Cnn, il capo del Mossad propone l'esilio per i leader di Hamas

Il capo del Mossad, David Barnea, ha proposto che i leader di Hamas vengano esiliati dalla Striscia di Gaza come parte di un più ampio accordo di cessate il fuoco, secondo quanto rivelato dalla Cnn. Citando funzionari che hanno familiarità con le discussioni, la rete di notizie via cavo afferma che Barnea ha sollevato l'idea durante un incontro a Varsavia il mese scorso con il direttore della Cia Bill Burns e il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, e che il segretario di Stato americano Antony Blinken ha nuovamente lanciato l'ipotesi mentre si trovava a Doha all'inizio di questo mese.

Uno dei funzionari afferma che il premier del Qatar ha detto a Blinken che l'idea "non funzionerebbe mai", poiché Hamas non crede che Israele fermerà le operazioni militari a Gaza dopo che i leader del gruppo terroristico avranno lasciato l'enclave. Nonostante la guerra durata quasi quattro mesi a Gaza, Israele non è riuscito a catturare o uccidere nessuno dei leader più importanti di Hamas a Gaza e ha lasciato intatto circa il 70% delle forze combattenti del gruppo islamista, secondo le stime israeliane.

Nella sola giornata di lunedì sono rimasti uccisi a Gaza 21 soldati israeliani: è il bilancio giornaliero più pesante dall'inizio del conflitto. Lo ha annunciato il portavoce delle IDF, Daniel Hagari. La maggior parte delle vittime, ha spiegato, sono state uccise dall'esplosione di un razzo che ha colpito un deposito e un edificio precedentemente minati dall'esercito con l'intento di demolirli.

I militari, secondo quanto si legge sulla stampa internazionale, stavano preparando gli esplosivi per demolire da usare per l'operazione: un militante di Hamas ha lanciato un razzo contro un carro armato che si trovava nelle vicinanze e questo ha provocato esplosioni a catena. I due edifici sono crollati mentre i soldati israeliani si trovavano all'interno.

Intanto il leader supremo della Corea del Nord, Kim Jong-un, sarebbe pronto a scatenare una guerra. A sostenerlo è un ex agente dell’intelligence degli Stati Uniti, secondo il quale Kim sarebbe giunto alla decisione di scatenare un conflitto nella penisola coreana a oltre 70 anni dalla fine della Guerra di Corea (1950-1953). La rivelazione su Kim Sale la tensione nella penisola Pyongyang si prepara al possibile conflitto con gli Usa La rivelazione su Kim “Crediamo che, come suo nonno nel 1950, Kim Jong-un abbia preso la decisione strategica di entrare in guerra”, hanno scritto Robert L Carlin, ex analista della Cia, e Siegfried S Hecker, scienziato nucleare che ha visitato la Corea del Nord più volte, in un articolo sul sito specializzato 38 North.

Il presidente della Corea del Nord è andato in visita negli scorsi giorni alle fabbriche di armi e munizioni del suo Paese, accompagnato da alti funzionari del partito e dell’esercito. In quell’occasione, Kim Jong Un ha spiegato che non è nelle intenzioni della Nord Corea iniziare una guerra con i vicini della Corea del Sud, ma ha ribadito che ritiene essere quel Paese il “Primo nemico“. L’agenzia di Stato ‘Kcna’ ha riportato alcune dichiarazioni di Kim: “La Corea del Nord non scatenerà un conflitto unilateralmente, ma non intende nemmeno evitare una guerra” – ha spiegato il leader che poi ha concluso con una minaccia – “Se la Corea del Sud userà le sue forze armate contro la Corea del Nord o ne minaccia la sovranità e sicurezza, non esiteremo ad annientare"

E in questo scenario potrebbe trarne vantaggio Vladimir Putin, tenendo conto degli ottimi rapporti intercorsi tra Pyongyang e Mosca: se Kim aprisse un nuovo fronte di guerra in Asia, dove gli Stati Uniti sarebbero direttamente coinvolti, il presidente russo ne approfitterebbe per avanzare in Ucraina, un po’ come già sta avvenendo dopo lo scoppio del conflitto lungo la Striscia di Gaza.

"Abbiamo colpito magazzini sotterranei degli Houthi e basi di controllo aereo e missili balistici". Lo hanno dichiarato gli Stati Uniti in un comunicato congiunto con Australia, Bahrain, Canada, Olanda e Regno Unito, a commento del nuovo attacco alle basi occupate dai miliziani yemeniti. L'operazione, spiega il Pentagono, "è arrivata in risposta ai continui attacchi nel Mar Rosso contro navi commerciali e mercantili, che minacciano il commercio globale e la vita di marittimi innocenti".

"Il nostro obiettivo - ha aggiunto il Pentagono nella nota congiunta - resta quello di allentare la tensione e riportare stabilità nel Mar Rosso, ma ribadiamo il nostro avvertimento ai vertici degli Houthi: non esiteremo, davanti a reiterate minacce, a difendere le vite e la libera circolazione del commercio in una delle rotte più importanti al mondo".

"I vostri attacchi renderanno il popolo yemenita soltanto più forte e determinato a contrastare, in quanto siete aggressori del nostro Paese". Lo ha dichiarato il leader della milizia Houthi, Mohamed Ali al-Houthi, in risposta ai bombardamenti effettuati da una coalizione guidata da Stati Uniti e Gran Bretagna e legato agli attacchi dei paramilitari yemeniti alle navi che transitano lungo il Mar Rosso. "Gli americani e i britannici - ha aggiunto in un post pubblicato su X - devono capire che noi siamo in grado di rispondere e che la nostra gente non conosce resa".

Gli attacchi contro gli Houthi condotti da Stati Uniti e Regno Unito "non resteranno impuniti". Lo ha dichiarato il portavoce militare degli Houthi, Yahya Saree, in un post su X, precisando che gli attacchi hanno colpito le province di Sanaa, Hodeida, Taez e Al-Bayda.

 

Fonte varie agenzie / Agi

 

 

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI