Quando c’è la bravura, la voglia di coinvolgere, di trasmettere la propria passione per la musica, ci sono tutti gli ingredienti per una esibizione ben riuscita. Se poi il concerto può contare su una cornice naturalmente rilassante come l’oasi in cui sorge “La Spiaggetta” Sampieri allora si rischia davvero di raggiungere l’apoteosi. E’ quanto hanno dimostrato di saper fare lo scorso sabato sera, dando fondo a tutta la propria maestria e alla capacità espressiva in musica, i Talèh che, nell’ambito della rassegna “Rarike”, alla ricerca delle radici delle più recondite sonorità, sono stati in grado di esprimere il senso della dimensione popolare siciliana che nasce dalla ricerca dei canti di una volta, senza dimenticare le nenie e le ninna nanna. Un lavoro certosino che i Talèh, in una delle ultime fatiche discografiche, hanno definito un’operazione di alta sartoria e non a caso il loro ultimo disco si chiama “Ratapuntu” che in siciliano è la rifinitura che si fa a macchina a completamento della cucitura. Una metafora della trama artistica dell’album, che proprio come la accurata e delicata confezione di un “capo” sartoriale, accoglie l’esperienza di questo esplosivo ensemble ragusano, che da oltre un decennio canta e regala a chi ascolta la tradizione popolare della propria terra. La colorata alchimia di voci, di immagini, di storia e di echi sonori di un passato lontano è ciò che rende questa formazione riconoscibile e accattivante. La stessa riconoscibilità che ieri ha rappresentato una speciale cifra stilistica, quasi una marcia in più per un concerto che ha conquistato il pubblico presente e che ha reso ancora più distinta la sensazione di potere puntare alla riconquista delle radici di una volta. Turi Dipasquale, Andrea Chessari, Peppe Sarta, Vincent Migliorisi, Matteo Trovato, Gianni Guastella hanno reso davvero speciale una fresca serata di fine estate. Spiegando anche la scelta del nome “Talèh” che hanno detto essere stata ispirata a due distinte correnti di senso: da un lato, in dialetto, l’espressione “talè” vuol dire “guarda!” e sta, letteralmente, a indicare la volontà di attirare l’attenzione su qualcosa o qualcuno; dall’altro, nella musica del Trecento, “tàlea” era la ripetizione di una struttura ritmica, cioè la prima, rudimentale forma della moderna isoritmia, la base della musica popolare. Nella mitologia greca, Talia era anche la musa protettrice della commedia, e questo ci dice qualcosa di alcune (non di tutte) delle tematiche predilette dei Talèh. Un gruppo che è andato alla ricerca di un sound che caratterizzasse la propria identità. Un gruppo che è riuscito appieno nel proprio scopo: quello di fare divertire gli spettatori che, anche ieri sera, a “La Spiaggetta” Sampieri, sono rimasti deliziosamente estasiasti dalle trovate stilistiche della sonorità che lo stesso ha saputo garantire dall’inizio sino alla fine. Come a dire: “Talèh che musica”.