Il batterista salentino Dario Congedo presenta, per i tipi della Workin Label, l'album Don't Quit che è poi anche il titolo del pezzo d'apertura delle otto tracce del cd.
Denominazione già indicativa del tipo di jazz sviscerato, da collocare in un quadro europeo con uno sguardo verso l'avanguardia (con dichiarata simpatia del leader verso il metal tipo gli svedesi Meshuggah). Trattasi di un prodotto da lui ideato e realizzato unitamente al pianista Dorian Dumont ed al bassista Federico Pecoraro contenente musica che "non molla" la presa dell'ascolto, non lascia monchi del sentire persino nelle pause perché si avvertono virtuali i bit percussivi, nè poi i frequenti "diminuendo" equivalgono a cali di tensione armonica o son propedeutici a (im)prevedibili "crescendo". Son semplicemente scelte espressive, sprone a ricercare in se stessi le giuste modalità di manifestare dell'interpretazione musicale. Il gioco di atmosfere, la tavolozza di colori, il caleidoscopio di variazioni ritmiche sono le caratteristiche salienti di un gruppo dal climax variabile ma controllato e vigile anche nell'entusiasmo del vortice improvvisativo. Eppoi c'è una buona simbiosi nell'interplay! Non a caso all'interno della cover è citato Plotino, il filosofo neoplatonico secondo cui l'Uno è principio del Tutto. Il disco si inanella ai precedenti Nathan del 2009 e Calligrafie del 2013 seppure col distinguo della formazione triadica ora adottata.
Nuove leve del jazz avanzano anche fra i chitarristi.
È il caso di Renato Podestà che per Irma Records licenzia il compact Foolish Little Dreams con Gianluca Di Ienno all'hammond e Roberto Lupo alla batteria.
Vi si propongono una serie di standards di Bill Evans (Five) Strayhorn (Blood Count) Gershwin (Fascinating Rhythm) Nelson (Butch and Butch) MchHugh-Fields (Exactly Like You) in cui fa la sua pregevole ospitata Sandro Gibellini, oltre a un paio di brani originali incisi con piglio classico jazz di tutto rispetto.
Il dialogo sei corde-organo è dinamico, ci fa ricordare come modello la premiata coppia Jimmy Smith/Wes Montgomery per calore "sweet" e verve profusa nell'esecuzione specie negli swing. La chitarra di Podestà, pur nel rispetto della tradizione, ha capacità di dire la propria, di innovare lavorando sulle frasi di un linguaggio che viene dipanato sui chiaroscuri timbrici di uno strumento su cui le mani sgusciano sicure.