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E' necessario credere nell'uomo

Anche questo Natale è ormai passato e, come ogni anno, ci siamo scambiati gli auguri. Si tratta di auguri più sentiti delle altre volte e non per mantenere viva la tradizione, ma perché avvertiamo sempre più forte l’esigenza di dimenticare, il più presto possibile, questi momenti di forte crisi economica e di sfiducia nelle istituzioni e in chi le rappresenta.

In effetti, soprattutto l’ultimo triennio, può essere considerato un periodo buio che ha visto la chiusura di tante piccole e medie aziende, l’aumento della cassa integrazione sfiorare il miliardo di ore, un sempre crescente numero di famiglie in difficoltà esistenziale. Si tratta di uno spazio di tempo che ha visto gli italiani vivere con la preoccupazione e il tormento dei radicali mutamenti della vita politica i cui effetti sono stati immediatamente avvertiti sul piano sociale, economico, culturale.

In questi giorni il Governo è alle prese con la “legge di stabilità” e, da quello che riusciamo ad intuire, lo scenario non presenta alcun cambiamento migliorativo né sul versante della riduzione della pressione fiscale, né per quanto riguarda le opportunità di lavoro, settore che denota un inarrestabile calo.

Quello che risulta essere particolarmente preoccupante è l’assenza di risposte da parte della collettività all’insieme dei complessi problemi che frenano ogni forma di sviluppo e di crescita. Ed è proprio il modo in cui viene percepito il carattere eccezionale di questo particolare momento che contribuisce a far crescere nei cittadini una certa forma di adattamento a questa nuova realtà. È anche vero che si registrano sporadiche ed isolate forme di opposizione, di ribellione, di appelli rivolti al capo dello Stato sulle difficoltà che sempre più numerose famiglie, oggi, vivono, ma oltre a questi accorati e discontinui appelli niente di più è stato fatto. Certamente non è facile capire cosa potrebbe e dovrebbe essere fatto, ma continuare ad attendere, sperando che altri facciano anche per noi, vuol dire arrendersi e lasciarsi vincere dall’inerzia.

Alla luce di un siffatto e complesso quadro nazionale, quale significato assume il reciproco scambio di auguri per un felice e sereno anno nuovo? Forse proprio nessuno, fino a quando non saremo in grado di capire appieno le molteplici difficoltà del momento, e fino a quando non riusciremo ad agire in modo da creare le condizione per un reale e radicale rinnovamento culturale, sociale ed economico.

Certamente non bastano i soli buoni propositi, i “decreti del fare” del nostro Governo, il dichiarare che bisogna fare di più per i giovani, per il lavoro, per le famiglie in difficoltà. Forse c’è bisogno di qualcos’altro; c’è bisogno di rifare, nuovamente, proprio l’uomo. Non dobbiamo perdere di vista, però, che l’uomo possiede dei valori che non solo devono emergere, ma devono essere tradotti in forme di vita autentica, anche se con i suoi comportamenti, non sempre leali e corretti, finisce con il far perdere la speranza e la fiducia riposta nell’uomo stesso. Questo vuol dire che la speranza e la fiducia non devono essere mai perse, e sta solo a noi cercare di orientare la politica, la scienza, l’arte, l’etica, l’economia alla realizzazione piena e incondizionata dell’uomo, considerando la persona non più uno strumento, ma un fine, non più un mezzo, ma il vero e, forse, unico valore.

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