Nel 1808 Roma viene occupata dall’esercito francese. Dopo un anno la città è annessa e dichiarata, dopo Parigi, seconda città dell’Impero napoleonico. Al figlio dell’imperatore è dato il titolo di Re di Roma. Il papa è fatto prigioniero ed esiliato. Il Quirinale viene trasformato per accogliere Napoleone. Per cinque anni Roma rimane in attesa di un Imperatore che non arriverà mai.
La mostra Aspettando l’Imperatore. Monumenti Archeologia e Urbanistica nella Roma di Napoleone 1809-1814, dal 19 dicembre 2019 al 31 maggio 2020 al Museo Napoleonico, vuole ricostruire il volto, rimasto in buona parte solo a livello progettuale, della Roma napoleonica attraverso 50 opere – alcune poco conosciute, altre del tutto inedite, con significativi recuperi – provenienti dalle collezioni del Museo Napoleonico e del Museo di Roma a Palazzo Braschi.
L’esposizione, a cura di Marco Pupillo, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Organizzazione di Zètema Progetto Cultura.
Nel percorso espositivo che si articola in quattro sezioni: 1) La Roma di Napoleone; 2) Celebrazioni romane per la nascita del Re di Roma; 3) Scavi archeologici; 4) Il volto della città, sono esposti i progetti monumentali che, nel segno del recupero dell’antico, avrebbero dovuto caratterizzare la nuova Roma imperiale (statue, archi di trionfo, ponti, cimiteri extra-urbani e scavi archeologici). Accanto a questi, i progetti di rinnovamento urbanistico di ampie zone della città (passeggiate del Pincio, del Campidoglio e dell’area Flaminia – la “Villa Napoleone” –sistemazione degli argini del Tevere), che videro coinvolti architetti romani come Camporese, Valadier e Stern, e francesi come Berthault e Gisors.
Questi fogli di grande formato e di forte impatto visivo, realizzati con grande cura dei particolari e sinora mai esposti in mostra, testimoniano una breve stagione di grande effervescenza creativa, da ricondurre ai propositi francesi di modernizzare e laicizzare la città, valorizzando al tempo stesso la sua eredità millenaria di storia e arte, monumentale e simbolica.
In seguito all’inasprimento crescente dei rapporti tra il papato e l’imperatore Napoleone, il 2 febbraio 1808 l’esercito francese entra a Roma sotto il comando del generale Miollis. È la seconda occupazione in dieci anni, dopo quella del febbraio 1798 che aveva portato alla breve esperienza della Repubblica Romana. Sedici mesi più tardi, il 16 maggio 1809, all’apice del suo successo politico-militare Napoleone emana da Vienna, capitale conquistata dell’impero Asburgico, un decreto imperiale con cui annette gli Stati Romani all’Impero francese. Roma “è dichiarata città imperiale e libera”. Papa Pio VII Chiaramonti è arrestato nel Palazzo del Quirinale nella notte tra 5 e 6 luglio e viene trasferito prima a Grenoble e poi a Savona. Il 17 febbraio 1810 un senatoconsulto delibera che Roma sia “la seconda città dell’Impero” e che goda di “privilegi, ed esenzioni particolari” determinati dallo stesso Napoleone.
Il governo provvisorio è affidato a una Consulta straordinaria “incaricata di prendere possesso degli Stati del papa in nostro nome, e di fare le operazioni preparatorie per l’amministrazione del paese”. Attraverso un’intensa attività legislativa condotta fino al suo scioglimento, avvenuto il 31 dicembre 1810, la Consulta per gli Stati Romani predispone nuove istituzioni politiche, amministrative, giuridiche e militari.
Il Quirinale è rinnovato per ospitare la venuta di Napoleone, attesa nel 1812. I concitati eventi militari della guerra europea non gli permetteranno mai di raggiungere la città.
Nel gennaio 1814 un colpo di stato militare pone fine al governo francese. Entrano a Roma le truppe napoletane di Murat, il cognato di Napoleone passato al campo avverso. Il 24 maggio Pio VII rientra trionfalmente in città ristabilendo l’autorità pontificia sull’Urbe.
Il senatoconsulto del 17 febbraio 1810 decreta che il principe imperiale, e cioè il figlio dell’Imperatore, “porta il titolo, e riceve gli onori di Re di Roma”. Tredici mesi più tardi, il 20 marzo 1811, nasce a Parigi Napoléon-François-Joseph-Charles Bonaparte, l’atteso figlio di Napoleone e della sua seconda moglie Maria Luisa d’Austria. La notizia arriva a Roma dopo quattro giorni. Il mattino del 25 l’evento è festeggiato con 101 colpi di cannone da Castel Sant’Angelo e con le campane delle chiese di Roma a festa. Quella sera il Campidoglio e altri importanti edifici romani sono illuminati a giorno con fiaccole e laternoni. Al Teatro Valle si offre ai romani uno spettacolo gratuito. Il governo francese immediatamente promuove numerose cerimonie ufficiali e festeggiamenti popolari che coinvolgano l’intera cittadinanza. Tributi letterari e figurati si susseguono lungo la primavera di quell’anno.
Bartolomeo Pinelli è uno degli artisti maggiormente attivi in quei mesi nella creazione di allegorie figurate. Suo è il disegno per la medaglia che la Municipalità di Roma commissiona a Tommaso Mercandetti per celebrare l’avvenimento. Sua è anche la composizione che decora il Sonetto in onore del Re di Roma composto da Bartolomeo Sivoli. Anonimo è invece l’artista che da Napoli manda un disegno preparatorio all’incisore romano Giuseppe Girometti perché ne ricavi un cammeo. Due progetti documentano la decorazione del Campidoglio curata dagli architetti Giuseppe Valadier e Giuseppe Camporese in occasione di una fastosa cerimonia a inviti del 23 giugno 1811.
Così come il padre, anche il Re di Roma non riuscirà mai a venire nell’Urbe.
Con il decreto del 17 febbraio 1809 Napoleone stabilisce che i “monumenti della grandezza di Roma saranno custoditi e mantenuti a spese del nostro tesoro”. A giugno viene creata una Commissione per la tutela delle antichità, guidata dall’anno successivo dal prefetto de Tournon. Il Decreto imperale del 27 luglio 1811 istituisce un finanziamento annuale di un milione di franchi “sotto il titolo di fondo speciale per gli abbellimenti di Roma”, destinato tra le altre cose agli scavi archeologici e alla cura di monumenti rappresentativi come il Pantheon. I restauri sono in gran parte affidati all’Accademia di San Luca guidata da Antonio Canova.
La serie di quattro incisioni di Bartolomeo Pinelli documenta l’importante intervento di scavo e ripristino al Foro Romano dei resti del tempio all’epoca ritenuto di Giove Tonante ma in realtà di Vespasiano. Sotterrate per due terzi dell’altezza, le tre colonne sono liberate e rimesse in asse nel 1811 grazie a un imponente macchinario progettato dall’architetto Giuseppe Camporese.
Anche il Colosseo è oggetto di una estesa campagna di restauro. Gli scavi all’interno dell’arena (1811-1813) riportano alla luce le sottostrutture, come si vede nell’incisione di Angelo Uggeri. La disputa erudita tra il Commissario alle antichità Carlo Fea, l’architetto Pietro Bianchi e l’archeologo Lorenzo Re sulla datazione degli ambienti sotterranei è raffigurata in una stampa satirica attribuibile allo stesso Pinelli.
Scavi e demolizioni di case ed edifici religiosi isolano e valorizzano la Colonna Traiana e permettono di rinvenire i resti della basilica Ulpia. Un’incisione di Uggeri raffigura in primo piano i salariati romani impiegati nell’opera, non solo uomini ma anche donne e bambini. Le altre due sue composizioni mostrano l’aspetto dell’area dopo la caduta di Napoleone, quando si completano i lavori con il cosiddetto “recinto di Pio VII”.
L’amministrazione francese predispone ingenti finanziamenti per la trasformazione della città. Si vuole modernizzare l’assetto urbano e rendere Roma una capitale europea. Accanto alla valorizzazione dei monumenti classici, da sottrarre all’incuria e al degrado, è prevista la realizzazione di ampie passeggiate pubbliche che integrino nel verde edifici antichi e moderni. I progetti sono inizialmente affidati ai maggiori architetti romani: Giuseppe Valadier, Giuseppe Camporese, Raffaele Stern e altri. Nel febbraio 1813 il Governo di Parigi invia a Roma Louis-Martin Berthault e Guy de Gisors che revisionano e modificano i progetti ritenuti insoddisfacenti. Alla caduta dell’Impero napoleonico gli ambiziosi propositi urbanistici risultano realizzati solo in piccola parte.
Nell’area Flaminia, tra Ponte Milvio e Piazza del Popolo, si prevede la creazione di un’ampia passeggiata pubblica chiamata Villa Napoleone. A Giuseppe Valadier è affidata nel 1809 la sistemazione della zona antistante al ponte. È dibattuta la datazione dei tre progetti con varianti per l’area, redatti da Camporesi, Stern e Giuseppe Palazzi. Gli studi potrebbero riferirsi a una precedente iniziativa di sistemazione urbanistica della zona presa nel 1805 dall’amministrazione pontificia.
Anche per l’area archeologica centrale, dal Campidoglio fino al Colosseo, è previsto un percorso denominato Giardino del Campidoglio. Per realizzare il Giardino del Grande Cesare si progetta di collegare tramite rampe la Piazza del Popolo al Pincio e di creare una passeggiata fino a Villa Medici.
Stern è incaricato di mettere in sicurezza le rive del Tevere, demolendo fabbricati e costruendo nuovi argini. Si prevede la creazione di un nuovo ponte dove era quello distrutto di Orazio Coclite (Ponte Sublicio).
L’editto napoleonico di Saint-Cloud del 1804 proibiva le sepolture dentro le mura cittadine. Per adeguarsi alle nuove norme a Roma si progetta la costruzione di due nuovi cimiteri extra-urbani, San Lorenzo e San Lazzaro al Pigneto Sacchetti, quest’ultimo mai terminato e presto abbandonato.