Festival internazionale di poesia

L’Associazione FreeZone collabora da anni con il Festival Internazionale di Poesia di Genova, curando la sezione Poevisioni, dedicata al cinema documentaristico, diretta dallo scrittore e documentarista Maurizio Fantoni Minnella.

In occasione dei suoi 20 anni (1995-2015) e della sua 21a edizione, il Festival Internazionale di Poesia "Parole spalancate" ha pensato di estendere la propria attività culturale al di fuori di Genova con una programmazione prestigiosa importante e che possa continuare e crescere negli anni, coinvolgendo altre località italiane.

Oltre ad un’altra città della Liguria, Savona, la scelta di nuove location si è indirizzata verso la Lombardia, in particolare verso Luino, città di bellezza paesaggistica.

La sezione luinese di Poevisioni-Festival Internazionale di Poesia di Genova si terrà il 27 giugno. Il programma si articola in due parti:

Ore 18.00-Cortile Casa Rossi

Incontro con la poesia georgiana. La traduttrice Nunu Geladze presenta Vite tralci. Antologia della poesia georgiana contemporanea. Sarà presente l’editore Giuliano Ladolfi.

Ore 21.30 – Cortile Casa Rossi

Proiezione del documentario Il cuore di mia madre. Taccuino siciliano di Maurizio Fantoni Minnella, Italia, 2015, 45’

La giornata di Poevisioni a Luino si inserisce quindi nell’ampio programma di Poevisioni che si tiene a Genova nel mese di giugno.

A Luino FreeZone si avvale della collaborazione dell’Aisu, del comune di Luino e del patrocinio della Provincia di Varese.

Maurizio Fantoni Minnella (Varese, 1959) è scrittore, viaggiatore, pubblicista, saggista cinematografico, documentarista e studioso di letteratura in lingua spagnola. Ha pubblicato cinque opere di prosa, numerosissimi saggi di critica cinematografica, e ha curato traduzioni di testi di poesia latinoamericana e realizzato oltre 25 documentari girati in molte parti del mondo.

Ha presentato i suoi libri e alcune rassegne di cinema italiano negli Istituti Italiani di Cultura di Marsiglia, Lione, Lisbona, Helsinki, Salonicco, Caracas, Città del Guatemala, Rio de Janeiro, Haifa, Seoul; Algeri, Malta, New York e Londra.

 

C’è una Sicilia dell’antimafia e dei morti ammazzati e una Sicilia della memoria come luogo dove ritornare. Ci sono le strade di Palermo, la sua luce che non si può descrivere ma soltanto guardare, ma anche le ampie e solitarie distese della Sicilia profonda, terra verso cui l’autore di questo film si volge nel tentativo di ritrovare la propria radice materna.

Ad accompagnarlo c’è un amico siciliano, volontario di Libera, che vive  in una sorta di avamposto solitario immerso nella campagna, fra ulivi, vigneti e cardi, creato dall’associazione in una terra sequestrata alla mafia.  Le riflessione del collaboratore di Libera sul suo lavoro di volontariato presso l’associazione sono uno stimolo per l’autore per approfondire un nuovo aspetto della realtà siciliana.

Egli guida un vecchio pulmino Wolkswagen e con l’autore, giunge nella città di Mussomeli, famosa per il magnifico castello chiaramonteo e per bellezza del paesaggio in cui è possibile ammirare la rocca di Sutera.

I ricordi affiorano di fronte alla vecchia casa degli avi in via Minnella e nella strada vicina dedicata a Paolo Emiliani Giudici, illustre letterato.

Il film, modellato sull’evolversi del viaggio attraverso la Sicilia interna, passando attraverso Palermo, i luoghi delle esplosioni mafiose degli anni  novanta, le attività di un’associazione come Addiopizzo,  e Cinisi, in quella che fu la casa di Peppino Impastato, possiede un andamento quasi rapsodico, essenziale nel mostrare personaggi e luoghi, appunto, ma anche memorie cinematografiche (Wenders, Rosi, Giordana) che bene esprimono l’anima della Sicilia, sorprendentemente vitale nonostante le ingiustizie e gli orrori subiti per mano della mafia e della malapolitica.

L’autore nel percorrere gli stessi luoghi dei film, è come se ne rivelasse la natura mitica, luoghi che la storia e il cinema, la vita e la morte, sempre intrecciate in un abbraccio solenne e fatale, hanno consegnato ad una sorta di mitologia quotidiana.

Nell’epilogo, ritorna la figura materna e il suo paese natale, come presenza nella quale passato e presente convivono in un segreto equilibrio.

 

Nunu Geladze ha racchiuso nella pubblicazione in lingua italiana Vite e tralci. Antologia di poeti georgiani contemporanei (Giuliano Ladolfi editore, 2014) la storia e la civiltà del popolo georgiano negli ultimi cento anni.

Qualcuno potrebbe sollevare obiezioni sull’affermazione, eppure non temo di argomentarla. Noi conosciamo la grande cultura medioevale non attraverso le cronache o i documenti notarili, ma attraverso la Divina Commedia di Dante, la quale, per usare l’espressione di un filosofo italiano Luigi Pareyson, non ha “descritto” il periodo in cui il poeta ha vissuto, ma lo ha “rivelato”, ci ha cioè  tramandato la Weltanschaung o visione del mondo, con cui gli uomini del suo tempo hanno abitato la terra. Nei suoi versi non troviamo soltanto personaggi o vicende terrene e ultraterrene, ma lo spirito religioso di cui era impregnata la cultura del tempo, improntata alle parole di San Paolo: «Videmus nunc per speculum et in aenigmate, tunc autem facie ad faciem» (ora noi vediamo la realtà non come essa è, ma soltanto riflessa in uno specchio e proposta a noi sotto forma di enigmi; quando saremo nell’aldilà la vedremo direttamente, senza mediazioni).

Ecco l’intento della traduttrice e curatrice: offrire ai lettori della nostra lingua non soltanto una galleria di poeti, ma entrare attraverso di loro nello “spirito” di un popolo che dall’occupazione dello straniero ha raggiunto la libertà e sta cercando di iniziare con dignità un proprio percorso insieme agli altri popoli della terra e recando all’intero pianeta il contributo della propria originalità.

L’intento di Nunu Geladze assume enorme importanza anche per la nazione cui è indirizzata, per il fatto che negli ultimi cinquant’anni la poesia da noi ha perso importanza. Per la maggior parte dei diplomati e dei laureati la scrittura in versi  è sinonimo di scuola, per chi scrive è proiezione dei propri sentimenti, come gesto liberatorio di pulsioni interiori, spesso èsolo finalizzata alla ricerca di consensi. Non si legge più poesia contemporanea e questo costituisce una chiara indicazione del nostro abbassamento del livello culturale. L’invito della curatrice dell’antologia georgiana si colloca, pertanto, alla radice dell’essenza della natura umana, là dove la poesia assume una collocazione quasi di sacralità. Cicerone diceva che i poeti sono un dono degli dèi e, anche se noi non giungiamo a tale conclusione, non possiamo non condividere che il sacro della poesia va rintracciato dentro di noi, in quel luogo della coscienza, dove maturano le scelte di vita, le ragioni d’essere di un intero popolo. Non a caso Percy Bessy Shelley sosteneva che i poeti sono i non riconosciuti legislatori del mondo.

E sulla linea di questa impostazione la Geladze ha operato la scelta di poeti e di brani attraverso la ricerca di quattro diverse generazioni, accomunate da una serie di temi che costituiscono l’essenza del popolo georgiano in quest’ultimo lasso di tempo: la Patria, come si può vedere nelle composizioni Regina Ketevan di Ana Kalandadze, Una veduta di Gori. Agosto, 2008 di Lela Samniashvili; la religiosità, la devozione alle tradizioni di un popolo privo di ogni forma di  razzismo e di pregiudizi, aperto a ogni cultura e tradizione (Michelangelo di Lia Sturua, Lettera di Michelangelo ad un amico di Tamaz Badzaghua, Da questa  brocca bevono di Ana Kalandadze, Dalla missiva di Natela Baliauri della stessa Ana Kalandadze, Il canto della sposa cecena, Caroline. Mamma Africa di Lela Samniashvili, l’amore per la tradizione, il senso dell’accoglienza e dell’ospitalità, la convivialità amichevole, il sentimento dell’onore e della dignità.

Il fatto che all’antologia abbiano aderito voci femminili e due candidati al premio Nobel è segno di un lavoro attento e perspicace di chi all’amore per la traduzione poetica sta dedicando tempo e fatica.

Non dimentichiamo, infine, che la dotta prefazione di Ivane Amirkhanashvili costituisce una vera e propria storia della poesia georgiana dalle origini ai giorni nostri, utile al lettore italiano sia per collocare nella corretta tradizione i poeti compresi nella pubblicazione, ma utile soprattutto per diffondere la conoscenza di una letteratura che, purtroppo, è quasi totalmente ignorata nella nostra penisola e che, invece, potrebbe essere di stimolo e insegnamento per le nuove generazioni.

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