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Lunedì, 07 Luglio 2025

Il Responsabile dei Cappellani del lavoro spiega l’enciclica “Rerum novarum” di Leone XIII

Il nuovo Papa Leone XIV ha detto espressamente di aver scelto il nome di Leone richiamandosi all’enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII e, al termine della celebrazione della Santa Messa mensile rivolta ai dipendenti della Regione Liguria, il Responsabile dei Cappellani del Lavoro, Don Gian Piero Carzino, ha spiegato tale documento informando che: “Questa enciclica del 1891 è considerata la prima che ha dato inizio alla dottrina sociale della Chiesa. L’introduzione, al punto 2, rileva che “Comunque sia, è chiaro, ed in ciò si accordano tutti, come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell'uomo. Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male un'usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa., continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all'infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile”. Il motivo dell’enciclica è la questione operaia, siamo di fronte a un mondo che sta cambiando, ci sono le industrie che nascono in Inghilterra e poi si espandono nel resto d’Europa e una grande massa di persone vengono fatte lavorare nelle grandi fabbriche in condizioni disumane. Papa Leone XIII scrive questo documento perché è preoccupato della soluzione che viene proposta dal socialismo per risolvere il problema creato dalla rivoluzione industriale, ossia togliere la proprietà privata e fare in modo che ci sia solamente la condivisione di tutti i beni immobili e mobili uguale per tutti. Nella parte prima - Il socialismo, falso rimedio – La soluzione socialista inaccettabile dagli operai – al punto 3 viene indicato che “A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveri l'odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello stato. Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva, e con l'eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato”. Questo documento è così interessante perché l’impianto è evidentemente tutto teso a dimostrare come la proprietà privata sia un diritto naturale che nasce dal fatto stesso che una persona, lavorando, crea un materiale e delle cose per cui ha diritto di tenersi ciò che ha prodotto come il suo campo e la sua casa: quindi esiste un diritto naturale della proprietà privata. Al punto 7 si dice che “L'aver poi Iddio dato la terra a uso e godimento di tutto il genere umano, non si oppone per nulla al diritto della privata proprietà; poiché quel dono egli lo fece a tutti, non perché ognuno ne avesse un comune e promiscuo dominio, bensì in quanto non assegnò nessuna parte del suolo determinatamente ad alcuno, lasciando ciò all'industria degli uomini e al diritto speciale dei popoli. La terra, per altro, sebbene divisa tra i privati, resta nondimeno a servizio e beneficio di tutti”. Qui c’è il concetto che Dio ha dato la terra a tutti, non a qualcuno sì e a qualcuno no. Nella parte seconda – L'opera dello Stato - Casi particolari d'intervento: difesa del lavoro alla nota 3, la questione del salario, nel punto 34 si desume che “Tocchiamo ora un punto di grande importanza, e che va inteso bene per non cadere in uno dei due estremi opposti. La quantità del salario, si dice, la determina il libero consenso delle parti: sicché  il padrone, pagata la mercede, ha fatto la sua parte, né sembra sia debitore di altro. Si commette ingiustizia solo quando o il padrone non paga l'intera mercede o l'operaio non presta tutta l'opera pattuita; e solo a tutela di questi diritti, e non per altre ragioni, è lecito l'intervento dello Stato. A questo ragionamento, un giusto estimatore delle cose non può consentire né facilmente né in tutto”. La questione del salario è un argomento di grande importanza in quanto il testo sostiene che la libera contrattazione non va bene perché, come rileva sempre il punto 34 “L'operaio e il padrone allora formino pure di comune consenso il patto e nominatamente la quantità della mercede; vi entra però sempre un elemento di giustizia naturale, anteriore e superiore alla libera volontà dei contraenti, ed è che il quantitativo della mercede non deve essere inferiore al sostentamento dell'operaio”. Al punto 35 si afferma che “Quando l'operaio riceve un salario sufficiente a mantenere sé stesso e la sua famiglia”. C’è tutta una parte in cui si dimostra che il diritto all’associazione è naturale, cioè gli uomini hanno il diritto di associarsi. Il numero 38 dice che “Ora, sebbene queste private associazioni esistano dentro la Stato e ne siano come tante parti, tuttavia in generale, e assolutamente parlando, non può lo Stato proibirne la formazione. Poiché il diritto di unirsi in società l'uomo l'ha da natura, e i diritti naturali lo Stato deve tutelarli, non distruggerli. Vietando tali associazioni, egli contraddirebbe sé stesso”. Perciò l’associazione è un diritto naturale che lo Stato non può conculcare. Il paragrafo 6 afferma che “Le questioni operaie risolte dalle loro associazioni”, ossia le libere associazioni fra i lavoratori hanno il diritto di esserci, altrimenti non possono avere abbastanza forza da discutere di salari con gli imprenditori. La dottrina sociale della Chiesa nasce proprio in questo modo, inizialmente tramite interventi volti a risolvere alcune questioni legate ai problemi lavorativi della classe operaia per poi estendersi ai diritti fondamentali e inalienabili della persona.

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