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Sabato, 07 Dicembre 2024

All'Ue potrebbe servire un fondo per la ripresa da 1.500 miliardi di euro

All'Ue potrebbe servire un fondo per la ripresa da 1.500 miliardi di euro dopo la pandemia da coronavirus. Lo ha detto Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue, al quotidiano economico tedesco Handelsblatt. Su come finanziarlo "finora non è stato deciso nulla" e il tema di bond comuni europei sarà "sul tavolo" alla riunione dei capi di governo del 23 aprile ma il lettone aggiunge che "potremmo finanziare il fondo con bond sostenuti da una garanzia degli Stati membri".

Secondo l ansa la Commissione "sta lavorando a nuovi strumenti finanziari" al di là dei contributi nazionali che di solito confluiscono nei bilanci settennali dell'Ue, ha aggiunto Dombrovskis. Gli Stati del Nord come la Germania e i Paesi Bassi si sono finora opposti all'ipotesi degli eurobond: "Dobbiamo essere chiari con noi stessi che siamo in una crisi senza precedenti - ha sottolineato il commissario lettone -. Sta diventando necessario uscire dai vecchi schemi mentali".

L’Europa ci ricade Von der Leyen, va ricordato, era ministro di Angela Merkel e non può certo essersi dimenticata, di punto in bianco, degli interessi di Berlino. Secondo "inside over", che casualmente sul turismo estero punta e anche molto : ma per cercare di portarlo sotto la sua sfera economica. Come avvenuto del resto in Grecia, dove i maggiori aeroporti turistici sono passati in mano tedesche subito dopo la terrificante crisi del debito sovrano e con la privatizzazione forzata degli asset ellenici. Non possiamo di certo pensare che la presidente della Commissione Ue voglia far affondare l’Italia, sarebbe estremamente pericoloso. Ma di certo nessuno parla per caso, specialmente tra gli eurocrati. Se quell’invito di Ursula viene seguito dai tedeschi (cosa non troppo improbabile) l’Italia prederebbe milioni di posti di lavoro. Per guidare l’Europa bisognerebbe prima di tutto fare gli interessi europei.

Quando si tratta di evitare che l’Italia affondi del tutto e che le speranze di Roma brillino un po’ di più del lumicino, arriva qualche burocrate a dare il colpo di grazia.Secondo inside Over lo ha fatto Christine Lagarde nei primi giorni della pandemia, con quella frase sullo spread che ha fatto crollare Piazza Affari (Francia, Germania e altre potenze Ue e non solo ringraziano). E ha commesso lo stesso errore Ursula von der Leyen, che ieri ha avuto la brillante idea di consigliare ai cittadini europei di non prenotare le vacanze estive. Di fatto facendo piombare il settore turistico non solo nella paura ma anche nello sgomento.

Von der Leyen,pero in qualità di presidente della Commissione europea, dovrebbe prima di tutto tutelare l’Europa e i suoi cittadini dal pericolo di una catastrofe economica conseguente a quella sanitaria. Il suo non dovrebbe essere un semplice ideale, ma un vero e proprio piano strategico. Perché è chiaro che la crisi economica sarà devastante per la “sua” Europa. Eppure, con rigida austerità teutonica, la presidente della Commissione europea non ha battuto ciglio e di fronte ai giornalisti del quotidiano tedesco Bild am Sonntag dice una frase che è di fatto la condanna a morte di un intero settore di interesse nazionale e continentale: “Non prenotate le vacanze estive”. Una frase che non rassicura, che non aiuta, che non dà alcuna speranza. Fredda come una spada di Oviedo, Ursula von der Leyen affonda il colpo e lo fa rivolgendosi non agli europei, ma in particolare ai tedeschi che, non certo a caso, l’estate prediligono i Paesi mediterranei e non certo rimanere in Germania.

Intanto secondo il quotidiano il giornale la relazione che accompagna il disegno di legge per la ratifica del Mes è stata presentata in Senato il 3 aprile 2012. È stata firmata da Monti, Terzi e Moavero e parla chiarissimo: “Il Trattato che istituisce un Meccanismo europeo di stabilità è stato sottoscritto dai 17 Paesi dell'eurozona il 2 febbraio 2012, in una nuova versione che supera quella sottoscritta l'11 luglio 2011”. Ricordiamo che a partire dal novembre 2011 c'era in carica Mario Monti nelle doppie vesti di presidente del Consiglio e ministro dell'Economia.

Il testo varato dall'Ecofin l'11 luglio 2011, cioè quello firmato da Tremonti, non è “stato avviato a ratifica in nessun Paese dell'eurozona” dal momento che la nuova stesura amplia “sia l' ammontare massimo di risorse disponibili, sia la tipologia delle operazioni consentite dal Fondo salvastati”.

In altre parole esistono due diversi trattati sul Mes. Uno firmato da Tremonti nel 2011 ma mai entrato in vigore; uno, quello valido oggi, ratificato e firmato da Monti nel 2012. Una domanda sorge spontanea: perché il trattato è stato modificato? Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 21 luglio 2011. Al termine del vertice euro, gli allora leader europei spinsero per apportare modifiche sostanziali al primo trattato, specificando tra l'altro di avviare “al più presto le procedure necessarie per l' attuazione di tali decisioni”.

Di lì a poco come sottolinea il Giornale – si parla di mesi – varie riunioni tenutesi a Bruxelles portarono alla stesura definitiva del trattato firmato da Mario Monti. Morale della favola: il trattato attribuito a Berlusconi e Tremonti non ha mai visto la luce. Conte ha provato a scaricare la colpa sul centrodestra ma, ancora una volta, è stato smentito dai fatti.

Purtroppo Il Pd e il Movimento 5 Stelle hanno cercato di attribuire la paternità del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità ai governanti in carica all'epoca della sua approvazione, e cioè al premier Silvio Berlusconi e al ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti. La realtà è ben diversa e basta dare un'occhiata alle carte ufficiali.

Giulio Tremonti l’economista e presidente di Aspen Institute Italia su spiega al Mf Milano Finanza.e riportato dal Giornale : "Nel corso della prima parte dei 2011, il nostro programma era mirato all’obiettivo finale degli eurobond. Nella prima fase ci siamo concentrati sulla costituzione del fondo europeo (che poi sarebbe stato chiamato Mes). Fase 2: lancio dei titoli di Stato europei. È in questa logica sequenziale che nel luglio 2011 si arrivò alla prima firma su questo meccanismo. In Europa dall’Eurogruppo-Ecofin al Parlamento europeo, da Junker a Gualtieri, tutti sapevano che il nostro piano partiva dal Mes, ma per arrivare agli eurobond", spiega Tremonti.

"Per noi - ricorda Tremonti, più volte ministro dell’Economia - il Mes senza gli eurobond non avrebbe avuto senso. Per contro, per gli eurobond il Mes era necessario". A quell’altezza di tempo non erano note ancora le manovre, da ultimo rivelate dal professor Mario Monti. Manovre che a partire dal 5 agosto 2011, da quella che lo stesso Monti chiama la lettera Trichet-Draghi, avrebbero portato alla chiamata dello straniero venuto in Italia in novembre, naturalmente "nel nostro interesse". Di conseguenza il salva-Sati, che era ancora privo di efficacia, diventa efficace e definitivo con la firma del presidente Monti nel febbraio 2012, ma, piccolo dettaglio, dopo che è stata affossata la funzione per cui era nato: lanciare gli eurobond.

Poi con la Grecia, argomenta Tremonti, il Mes ha rivelato una funzione autonoma, totalmente diversa da quella per cui era stato costituito: non come base per lanciare gli eurobond, ma strumento europeo per la riscossione-estorsione ad Atene dei crediti qui vantati dalle banche tedesche e francesi. E in questi termini che, con la complicità italiana del governo Monti e con la furia finanziaria dei "creditori" franco-tedeschi, il meccanismo europeo di stabilità si trasforma nello strumento che ha straziato la Grecia.

"Non per caso, colpito da questo "stigma", da questa maledizione greca, il Mes è rimasto nell’ombra per cinque anni, per essere infine, nell’autunno scorso, riproposto in Europa di nuovo, tanto per cambiare, come salva-banche". Tutto questo orrore è ben diverso dal progetto degli eurobond. "Questa - scandisce Tremonti - è la verità sul passato. Quella degli eurobond è ancora oggi la speranza per il futuro".

Intanto con un memorandum ad hoc la Casa Bianca ha dato istruzione per un coordinato e attivo sostegno da parte del personale militare stanziato sul nostro territorio, delle istituzioni a stelle e strisce, del mondo dell’industria privata, delle organizzazioni caritatevoli.

“È normale questa rivalità tra Usa, Cina e Russia”, ha dichiarato a La Stampa il politologo Moisés Naím. “L’Italia soffre da sempre per l’instabilità politica, a cui ora si è aggiunta questa tragedia. Trump ha l’ abitudine di dare la colpa agli altri quando si mette nei guai, ma anche gli Usa sono entrati nel gioco della propaganda” e Trump “ha bisogno degli alleati e non può permettersi di perdere l’Italia”.

Il problema è che tra instabilità politica, crisi economica ed emergenza sanitaria, l’Italia, agli occhi delle grandi potenze, appare come uno Stato vulnerabile su cui è possibile esercitare influenza. O su cui è possibile puntare per cambiare equilibri dati ormai per certi da decenni. Lo ha capito la Cina, lo ha compreso la Russia, non lo ignorano gli Stati Uniti.

E si inseguono sospetti sui presunti avvertimenti dei servizi di intelligence agli apparati federali circa i rischi di una scarsa tenuta del sistema italiano, tra rischi interni e pericoli esterni. Motivo per cui Trump, insieme alla movimentazione degli aiuti, ha ancora ricordato di avere dalla sua, pronti all’azione, 30mila soldati di stanza in Italia pronti ad attivarsi per sostenere il Paese nella lotta al coronavirus.

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