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Gente di Jazz, un libro-verità di Gerlando Gatto sul jazz

Gente di Jazz, un libro-verita' sul jazz, di Gerlando Gatto "Qualunque idiota al mondo puo' imparare a suonare, anche benissimo, uno strumento, ma non a fare musica". E' un aforisma che Joe Zawinul raccolse da un amico pianista e che Gerlando Gatto ha fissato su carta, fra tanti altri, nel suo volume Gente di Jazz Interviste e personaggi dentro un festival jazz (KappaVu, Udine, 232 pag., euro 14,00).

Non si tratta di un lavoro per soli jazzofili ( anche se non sempre chi ascolta jazz su disco o live vi affianca la lettura di riviste e pubblicazioni specializzate).

Il libro e' un ampio squarcio su un mondo, quello jazzistico, visto dall'interno, partendo cioe' dal vissuto di una serie di indiscussi protagonisti intervistati dall'Autore, critico militante nonche'

direttore della rivista on line A proposito di Jazz, con approccio amicale quasi socratico. Lo scopo e' quello di favorire delle risposte a quesiti e curiosita' il piu' possibile naturali e dirette, fuori dai tecnicismi. Insomma tendenti piu' a svelare il senso della musica prodotta, il modo in cui viene elaborata stilisticamente, le esperienze a monte del musicista, i progetti, le aspettative.

Risposte che Gatto riannoda nel riproporne altre, centrando i tratti principali nella personalita' dell'artista che ha di fronte, messo in condizioni di "confessarsi" su temi nevralgici come, ad esempio, la creativita', l'improvvisazione, la ricerca del Suono.

Il mondo del jazz, inquadrato sul palco di Udin&Jazz, e' rappresentato nel libro ai massimi livelli: pianisti (Mc Coy Tyner, Petrucciani, Rubalcaba, Solal, Walton, Bollani, D'Andrea, Battaglia, Rea, Cojaniz, Pieranunzi), sassofonisti (Giammarco, Fasoli, Bearzatti, Schiaffini), batteristi (Gatto, Carnovale), percussionisti (Cinelu), chitarristi (Onorato), flautisti (De Mattia), trombettisti (Rava, Fresu). Ed e'

quest'ultimo, in prefazione, a sottolineare che "le parole degli artisti, in movimento come la loro musica, possono risultare utili a esplicare il pensiero che si cela dietro la scelta di divenire jazzisti, seppure le quattro lettere che formano la parola "jazz", cosi' brevi, siano limitanti nel racconto dei cento anni della sua storia". Affermazioni che nelle pagine del volume hanno il sapore della verita', lontane da certi redazionali preconfezionati, e da rigide schedature repertoriate. In una narrazione stimolata, richiesta, dunque scaturita, da cui lasciar fuoruscire quella "essenza segreta" citata da Fabio Turchini in postfazione.

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