Talarico non condivide la sentenza della Corte Costituzionale sui consiglieri regionali

“Rispetto la sentenza della Corte costituzionale ma non la condivido. Trovo ingiusto - spiega il presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico a proposito della sentenza della Corte sul numero dei consiglieri regionali - che la Calabria per meno di 15mila abitanti, abbia una rappresentanza di 30 consiglieri regionali anziché 40. Lo stesso numero di consiglieri, in sostanza, che avranno regioni con molto meno abitanti dei nostri. A mio avviso - spiega il presidente Talarico - sono stati confusi i costi della politica, che è giusto ridurre come abbiamo fatto anche noi in maniera sostanziale, con i costi della democrazia. Se i primi vanno giustamente ridotti, occorrerebbe però fare attenzione agli effetti negativi che una simile decisione provoca per l’esercizio stesso della democrazia, sia in termini di funzionalità delle Istituzioni che di partecipazione alla politica da parte dei cittadini. Qualcuno dovrà spiegarci come potrà efficacemente funzionare, con soli 18 consiglieri regionali di maggioranza di cui 6 eserciteranno incarichi di governo, un’Assemblea legislativa che, in forza del titolo V della Costituzione, ha competenze e responsabilità enormi, senza dimenticare la programmazione e il controllo di ingenti somme derivanti dai fondi comunitari”. Ancora il presidente Talarico : “Si riducono i consiglieri comunali, si azzerano i consigli provinciali e si punta tutto su un neocentralismo che vorrebbe scaricare sulle Regioni le disfunzioni del sistema-Paese. Perciò, ho più volte detto che la posta in gioco non è la difesa di privilegi o peggio della cosiddetta casta, ma la salvaguardia di un’adeguata rappresentanza democratica, soprattutto in aree difficili del Mezzogiorno. In tal senso, avevo quindi proposto, pur di avere una rappresentanza adeguata, di utilizzare le risorse destinate a 30 consiglieri regionali per le indennità riservate a 40 consiglieri. Trenta consiglieri è un numero del tutto insufficiente per consentire all’Assemblea regionale di far funzionare persino le Commissioni permanenti e speciali. Quanto accaduto, invece, anziché agevolare il rilancio delle Regioni, riduce fortemente la loro autonomia decisionale e depotenzia le istanze politiche e sociali delle periferie rispetto al centro. L’auspicio è che il legislatore nazionale riveda una normativa assunta sulla spinta dell’emotività scaturita, in un particolare momento della vita politica, da episodi di sperpero accaduti in alcune Regioni. Una classe politica che non intenda tornare indietro, non può responsabilmente pensare che la crisi del regionalismo si risolve con un suo ridimensionamento deciso dall’alto”.

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