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Ogni riferimento a persone, partiti, movimenti o Istituzioni è di pura invenzione.

Vi voglio raccontare una favola

che si ascolta meglio a tavola

sorseggiando un bicchiere di vino

con la vicina … o con il vicino …

 

C’era una volta in un bel paese

un piccolo villaggio alle prese

con vicende molto serie

accadute in un grande prato

da tempo abbandonato

alle intemperie.

I rumori, provenienti dal prato,

avevano molto allarmato

l’intero vicinato.

Fu quindi convocato il sindacato

per deliberare sul fatto,

ma nessuno seppe dire

come fare per zittire

i “vaffan” di una tribù di grilli

i cui continui e snervanti strilli,

soprattutto nel mese di maggio,

tenevano sveglio tutto il villaggio.

Difficile capire, infatti,

da dove e come erano nati

e da chi fossero mandati.

Organizzati in movimento

davano il tormento

al Parlamento

del villaggio

accusato di brigantaggio.

Riuniti per deliberare

e per appurare

come screditare l’Istituzione,

con una dura opposizione,

fu deciso, seduta stante,

che il “grillo parlante”,

era solo UNO

capace, come nessuno,

di fare tabula rasa

e mandare tutti a casa.

La sua missione?

era la non collaborazione,

e, come esito finale,

a livello nazionale

e internazionale,

fare la festa

a chi non avesse grilli in testa.

Nel nostro famoso prato

fu subito organizzato

un dibattito infocato

tra le opposte tifoserie

di due partigianerie.

C’era chi diceva:

«l’essere grillo è bello!»

e chi ne faceva

un proprio zimbello.

 

Il capo grillo s’infuriò e disse:

vorrei che la commedia finisse.

I detrattori delle idee grilline

devono fare una brutta fine”.

Il grillo padrone,

ispirato “capobastone”,

pur senza mandato popolare

si dichiarò la stella polare,

aconfessionale

e pluridimensionale.

della democrazia digitale.

E fu così che diventarono tanti,

i “grillo” simpatizzanti.

Negli spazi siderali,

i grilli, avendo le ali,

non temevano rivali.

Ma era per mare

che vollero andare

a navigare e a pescare.

Cosa presero nella rete?

granchi, cefali e trigliette.

I candidati esperti e navigati

non furono tra i più votati.

Invece, le mezze calzette

risultarono politicamente corrette.

Anche se il grillo, per natura

e morfologica struttura,

malgrado i suoi grandi progetti,

nel regno degli insetti,

sia poco più di un pigmeo,

il lancio di un “grillo europeo

sembrò a molti la soluzione

per infestare la Comunione.

 

Il villaggio era rinomato

per aver sempre esportato

ottime merci in tutto il mondo,

ma nessuno si aspettava, in fondo,

che tra tanti pregiati oggetti

avrebbe esportato anche gli insetti!

Pensate gente, pensate,

quando votate:

il grillo è un animale strano

buono soprattutto a far baccano.

 

 

Firmato

«Un moscherino»

Caro Silvio,

Mezzo secolo fa ti avrei scritto una lettera molto più affettuosa, ma allora tu facevi sentire la tua bella voce ai crocieristi e io pagavo ancora il mutuo di casa. Ecco perché oggi ho scelto la formula della “lettera aperta” che, pur essendo rivolta ad un unico destinatario, riguarda fatti e problemi di un più diffuso interesse.

Le “lettere aperte” propongono, infatti, una lettura dei segni dei tempi in una chiave storica razionale, al fine d’individuare nel passato quei semi che portavano già in grembo l’avvenire.

Il coraggio che ha sempre contraddistinto il tuo pensiero è stato visto e compreso da molti, e da chi ti scrive, nonostante le mistificazioni giornalistiche di una certa stampa.

Nel passaggio dal Secondo al Terzo millennio, molte ombre pesano ancora sulla storia politica dell’Italia. Di certo non saranno mai diradate da quei “mostri sacri” a cui le lottizzazioni della Prima Repubblica ha conferito fin troppo credito.

Nel mio piccolo, vorrei comunque tentare di gettare uno sguardo retrospettivo sulla tua figura di leader.

So bene che è tanto il mio ardire.

Tu sei stato e sei tuttora un Grande; io, invece, un metro e cinquantotto in altezza! È poco, lo so, ma sono una donna e so che le donne ti stanno a cuore; il che, per me, è un punto a tuo favore.

Eppure, nel frattempo mi sono un po’ distratta e, come tanti altri, ho preferito il silenzio.

Beh, ho sbagliato e sono pentita.

Sarai “decaduto” da qualche parte, ma in cambio sei cresciuto nella mia stima e di tutte quelle persone, che, come me, talvolta si scoraggiano, ma poi ci ripensano.

Di un uomo come te, caro Silvio, scrive la Storia, e se gli capita malauguratamente di “cadere” si rialza come tu hai sempre fatto dando un ottimo esempio.

Questo è il motivo principale che mi ha convinto a rompere il silenzio.

Forse bisogna prima dimenticare per poter poi ricordare ciò che eravamo e ciò che siamo.

Il primo ricordo che affiora alla mia mente riguarda la volta che ti ho visto, durante una convention di “Forza Italia”, a Napoli, nella primavera di 1994. Mi trovavo alla Mostra d’Oltre Mare in mezzo ad una folla oceanica, assieme ad alcune mie amiche giornaliste. Quando hai cominciato a parlare è accaduto l’incredibile! Le mie amiche, chiacchierone impenitenti, sono rimaste zitte per un’ora ad ascoltarti, mentre io pensavo tra me: “ecco il siluro che affonderà la Prima Repubblica». Non mi sbagliavo affatto.

Il tuo programma era davvero una “favola”, e io di favole me ne intendo, perché di tanto in tanto ne scrivo una. A quel tempo, qualcuno affermava che facevi “sognare” la gente.

Le favole, come i miti, sono messaggi di speranza per un futuro migliore e rimangono scolpite nella coscienza collettiva.

Tu dicevi, invece, pane al pane e vino al vino. Avevi il carisma di un vero leader, e tuttora non ti manca, ma credo che tu, caro Silvio, sia stato sempre, in realtà, un pragmatico, un “ingegnere dell’organizzazione”.

I Club di Forza Italia, fin dal loro sorgere, hanno rappresentato il modello organizzativo di un Partito strutturato. Per curiosità giornalistica, ho studiato anch’io qualcuno dei Club della prima ora, ma poiché non avevo nulla da chiederti, ho smesso di frequentarli. In cuor mio avrei forse preferito una formula intermedia trascajolianie publitalisti, ovvero circoli formati da tre o quattro “Amici di Silvio” alla pari, con nomi suggestivi o buffi e senza oneri di sorta. Previa una buona visibilità mediatica, ognuno di questi “Amici” avrebbe potuto dar vita a un altro circolo di tre o quattro componenti e così via, ingenerando una rete del tipo: “catena di Sant’Antonio”, estesa in modo capillare sul territorio. Forse questa formula non t’avrebbe convinto, anche perché non credo che tu abbia una grande dimestichezza con i Santi.

Beh, non importa. Siamo tutti peccatori.

Sono però sicura che sarebbe piaciuta ai giovani che ti seguono in tanti. Purtroppo, in amore e nell’amicizia, non sempre si ha fortuna e mi pare che nemmeno tu sia ben messo in questo settore.

Secondo la saggezza popolare, non tutto il male viene per nuocere, e credo fermamente che dal male che ti è stato fatto ti verrà anche del bene.

La gente vede, pensa e valuta nel segreto delle urne.

I tempi storici sono lunghi, ma talvolta risolvono problemi apparentemente irrisolvibili.

Pochi mesi fa, nessuno, nella palude della sinistra, sembrava avere il coraggio di tagliare i rami secchi in casa propria e di fare il salto nell’era post ideologica. Invece il ribaltamento si è verificato. Ciò che a Berlusconi i cosiddetti “parrucconi” non hanno permesso di fare nel 2006, oggi diventa attuabile grazie all’opposizione costruttiva di Forza Italia.

Quel passo indietro che hai fatto nel 2011 è stato a misura di un vero Statista. Hai dato tempo al tempo, rendendo possibile un riassetto generale delle forze politiche in campo.

A rifletterci bene, potrei formulare l’ipotesi che uno dei motivi principali della distrazione di alcuni milioni tra i vecchi elettori dall’ex “Popolo della Libertà”, sia da addebitarsi, nell’ultima tornata elettorale, alla difficoltà di riconoscersi in un partito in cui tutti erano tutto.

La nascita delle coalizioni attuali dei Moderati di destra ha permesso il disegno di un’architettura più interessante perfino del Beaubourg di Parigi. Finalmente, ora, si vede chiaramente, guardando dal di fuori, ciò che si trova nell’edificio. E vi sono proposte e programmi in abbondanza per tutti i palati.

Il cammino verso la Terza Repubblica resta tuttavia ancora disseminato d’insidie.

Non ho nessun dubbio che tu sia stato e che sei tuttora “l’uomo della Provvidenza”.

Nei momenti più tragici della Storia di questo Paese ci sono sempre state grandi personalità politiche in grado di fronteggiarli.

Non ti ho scritto questa lettera aperta per osannarti, ma per dare merito al merito.

Ahimè, “MERITO”, parola magica che ha così poco corso e che la Storia riconosce solo a posteriori!

Ho deciso di scriverti semplicemente pensando che potrebbe esserti utile sentire l’opinione di qualcuno fuori dal coro.

Vorrei solo aggiungere un’ultima cosa, nello stile della lettera che non ti ho mai scritto. Tu sei un combattente e lo sarai fino al tuo ultimo respiro. È in questa ottica che ti prego di guardare alle vicende che tanto ti amareggiano.

Ad ogni buon conto, se il 10 Aprile decideranno d’inviarti ai “servizi sociali”, io sarei disposta a venire a darti una mano. Sai, noi donne, siamo brave a “fare i servizi”, anche a settant’anni.

Sono una pensionata, come voi, e non me ne vergogno.

Siamo in 24 milioni e ci dobbiamo far rispettare. Dobbiamo prendere coscienza che siamo una forza perché, nel nostro piccolo, abbiamo sempre dato da giovani e tuttora continuiamo a dare a figli e a nipoti disoccupati. La cosiddetta “spina dorsale” dell’Italia, di cui oggi si parla tanto, siamo noi, perché è sotto la nostra pelle che cresce quella dei giovani, dei lavoratori e degli imprenditori.

Siamo i “nonni saggi”, come direbbe Papa Francesco, e non “morti che camminano” come ci vogliono far credere!

In quanti, tra giovani e meno giovani, sarebbero arrivati alla disperazione senza il nostro conforto e aiuto economico?

Dobbiamo svegliarci!

Abbiamo ancoro un ruolo e dei compiti da svolgere nel campo politico e a tutti i livelli, privati ed istituzionali.

Non diamoci per vinti!

Noi ci siamo ancora!

Non possiamo assistere inermi ad altri tagli delle pensioni, senza gridare all’ingiustizia, mentre i vari “paperon dei paperoni” sguazzano nell’oro che noi stessi paghiamo.

Siamo scoraggiati, è vero! Siamo stanchi di lottare contro i mulini a vento? Beh, abbiamo torto.

Molti tra noi, nel 2006, nel segreto delle urne avevano accordato la loro fiducia a un imprenditore di talento, come Silvio Berlusconi. Avevamo creduto in lui perché aveva costruito dal nulla un vero e proprio impero mediatico.

E poi? La nostra fiducia e soprattutto la nostra attenzione sono state sviate, ad arte, da giornali e dagli stessi che oggi impediscono a Renzi di percorrere fino in fondo la strada delle riforme.

Sono sempre gli stessi.

Sono i “rottamati” che non vogliono rinunciare alle loro poltrone.

Sono quelli che avevano demonizzato Silvio per impedirgli di portare a termine il rinnovamento delle Istituzioni e del sistema giudiziario, gridando a presunti scandali giudiziari.

Avevamo forse pensato, allora, che una giustizia giusta per tutti fosse una legge ad personam, come ci volevano far credere? Se l’abbiamo fatto, ci siamo sbagliati, dobbiamo riconoscerlo. La giustizia è veramente giusta quando lo è per ciascuno di noi ed anche per Berlusconi. Di certo nessuno, più del Cavaliere ha subito un numero così esorbitante di processi spesso basati su “mere illazioni” o su “teoremi” senza riscontri probatori. Se si pensa ai tanti magistrati entrati tra le fila dei Parlamentari di sinistra, qualche sospetto di persecuzione politica verrebbe a chiunque. Berlusconi ha certamente pagato colpe reali o presunte. Vi ricordate il suo volto insanguinato quando un folle l’aveva colpito al volto con una statuina?

Ecco perché alla fine ci siamo rattristati e abbiamo perduto la fiducia nella politica. Ecco perché i “vaffan” di Grillo hanno fatto breccia tra i tanti arrabbiati. Con i “vaffan” ci si sfoga, magari, ma non si va lontano.

Lo sapevamo? Oh, sì. Ci siamo però trincerati in noi stessi piangendo sulla nostra impotenza.

Abbiamo preferito il silenzio e la fuga nell’astensionismo?

Ebbene sì. L’abbiamo fatto!

Ci siamo sentiti vecchi e superati?

Quanti errori, Dio mio.

Lo ripeto, sono una giornalista pensionata come voi, e non me ne vergogno.

Abbiamo una certa età, ma non siamo stupidi.

Nessuno tra noi è obbligato a salire sul carro del vincitore di turno, ma possiamo dire la nostra comunque, indipendentemente dai risultati elettorali.

Possiamo farci ancora valere, credetemi.

Per quanto mi riguarda, le mie scelte sono chiare. Andrò magari contro corrente, ma voterò ancora Berlusconi come nel 1994, nel 2001, nel 2005 e nel 2008.

Come la vedo io, un uomo che si rialza quando cade e che ha la tempra di un combattente è un vero uomo.

A questo punto vi domanderete perché vi scrivo.

Tranquilli!

Non vi chiedo di votarmi, perché non mi sono candidata ad alcunché e mi basta la poltrona di casa mia.

Vi scrivo per dirvi come la penso.

Sono convinta che molti tra voi ragionano come me.

Vi scrivo perché stiamo nella stessa barca.

Tutti noi abbiamo sofferto per le nostre idee e forse soffriamo ancora, ma se non combattiamo siamo perdenti in partenza.

Non lasciamoci rottamare!

Noi ci siamo ancora.

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