Dalla città immaginata a quella realizzata, il “bello” del cambiamento

scannella

 

La città secondo due punti di vista: la storia e la comunicazione. Città che muta non solo perché cambia ma anche perché è silente, per la mancanza di identità nonostante la trasformazione in atto. Nasce da questa riflessione, il seminario “La città che muta” promosso dall’Ordine e dalla Fondazione degli Architetti di Catania che ha proposto un suggestivo confronto tra la città reale e quella utopica, con un viaggio in Sicilia, in Italia e in Europa, iniziato tra le strade, i palazzi e le architetture ottocentesche e giunto al ‘900, fino alla città contemporanea attraverso progetti, istituzioni, storia e branding urbano.

«Trasformare una città, o meglio assecondare e indirizzare il naturale cambiamento - ha affermato il presidente dell’Ordine Giuseppe Scannella – non è esclusivamente un lavoro per noi professionisti ma soprattutto un atto di arricchimento del valore insito. Il cambiamento è fisiologico, inevitabile e ad esso bisogna adattarsi per trarne vantaggio e diventare così più moderni, innovativi e competitivi». Dello stesso avviso anche l’assessore comunale all’Urbanistica Salvo di Salvo che nel suo intervento ha parlato di «cambiamento in termini di rigenerazione della città, come sta accadendo in quest’ultimo periodo a Catania – ha affermato – con l’intervento su alcune aree specifiche, per rigenerare un tessuto degradato dal punto di vista urbano e sociale, senza screditare l’esistente ma valorizzandolo».

Il coordinamento del seminario è stato affidato al consigliere dell’Ordine Architetti Giuseppe Parito, con il contributo di Isabella Carfì (architetto) e Tiziana Longo (esperta in comunicazione), e gli approfondimenti dei due relatori Paola Barbera (docente di Storia dell’Architettura all’Università di Siracusa) e Marco Lo Curzio (docente di Grafica editoriale e metodologia progettuale della comunicazione all’Accademia di Belle Arti di Catania). Di dialettica tra le città immaginate e quelle costruite ha parlato la prof.ssa Barbera, presentando una delle chiavi di lettura più utili per comprendere il ruolo dell’architettura nella costruzione degli spazi urbani, attraverso un excursus dei luoghi ideali e visionari che costellano la storia architettonica dell’800 e ‘900, con un monito finale: «Diffidate dalle utopie, perché dimostrano tutta la loro precarietà e difficoltà». Dalla città politica, fatta di stemmi e baluardi nobiliari alla “città prodotto” attraverso tre secoli: questo il percorso seguito dal prof. Lo Curzio che con una serie di esempi pratici ha mostrato il cambiamento che le città hanno subito nel tempo. «Città portatrici e generatrici di attività e segni che ne condizionano la percezione, che svestono l’immagine storica (risalente all’800), per indossare quelli di “generatore di servizi” ad inizio ‘900 fino ad arrivare agli anni 2000 e alle città schiave dell’immagine, in vendita come un prodotto». All’incontro hanno preso parte anche i due consiglieri dell’Ordine e della Fondazione Ingegneri Catania, Giuseppe D’Urso e Francesca Cuius.

SALA


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