E' terminata, al Quirinale, la deposizione del capo dello Stato Giorgio Napolitano che ha testimoniato, davanti alla Corte d'Assise di Palermo, al processo sulla trattativa Stato-mafia. Il presidente della Repubblica - secondo quanto reso noto da un legale - ha risposto a diverse domande delle parti, anche ad alcune domande poste dal legale di Totò Riina secondo l agenzia di stampa.
In alcuni casi Napolitano si è avvalso della facoltà di non rispondere in base alle prerogative del Capo dello Stato. "La parola 'trattativa' - ha riferito un legale della difesa - non è mai stata usata".
La testimonianza è stata resa nella sala del Bronzino
I magistrati di Palermo sono giunti al Quirinale intorno alle 10. Al Colle, con il procuratore aggiunto, Vittorio Teresi, ci sono i sostituti Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, tra gli avvocati delle sette parti civili e dei dieci imputati (non ammessi dalla Corte a partecipare direttamente o in videoconferenza alla testimonianza del Capo dello Stato) ha varcato la soglia del Quirinale anche l'avvocato Luca Cianferoni, legale del boss di Cosa Nostra, Totò Riina.
Il Quirinale dovrebbe restare off limits alla stampa ma secondo notizie giornalistiche la giornata di oggi potrebbe svolgersi in questa maniera : la stampa non potrà, dunque, seguire l'udienza neppure a distanza, attraverso la videoregistrazione: possibilità non esclusa dai giudici che avevano dato il nulla-osta alla presenza «da remoto» dei media, ma «bocciata» dal Colle che ha regolamentato rigidamente l'accesso al palazzo.
Le parti processuali non potranno infatti portare cellulari, tablet, pc e strumenti di registrazione. L'udienza sarà verbalizzata secondo le regole ordinarie, i verbali andranno poi alla corte e saranno disponibili per le parti, una volta trascritti, nei giorni successivi. A rivolgere per primo le domande al capo dello Stato sarà il procuratore aggiunto Vittorio Teresi. Il capo dell'ufficio inquirente, Leonardo Agueci, sarà presente, ma non interrogherà Napolitano.
La prima parte della deposizione ruoterà attorno ai dubbi e le preoccupazioni che l'ex consigliere giuridico di Napolitano, Loris D'Ambrosio, espresse al capo dello Stato in una lettera, nel giugno del 2012, un mese circa prima di morire. Nel documento, peraltro reso pubblico dallo stesso Quirinale, D'Ambrosio avanzava il timore di «essere stato considerato solo un ingenuo e inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi» tra il 1989 e il 1993, anni in cui l'ex consigliere era all'Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia.
Sui timori di D'Ambrosio, però, il capo dello Stato ha già fatto sapere alla corte, tramite una lettera, di non avere nulla di utile da riferire Dopo sarà probabilmente il pm Nino Di Matteo a cercare di approfondire i fatti accaduti nel 1993 partendo dall'allarme attentati a Napolitano e a Giovanni Spadolini lanciato dal Sismi il 29 luglio di quell'anno. La comunicazione riservata degli 007 è stata acquisita agli atti del processo: i pm hanno fatto capire che sarà oggetto di domande al presidente perché riguardante il periodo citato nella lettera di D'Ambrosio.
Dopo i pm sarà la volta dei contro esami dei legali. In particolare l'avvocato di Totò Riina - il boss ha fatto sapere di essere «dispiaciuto» di non potere assistere dal carcere in cui è detenuto all'udienza in videoconferenza - ha chiesto e ottenuto di potere interrogare Napolitano su un tema più ampio e relativo «a quanto accadde nel 1993 e nel 1994».
Ma non è scontato che il difensore oltre al controesame faccia l'esame: perché il suo turno nell'interrogatorio del presidente della Repubblica, salvo accordo delle parti, sarebbe tra alcuni mesi. La corte, all'ultima udienza, ha ricordato comunque che l'esame di Napolitano è subordinato alla sua disponibilità sottolineando che il presidente potrebbe revocarla in qualunque momento.
Le domande dei pm saranno diverse e eventuali opposizioni dell'avvocatura dello Stato e dello stesso presidente della Repubblica potrebbero allungare i tempi. L'ultima parola sull'ammissibilità dei quesiti spetta comunque al presidente della corte.