La prima a cercare di mediare tra Ucraina e Russia era stata la Turchia: il presidente Recep Tayyip Erdogan è stato infatti il primo a cercare di conciliare le parti, ospitando le due delegazioni su suolo turco già nel marzo 2022
Né Putin, né Zelensky possono "volere tutto". Questa pare essere la tesi del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che ha cercato anche lui di mediare tra le parti chiedendo a Mosca di lasciare il territorio ucraino a Kiev di rinunciare a rivendicare la Crimea, annessa dalla Russia nel 2014. Due tesi seccamente rifiutate dalle parti: anche per questo l’incontro tra Lula e Zelensky al G7 di Hiroshima è saltato
A febbraio 2023 è stata la volta di Pechino, che ha presentato la sua “Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina”, un documento in 12 punti con in testa il rispetto della sovranità e dell'indipendenza. Tra i punti principali c’erano dialogo e cessate il fuoco, no all'uso di armi nucleari e agli attacchi alle centrali atomiche a uso civile
Dopo aver presentato il documento, Xi Jinping ha inviato in Europa un rappresentante speciale che trattasse con entrambe le parti in conflitto, Li Hui, ma purtroppo non è stato raggiunto alcun risultato
Anche Papa Francesco ha cercato di mediare tra le parti. Prima un fermo "no grazie" da parte di Zelensky, che ha ricordato come il piano di pace può essere solo ucraino, poi una risposta simile è arrivata dal Cremlino, che ha preso atto del "sincero desiderio" della Santa Sede di facilitare una fine del conflitto ma ha ribadito le ferme posizioni sui territori occupati
Ad interessarsi ad una possibile pace sono stati anche gli svizzeri: a febbraio si sono tenuti alcuni colloqui a Ginevra per cercare una soluzione pacifica della guerra in Ucraina. Incontri tenuti nella massima discrezione, senza interessare i vertici della diplomazia dei rispettivi Paesi. Alla fine, si è giunti ancora una volta a un nulla di fatto
Dopo aver incontrato a Kiev il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, i rappresentanti di sette Paesi africani hanno parlato a San Pietroburgo anche con il presidente russo Vladimir Putin. I leader, guidati dal sudafricano Cyril Ramaphosa, hanno messo sul tavolo la loro proposta di pace, cercando di strappare un placet sul prolungamento dell'accordo sul grano, in scadenza il 18 luglio. La loro però non è stata finora l’unica proposta di pace
L’idea dei Paesi africani poggiava su quattro semplici punti: ritiro di truppe russe e di atomiche dalla Bielorussia, alleggerimento delle sanzioni e nulla osta penale per Putin. Una proposta rifiutata da Zelensky. Il nullaosta penale per Putin, che all'arrivo della delegazione africana ha sottolineato come "la Russia sia aperta al dialogo con chiunque", avrebbe salvato lo stesso Ramaphosa che a luglio dovrebbe ospitare una riunione dei Paesi Brics con lo stesso Putin, che però rischia l’arresto dalla Corte penale internazionale
siamo aperti a un dialogo costruttivo con tutti coloro che vogliono attuare la pace sulla base dei principi di giustizia e di rispetto degli interessi legittimi delle parti". Così Putin che ha incontrato a San Pietroburgo alcuni capi di Stato africani. "E' arrivato il momento di avviare negoziati e mettere fine alla guerra", ha detto il leader sudafricano, Ramaphosa. Zelensky: "Ogni posizione conquistata agli occupanti dalle nostre forze sono nuovi argomenti per il mondo che l'Ucraina può vincere"
Il presidente americano Joe Biden ha dichiarato che la minaccia del presidente russo Vladimir Putin di utilizzare armi nucleari tattiche è "reale", pochi giorni dopo dal dispiegamento di queste armi da parte della Russia in Bielorussia.
Lo riporta Reuters sul suo sito riferendo le affermazioni di Biden ad un gruppo di donatori in California.
«Kiev aveva già siglato, alla fine di marzo 2022 a Istanbul, un accordo per il cessate il fuoco con Mosca, ma dopo il ritiro delle truppe russe dalla regione di Kiev lo ha gettato «nella pattumiera della Storia». Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin a una delegazione di leader africani, rispolverando la celebre espressione di Trotsky. Lo riferisce l'agenzia Tass.
Mosca intanto fa sapere di avere informazioni secondo cui gli ucraini vogliono impiegare lanciarazzi Himars americani e missili Storm Shadow britannici "per colpire il territorio russo, compresa la Crimea". Se ciò dovesse avvenire, per Mosca significherà "il pieno coinvolgimento degli Stati Uniti e della Gran Bretagna nel conflitto" e la Russia reagirà con "attacchi immediati ai centri decisionali sul territorio ucraino". Lo ha affermato il ministro della Difesa, Serghei Shoigu, citato dall'agenzia Ria Novosti.
La Russia sfida la Nato. Il conflitto non sembra essere giunto a un punto di svolta. Le parti in causa continuano a lanciarsi il gianto di sfida. Come dimostrano le parole pronunciate dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in risposta alla presa di posizione del segretario della Nato, Jens Stoltenberg. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha accusato la Nato di voler «combattere» in Ucraina in quanto l’Alleanza ha dimostrato di non voler fermare le ostilità. Durante la sua visita ufficiale a Minsk, in Bielorussia, Lavrov ha sottolineato che «per bocca» del segretario generale della Nato, Jens Stolteberg, Mosca sa che gli alleati dell’Ucraina «sono contrari al 'congelamento, come si suol dire, del conflitto in Ucraina».
«Quindi vogliono combattere. Bene, lasciamoli combattere. Siamo pronti per questo», ha proseguito Lavrov, che ha incontrato il presidente bielorusso Alexander Lukashenko e gli omologhi dei Paesi che compongono l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva. Lavrov, citato dall’agenzia Interfax, ha assicurato che la Russia conosce gli obiettivi della Nato in Ucraina da «molto tempo» e che ora cerca di metterli in pratica. «Allo stesso tempo dichiarano che non stanno conducendo una guerra contro la Russia», ma «riconoscono che se non avessero fornito armi al regime di Kiev, tutto sarebbe finito - ha detto - Questo è un riconoscimento de facto che sono un partecipante diretto alla dichiarata guerra ibrida contro la Russia».
Intanto la decisione da parte dei partner occidentali di fornire all’Ucraina gli aerei da combattimento F-16 Fighting Falcon ha rappresentato un passo significativo verso la transizione dell’esercito ucraino verso l’impiego di un inventario occidentale compatibile con gli standard Nato. Tuttavia tale processo si rivelerà lento e tortuoso e determinerà l’arrivo di aeromobili di seconda mano.
Al fine di preparare l’esercito ucraino all’impiego degli F-16, gli Stati Uniti, dopo aver dato luce verde alla fornitura di tali velivoli da parte dei partner europei, hanno dichiarato la loro disponibilità a fornire addestramento ai piloti ucraini. Diverse nazioni europee si sono allineate agli Stati Uniti, dicendosi pronte ad addestrare i piloti di Kiev all’impiego dei nuovi velivoli, tuttavia ancora non è chiaro quali saranno le nazioni che forniranno materialmente gli aeromobili. Gli Stati Uniti dispongono di centinaia di questi velivoli stipati in Arizona, tuttavia l’affidabilità di questi ultimi risulta quantomeno discutibile e per rimetterli in funzione servirebbe un lungo processo di manutenzione. Il Regno Unito, la Polonia e il Belgio pur risultando in prima linea nella fornitura di addestramento non sono attualmente in condizione di inviare tali velivoli in Ucraina.
Allo stato attuale la possibilità di donare aeromobili F-16 dal proprio inventario è stata espressa da Paesi Bassi e Danimarca. Nel caso di Amsterdam, il Premier Mark Rutte ha detto che sta prendendo in seria considerazione l’idea, mentre Copenaghen prenderà una decisione definitiva su tale dossier solo questa estate. Tali nazioni dispongono di diverse decine di F-16 Am/Bm, tale categoria rappresenta probabilmente la miglior soluzione per l’Ucraina nel breve periodo, in quanto essi possono essere forniti senza dover affrontare lunghi processi per essere rimessi funzione e le nazioni fornitrici sono in grado di far fronte al trasferimento.
Fonti varie agenzie e giornali ( tg24 ansa il giornale e altri )