Opera? del fisarmonicista Renzo Ruggieri, un progetto da riproporre

Opera? In jazz? Si fa presto a dire, a pensare ad un'aria operistica rivisitata e ... jazzata. 
Ma come riuscire a reinventare quel senso di profonditá e spazialitá, quella velatezza da polvere di palcoscenico che solo il teatro musicale "vero" sa infondere allo spettatore? Abbiamo riascoltato un album di un musicista avvezzo a rovistare nella soffitta, fra le anticaglie della nostra storia sonora e non solo, Renzo Ruggieri, con la sua fisarmonica ... vissuta. Trattasi di "Opera? concerto di musica con improvvisazioni e racconto con recitazione su canovaccio" con la Renzo Ruggieri Orchestra, inciso per la VAP e prodotto nel 2012.
Un disco che ha la particolaritá di scovare e scavare in profondità nei meandri della memoria operistica italiana per ri-costruire una narrazione in musica che ne riproduce il senso della teatralitá e nello stesso tempo la installa in un nuovo asset musicale..
Da premettere che il fisarmonicista è uno dei massimi specialisti dello strumento con cui ha accompagnato fra gli altri Antonella Ruggiero e PFM, Franco Cerri e Lino Patruno, Di Sabatino, Bosso, Moriconi, ma anche con Piera Degli Esposti, Fiorello, la Guerritore, Judith Malina... Un artista abituato agli intrecci ed a ideare arditi progetti orchestrali come quello incentrato su Gorni Kramer, insomma un virtuoso "antiglobalista" che ha il merito di portare in giro per il globo il jazz e la musica italiana Doc. Dunque sicuramente abilitato nel tentare e sperimentare connubi e fusioni fra i generi. Oltretutto la fisarmonica è strumento che oggi più che mai è "transgender" nel travalicare classica folk jazz e nel cambiar pelle con una naturalezza più unica che rara. 
Il disco in questione si caratterizza per una ouverture di melodie originali, con citazioni da Il barbiere di Siviglia, Tosca e La Traviata, effettuata con la sezione d'archi dell'orchestra di stato di Rostov (su youtube è disponibile un video del live con l'Orchestra da camera Benedetto Marcello). 
Ne abbiamo parlato direttamente con l'interessato.

Il racconto, una storia d'amore narrata da Paolo Perelli, si snoda inframmezzata dalle note secondo un percorso, ripreso anche nel disco su Rodolfo Valentino, che gioca su più livelli. Intanto quello propriamente musicale, ruotante fra solismo anche improvvisato dell'accordeon e "tappeto" orchestrale. 
Poi quello del recitativo, "secco" in alcune zone e con sfondo in altre, al quale è conferito il ruolo di offrire un "libretto" mix - Tosca è amata da Figaro ma Alfredo ne è geloso - al fantasioso vestito d'Arlecchino, cucito di trame d'opera ed eleganti ghirigori di note avvolte da una nostalgia-souvenir di echi melodrammatici d'autore.
Il finale è noir o rosa, a seconda che si voglia optare per il tragico o la commedia, come in quel labirintico ipertesto offerto dal repertorio lirico nazionale. E dal procedimento jazzistico. Ma l'album può definirsi "jazzistico"?
Io non potevo solo parlare il linguaggio afroamericano. Per questo sono finito in un progetto come "Opera?" che parte dall'Italia (anche se non trovo facilmente da noi una definizione di cosa sia in musica effettivamente l'italianità); sono in genere più gli stranieri a saperla delineare, quando descrivono il modo in cui tocchiamo gli strumenti, le nostre "singolarità" , individualitá, riconducibili a un personaggio, a un solista, ancor prima che a una scuola.

Ovviamente poi il disco è incentrato sulla nostra idea melodica...
R. Volevo fare un omaggio al melodramma, alla Melodia più ispirata. L'italianità musicale parte da lì. Ed ho scelto una sequenza di tre personaggi di altrettante opere distinte, Il barbiere di Siviglia, La Traviata e Tosca e in questi una figura femminile a far da raccordo, che si chiama Tosca ma è anche un po Traviata...

I tre personaggi son presi da tre episodi...

La storia, funzionale alla musica, nel concerto con testo a commento, si sviluppa 
in tre episodi, La lettera del Barbiere, quello della Gelosia da La traviata e infine il suicidio della Tosca (che nella storia avviene in uno solo dei finali).
A me servivano più che altro delle atmosfere, dei caratteri per sottolineare la musica.

E il doppio finale?
R. Oggi non vanno di moda gli happy ending ma questo genera la prevedibilità del finale contrario. L'artista io penso che debba fare il suo finale, bianco, nero o rosa che sia. In "Opera?" basta un Attimo, titolo del quarto brano, per invitare l'ascoltatore a scegliere il proprio finale.

Ci sono delle sottolineature che vorresti fare su questo progetto sempre attuale, in un momento in cui l'opera lirica è oggetto di rinnovata attenzione?
Intanto ho volutamente evitato i fiati perché volevo una sonorità europea.
Non ho usato swing, tranne un breve omaggio, e innestato ritmiche nordeuropee.
Ho adoperato gli archi in modo diverso, appoggiandoli alla sezione ritmica ma senza mai affidar loro le toniche dell'armonia.

Un lavoro che ha impiegato del tempo...
Ma con un risultato di nitidezza della sezione ritmica ed archi che ha evidenziato meglio una scrittura volutamente pulita e moderna.
Ho inserito un tarantellato, che è molto italiano, a definire meglio la mia identità.
Altra idea: immettere l'improvvisazione all'interno della recitazione, con un canovaccio in mano all'attore per richiamare la nostra commedia dell'arte.

Un progetto a tutto tondo italiano che non può essere archiviato.
R. Certo. È mia intenzione riprenderlo il prossimo anno e proporlo ancora come concerto-racconto.

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