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Lavoro minorile e disoccupazione giovanile due buchi neri dell’attuale crisi globale

L’ Unicef ha stimato, in occasione della Giornata contro il lavoro minorile che si è celebrata il 12 giugno scorso, che 150milioni di bambini nel mondo sono impiegati nel lavoro minorile. Ma c’è di più. 115 milioni di bambini di età compresa tra i 5 e i 17 anni vengono impiegati nelle forme peggiori di lavoro minorile, come quelle che prevedono carichi pesanti, contatto con sostanze chimiche ed un orario di lavoro prolungato; il 60% di minori risulta impiegato nell’agricoltura: il 7% nell’industria e il 26% nei servizi. Ovviamente, la crisi finanziaria globale, in corso, ha, ulteriormente, spinto i minori ad avviarsi, precocemente, al lavoro, specie , verso le forme di lavoro più pericolose. In verità, va detto pure, senza mezzi termini, che l’Unicef sta concentrando il suo impegno sull’istruzione, giudicata l’arma migliore per allontanare lo spettro di un’ignoranza che è in primo luogo, non conoscenza dei propri diritti e delle proprie potenzialità. E accanto a questo scenario che non dà segni di ottimismo, va collegato, purtroppo, un altro scenario: il tasso di disoccupazione giovanile, già altissimo, è al suo record, come ha confermato lo stesso Rapporto Istat. In particolare, la crisi economica ha comportato una significativa crescita di giovani disoccupati delle regioni del Mezzogiorno. Ancora, la quota di giovani non occupati e non coinvolti in attività educative o formative riflette nel nostro Paese, più che negli altri Paesi europei, lo scoraggiamento rispetto alle difficoltà di occupazione . Non a caso, quei giovani italiani che si affacciano sul lavoro intravedono, e mai come oggi, solo prospettive incerte. E a questi giovani, non resta altra scelta, purtroppo, che fare le valigie e traslocare all’estero. In conclusione, noi rivolgiamo alla politica del nostro Paese una proposta per incrementare la creazione di nuovi posti di lavoro stabili sia nel pubblico che nel privato, riportando, anche, una grande frase del premio Nobel, 2010, lo statunitense Dale Mortensen, il quale ha passato la sua vita a studiare i problemi d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, cercando di capire come migliorarne le dinamiche: “Sarebbe ora di metter   mano all’aratro e cessare di volgere indietro lo sguardo”.

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