La National Oil Company (NOC) libica ha annunciato il lancio di una gara d'appalto per il 2025, volta ad attrarre le compagnie energetiche internazionali per esplorare e sviluppare 22 appezzamenti terrestri e marini, che coprono un'area di 235.000 chilometri quadrati e contengono riserve stimate di 1,6 miliardi di barili di petrolio equivalenti. Questo round si concentra su vari giacimenti onshore, nonché su aree offshore in Cirenaica, con l'obiettivo di aumentare la produzione petrolifera della Libia, che attualmente si attesta a 1,4 milioni di barili al giorno, con l'ambizione di raggiungere i 2-3 milioni di barili nei prossimi anni.
Tuttavia, una particolarità di questo round, come menzionato in un articolo di MEES (Middle East Economic Survey), è che i nuovi lotti libici oggetto di asta tengono conto dei confini della potenziale Zona Economica Esclusiva (ZEE) greca, in relazione a quella libica, rispettando il principio della linea mediana nella sua demarcazione.
Il riferimento ai lotti libici si concentra in particolare sui numeri 014, 015 e 010, secondo la mappa dell'asta (sotto), che "rispettano" i diritti delle coste insulari di Creta e Gavdos.
Il settore petrolifero libico ha subito notevoli interruzioni dalla rivolta del 2011 che ha rovesciato il regime di Muammar Gheddafi, con la produzione che è scesa per lungo tempo da 1,6 milioni di barili al giorno a soli 200.000 a causa dell'instabilità politica, del conflitto armato e della partenza di molte compagnie internazionali dal paese. I recenti sforzi di stabilizzazione, tra cui l'accordo di cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite del 2020, hanno incoraggiato la NOC a rendere disponibili terreni per lo sfruttamento e l'esplorazione, inviando un segnale di fiducia agli investitori nonostante i continui attriti tra due governi locali, uno a Tripoli e uno nella Libia orientale, a Tobruk.
Aziende internazionali come Eni, OMV, BP e Repsol hanno ripreso le operazioni nel Paese dal 2022, firmando accordi miliardari, trainati principalmente dalle vaste riserve del Paese, stimate in 48 miliardi di barili, le più grandi dell'Africa.
Tuttavia, la delineazione dei complotti con il riconoscimento indiretto dei "confini" greci è in netto contrasto con il memorandum turco-libico del 2019, che ignora i diritti delle isole greche, dando alla Libia un'area a sud di Creta, violando così il diritto internazionale, come riflesso nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS).
Questo può essere interpretato come una chiara sconfitta della visione turca di zero diritti insulari nelle ZEE per la Grecia, qualcosa che Ankara vuole imporre nell'Egeo ma anche nel Mediterraneo orientale.
Il successo della tornata di offerte di quest'anno dipenderà dalla capacità della Libia di garantire un contesto politico e legale stabile per gli investitori, mentre il paese continua ad affrontare le sfide della sua scena politica divisa.
Inoltre, una delimitazione che soddisfi la potenziale ZEE greca potrebbe aprire la strada al dialogo greco-libico, nonostante le tensioni esistenti. Inoltre, la Libia avrebbe difficoltà a trovare investitori disposti a "scommettere" su appezzamenti marittimi per l'esplorazione e la perforazione, dal momento che questi sarebbero determinati al di fuori del diritto internazionale, provocando così la reazione greca ed egiziana, ma anche pressioni internazionali e persino sanzioni.
Sembra che la candidatura del 2025 non sia solo un'iniziativa economica, ma anche una dichiarazione geopolitica per la Libia, che cerca di rafforzare la sua posizione di attore chiave nel Mediterraneo, nonostante le tensioni regionali. La cooperazione con le società internazionali e l'aumento della produzione petrolifera potrebbero attirare maggiori investimenti esteri, rafforzando la stabilità politica e la sicurezza nella regione, svolgendo al contempo un ruolo chiave nel garantire la sicurezza energetica dell'Europa in un contesto di turbolenze del mercato energetico globale.