Cipro, Tajani: dalla Turchia provocazione inutile

I nodi principali non sono stati sciolti. E del resto nessuno se l'aspettava. Il passaggio del "Sultano" a Roma lunedì 5 febbraio è stata piuttosto l'occasione per Italia e Turchia per ribadire le proprie posizioni. E le distanze su temi cruciali come i diritti umani, l'Europa, la Siria, il terrorismo. Ma la visita di Erdogan per la verità ha lasciato dietro di sé anche polemiche politiche particolarmente accese in campagna elettorale e scontri di piazza, in una città blindata all'estremo.

Sullo sfondo la campagna elettorale, con il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha definito una vergogna il fatto che "l'Italia ospiti il rappresentante di un regime estremista sanguinario, di un Paese islamico nei fatti, dove la religione comanda sulla legge". Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana ha definito la visita "una pagina triste da evitare", mentre per Fabio Massimo Castaldo del M5S, è inaccettabile "stendere tappeti rossi a chi calpesta quotidianamente i diritti civili e politici dei propri concittadini".

"Ho parlato con il presidente cipriota e gli ho espresso la solidarietà della Ue. La Turchia viola le regole del diritto internazionale con una provocazione inutile". Lo afferma il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, riferendosi alla vicenda della Saipem 12000, la nave da perforazione noleggiata dall'Eni bloccata al largo di Cipro dalla marina militare turca.
"La Turchia è candidata a far parte della Ue ma progressivamente si allontana dalla Ue. E' un poco un controsenso. Assistiamo ad una violazione del diritto internazionale nella direzione di un allontanamento", ha concluso Tajani parlando a Radio Anch'io. 

Sabato un'unità militare turca ha bloccato la nave Saipem 12000 dell'Eni impegnata in attività di perforazione all'interno della Zona economica esclusiva (Zee) di Nicosia. Ieri la Farnesina ha comunicato di essere impegnata per risolvere diplomaticamente la vicenda. Ma Erdogan ci aveva già provato lo scorso luglio. Allora la fregata turca Tcg Gokceada era intervenuta per «monitorare» le attività di «West Capella», un vascello impiegato da Eni e Total per esplorare il blocco 11, all'interno di un settore della Zee chiuso alla navigazione marittima. Il nocciolo del problema sono i diritti di sfruttamento delle riserve di gas eventualmente scoperte dall'Eni.

A dar retta a Erdogan, presidente di una Turchia che dal 1974 occupa militarmente la zona nord di Cipro, qualsiasi nuovo giacimento scoperto nelle acque dell'isola va condiviso con il governo filo-turco al potere nel settore settentrionale dell'isola. In verità Erdogan punta a quel gas per mettere fine alla dipendenza energetica di Ankara. Proprio sfruttando la tenaglia energetica la Russia di Putin l'ha costretto a scendere a patti sulla Siria trasformandolo da nemico giurato a controparte addomesticata. All'esempio della Russia deve guardare l'Italia. 

Accettare la visita di Erdogan a Roma era d'obbligo per non mettere a rischio le attività di 1300 aziende italiane presenti in Turchia ed esportazioni per oltre dieci miliardi di dollari. Chinare la testa davanti alle sue minacce militari sarebbe un suicidio. Erdogan commisura forza e protervia alla risolutezza dei propri avversari. Se non manderemo la nostra Marina a difendere i diritti di ricerca dell'Eni non metteremo a rischio solo i nostri interessi nel Mediterraneo, ma anche la sicurezza dei nostri concittadini in Turchia trasformandoli in potenziali ostaggi del Sultano. E nel caso la nostra determinazione non basti invochiamo quella Nato. Dentro quell'alleanza i partner affidabili siamo noi, non certo i turchi.

Restano i rapporti bilaterali. La Turchia è un Paese importante sul piano dei rapporti economici, come dimostra la cena con gli imprenditori che ha chiuso la giornata romana di Erdogan, e rimane l'interesse dell'Italia a mantenere un dialogo. Non a caso uno dei temi affrontati con Gentiloni è stato proprio quello dei rapporti economici. E anche Ankara ha tutto l'interesse a continuare ad avere canali aperti verso l'Europa. Uno dei pochi temi non divisivi è stato al centro dell'incontro con Francesco. Un colloquio di quasi un'ora in Vaticano, che ha avuto al centro lo status di Gerusalemme, dopo la fuga in avanti in solitaria di Trump. E poi gli altri temi, dalla situazione nel Paese, all'accoglienza dei profughi, alla Siria. Ma il messaggio più eloquente, alla fine di un colloquio definito "estremamente amichevole" dall'entourage di Erdogan, è stato il regalo del Papa: un medaglione che rappresenta l'angelo della pace che strangola il demone della guerra.

Il presidente turco quando e stato a Roma ha incontrato il Papa, il capo dello stato Sergio Mattarella (in un faccia a faccia di oltre mezz'ora) e il premier Paolo Gentiloni, mentre da Bruxelles arrivava un chiaro messaggio di chiusura nei confronti Ankara. E l'Olanda annunciava il ritiro dell'ambasciatore in Turchia. Il sultano del resto, a quanto si è appreso, in tutti i suoi colloqui non ha arretrato di un millimetro sulla situazione interna del suo Paese e sull'intervento nel nord della Siria contro i curdi, che restano per Erdogan senza mezzi termini 'terroristi'. Ma lo stesso hanno fatto i suoi interlocutori. Con Mattarella il lungo colloquio "franco e rispettoso" ha rivelato nel linguaggio diplomatico la freddezza nelle diverse posizioni.

In linea con l'Europa la posizione italiana, ribadita anche da Gentiloni in un lungo faccia a faccia. Il capo dello Stato e il premier, in piena sintonia, secondo quanto si è appreso, hanno affrontato in modo 'franco' temi chiave come le relazioni tra Ue e Turchia, la questione siriana, il tema migratorio e la situazione in Libia, la lotta al terrorismo e la situazione dei diritti civili, anche in relazione - spiegano fonti di governo - al lavoro dei giornalisti e alle attività delle Ong. Senza nascondere le profonde divergenze tra i due Paesi. E non è certo un caso che si sia evitato qualsiasi contatto con la stampa. L'unico, flebile, segnale giunto da Erdogan è stato il rilascio, proprio nel giorno della sua visita, dei medici che arrestati nei giorni immediatamente precedenti nell'indignazione della comunità internazionale. Indubbiamente troppo poco e forse, chissà, solo una coincidenza.

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