La Dottrina sociale della Chiesa, Una verifica a dieci anni dal Compendio (2004-2014)

Copertina dell'Intervista

Dieci anni or sono, nel 2004, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace pubblicava il Compendio di Dottrina Sociale che per la prima volta nella storia della Chiesa presentava organicamente – in un solo documento – tutti i pronunciamenti del Magistero pontificio sull'ordinamento della società, il bene comune, la giustizia, lo sviluppo, la pace e gli altri vari temi che costituiscono appunto il campo proprio di studio della Dottrina sociale. Ora, a distanza di due lustri e tre pontificati (il volume uscì sotto Papa Giovanni Paolo II), il professore Stefano Fontana – direttore dell'Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân – coglie l'occasione per fare il punto attuale sullo stato di salute della Dottrina sociale della Chiesa intervistando ampiamente sul tema monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste nonché prima segretario (1994-2001) e poi sottosegretario (2001-2009) del dicastero vaticano che ha redatto e diffuso a livello internazionale il Compendio in un interessante volumetto in uscita per le edizioni Cantagalli (cfr. G.CREPALDI con S. FONTANA, La Dottrina sociale della Chiesa. Una verifica a dieci anni dal Compendio (2004-2014), Cantagalli, Siena 2014, Pp. 102, Euro 9,00). In esordio, Fontana spiega le ragioni della pubblicazione proprio facendo riferimento alla stagione di indubbia difficoltà che attraversa da qualche tempo la Dottrina sociale: “prima contestata, poi rilanciata, quindi un po' annebbiata. Certamente in crisi di identità. Non in sé, ma nella comprensione comune, nella mobilitazione per essa, nella sua praticabilità concreta in una società che di dottrine, qualsiasi esse siano, non vuol sentire più parlare, e che pure è molto dottrinaria, nel senso che indottrina come non mai. Senza dottrina non rimane che l'indottrinamento” (pagg. 8-9), come si argomenta nei successivi cinque capitoli in cui vengono toccati un po' tutti i nodi scoperti del rapporto Chiesa-mondo degli ultimi anni, a partire dalla ricezione del Concilio Vaticano II (1962-1965) che - dopo un periodo di attese e contestazioni - verrà realizzata a partire soprattutto da San Giovanni Paolo II che riporterà al centro della riflessione ecclesiale la Dottrina sociale sia scrivendo tre ampie encicliche specifiche (Laborem Exercens, 1981; Sollicitudo Rei Socialis, 1987; Centesimus Annus, 1991) sia facendo inserire appositamente la disciplina nel nuovo Catechismo universale della Chiesa (promulgato nel 1992) che apparirà così come il frutto compiuto dei lavori conciliari dal punto di vista del riordinamento sistematico della dottrina. Tuttavia, a ben vedere, il Papa fece anche di più: lo stesso viaggio a Puebla, in Messico, nel 1979 per la terza conferenza generale dell'episcopato latino-americano (CELAM) fu un segnale eloquente di cambio di direzione in un periodo in cui le correnti eterodosse della cosiddetta 'teologia della liberazione' avevano ancora un largo seguito nel continente sicché poco più tardi fu ancora Wojtyla ad ordinare alla Congregazione per la Dottrina della Fede due istruzioni apposite che avrebbero ribadito con chiarezza la parola del Magistero in proposito (la Libertatis Nuntius (1984) e la Libertatis conscientia (1986)). Insomma, per il rilancio della Dottrina sociale della Chiesa il lungo pontificato (quasi ventotto anni, dal 1978 al 2005) di Giovanni Paolo II, con l'accentuazione ripetuta dell'urgenza della nuova evangelizzazione del sociale in tutti i campi in un Occidente sempre più indifferente rispetto alle proprie radici spirituali e religiose, è stato indubbiamente fondamentale.

Se le cose poi non sempre sono andate come auspicato, i motivi profondi - oltre che in una società esterna spesso ideologicamente avversa, o ostile - vanno ricercati anche in quei cattivi maestri che dall'interno del corpo ecclesiale hanno diffuso non poche idee sbagliate, fuorvianti e comunque di dubbia fondatezza teologica, come Karl Rahner (1904-1984) e il suo discepolo Johann Baptist Metz, il padre della cosiddetta 'teologia politica' che – a dispetto del nome – di fatto nei suoi scritti opererà per un sostanziale ridimensionamento dell'azione pubblica della Chiesa, criticandone autorità e istituzioni, e contribuendo quindi in ultima analisi a una progressiva emarginazione del primato di Dio nella costruzione della vita sociale e politica, accellerando il radicale processo di secolarizzazione già in atto (come sostenne soprattutto nella sua opera Antropocentrismo cristiano). Qui Fontana e Crepaldi toccano un punto fondamentale anche per l'oggi sottolineando come quando “non viene diffusa la Dottrina sociale della Chiesa in modo adeguato, rimangono aperti spazi per il male. Non si può pensare che la storia non sia più teatro di una lotta tra il bene e il male. Benedetto XVI ha più volte affermato che se non si costruisce un mondo su Dio si costruisce non un mondo neutro ma un mondo senza Dio. La neutralità non è possibile” (pag. 44) come si evince anche dal dibattito sulle dirompenti questioni bioetiche e antropologiche dove “la secolarizzazione ha secolarizzato anche l'identità maschile e femminile, la procreazione, la maternità e la paternità. Viene in mente Nietzsche secondo cui finché ci sarà la grammatica Dio non sarà veramente morto. La secolarizzazione ha secolarizzato ogni grammatica e in questo vuoto l'uomo deve fare scelte che i nostri predecessori, ben più addestrati sui princìpi, non si sognavano nemmeno” (pagg. 74-75). Dopo Benedetto XVI, poi, è stata la volta di Francesco che – dato non molto sottolineato dagli osservatori – pure ha ripreso convintamente in mano il corpus della Dottrina sociale sia nell'enciclica Lumen Fidei che nell'esortazione apostolica Evangelii Gaudium e chiama ora a una rinnovata missione pubblica tutta la Chiesa (la famosa 'Chiesa in uscita' verso 'le periferie esistenziali'), soprattutto nei Paesi di più antica tradizione cristiana che oggi - sempre più aggrediti dal diffuso clima relativistico dominante - rischiano di perdere definitivamente la fede: sarà in ultima analisi dall'esito di questo confronto serrato in campo aperto sulla pubblica piazza, dalla scuola alla bioetica alla politica, che si deciderà il volto concreto dell'Europa - religiosa o irreligiosa - del prossimo futuro.

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