Cabina di regia nuovo PNRR, focus sulla revisione del piano

La verifica dello stato di attuazione del Piano e delle proposte normative finalizzate alla sua revisione al centro della prima riunione della Cabina di Regia PNRR di questa mattina nella Sala Verde di Palazzo Chigi, presieduta dal Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, alla presenza del vice-presidente del Consiglio Matteo Salvini,  dei Ministri della Salute Orazio Schillaci  e dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, e dei rappresentanti degli altri ministeri, con la partecipazione attiva delle Organizzazioni sindacali presenti al tavolo, Cgil, Cisl, Ugl, Confsal, Cisal e Usb.

La Cabina di regia ha effettuato la verifica dello stato di attuazione del Piano e delle proposte normative finalizzate alla sua revisione, approvata dalla Commissione europea lo scorso 24 novembre, con l’introduzione di sette importanti riforme, il potenziamento di diverse misure e il nuovo capitolo REPower EU, che, insieme all’implementazione di diversi investimenti previsti nel Piano, risulterà strategico per la crescita economica del Paese e per raggiungere strutturalmente gli obiettivi di competitività, sicurezza energetica e sostenibilità ambientale.

Nel corso della riunione il Ministro Fitto ha condiviso le informazioni in merito al prossimo saldo della quarta rata e alle interlocuzioni in corso per la verifica del conseguimento dei cinquantadue obiettivi connessi alla quinta rata, propedeutica alla presentazione della richiesta di pagamento entro il 31 dicembre.

“Con la revisione del Piano – ha comunicato il Ministro Fitto alle Organizzazioni sindacali – è stato portato a compimento un lavoro specifico per la messa a terra di tutte le misure programmate, che ha portato alla ridefinizione di 145 obiettivi strategici e ad una puntuale rimodulazione delle milestone e dei target, dalla quinta alla decima rata. Con il nuovo PNRR, insieme alla nuova missione REPower EU e all’introduzione di sette importanti riforme, in costruttiva collaborazione con la Commissione europea, sono stati riprogrammati oltre 21 miliardi di euro, con oltre 12 miliardi per incentivare gli investimenti delle imprese, 5 miliardi per nuove infrastrutture e per il potenziamento delle reti, circa 1,4 miliardi per contrastare la povertà energetica e per l’efficientamento energetico dei grandi condomini, 618 milioni per l’implementazione di misure rivolte ai giovani e 750 milioni per rafforzare l’assistenza domiciliare integrata”.

“Il governo ha idea di mettere in campo un provvedimento legislativo per attuare tutto questo. Quindi ascoltiamo i vostri suggerimenti da inserire nel testo di legge per dare rapida attuazione agli obiettivi previsti. Con l’intento di implementare le norme a supporto della semplificazione. L’iter proseguirà fino all’adozione finale del nuovo Pnrr nel prossimo Consiglio”, ha concluso il Ministro.

Intanto il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato la posizione italiana sulla riforma del Patto di Stabilità nell'audizione di ieri alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. «La fissazione di un ritmo di riduzione minima del debito e di un obiettivo massimo di deficit - ha aggiunto - deve, per così dire, salvaguardare la prudente gestione del quadro di finanza pubblica nazionale, ma non dovrebbe trasformarsi in ulteriori stringenti regole che limitino in maniera eccessiva le politiche di bilancio dei Paesi europei».
«Il governo è disposto a ricercare una soluzione, ma la stessa non deve tradursi in un sistema eccessivamente complesso e potenzialmente contraddittorio» ha spiegato il Ministro dell'Economia.

Il messaggio è molto chiaro: l'Italia è favorevole a una riforma del Patto che contempli una riduzione del disavanzo e dell'indebitamento, ma non quella proposta dalla Germania. «La posizione negoziale che stiamo tenendo è di disponibilità all'introduzione di salvaguardie sul debito e sul deficit, ma solo a condizione che esse non siano troppo stringenti» in quanto «potrebbero riproporre, se non addirittura complicare, uno schema che ha mostrato limiti e che le stesse istituzioni europee hanno dichiarato di voler superare». Se non si va verso modifiche più soft, tornerà il vecchio Patto con buona pace di tutti i partner europei.

Insomma, chiedere di ridurre il debito/Pil dell'1% annuo per 7 anni e, contestualmente, riportare il deficit/Pil al 3% correggendolo dello 0,5% l'anno per poi abbassarlo all'1,5% non è fattibile. Il pressing tedesco per il ritorno all'austerity, portato avanti dal ministro delle Finanze, Christian Lindner, sta indispettendo non solo l'Italia, ma non pochi partner, inclusa la Francia che inizialmente si era avvicinata alle posizioni di Berlino e ora ha bisogno di spendere.

Ecco perché Giorgetti ha sottolineato che la «condizione imprescindibile» è un «sufficiente spazio agli investimenti per la transizione digitale ed ecologica» nella nuova governance economica e che, soprattutto, «il primo ciclo di applicazione delle nuove regole consenta a Paesi quali l'Italia, che hanno concordato ambiziosi Pnrr, di poter accedere all'estensione del periodo di aggiustamento a sette anni». Tutto questo, ha precisato, «senza l'imposizione di ulteriori condizionalità, ma solamente in base all'impegno dello Stato membro a continuare lo sforzo di riforma». 

L'Italia, ha proseguito il ministro dell'Economia, «intende ridurre il debito in maniera realistica, graduale e sostenibile nel tempo, in un assetto che protegga e incentivi gli investimenti». In un simile contesto «le regole fiscali e di bilancio non sono il fine ma il mezzo», ha concluso perché «l'Europa non può immaginare di essere competitiva senza investimenti». Insomma, non si può imputare al governo Meloni di voler perseguire politiche economiche allegre perché, ha sottolineato Giorgetti, «ridurre l'elevato debito pubblico e i disavanzi eccessivi è un obiettivo ed è nell'interesse generale del Paese». Meno debito, infatti, significa meno spesa per interessi e anche tassi più bassi per i Btp.

La traballante maggioranza che sostiene il cancelliere Olaf Scholz, dopo che la Corte costituzionale di Karlsrühe ha bocciato 770 miliardi di fondi speciali, deve far finta di essere rigorosa anche con gli altri Paesi europei per non perdere credibilità. Con un piccolo particolare: agli altri cittadini europei interessa poco ciò che accade in Germania.

 

Fonte Palazzo Chigi Comunicazione / il Giornale / varie agenzie

 

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