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La tensione al confine greco-turco continua ad aumentare

Con il codice 1453 (l'anno della caduta di Costantinopoli), Ankara sta operando al confine con Evros. L'aeromobile senza pilota turco Bayraktar TB2 pattuglia al confine e trasferisce le informazioni a un centro informazioni dove viene monitorato dalle truppe turche. In particolare,stanno  identificando il punto in cui le forze greche devono essere respinte e informano immediatamente le forze armate e di polizia turche per trovare il punto dedole da poter attaccare, secondo il giornale Evros.gr    

L intervento di occupazione del nord siriano che nessuna risoluzione dell’ONU ha mai autorizzato e che vede le truppe turche combattere al fianco delle milizie jihadiste incluse quelle di al-Qaeda- Gli stessi miliziani che quando arrivano in Europa chiamiamo foreign fighters e terroristi.

Con una iniziativa chiaramente ostile alla Turchia ma che piacerà ad Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, ieri il governo siriano e quello libico guidato dal generale Khalifa Haftar hanno allacciato formali rapporti diplomatici con una visita effettuata a Damasco dal ministro degli esteri del governo libico di Haftar, Abdel Hadi Huayj

Sul piano politico e diplomatico, ritenere Damasco isolata e appoggiata solo dai “cattivi” russi e iraniani potrebbe costituire un grave errore: il governo di Bashar Assad è tornato nell’ambito della Lega Araba e viene di nuovo riconosciuto da ormai tutti i paesi arabi incluse le monarchie del Golfo che negli anni scorsi hanno finanziato e armato i ribelli e dove hanno riaperto le ambasciate siriane.

L’attuale scenario costituisce però anche una opportunità, forse l’ultima che ha l’Europa per smentire il vecchio adagio che la vuole “nano politico e verme militare”.

Certo sulla Ue non ci si può fare nessuna illusione e già si moltiplicano le pressioni dell’ampio fronte “immigrazionista” che vorrebbe accogliere i migranti che premono alla frontiera greca sospinti verso ovest dai poliziotti turchi.

Per ora la Commissione sembra tenere duro nel respingere il ricatto turco e nel sostenere la Grecia, anche perché neppure la Germania potrebbe reggere un altro milione o due di clandestini ma Erdogan minaccia di mandarne 4 milioni, in arrivo dai Balcani, ma la pressione politica del nutrito fronte immigrazionista non tarderà a farsi sentire se la crisi sul confine terrestre e nelle isole greche si dovesse prolungare.

Quanto sta accadendo ai confini tra Grecia e Turchia rappresenta una grave minaccia ma anche un’opportunità per l’Europa. Una minaccia perché Recep Tayyp Erdogan torna ad usare (dopo i flussi del 2015 di oltre in milione di immigrati illegali lungo la “rotta balcanica”) l’arma dei migranti per colpire la Ue e punire la Grecia che la scorsa settimana ha posto il veto a un documento della NATO che esprimeva solidarietà e sostegno ad Ankara impegnata nella guerra di aggressione in Siria.

In Grecia i rifugiati e richiedenti asilo sono circa 80 mila. Di questi, ben 42 mila si trovano confinati sulle isole dell’Egeo. L’Europa ha scelto di restare succube del “Ricattatore di Ankara”, al secolo il presidente turco Recep Tayyp Erdogan  La tensione però al confine greco-turco continua ad aumentare. Negli ultimi giorni, molti rifugiati hanno cercato di entrare in Grecia attraverso il confine settentrionale del fiume Evros. Le forze di polizia e l'esercito hanno aumentato le pattuglie al confine con la Turchia. Secondo il governo greco sarebbero oltre 32.000 persone bloccate al confine tra Grecia e Turchia e 231 i migranti arrestati.

La maggior parte non proviene dalla Siria ma dall'Afghanistan e dal Pakistan. “Ma - spiega Laura Stopponi, responsabile dell'ufficio Europa di Caritas Italiana - stando alle testimonianze di alcuni migranti sono state le autorità turche ad averli informati sull’apertura dei confini, così in migliaia si sono messi in viaggio». Il governo greco ha aumentato rapidamente la presenza di polizia ed esercito al confine con Evros. Il governo afferma che non consentirà alcun nuovo arrivo e si sta dissuadendo dal proteggere i confini della Grecia e dell'Europa da qualsiasi ‘violazione illegale’. Chiunque entri sarà arrestato”. Intanto, secondo Stopponi, “i migranti si sono radunati per tutta la lunghezza (212 km) del confine greco - turco. C’è chi tenta di attraversare il fiume in barca o addirittura nuotando”. “La Grecia -  spiega Stopponi, - impedisce anche a tutti i profughi bloccati sulle isole di raggiungere la terraferma. Se la raggiungessero il Governo greco teme che possa passare il messaggio che la Grecia appunto è pronta ad accoglierli. Il confine greco – turco, di fatto, è diventato la terra di nessuno ed è impossibile per le ong accedervi”.

Attualmente il governo greco ha deciso di aumentare al massimo livello le guardie di frontiera con forze di polizia ed esercito e sospendere tutte le domande di asilo con possibile rimpatrio immediato delle persone nel Paese di origine.

Finlandia, Francia, Germania, Lussemburgo, Croazia, Irlanda e Portogallo hanno accettato di accogliere minori non accompagnati, per un totale di circa 1.600 bambini. Sette Stati membri “sono pronti ad accogliere almeno 1.600 minori non accompagnati” da Grecia, Malta e Cipro, “altri Paesi ci stanno pensando, spero che i primi ricollocamenti possano iniziare già la prossima settimana. Non è una promessa, ma è inutile aspettare ancora”. ha dichiarato Johansson che a chi gli ha chiesto come questo sia compatibile con l’emergenza coronavirus ha risposto: “Bisognerà vedere se applicare misure specifiche per evitarne la diffusione”.

Chi invece si è rifiutato è il governo olandese. La ministra Broekers-Knol, del partito Vvd, guidato dal premier Mark Rutte, a margine del Consiglio Ue Affari interni ha dichiarato che la possibilità di accogliere i minori deve essere valutata “nel contesto della dichiarazione Ue-Turchia. I Paesi Bassi sono pronti a dare ogni supporto necessario alla Grecia, nell’inviare personale che possa aiutarli a identificare i migranti, la loro registrazione e qualsiasi cosa serva. Ma non siamo disposti a occuparci dei bambini”. Appellandosi all’accordo stipulato nel 2016 con Ankara sulla gestione dei flussi migratori, nonostante la sua palese violazione da parte del presidente Erdogan, il membro del governo di Amsterdam ha aggiunto: “Credo sia molto importante per l’Unione essere coscienti che la dichiarazione Ue-Turchia esiste ancora e dobbiamo lavorare duramente per mantenerla così”.

Il governo greco offre circa 2.000 euro ad ogni migrante che in particolare dalle isole dell’Egeo sarà disposto al rimpatrio.

Stretto tra il braccio di ferro sempre più serrato sui migranti con la Turchia e il timore del diffondersi del coronavirus anche nei campi sovraffollati di baracche e tende tra Lesbo, Chios, Samos, Leros e Kos, il governo di Atene ha concordato con la Ue un meccanismo temporaneo volto a favorire il rientro volontario al loro Paese d’origine di circa 5.000 persone.

“Il programma dipende dai fondi europei, durerà un mese ed è indirizzato a coloro che sono arrivati sul territorio greco prima del gennaio 2020” hanno detto dopo il loro incontro ad Atene giovedì il commissario Ue agli Affari Interni, Ylva Johansson, e il ministro ellenico per le Migrazioni, Notis Mitarakis.Un piano, quello dell’Ue, che sarà finanziato proprio con i 700 milioni messi a disposizione dalla Commissione guidata da Ursula von der Leyen.

Le operazioni di rimpatrio saranno gestite dall’Oim in collaborazione con Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera, che in contemporanea ha anche inviato 100 guardie al confine terrestre greco-turco per frenare Il piano che ha lo scopo di alleggerire la pressione migratoria sulla Grecia.

Intanto come sottolinea il quotidiano il Giornale Yanis Varoufakis tira dritto, non si ferma di fronte nemmeno alla crescita dell’emergenza coronavirus e pubblica gli “EuroLeaks”, audio e trascrizioni delle riunioni riservate dell’Eurogruppo a cui ha partecipato negli intensi sei mesi passati ricoprendo il ruolo di ministro delle Finanze del governo greco di Alexis Tsipras,dal gennaio al luglio 2015.

Varoufakis, che dopo le dimissioni ha a lungo tenuto un atteggiamento ambiguo cercando, col senno di poi, legittimazione da quegli ambienti di sinistra europeista che lo avevano a lungo snobbato durante la sua tenuta da ministro, pubblica le dichiarazioni private dei ministri dell’Economia dell’Eurozona che dimostrano un vero e proprio accanimento contro Atene e una cieca accettazione dei dogmi dell’austerità che hanno travolto Atene.

Ascoltando gli EuroLeaks ce n’è per tutti.scrive il Giornale, Il socialista francese Pierre Moscovici, nell’Eurogruppo di Riga di aprile, chiede conto al governo ellenico delle misure per il pignoramento delle case ai debitori e la loro vendita all’asta: “abbiamo visto poca ambizione, in alcune riforme chiave come quella del mercato del lavoro, delle pensioni, o la moratoria sulle aste immobiliari”. Una negazione enorme del diritto umano alla casa che sarebbe sancita come illegale in qualsiasi ordinamento europeo e che Tsipras, dopo l’uscita di scena di Varoufakis, ha invece legittimato.  

Un semestre vissuto da Varoufakis, da Tsipras e dalla Grecia sull’ottovolante, nel tentativo di dare attuazione al mandato elettorale di rinegoziare i termini di accordo con la Commissione Europea e le istituzioni finanziarie internazionali sulla ristrutturazione del debito greco.

Varoufakis contestava, come scrive il Giornale in primo luogo, l’eccessiva durezza dei termini imposti alla Grecia per pacchetti di aiuto e salvataggio che avrebbero finito, in larga misura, per ricapitalizzare le banche private del Paese e, di converso, gli istituti francesi e tedeschi loro creditori. Il terzo pacchetto di salvataggio alla Grecia, quello negoziato da Tsipras e Varoufakis, era messo sotto condizione di termini draconiani (avanzo primario di bilancio pari al 3,5% del Pil, riforme del mercato del lavoro, riforme dei servizi pubblici, riforme del mercato interno, taglio delle pensioni, inasprimento delle tasse) diventati, purtroppo per la Grecia, realtà dopo la capitolazione di Tsipras.

L’uscita di scena di Varoufakis seguì alla sua extrema ratio per evitare il cedimento alla Troika: il referendum consultivo sull’accettazione del memorandum di aiuti al Paese tenutosi il 5 luglio 2015. Un referendum contestato, secondo gli EuroLeaks, dal ministro dell’Economia italiano Pier Carlo Padoan, che lanciò a Varoufakis velate minacce sulle conseguenze del rifiuto del pacchetto da parte della popolazione ellenica (“intendi illustrare ai greci le conseguenze dell’ esito del referendum, quale esso sia, o pensi di dire che con il referndum si risolva tutto?”).

La somma delle pressioni ricevute dall’economista secondo il quotidiano Italiano divenuto ministro giustifica le durissime dichiarazioni da lui esposte a El Mundo alla vigilia del voto: “Quello che stanno facendo con la Grecia ha un nome: terrorismo. […] Perché ci hanno costretto a chiudere le banche? Per instillare la paura nella gente. E quando si tratta di diffondere il terrore, questo fenomeno si chiama terrorismo. Ma confido che la paura non vinca”. Al referendum il “No” al memorandum vinse con un vantaggio talmente ampio da spingere lo stesso Varoufakis alle dimissioni, sotto il peso del successo delle sue idee. Varoufakis si era spinto troppo oltre per il primo ministro Tsipras, favorevole a un qualche tipo di accomodamento con Bruxelles di fronte alla marea montante della pressione comunitaria.

Sottolinea il Giornale che  molti anni di distanza, possiamo solo domandarci perchè Varoufakis non abbia pubblicato prima il suo ampio inventario di registrazioni e trascrizioni dei meeting. Tentativo di non tagliare la strada all’ex compagno di battaglie Tsipras? Timore di conseguenze penali? Opportunismo politico? Pavidità? La realtà dei fatti è che gli EuroLeaks saranno un grande patrimonio informativo per storici e analisti, ma escono in una fase in cui la Grecia è oramai compromessa. Passata dalla pavida sinistra di Tsipras al governo del neoliberista Mitsotakis in una fase in cui la sicurezza sociale, gli stipendi e le pensioni sono state fortemente decurtate. Il semestre sull’ottovolante di Varoufakis non è servito a cambiare il destino di Atene. Ma viene da pensare a cosa sarebbe successo se l’economista ed ex accademico non si fosse dimesso dopo la notte da tregenda del referendum. In cui, per poche ore, il Paese ellenico riuscì a scoprire un orgoglio che pareva dimenticato.

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