettivo e continua ad essere fonte di ispirazione per i contemporanei. Una figura importantissima, quasi leggendaria, sebbene circondata da un alone di mistero. Molti dettagli della sua vita sono infatti poco noti e la conoscenza della sua opera si basa prevalentemente su repliche e su fonti letterarie.
La mostra “FIDIA”, ospitata dal 24 novembre 2023 al 5 maggio 2024 presso i Musei Capitolini – Villa Caffarelli a Roma, è la prima esposizione monografica dedicata all’artista. Promossa dal Comune di Roma, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e curata da Claudio Parisi Presicce con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, principale sponsor Bulgari, Radio ufficiale Radio Monte Carlo,guida i visitatori in un viaggio inaspettato e sorprendente nella vita, nella carriera e nel clima storico-culturale in cui operò il grande scultore, attraverso una vasta e preziosa selezione di oltre 100 opere - tra reperti archeologici, originali greci e repliche romane, dipinti, manoscritti, disegni, alcuni esposti per la prima volta.
La mostra inaugura un ciclo di cinque mostre, “I Grandi Maestri della Grecia Antica", dirette a far conoscere al grande pubblico i principali protagonisti della scultura greca. Un ciclo tanto più significativo a Roma, città da cui provengono importantissime testimonianze dell’attività di Fidia e della sua riscoperta dal Rinascimento in poi, tramite le preziose copie romane di capolavori originali per la maggior parte andati perduti. “Siamo lieti di ospitare nei Musei Capitolini, uno dei musei più importanti di Roma, la prima mostra monografica dedicata a Fidia, il più grande scultore dell’età classica – ha dichiarato il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri – Il suo straordinario contributo artistico non solo ha definito i canoni dell’arte classica ma ha anche inciso profondamente sull’estetica moderna e contemporanea, influenzando gli artisti di tutte le epoche successive. Ringrazio i numerosi musei e le istituzioni italiane internazionali che con i loro prestiti hanno contribuito a rendere unica questa esposizione.”
“Abbiamo deciso di inaugurare il ciclo di mostre su “I grandi Maestri della Grecia Antica” con un’esposizione monografica dedicata a Fidia, considerato, già nell’antichità, il più grande scultore di tutti i tempi. A lui erano riconosciute le qualità della maiestas e del pondus, bellezza e maestosità, la capacità di rendere in modo appropriato persino la divina natura degli Dei – sottolinea il Sovrintendente Capitolino Claudio Parisi Presicce – Dotato di una personalità eclettica e versatile, oltre a qualità artistiche fuori dal comune possedeva grandi capacità organizzative, tanto che Pericle, nell’Atene del V secolo a.C., decise di affidargli i complessi lavori di ristrutturazione dell’Acropoli e in particolare il delicato ruolo di “episkopos”, “sovrintendente”, del cantiere del Partenone”. “È un onore per Bulgari – aggiunge l’Amministratore Delegato Jean-Christophe Babin –condividere le proprie origini con un artista unico come Fidia e supportare una esposizione tanto prestigiosa. Un viaggio ideale dalla Grecia a Roma che ci ricorda quello del nostro grande fondatore, Sotirio Bulgari. Fidia è stato senza alcun dubbio l’artista ateniese che ha saputo incarnare
meglio di altri lo spirito del suo tempo. Magistrale per l’equilibrio e la simmetria delle sue opere, un simbolo dell’arte greca classica che siamo fieri di accogliere a Roma in un luogo unico come quello dei Musei Capitolini. Il legame tra Bulgari e l'arte è sempre più indissolubile e nutre quotidianamente la nostra visione”.
Il percorso espositivo è articolato in 6 sezioni: Il ritratto di Fidia; L’età di Fidia; Il Partenone e l’Atena Parthenos; Fidia fuorida Atene; L’eredità di Fidia; Opus Phidiae: Fidia oltre la fine del mondo antico. Oltre ad opere provenienti dal Sistema Musei di Roma Capitale - Musei Capitolini, Centrale Montemartini, Museo di SculturaAntica Giovanni Barracco e Museo di Roma – e da importanti istituzioni italiane, come il Museo Archeologico di Bologna,l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, il Museo Archeologico di Napoli e l’Archivio Cambellotti, la mostra vanta prestiti provenienti dai più importanti musei del mondo, tra cui: Museo dell’Acropoli, Museo Archeologico Nazionale e Museo Epigrafico di Atene; Museo Archeologico di Olimpia; Kunsthistorisches Museum di Vienna; Metropolitan Museum of Art di NewYork; Musei Vaticani; Museo del Louvre e Museo Rodin di Parigi; Liebieghaus Skulpturensammlung di Francoforte; NyCarlsberg Glyptotek di Copenhagen; Staatsbibliothek e Staatliche Museen, Antikensammlung diBerlino. In alcuni casi si tratta di prestiti straordinari, ossia di opere mai uscite prima d’ora dalle loro sedi museali, come i due frammenti originali del fregio del Partenone, più precisamente un frammento dal fregio nord con oplita, un “soldato greco”, ed un frammento dal fregio sud con giovane e bovino, concessi eccezionalmente dal Museo dell'Acropoli di Atene. A questi si aggiungono altri due frammenti originali con cavalieri e uomini barbati provenienti invece dal Kunsthistorisches Museum diVienna.
Tra gli altri reperti esposti si segnalano il vaso con incisa la scritta "Pheidiou eimi" (Sono di Fidia) proveniente dal Museo Archeologico di Olimpia, uno dei rari oggetti personali appartenuti a un personaggio celebre dell'antichità e giunti fino a noi; la replica dello scudo dell’Atena Parthenos, il cosiddetto scudo Strangford - copia di epoca romana in marmo pentelico dell’originale appartenente alla statua di Atena realizzata in oro e avorio e collocata nella cella nel Partenone - proveniente dalla collezione del British Museum; due statuette in bronzo che rappresentano la figura dell’artigiano (identificato forse anche con lo stesso Fidia), prestiti d’eccezione del Metropolitan Museum of Art di New York e dell’Archaeological Museum of Ioannina,in Grecia; la testa dell’Atena Lemnia in marmo, copia augustea di un originale fidiaco, del Museo Civico Archeologico di Bologna; il Codice Hamilton 254 (Staatsbibliothek zu Berlin), manoscritto quattrocentesco contenente la prima immagine del Partenone arrivata in Europa.
Di grande interesse il prestito del cosiddetto taccuino Carrey (1674) della Biblioteca Nazionale Francese, nel quale è riprodotta la decorazione del Partenone prima dell’esplosione che lo distrusse nel 1687. È inoltre proposto un Modello del tempio di Zeus a Olimpia realizzato nel 1997 da M. Goudin, una ricostruzione parziale in legno di tiglio e noce, prestato dal Musée du Louvre di Parigi.
A supporto dei visitatori anche installazioni multimediali e contenuti digitali: nella terza sezione, dedicata a “Il Partenone el’Atena Parthenos” viene offerta l’occasione unica di essere trasportati indietro nel tempo e di rivivere la visita del monumento attraverso l’installazione Fidia e il Partenone. Un’esperienza interattiva e coinvolgente ispirata ai modelli della realtà virtuale e della realtà aumentata. Da una parte, il piano scenografico è costituito da una grande proiezione fotorealistica che ricostruisce in 3D Acropoli e Partenone e permette all’utente di muoversi in volo intorno al tempio, cambiando la luce del sole lungo l’arco temporale della giornata, dall’alba al tramonto; dall’altra, un’interfaccia touch offre una sorta di “radiografia” del Partenone el’accesso a tutti gli approfondimenti scientifici, come l’esplorazione di alcuni dettagli architettonici.
Tra le attività collaterali nell’ambito dell’esposizione, la Sovrintendenza Capitolina conferma l’impegno sui temi dell’accessibilità, con un programma di visite guidate integrate accompagnate da interpreti LIS - Lingua dei Segni Italiana - grazie alla collaborazione del Dipartimento Politiche Sociali, Direzione Servizi alla Persona di Roma Capitale. Sono disponibili, su prenotazione a richiesta, visite per persone ipovedenti e non vedenti. Sono stati concessi in prestito modelli dal Museo Tattile Statale "Omero" e un calco in gesso della Scuola di Arti Ornamentali di Roma Capitale tratto proprio dalla testa di Atena della collezione Palagi, oggi al Museo Civico di Bologna, che è stata scelta per il manifesto della mostra. Infine, a corredo della mostra, il catalogo “FIDIA” edito da «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER. Saggi a cura di Claudo Parisi Presicce, Riccardo di Cesare, Giovanni Marginesu, Massimiliano Papini, Nikolaos Stampolidis, Alessandra Avagliano, Annalisa Lo Monaco, Elena Ghisellini, Eugenio La Rocca, Eloisa Dodero. (gn)
 
Informazioni per il pubblico:
FIDIA - la mostra "FIDIA", il più grande scultore greco dell’età classica a Roma, Musei Capitolini -Villa Caffarelli | fino al 5 maggio 2024, tutti i giorni ore 9.30 - 19.30. Ultimo ingresso un'ora prima della chiusura; biglietto “solo Mostra”: intero € 13,00 - ridotto € 11,00; per maggiori informazioni Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 - 19.00) - www.museicapitolini.org

Al Casino dei Principi di Villa Torlonia, dal 25 gennaio al 5 maggio 2024, arriva la mostra antologica Giancarla Frare. Abitare la distanza che ripercorre, attraverso una selezione di 50 opere pittoriche su carta e due video, la quarantennale carriera di Giancarla Frare, pittrice, disegnatrice e grafica magistrale, fotografa, video maker e poetessa, figura tra le più significative della generazione di artisti attiva in Italia tra gli anni ’70 del ‘900 e il primo ventennio del 2000.  

L’esposizione, curata da Antonella Renzitti, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Supporto organizzativo e servizi museali di Zètema Progetto Cultura.

L’arte di Frare costituisce una ventata di unicità nel sempre più omologato panorama artistico contemporaneo, come dimostra la costante attenzione critica riservata ai suoi lavori, presenti in importanti collezioni pubbliche e private non solo italiane.

Le opere in esposizione rendono conto di come Frare nella sua ricerca artistica proceda per cicli pittorici, complessi progetti concepiti come filoni attorno al tema della memoria.

Lo sviluppo della carriera dell’artista viene raccontato da Antonella Renzitti, curatrice della mostra, applicando un espediente narrativo che accompagna il visitatore dalla fine verso l’inizio, dai lavori più recenti (molti del tutto inediti) ai celebrati cicli giovanili, in un percorso cronologico a ritroso nel tempo che svela progressivamente il senso delle opere.

Di fondamentale importanza per meglio mettere a fuoco la ricerca dell’artista appare il ciclo “Il Castello di Apice. Mappa Labirinto” (2015-2019). In mostra è esposto un video girato in soggettiva dall’artista con il semplice ausilio di cellulare e IPad e poi ibridato in sede di montaggio con l’innesto di disegni e frammenti fotografici riconducibili a un favoloso ricordo infantile. Il ricordo è quello dell’infanzia trascorsa nel Castello dell’Ettore ad Apice, in prossimità di Benevento, un antico labirinto di pietra in cui il padre di Giancarla, capo della guardia forestale, occupava con la sua famiglia un alloggio di servizio.

La capacità di esprimersi ai massimi livelli nei vari linguaggi dell’arte è una delle più vistose peculiarità di Giancarla Frare, la cui versatilità ha saputo trarre il massimo profitto dall’insegnamento di maestri che hanno impresso tracce indelebili sul suo fare artistico. Allieva negli anni ‘70 dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, Frare ha studiato pittura con Armando Di Stefano, scultura con Umberto Mastroianni e Augusto Perez, incisione con Bruno Starita, scenografia con Franco Mancini, fotografia con Mimmo Jodice, storia dell’arte con Nicola Spinosa e, persino, antropologia musicale con Roberto De Simone: i protagonisti della effervescente temperie culturale degli anni ’70 al servizio della sua inesausta intelligenza creativa.

La carta è il supporto scelto per imprimere una pittura velocissima che conduce lo spettatore attraverso desolati territori di pietra in cui non c’è spazio per il corpo dell’uomo, comparso nel suo lavoro solo in rare occasioni.

Gli importanti cicli giovanili chiariscono però in modo incontrovertibile come l’assenza dell’uomo sia solo uno dei tanti depistaggi introdotti dall’artista all’interno di una ricerca che prende in realtà spunto dall’interesse per la cultura dell’uomo. Non casualmente il suo primo grande successo arriva, nella seconda metà degli anni ’70, con Le Condizioni del volo, un ciclo di trentacinque grandi disegni a china - i tre presenti in mostra provengono dalle collezioni dell’Istituto Centrale per la Grafica che ha acquisito la serie quasi per intero - ispirati alla poesia di George Trakl, disperato cantore della dissoluzione della stagione della felix Austria.

Negli anni ’80, trasferitasi a Roma, lo spunto culturale che alimenta la sua ispirazione diventa quello del reperto archeologico. Le immagini di elementi scultorei catturate nel corso di lunghe battute fotografiche nel Nord Europa e in Italia vengono innestate all’interno di minimali composizioni pittoriche, in rapporto di tensione dialettica tra linguaggio della fotografia e segno pittorico.

Il senso della ricerca di Frare sulla memoria si esplicita in Stati di permanenza, Gina, bellissima opera videografica costruita eccezionalmente attorno a una presenza umana. Gina, la protagonista, è una centenaria analfabeta che, pur avendo perso il ricordo della sua storia individuale, recita alla perfezione i versi della Divina Commedia imparati in gioventù, divenendo lei stessa traccia archeologica, simbolo vivente della potenza della memoria culturale.  

 

Fonte Zetema

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI