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Commissione d’inchiesta sul Covid: è fatta!

Fratelli d’Italia porta a compimento un’altra promessa fatta agli italiani, in cerca della verità su uno dei periodi più bui della storia. Le responsabilità del governo giallo-rosso su ritardi, sprechi e limitazioni vengono a galla

La pandemia da Covid-19 è da considerarsi uno dei periodi più complicati della storia della Repubblica: tra ospedali mal forniti, contagi e morti continui, imprese che fallivano e cittadini disperati, l'Italia ha dovuto fronteggiare ingenti difficoltà come non se ne vedevano dal secondo dopoguerra. E se un certo grado di scusabilità per l'immediatezza di scelte così complicate poteva all'epoca dei fatti essere accettato, più passa il tempo, più vengono fuori nuove informazioni e più aumentano le responsabilità in capo ai membri del governo giallo-rosso, le cui sciattezza e negligenza frammiste a dilettantismo, impreparazione e disistima, hanno provocato danni maggiori di quanti avrebbero dovuto normalmente aversi.

Bagarre in aula, un botta e risposta così pesante da costringere il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli a sospendere la seduta. Il motivo è stato la discussione sulla proposta di Fratelli d'Italia e della maggioranza di istituire una commissione d'inchiesta sulla gestione della pandemia da parte del governo giallo-rosso. Una decisione che arriva a quasi quattro anni dal primo lockdown che ha devastato i risparmi degli italiani, costretti a restare chiusi in casa per mesi senza lavorare, in attesa di risposte, di informazioni certe, di cassa integrazione, mentre a Palazzo Chigi si cercava disperatamente di limitare i danni creati nella più totale improvvisazione: il centrodestra ha così deciso di voler riaccendere i riflettori su uno dei periodi più bui nella storia della Penisola. “Questa commissione – ha spiegato l'onorevole Alice Buonguerrieri, deputato di Fratelli d'Italia e relatrice del provvedimento – è ciò che ci chiedono milioni di italiani, che hanno subito lockdown, green pass, restrizioni, soluzioni che non avevano nessun supporto scientifico ma che sono state adottate come misure di cieca disperazione, per usare le parole di Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza e consulente del governo Conte”.

Le reazioni concitate delle opposizioni, specie di Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, possono essere in un certo senso giustificate: la commissione, che sarà composta da 15 senatori e altrettanti deputati, punterà i riflettori su vari temi, come la mancata applicazione del piano pandemico, pur risalente al 2006, e il suo mancato aggiornamento, le spese folli su app immuni, centri primule, banchi a rotelle e mascherine “ordinate, pagate e mai consegnate”: “Magari ci spiegheranno a chi sono finiti tutti questi soldi pubblici!” ha tuonato Buonguerrieri. Si farà luce sul periodo pre-lockdown, quello in cui Conte sapeva ma non ha agito, quello in cui gli allarmi del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e addirittura degli scienziati vennero deliberatamente ignorati, reputati eccessivamente pessimisti. Quello in cui, mentre i posti di terapia intensiva terminavano, i pronto soccorso si avviavano al collasso e mancava qualunque tipo di misura preventiva, Zingaretti proponeva l'aperitivo sui Navigli di Milano; quello in cui l'unica minaccia per la sinistra era la possibilità di sfociare nel razzismo verso i cinesi, che il PD invitava ad abbracciare perché, d'altronde, non c'era nessuno pericolo per la salute. S

Si farà luce poi anche sul periodo del lockdown, quello in cui, invece, il governo Conte dovette correre ai ripari, proponendo però pesanti quanto inutili limitazioni alle libertà personali a colpi di DPCM. Il tutto, seguendo un “modello – secondo il giudice di pace di Frosinone già nell'estate del 2020 – di quelle adottate da stati non democratici come la Cina, che hanno un ordinamento costituzionale autoritario”. Si farà luce anche sul perché l'Italia, nonostante ben due lockdown, importante spesa pubblica e alto tasso di vaccinazione, sia stato uno dei Paesi con più morti a livello mondiale. Insomma, incostituzionalità degli atti (non si possono limitare libertà con DPCM, in quanto semplici atti amministrativi), tenebre circa la spesa pubblica di quegli anni (vedi il caso già citato delle mascherine) e inefficacia delle gravose restrizioni fanno ora tremare i membri del governo giallo-rosso, che non hanno preso benissimo la notizia della commissione. Giuseppe Conte corre ai ripari con parole che quasi suonano come una minaccia: “State creando uno strumento abnorme, quello della Commissione d'inchiesta per attaccare politicamente il governo precedente, ma non governerete a vita e questo potrebbe rivelarsi un pericoloso precedente”.

La concitazione dell'Aula è notevolmente cresciuta quando Buonguerrieri ha dichiarato che “è giusto che gli italiano sappiano che Fratelli d'Italia ha trascinato in tribunale Conte e Speranza per ottenere trasparenza e verità. Ed è – ha continuato – solo grazie alle sentenze con cui sono stati condannati che noi abbiamo ottenuto quegli atti e quei documenti troppo a lungo secretati”. Le repliche dei grillini: “È una menzogna, nessuna condanna” ha detto Conte, mentre Speranza ha parlato di “intervento squadrista”. La furia della sinistra travolge anche Rampelli, accusato di “non aver tutelato le opposizioni dal discorso ingiurioso e violento della Buonguerrieri”. Ciononostante, la proposta, che aveva già ottenuto il sì del Senato, è stata approvata anche alle Camera con 132 voti favorevoli tra i quali si contano anche quelli di Italia Viva, che faceva parte dell'incriminato governo giallo-rosso. 

Una primissima e rozza ammissione di colpa? Lo deciderà la commissione, ma ciò che appare ovvio è che vive ancora in tutti gli italiani il triste ricordo della pandemia. Un periodo in cui migliaia di bare sfilavano per strada scortate dai militari mentre al loro interno erano rinchiuse salme di defunti non riconosciuti. Un periodo in cui si favorì la circolazione del virus nelle Rsa mentre si vietava alle famiglie di dare l'ultimo saluto a genitori, nonni, figli destinati a non ricevere cure per carenza di mezzi. Insomma, “uno dei periodi – secondo Buonguerrieri – più drammatici della nostra storia, che l'Italia ha avuto la sfortuna di affrontare con il peggior Presidente del Consiglio dei Ministri e il peggior Ministro della Salute: Giuseppe Conte e Roberto Speranza”.

A riportare in auge la questione pandemia è un'inchiesta del quotidiano La Verità, che pubblica un'informativa dei carabinieri di Bergamo dalla quale, pur essendo estrapolata da un'altra inchiesta sulla gestione dei migranti, emergono importanti informazioni sulle primissime ore della pandemia, in particolare su quel periodo tra la metà di febbraio e il 9 marzo, inizio del lockdown, in cui si era capito che il Covid non era uno scherzo, ma a Palazzo Chigi si glissava l'argomento. 

Protagonista della vicenda il sindaco dem di Bergamo Giorgio Gori, dalle cui telefonate intercettate dagli inquirenti emergono importanti informazioni: Gori, come tutto il mondo dem, era preoccupato per una possibile chiusura totale, era contrario e spaventato per le intenzioni della Regione Lombardia a guida Attilio Fontana, che propendeva per la linea dura. Era fine febbraio, il bergamasco appariva come la zona più colpita e più i giorni passavano, più i casi aumentavano. Ma per Gori era “eccessivo” fermare tutto “per un solo caso di contagio”. 

Contrarietà a una eventuale zona rossa per Bergamo arrivavano anche da esponenti del governo: il 26 febbraio Antonio Misiani, viceministro dell'Economia, riteneva inutile la chiusura anticipata delle attività alle 18, mentre il 3 marzo rassicurava Gori sul fatto che il ministro Speranza non voleva inserire Bergamo nella zona rossa. Intanto, sono interessanti le conversazioni tra il sindaco e suo fratello Andrea, medico, che parlava di pressioni del governo su Fontana per riaprire le attività e, in un secondo momento, raccontava che l'unico ad aver recepito la gravità della situazione fosse il leghista stesso, senza però trovare ascolto a Roma. Il 6 marzo la débâcle di Gori stesso, che ammetteva al sindaco di Milano Giuseppe Sala che ormai una zona rossa a Bergamo sarebbe stata inutile, essendosi il virus già pienamente diffuso. La svolta l'8 marzo: secondo il presidente della Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali, solo dopo l'attenzione del presidente della Repubblica per i dati allarmanti comunicati da Fontana, Conte si sarebbe mosso per misure più restrittive.

Insomma, si aggrava la posizione del governo giallo-rosso, che sapeva ma non ha agito. Circoscrivere le zone maggiormente interessate dal contagio poteva essenzialmente essere la svolta, per salvare tantissime vite ed evitare chiusure peggiori, come il lockdown totale: le differenti entità del contagio nelle varie zone d'Italia in quei giorni richiedevano misure più efficaci a livello territoriale, come una divisione a fasce che si è avuta solo un anno dopo. Intanto, con gli ospedali già in tilt, mascherine che mancavano e posti in terapia intensiva di numero ignoto, il governo Conte, pure sotto le spinte della Regione Lombardia, ha scelto la strada del far finta di nulla, lasciando Bergamo e la Val di Susa alla deriva. Salvo poi pentirsene, ricorrendo a misure estreme in tutta la Nazione che, alla fine dei conti, neppure occorrevano, se non a ridurre alla canna del gas milioni di italiani in attesa di cassa integrazione. Altro che “modello Italia”!

 

Fonte La Redazione de La Voce del Patriota

Gazzetta Tricolore FDI

 

 

 

 

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