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Giovedì, 15 Maggio 2025

Ventidue testimonianze in un libro su san Giovanni Paolo II

In occasione della canonizzazione di Giovanni Paolo II, la casa editrice Ares di Milano ha pubblicato nel 2014 un libro dove raccoglie una serie di interviste del giornalista vaticanista polacco Wlodzimierz Redzioch, “Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici & i collaboratori raccontano” (251 pagine; e.15,90). Si tratta di 22 interviste, compreso il contributo esclusivo del papa emerito Benedetto XVI. Quello di Redzioch, forse è il testo dove si raccolgono il maggior numero di testimonianze sul grande Papa polacco. Un testo che è diventato peraltro un bestseller tradotto in tutto il mondo. Włodzimierz Rędzioch nato a Czestochowa, per 25 anni al seguito di Giovanni Paolo II, ha intervistato i suoi più cari amici e più stretti collaboratori, realizzando un luminoso mosaico di testimonianze, un racconto corale in cui le esperienze personali si fondono offrendo a chi legge il ritratto vivo di quell'uomo "di un paese lontano" che è stato e continua ad essere così vicino a tutti noi.
«All’inizio», scrive Rędzioch nella prefazione, «non immaginavo dove poteva arrivare la grandezza umana e spirituale di Giovanni Paolo II. Ma stando vicino a lui e ai suoi collaboratori a un certo punto mi sono reso conto che era un santo. Più scoprivo questa realtà e meno ne parlavo: mi sembrava di violare un segreto. Ora, però, che anche la Chiesa sta per riconoscere quello che in tanti avevamo capito, mi sono sentito di raccontare attraverso le voci dei suoi collaboratori la storia del santo Giovanni Paolo II». Con questo libro Redzioch intende far conoscere Karol Wojtyla, l'uomo, il sacerdote e il papa, raccontato da persone che lo hanno servito , che gli sono state accanto, che lo hanno aiutato a scrivere la storia della Chiesa e del mondo. I numeri dei ventisette anni di pontificato di Giovanni Paolo II sono straordinari: 146 viaggi apostolici in Italia e 104 all'estero, visitando 129 Paesi: 822 giorni in viaggio. Nelle 147 cerimonie di beatificazione ha proclamato beati 1.338 servi di Dio e nelle 51 cerimonie di canonizzazione ha proclamato 482 santi. Ha scritto 14 encicliche, 15 esortazioni apostoliche, 11 costituzioni, 45 lettere apostoliche, alle quali si aggiungono i messaggi annuali per la Giornata mondiale per la Pace, per la Giornata mondiale del Malato, per la Giornata mondiale della Gioventù, per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. “In questi ventisette anni il Papa polacco ha cambiato il mondo: l'ha fatto non grazie a sofisticate strategie politiche, ma soprattutto perché è riuscito a toccare e cambiare i cuori della gente”.

La prima intervista – l'ultima in realtà ad essere stata raccolta – è quella a Benedetto XVI. Il papa emerito, sapiente teologo, ripercorre i grandi temi dottrinali e pastorali di Giovanni Paolo II, ma restituisce in pochi cenni affettuosi anche l'immagine dell'amico sempre pronto al sorriso, dalla «straordinaria bontà e comprensione». Basta il ricordo dei "pranzi di lavoro" a cui il cardinale Ratzinger partecipava quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede: pur nella serietà che s’imponeva, «c’era sempre posto anche per il buon umore».
Ed ecco delinearsi le prime costanti di tutte le testimonianze: da un lato lo stupore per il lavoro instancabile di un uomo che spendeva tutto se stesso nell'annunciare Cristo («Mi riposerò in Cielo» disse una volta proprio a Ratzinger) e dall'altro la meraviglia e il conforto per la sua pronta disponibilità e per quello sguardo in cui amore e perdono non erano mai il frutto di uno sforzo, ma la conseguenza naturale della sua intima unità con Cristo, Redentore dell'uomo. «Solo a partire dal suo rapporto con Dio», dice Benedetto XVI, «è possibile capire anche il suo indefesso impegno pastorale» e quel «coraggio della verità», che è «un criterio di prim'ordine della santità». L'intensità della preghiera e la fiducia in Maria sono stati il suo inesauribile nutrimento spirituale. «Così come Maria non visse per se stessa ma per Lui, spiega Benedetto XVI, allo stesso modo egli imparò da Lei e dallo stare con Lei la completa e pronta dedizione a Cristo».

Seguono le testimonianze degli amici di Cracovia, per i quali le porte del Vaticano erano sempre aperte – monsignor Andrzej Maria Deskur, il professor Stanislaw Grygiel, la dottoressa Wanda Póltawska, il cardinale Stanisław Nagy – e quelle dei segretari – il cardinale Stanislaw Dziwisz, monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, e monsignor Emery Kabongo. Ci sono le interviste ai collaboratori che hanno lavorato con lui in Vaticano e nella diocesi di Roma – Joaquin Navarro-Valls, direttore della Sala Stampa Vaticana, e monsignor Pawel Ptasznik, i cardinali Camillo Ruini e Angelo Sodano – e ci sono le dichiarazioni, le confidenze e gli aneddoti del cardinale Tarcisio Bertone e di monsignor Javier Echevarría, attuale prelato dell’Opus Dei, del fotografo Arturo Mari e del giornalista Gian Franco Svidercoschi, del gendarme Egildo Biocca, organizzatore delle gite del Papa, e del medico personale dottor Renato Buzzonetti.

Ciascuno offre il proprio ricordo personale, brano prezioso di una storia che ha cambiato il mondo. Una storia fatta di grandi gesti pubblici, di risonanza globale, ma anche sempre di quotidiane attenzioni, di fedeltà e amicizia espresse con discrezione. Le ultime voci sono quelle di coloro che a vario titolo sono stati coinvolti nei processi di beatificazione e canonizzazione: il postulatore monsignor Sławomir Oder, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, e le due donne miracolate per intercessione di Giovanni Paolo II, suor Marie Simon-Pierre Normand e Florybeth Mora Diaz.

Pagina dopo pagina, la figura e il volto di Karol Wojtyla, la sua grandezza e la sua santità appaiono nitidamente, come è nitida e viva la sua presenza per gli amici che parlano di lui. È la comunione dei santi, l'alleanza viva tra la terra e il cielo. "Che cosa le manca di più di Giovanni Paolo II?" chiede Rędzioch a Grygiel. "Nulla mi manca tranne, ogni tanto, la sua presenza fisica. Tutto ciò che era essenziale e proprio della sua persona mi è sempre presente. La sua morte non ha distrutto nulla. Il nostro dialogo continua. Nel cuore della Chiesa, cioè nell’Eucaristia, non ci sono morti". Di queste interviste cercherò di cogliere qualche passaggio significativo delle varie testimonianze. Comincio dal cardinale Stanislaw Dziwisz: Wojtyla “ci ha aiutato a non avere paura della Verità, perché la verità è garanzia di libertà”. “Aveva una forza da gigante, perché era un gigante della fede”. “Il Papa parlava di nuova evangelizzazione, perché lui era un grande evangelizzatore. Nel mondo di oggi si può evangelizzare grazie ad autentici testimoni della fede”. Emery Kabongo, arcivescovo, già secondo segretario particolare di Papa Wojtyla, “mi colpiva sempre come accoglieva la gente. Si vedeva la sua gioia nell'incontrare gli altri. E si preoccupava di mettere subito ciascuno a suo agio.”. Il vescovo Andrzej Deskur sottolinea l'importanza dei santuari mariani per la nuova evangelizzazione: “I santuari mariani sono un capitale della Chiesa”, diceva Wojtyla quando era arcivescovo a Cracovia. E quando qualcuno accusava Giovanni Paolo II d'aver proclamato troppi santi e beati, lui rispondeva tranquillamente:la Chiesa esisteva proprio per generare, suscitare i santi. Non c'è mai abbastanza santità nella Chiesa! Il professore Stanislaw Grygiel, fa presente che Wojtyla voleva una Chiesa che diventasse un grande movimento. “Ogni parrocchia avrebbe dovuto essere un movimento. Altrimenti non era parrocchia viva”. Stanislaw Nagy, filosofo e cardinale, risponde alla domanda  del ruolo che ha avuto Wojtyla nel contrastare il regime comunista: “il regime comunista mirava a creare divisioni nella Chiesa polacca e tentò di mettere il cardinale primate Wyszynski contro il cardinale Wojtyla”, perché riteneva che Wojtyla era meno pericoloso del primate. Invece, “il cardinale Wojtyla era, in verità, completamente dedito alla causa della Patria e della Chiesa polacca e divenne il nemico numero uno dei comunisti quando, nella seconda parte degli anni Settanta, l'anziano primate si dimostrò, per ragioni anagrafiche, meno attivo. Per questo motivo il regime subì un autentico shock dopo l'elezione di Wojtyla a Pontefice”. Per quanto riguarda il patriottismo di Karol Wojtyla, monsignor Nagy sottolinea che il papa fu un grande patriota, ha dato testimonianza nel libro Memoria e identità. “Il Papa non nascondeva mai le radici polacche...”. Interessante l'intervista alla professoressa Wanda Poltawska, dove si racconta la storia di un'amicizia spirituale. Protagonista di un'esperienza terribile nei lager nazisti, utilizzata come cavia per esperimenti scientifici. Ha collaborato con Karol Wojtyla nell'ambito della difesa della vita e della famiglia. “Durante la mia prigionia al campo di Ravensbruck vedevo i nazisti buttare i neonati nei forni crematori, e per tutta la vita mi sono rimaste davanti agli occhi queste immagini strazianti...Per tale motivo mi sono ripromessa allora che, qualora fossi sopravvissuta, avrei studiato e avrei difeso la vita umana”. Per quanto riguarda la teologia del corpo, la dottoressa ricorda che lei ha collaborato a Cracovia alla stesura di quell'opera importante che è “Amore e responsabilità”. E ricorda ancora che Wojtyla ha dato il suo grande contributo nella preparazione dell'enciclica Humanae Vitae di Papa Paolo VI. Redzioch ricorda che Poltawska è stata lei stessa protagonista di una grazia ricevuta da Padre Pio in persona. Scoprendo di avere un cancro, Wojtyla si rivolse a padre Pio da Pietrelcina per la guarigione della sua amica, che avvenne. Padre Pio e Giovanni Paolo II erano due santi mariani, sensibili al messaggio della Madonna di Fatima. “Li univa la grande fede e le idee chiare che sono proprio delle persone che agiscono sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. Intransigenti nei principi, cordiali e delicati verso i bisognosi”. Tra i collaboratori in Vaticano si distingue il portavoce del Papa Joaquin Navarro Valls , perno della comunicazione vaticana per oltre vent'anni, da buon giornalista, sa descrivere più di altri il Santo Padre. Wojtyla ci teneva molto ai rapporti con i Media. Anzi erano loro ad essere affascinati dal suo pontificato, attratti dai suoi magnifici modi espressivi, ma anche per quello e come lo diceva. Il processo di cambiamento nel mondo è iniziato nel 1979 con il primo viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia, tutto è cominciato lì. Navarro Valls fa riferimento ad una lettera del Papa a Breznev, che probabilmente ha impedito l'invasione sovietica della Polonia. Riferendosi al papa, Navarro Valls dice: “una sua parola male interpretata dalla gente, avrebbe potuto scatenare una rivolta popolare che, a sua volta, avrebbe 'giustificato' la repressione armata”. Continua, il portavoce del papa, “quegli anni, dal 1979 all'89, sono stati un capolavoro di prudenza e di audacia che la sua saggezza e, soprattutto la sua preghiera tenevano ben unite in un bilanciamento efficace. Giovanni Paolo II dialogava continuamente con Dio. Aveva bisogno di pregare continuamente. “La preghiera era il motore della sua esistenza”, dice monsignor Pawel Ptasznik. “Prima di tutto era assiduo nel recitare le tradizionali orazioni quotidiane, comprendendo il santo rosario, la lettura del breviario, l'adorazione e la meditazione”. Pregava per la Chiesa intera, ma non in astratto. Parlava della “geografia della preghiera”. Interessante anche l'intervista al cardinale Camillo Ruini, che ci ricorda che Wojtyla aveva una grande consapevolezza dell'importanza di Roma e della sua apertura universale. “Il rapporto con Roma non era qualche cosa di accessorio, era la radice stessa del pontificato. Ruini, sostiene che “il Santo Padre riteneva che la Chiesa italiana non fosse abbastanza consapevole delle sue grandi ricchezze e potenzialità, anche della sua responsabilità”. Nella Lettera ai vescovi italiani del 1994, concludeva che “all'Italia è affidato il grande compito di conservare e alimentare per l'Europa quel tesoro di fede e cultura che è stato innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo. Wojtyla aveva ben presente il concetto di Nazione, che non doveva essere qualcosa di chiuso, di antagonistico, doveva essere “una comunità di cultura dentro la quale crescono gli uomini, le famiglie e le civiltà”. Anche se non ha mai confuso il nazionalismo con la Nazione. Ruini sottolinea il grande impegno del papa per l'Europa, che bisognava costruirla sulla base della “sussidiarietà”, “l'Europa deve fare soltanto ciò che le singole nazioni non possono fare bene da sole. E' sbagliato voler imporre dall'alto degli standard 'europei' di vita sociale e famigliare”.

Tra quelli che si prendevano cura del Papa, c'era Egidio Biocca, addetto alla sicurezza, racconta come si svolgevano le “gite” col Papa, le escursioni in montagna, sul Gran Sasso, al mare, furono più di cento. Altro interessante racconto è quello del medico personale del Papa, il dottore Renato Buzzonetti, per oltre 26 anni lo ha seguito ovunque, la persona che più di altri può testimoniare la “passione” del Pontefice soprattutto dopo aver subito l'attentato, diventò un “uomo dei dolori”. Un'esperienza che ha fatto nascere la lettera apostolica Salvifici doloris, sul senso cristiano della sofferenza. E poi le ultime settimane di vita che segnarono un vero e proprio calvario. Altra testimonianza particolare è quella del fotografo Arturo Mari, che aveva già seguito altri papi, anche qui si potrebbero raccontare diversi aneddoti che riguardano il pontefice polacco. Segue la testimonianza di monsignor Tarcisio Bertone, Javier Echevarria, del giornalista Gianfranco Svidercoschi, che sottolinea la missionarietà di Wojtyla, l'evangelizzazione che riguardava due piani: uno “esterno”, rivolto alle genti che non conoscono ancora Cristo, e uno “interno”, la cosiddetta “nuova evangelizzazione” in Occidente. Infine la testimonianza di chi ha operato la santificazione del Papa, (Verso la gloria degli altari).

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