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Crotone - «Grazie Signore per avermi donato la vita», questa è una delle frasi che Piscine Molitor Patel, chiamato Pi, protagonista del film Vita di Pi, dice nel film che io e i miei compagni di scuola abbiamo visto e che, secondo me, può riassumere tutto il significato del film.Vita di Pi racconta la personale avventura di un ragazzo indiano che si ritrova naufrago nel mezzo dell'Oceano Pacifico con una pericolosissima compagna di viaggio: una tigre del bengala.La storia ha inizio quando Pi è ancora un bambino e vive in India con la sua famiglia che possiede un grande zoo. Qui cresce imparando a conoscere ed amare gli animali circondato da una natura meravigliosa, poi quasi adolescente si appassiona alla religione e si mostra sin da subito curioso e intelligente, ma soprattutto dotato di una fantasia e di una sensibilità particolari. In seguito è costretto a trasferirsi in Canada, ma durante la traversata a causa di una violenta tempesta la nave affonda tra le onde e Pi si ritrova, unico sopravvissuto dell'equipaggio su una scialuppa di salvataggio insieme a Richard Parker, la feroce tigre che Pi sin da bambino ha amato e temuto.La sua avventura , piena di significati, è basata soprattutto sulla paura, sulla fiducia, sulla speranza e sul credere in Dio.La ferocia della tigre potrebbe rappresentare il fatto che Pi, in quel momento non credeva più in Dio perché si sentiva solo ed abbandonato da tutto e da tutti mentre, successivamente, quando Pi cerca di addomesticare la tigre, sembra avvicinarsi a Dio e quindi la tigre diventa più docile. L'isola galleggiante su cui Pi e la tigre sbarcano rappresenta i momenti belli e i momenti brutti della vita perché di giorno nell'isola tutto era bello, Pi poteva mangiare i frutti e poteva stare tranquillo, mentre di notte l'isola era spietata e uccideva le creature che l'abitavano. L'abbandono dell'isola, secondo me, potrebbe significare che si deve avere il coraggio di allontanarsi e trovare un'altra via che può essere migliore. Alla fine la tigre non si volterà verso Pi, ciò può essere significativo del fatto che ormai Pi credeva in Dio e quindi la tigre, cioè la parte di Pi che non credeva, era scomparsa per non tornare mai più. Tanti significati, tanti momenti belli e brutti, tanti pensieri e una sola conclusione: tutto ciò che ci fa paura è solo ciò che non conosciamo.

 

Matteo Postiglione

I F, I.C. “V. Alfieri”

«Occuparmi di lui è il mio scopo» questo film Life of Pi mi ha colpito molto perché nella vita ci sono molte difficoltà che pian piano diminuiscono tranne una: la difficoltà di farsi un amico.Pi ha lottato molto contro la sua paura, ma non ce l'ha fatta, per questo, finita la sua avventura Pi si arrende. Arrivato in Messico lui con il suo amico Rikard Parker si dividono; Pi viene portato in ospedale da alcuni uomini sulla spiaggia e Rikard Parker insegue la sua natura nella giungla.

Teresa Ruberto
I F, I.C."V. Alfieri"

«La vita e' un atto di separazione dobbiamo trovare il momento giusto di dirci addio.» Questa è la frase che mi ha colpito di più del film Life of Pi che parla di Pi, un ragazzo che ha perso la sua famiglia in un nubifragio. La frase ci fa capire che noi prima o poi ci dobbiamo separare anche dalla cosa più preziosache abbiamo e dobbiamo avere il coraggio,   la fiducia e la speranza che ha avuto Pi.

 

Emma Adolfini
I F, I.C. "V. Alfieri"

La speranza è sempre l'ultima a morire; questo sentimento accompagna Pi quando si trova in mezzo al mare disperso con una tigre in seguito al naufragio di una nave sulla quale si era imbarcato insieme alla sua famiglia.L'avventura di Pi insegna che anche dinanzi a situazioni di pericolo, paura, incertezza è possibile trovare una via di scampo se si confida nel proprio istinto, nel proprio coraggio e nella propria forza d'animo.La lezione ha una valore maggiore, perché viene dalle azioni e reazioni di un giovane;è un bell'esempio di incoraggiamento.

 Marco Coluccio
I F, I.C. "V. Alfieri"

La vita è fatta di separazioni, ma la cosa peggiore è non avere l'attimo giusto per dirsi addio.Pi nasce in India è un bambino che ama molto gli animali e i suoi genitori sono proprietari di uno zoo. l genitori decidono di trasferirsi in Canada e durante il viaggio la nave affonda e Pi rimane in balia delle onde su una scialuppa con una zebra, un orango, una iena e una tigre del Bengala.Ben presto Pi si ritrova solo con la tigre. Comincia così la sua avventura piena di paura di morire e istinto di sopravvivenza. Impara a pescare e nei momenti più difficili trova il coraggio nella fede e in se stesso diventando forte e sicuro.

 

Michele Spina

I F, I.C. “V. Alfieri”

Io e la tigre

Mi ritrovai sulla barca, faccia a faccia con la  tigre.

«Mi guardava minacciosa.

Sembrava che volesse affondare le sue fauci nella mia carne. Le offrii un pesce, ma lei lo rifiutò.

Preso dalla rabbia, scagliai il pesce in acqua.

Non ne rimase nulla,venne divorato in un solo attimo dai piranha. L'acqua sottostante divenne un tumulto di pesci,lì regnava il pericolo. Negli occhi della mia terribile compagna vedevo il mio terrore. Eravamo soli, nell'immenso oceano!

La tigre mi si avvicinò,e come un gatto poggiò la sua testa sulla mia pancia. Tremavo, e non tentai di toccarla.

La sentivo respirare sul mio ventre.

Da quel momento in poi niente ci separò. Avevamo fatto un patto silenzioso....

Lei sarebbe stata la mia salvezza!»

Lara Levato

I A, "Anna Frank"

«La paura è stata ciò che mi ha salvato, mi ha aiutato ad essere prudente, è stata uno sprone a non arrendermi sulla barca in mezzo al mare, come avrebbero fatto tanti altri.La paura mi ha imposto il coraggio per combattere una battaglia, la battaglia per la mia vita...Se mi fossi salvato, avrei provato una gioia immensa nel sapere di essere speciale.Dopo mesi di navigazione alla deriva avevo quasi perso la speranza,mapoi capii che la speranza è l'ultima a morire, perché probabilmente se non avessi sperato di sopravvivere non ce l'avrei fatta.Sopravvivere era quasi impossibile, ma la mia fede mi teneva in vita. Solo quando ormai ero sano e salvo capii che persone come me ne esistevano poche al mondo, ero stato diciamo "fortunato" perché in quel mare immenso avevo vissuto l'avventura più grande della mia vita: avevo visto spettacoli di luce emanati da meduse, mi erano schizzati dei pesci in faccia e soprattutto ero stato naufrago con una tigre!Perché sono sopravvissuto solo Dio lo sa,ma dopo questa avventura hocapito che la mia vita è un dono prezioso e va vissuta ogni giorno al massimo!

FRANCESCO GROTTERIA

Mi presento mi chiamo Pi
«Ho
vissuto una vita di paura, ma è stata proprio la paura a darmi il coraggio per andare avanti in qualsiasi difficoltà. Ho dovuto affrontare pericoli enormi, ma ce l'ho fatta. Credo che tutto questo sia dovuto alla forza che sono riuscito a darmi, alla volontà di sopravvivere, pur essendo stato su un'imbarcazione in mezzo al mare senza cibo, senza acqua e con una tigre che mi avrebbe potuto sbranare in qualsiasi momento.Eppure non l'ha fatto, anzi mi ha trattato come un compagno di viaggio e di avventura. Questa è la cosa più rincuorante della brutta esperienza che ho affrontato. Forse l'unico rammarico che posso avere di tutto questo è che la tigre o come la chiamavo io con il suo nome, Richard Parker, non si sia voltata, dopo tutte le avventure passate insieme, né mi abbia degnato di uno sguardo. Me lo aveva detto mio padre che le tigri sono fatte così. Dopo tutto questo, io penso che alla fine la vita non sia altro che un atto di separazione, ma la cosa che crea dolore è non prendersi un momento per un giusto addio! lo ho imparato da questa esperienza che dalla paura bisogna prendere il coraggio per superare le difficoltà della vita.»

Francesco Stingi
I A, "Anna Frank"

Ero solo nell'Oceano

«Ero solo sulla barca, e pensavo: - Come farò a sopravvivere con una tigre? Dovrò darle da mangiare per evitare che lei mangi me!-Tanti pensieri affollavano la mia mente, ma soprattutto la paura, che diventava terrore quando vedevo nei suoi occhi la ferocia dell'animale selvaggio.Passarono i minuti, le ore, i giorni, i mesi....Quando arrivammo sull'isola e realizzai che ero ancora vivo, la vidi allontanarsi verso la foresta.Non si voltò a salutarmi. Mi sentii tanto triste.Eravamo stati insieme giorni e giorni nell'oceano a sfidare la morte e lei non si girò. Mi si spezzò il cuore. Mi ero illuso di essere suo amico.Ero solo uno sciocco.Si può diventare amici di una tigre?»

 GEORGIANA PRUTEANU
I A, "Anna Frank"

 

 

 

 IO HO FIDUCIA IN DIO

 Caro Pi, anch'io mi sento come te insicuro e pieno di paure

a volte mi chiedo il perché

e penso alle mie avventure.

Mi sconvolge l'idea di un terremoto o di una tempesta, di un incendio o di un terribile uragano,

di perdermi in una fitta ed oscura foresta,

 in un luogo solitario e per me molto lontano.

 Nei miei sogni incontro animali feroci:

tigri, leoni e velenosi serpenti; uomini che causano dolori atroci, furbi, scaltri e malviventi.

E che dire, poi, del pensiero dell'Inferno, di questo posto tanto tenebroso

o dell'assenza del Padre Eterno

 che rende il mondo triste e doloroso?

Quando, però, osservo la natura, tornano in me la fiducia e la speranza e la vita appare bella e sicura,

i pericoli non hanno più importanza.

 Anche tigri e leoni amano i loro piccoli e si arrabbiano solo per difendersi,

non tutti gli uomini sono violenti o ridicoli e, spesso, sanno anche comprendersi.

 Ora, Dio mi appare in ogni cosa, lo sento sempre più vicino,

la mia giornata si fa gioiosa se c'è Lui sul mio cammino.

 Nudo Lorenzo

I A, "Anna Frank"

Io nei tuoi occhi

Io nei tuoi occhi vedo …

La mia famiglia sprofondare

Sparire sotto le grinfie dell’oceano e del mare.

Io nei tuoi occhi vedo …

La speranza di salvarmi

La paura che ho dentro

Mi aiuta a non arrendermi.

Sono sicuro che con te

Riuscirò un giorno a tornare

In una terra molto lontana

al di là di questo mare.

Io nei tuoi occhi vedo …

Una luce che non si oscurerà mai

Perché tu con me sopravviverai.

Io nei tuoi occhi vedo …

Un’amicizia che non perderemo

E che mai scorderemo

… finché vita avremo.

Gioia Folino e Saida Rocco

I A, “Anna Frank”

La vita di P i tratta argomenti che non sono alla portata di tutti e su cui sta o cade l'intera resa del film, perché qui si discute apertamente di Dio senza escamotage di sorta.

   L'intento è dichiarato fin dall'inizio: prendere o lasciare. Un film tanto intelligente quanto  obbiettivamente compiacente; con quel suo tenersi in equilibrio precario tra l'esigenza di risultare appetibile al grande pubblico e quella invece di stimolare riflessioni più alte anche a costo di irritare lo spettatore. Il film è leggibile su più livelli e cuce insieme spunti diversi presentandoli in una chiave quasi fiabesca. Il messaggio è che per vivere meglio tutte le cose vanno prese così come sono lasciandosi andare, a volte, a qualsiasi cosa invisibile agli occhi, ma non alla mente e solo la fede può esserne la risposta.Il racconto Vita di Pi è tratto dal libro Life of Pi dello scrittore canadese Yann Martel.La storia è piena di metafore, lo è il racconto stesso, infatti, secondo me, il momento in cui Pi, il protagonista, si trova solo per l'oceano con la tigre Richard Parker sta ad indicare la difficoltà, per un ragazzo, di passare dalla giovane età a quella adulta.Un'altra metafora può essere l'isola cannibale che indica un po' la nostra "isola sicura" in cui ci rifugiamo, ma il solo pensiero di rimanere intrappolati, allontanandoci dalla vita reale, ci spinge a pensarla come una prigione in cui noi siamo obbligati a rimanere per tutta la vita e facciamo tutto il possibile per scappare. Questo è quello che fa Pi quando capisce che l'isola non è più sicura.Anche la morte della famiglia di Pi è una metafora: indica la perdita di tante persone care che ci sono sempre state vicine per aiutarci, ma una volta andate via non possiamo contare più su di loro e dobbiamo imparare a gestirci da soli, che non è una cosa impossibile, bisogna solo provarci per riuscirei.Complessivamente, quello che la storia vuole farci capire, è che tutti gli ostacoli che incontriamo ogni giorno della nostra vita non sono impossibili da superare, perché l'unico vero ostacolo è la paura di non essere pronti a diventare grandi e prendersi ognuno le proprie responsabilità, ma con l'impegno e la voglia di riuscirei anche questa non è impossibile da superare.

Giuliano Pugliese

II A, "Anna Frank"

Per me questo film è veramente bello, non solo per gli effetti speciali spettacolari, ma anche perché fa capire alcuni dei valori più importanti della vita come: il coraggio, l’amicizia, il rispetto nei confronti degli animali. Questo film affronta anche l’adolescenza, facendo capire inoltre le differenze e le similitudini tra gli adolescenti dei paesi occidentali e dei paesi orientali, in questo caso l’India. Per me il protagonista vede nella tigre se stesso, la sua parte peggiore, quella che fa di tutto pur di sopravvivere. Questa sua parte peggiore prende il sopravvento su di lui quando dopo moltissimi giorni in mare pur di mangiare qualcosa uccide in modo brutale un pesce dai colori sgargianti, che rappresenta la sua parte umana schiacciata dalla sua peggiore, quella animale.

Emanuel Manica

II A “Anna Frank”

Questo film è davvero uno dei migliori che abbia mai visto,non soltanto per la sua trama anche per gliinsegnamenti che trasmette, per le emozioni, per le sensazioni. lo mi sono commosso nel guardarlo, era come se io fossi Pi. Questo film mi ha trasmesso molti sentimenti tra i quali felicità e in alcune parti stupore, era meraviglioso guardare Pi che escogitava mille soluzioni per la sua sopravvivenza con Richard Parker. Questo film mi ha insegnato moltissime cose, cose sull'amicizia,sulla sopravvivenza, ma soprattutto anche sulla speranza e la volontà. Mi ha insegnato che per essere amici non bisogna essere uguali ma, soprattutto mi ha insegnato a non arrendersi mai, perche anche quando le cose sembrano brutte c'è sempre una soluzione, ad esempio Pi era sul punto di arrendersi,di mollare tutto ma, grazie alla sua forza fisica e mentale è riuscito ad andare avanti, a sopravvivere. Questo film mi ha insegnato a lottare per ciò che voglio ottenere, mi ha insegnato a non guardare solo le cose negative, ma anche quelle positive e a valorizzarle moltissimo.!Infine questo film ci insegna ad apprezzare le cose belle della vita e a non arrendersi mai.
Samuele Poelo
II A, "Anna Frank"



Barbara Scavelli
II A, "Anna Frank"

Nel film Vita di Pi sono numerosi gli insegnamenti presenti, ma mi ha colpito di più quello della serenità e di una amicizia inaspettata.Infatti, Pi, dopo aver perso la sua famiglia, rimane solo su di una scialuppa in mezzo all'oceano con una tigre, Richard Parker e, grazie alla sua serenità, Pi è riuscito a rimanere in vita ma, soprattutto, mi ha fatto capire che con la calma e la serenità anche un lupo può fare amicizia con un agnellino: è questo che è accaduto in una delle scene più belle del film ovvero quando Pi abbraccia Richard Parker.E' questo, secondo me, l'insegnamento fondamentale, quello che resterà nella vita futura con le persone più scontrose, meno amichevoli e poco propense a stringere amicizia: solo con la serenità e la calma possiamo avvicinare quelle persone, delle tigri,  a noi.Infine, questo non è però l'unico argomento di cui parla il Film, vi sono anche molti altri spunti di riflessione che questo film suscita ma, come detto prima, per me è quello più rilevante.

 

Elio Manica

 II A, "Anna Frank"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Crotone -Nel film che abbiamo visto c’era un bambino di dieci anni che passava la maggior parte del tempo a giocare da solo. Questo perché non riusciva a comunicare con la mamma e la sorella, molto spesso litigava con loro e per questo motivo si rinchiudeva nella sua stanza a immaginare un mondo fantastico.

Questa storia vuole farci capire quanto sia importante comunicare con gli altri e soprattutto con i propri familiari. Se fosse riuscito ad aprirsi con la sua mamma e raccontarle i suoi problemi sicuramente avrebbero trovato una soluzione insieme.

Un’altra cosa che ho capito è che gli errori non li fanno solo i piccoli, come in questa storia, dove la mamma non capisce il disagio del figlio e lo trascura molte volte. In una scena del film lei cena con un uomo e non si accorge che suo figlio soffre perché ha paura di perderla. Se lei gli avesse spiegato che uscire con un uomo non significava sottrarre amore al proprio figlio.

L’amore di una mamma rimane sempre quello ed è un amore che non avrà mai fine. Anch’io come lui litigo con mio fratello e con i miei genitori, nella vita si può litigare, ma bisogna chiarirsi e cercare di fare la pace e non rinchiudersi nel silenzio e nella rabbia.

Vincenzo Niccolò Iuliano
IC, "Anna Frank"

Il significato della storia e il suo messaggio è che non si può stare da soli se si vuole essere felici.

I mostri cattivi rappresentano la paura di Max di rimanere da solo. La solitudine si può superare con l’amore ed il perdono. Tale messaggio viene espresso dal personaggio di Carol, che coincide con il personaggio di Max, entrambi rabbiosi, nervosi.

Max comprende che deve amare la sua famiglia e non deve più essere arrabbiato con essa ed i mostri rappresentano il disagio e la turbolenza che vi è.

Il protagonista Max è un bambino iperattivo e lo era perché si sentiva solo e non ascoltato. Ciò lo porta a creare un mondo tutto suo di mostri selvaggi.

Max sapeva che i suoi familiari gli volevano bene, ma non gli davano sufficienti attenzioni, quindi ad un certo punto scappa via e giunge su un’isola selvaggia dove incontra creature strane e rabbiose come lui; queste creature rappresentano la sua interiorità e la sua insicurezza.

Inizialmente Max incoraggia i mostri e dice loro che risolverà la loro situazione diventando il loro re.

Ben presto, però , si rende conto che governare e risolvere i problemi non è una cosa facile, specie quando qualcuno è egoista, coma Carol. Max si rende conto che anche lui è un po’ egoista con le sue richieste e che anche lui ha delle responsabilità per migliorare la sua famiglia e torna a casa da essa dove è giusto che stia.

Piera Mauro
IC, "Anna Frank"

LA FELICITÀ
Solo soletto
nel guscio di casa
vado cercando respiri di felicità,
fuggo, mi immergo nel torbido Mondo incantato
mi elevano al trono
"Evviva sono io il re".
Scorgo più in là
ombre ed affanni,
torna il ricordo
del dolce passato
casa mia casa,
dov'è che ti ho lasciato?
Attendimi, sto tornando da te!

Enrica Pamiotto
IC, "Anna Frank"





Arrabbiato e sempre nervoso

Volò via in un sol momento

Lontano dalla sua famiglia veloce come il vento.

Perché Max è solo?

Perché è così infelice?

Nell’ animo di un bambino che malinconico e disperato

Cerca amore nel viso di un mostro arrabbiato .

Impaurito dimostri turbolenza d’animo,

Il capire te stesso t’incoraggia,

La tua disperazione ti fortifica,

Affronti situazioni fingi di esser parte di loro stesse.

Selvaggio e trascurato cerchi svago,

ma ritorni da una mamma assai felice di

Aver ritrovato nel

 fanciullo suo

L’amore e la voglia di aver vinto.

Andrea D'Angerio
IC, "Anna Frank"

Questo racconto parla di Max, un bambino iperattivo, selvaggio e rabbioso. Max è un ragazzo molto solo, poiché sua sorella lo ignora preferendo passare il tempo con gli amici, piuttosto che con il suo fratellino. Una mamma che passa quasi tutte le sue giornate a lavoro ed un papà, che purtroppo è morto. Della morte del padre Max ne risente molto, infatti per questa ragione inizia a diventare un bambino molto chiuso e solo. Max assume questi atteggiamenti solo per attirare l'attenzione della madre, poiché tra di loro non c'era più dialogo. Una sera, per questa ragione, litiga bruscamente con la mamma e scappò di casa recandosi su un'isola. Arrivato, scopre che quest'isola è abitata da creature selvagge; queste rappresentano i suoi disagi interiori. Inizialmente Max diventa il re dell'isola ed incoraggia i mostri, dicendo loro che risolverà la situazione, ma restando con loro, capisce tutti gli errori che aveva commesso. Purtroppo oggi molti bambini soffrono per l'assenza dei loro genitori, poiché quest'ultimi pensano di essere vicini ai propri figli, solo facendo dei regali, al contrario non pensano che ai bambini basterebbe una semplice carezza, un dolce abbraccio o una semplice frase: "Ti voglio bene". Purtroppo questo a Max non succedeva, poichè aveva una sorella che pensava ai suoi amici, una mamma che pensava al suo lavoro ed un papà che purtroppo non c'era più. Max soffriva molto per la morte del padre, anche per questo inizia a rinchiudersi nei suoi pensieri. I mostri che incontrò sull'isola, rappresentano la sua turbolenza ed il suo disagio, infatti le creature mostruose raffigurano i litigi che avvengono nella sua famiglia. Carol era la creatura più rabbiosa e selvaggia che si trovava sull'isola, quindi non è altro che il riflesso di Max, infatti i due per gli stessi motivi si arrabbiano e si innervosiscono. Proprio grazie a Carol, Max capisce che a casa ha una famiglia che lo ama e gli vuole bene e che i litigi non avvengono solo per colpa della madre e della sorella, poiché la maggior parte degli screzi vengono provocati da lui, a causa dei suoi modi bruschi. Così decide di ritornare a casa ed una volta lì, viene accolto dalla mamma, e decide di cambiare. Il messaggio che vuol darci questo racconto è che non si può stare da soli se si vuole essere felici, bisogna risolvere la solitudine con l'amore ed il perdono.

Martina Tonolli
IC, "Anna Frank"


Max era nervoso perché aveva perso il padre , ma dopo tutte le sue peripezie capisce che deve amare la sua famiglia.

La paura di Max di rimanere da solo è rappresentata da tanti mostri cattivi , ma in fine capisce che con l’amore e il perdono risolve la sua solitudine.

Mi è piaciuto molto il fatto che Max diventa re per incoraggiare i mostri , poiché erano tristi.

Poi mi è piaciuto quando Max ha chiesto scusa ed è stato perdonato.

Ho provato gioia quando lui è stato accolto dalla mamma perché come tutte le mamme sono sempre pronte ad accogliere i propri figli a braccia aperte e perdonarli.

Anche io come Max quando dico qualche bugia non mi sento sereno.

Tutto questo mi insegna ad amare i miei genitori ed i miei fratelli , ad essere rispettoso verso tutti e a non dire le bugie.
Matteo Pupa
IC, "Anna Frank"

 
Basta, basta, non ce la posso fare,

non posso continuare con questo dolore.

La mia famiglia non mi ama più,

non posso aspettare, ho deciso,

scapperò via per sempre.

Ecco, finalmente sono arrivato,

dopo aver viaggiato tra l'immenso mare.

Sono su un'isola ricca di mostri

ed ora sono finalmente il loro re,

ma non mi sento ancora abbastanza felice.

Quei mostri mi hanno fatto capire,

il vero senso che c'è nell' amore e nel perdono.

Ho deciso, ho capito di aver sbagliato,

mamma aspettami, sto tornando da te.

Federica Marcello
IC; "Anna Frank"


Tutta la mia classe ha partecipato all’iniziativa “ Leggi Film”. Questa iniziativa consiste nel vedere un film in biblioteca , ispirato a un libro per poi trascriverlo. Il film che abbiamo visto si intitolava “ Nel paese delle creature selvagge”. Il film narra di un bambino di nome Max che si comportava in famiglia come un selvaggio. Si sentiva poco considerato dalla mamma, privo d’ affetto anche perché il padre era morto. Un giorno litigò con la mamma e scappò di casa. Subito dopo si ritrovò in un bosco incontrando dei mostri.

Max notò che il comportamento di un mostro era simile al suo. Il comportamento di questo mostro era aggressivo rispecchiava le azioni di Max nella sua vita reale. I due erano così simili da diventare buoni amici.

Max con l’inganno divenne il re dei mostri, ma quando fu scoperto i mostri rimasero delusi. Dopo tanto tempo trascorso nel paese dei mostri,Max decise di tornare a casa. Al suo ritorno fu accolto dalla mamma con un forte abbraccio pieno di gioia da entrambe le parti.

 Manuel Giungato
IC, "Anna Frank"

I problemi in famiglia

causati da madre e figlia

per mancanza di confidenza

trasformano la paura in turbolenza,

scappare su un' isola selvaggia

sembra quasi un' idea giusta e saggia.

Ma la solitudine non porta a nulla

e un po’ di paura in testa frulla.

Le strane creature rabbiose

si trasformano in cambiamenti preziosi,

Max risolverà la situazione

con la sua immaginazione

e con la forza dell'amore

la famiglia vivrà una migliore situazione

 CRISTINA IMBRAUGLIO 
IC, "Anna Frank"

Max ragazzo vivace anche se un po’ loquace

amore ed attenzione cercava, ma nessuno gliela donava.

Con la mamma litigò poiché il fidanzato invitò

per tanto Max la picchiò e se ne scappò.

Con il pensiero nel bosco arrivò

e lui nuovi amici trovò.

Con loro troverà molta gioia e serenità

che lo porterà a fondare una nuova città.

Max la peste, selvaggio com’ è,

non fatica a farsi onorare come un re’.

Un mostro amico intuì

che non era così.

Perciò litigò e lui a casa tornò

con pentimento la mamma abbracciò

ed in un fiume di lacrime scoppiò.

Caterina Durante
IC, "Anna Frank"

 Max era un bambino molto nervoso,vivace e arrabbiato.Io penso che la colpa di tutto questo nervosismo e di questa violenza non sia solo di Max,ma soprattutto della madre.Max non ha il padre e la madre va dietro al suo fidanzato senza occuparsi dell’educazione di suo figlio,mentre la sorella perde tempo con gli amici e così non gioca mai con suo fratello.Credo che tutta questa condizione sia la causa della violenza di Max.Quando il bambino scappa da casa e và in una giungla si crea dei nuovi amici.Erano degli animali che cercavano di andare d’accordo tra loro,ma non ci riuscivano poiché ognuno di loro voleva affermare la propria volontà rifiutandosi di ascoltare l’altro. Max cerca di aiutarli e si fa proclamare “re”, ma presto scopre che quella gran confusione, quel litigio, quel non perdonare non era altro che il riflesso della sua vita.Finalmente cominciò a capire che non era solo colpa della madre, ma anche colpa sua. Doveva cercare di essere più calmo e soprattutto capire che niente si risolve con la rabbia e la violenza. Doveva solo parlare con il cuore in mano e spiegare alla madre che a volte aveva bisogno di attenzioni.Quando capì tutto ciò se ne torno a casa. Ora Max è cambiato sicuramente perché ha capito che nella vita bisogna affrontare le situazioni con calma e capire che riflettendo si può trovare una soluzione ad ogni problema.La rabbia e la violenza ci offuscano la mente e non ci fanno vedere la realtà.

Aurora Podella

Il film “Nel paese dei mostri selvaggi” è molto istruttivo perché ci insegna a riconoscere la rabbia e i nostri stati d’animo.

Il film racconta di un bambino di nome Max che non viene considerato né dalla mamma né dalla sorella.

Infatti Max immagina nella sua camera un paese dove c’erano mostri selvaggi.

Tra questi c’era un mostro di nome Carol con il quale lo rispecchiava molto.

Max appena lo vide si affezionò subito e si misero a giocare.

Purtroppo il mostro litigava con i suoi amici e proprio dalle sue azioni, Max capì che erano le stesse che lui aveva nei confronti della sua famiglia.

Max e tutti i mostri si misero a costruire un paese, dividendosi i compiti e divertendosi.

Quando finirono di lavorare, si buttarono tutti a terra uno sopra l’altro e si misero a dormire.

Max si mise in cima alla massa e guardò il cielo e gli venne in mente la sua famiglia.

Al mattino seguente, Max decise di lasciare il paese ed andarsene da sua madre.

Appena tornato a casa chiese scusa alla mamma e alla sorella per il suo comportamento.

La cosa più importante di tutte e che le persone ci amano così come siamo e anche se non dimostrano il loro amore, non dobbiamo prendercela male.

Questo gesto, nella storia, viene rappresentato tra la mamma e il figlio e questa scena mi ha veramente colpita.

 Martina Paschino

Max era un bambino senza affetto e litigava molto spesso con la mamma e con la sorella perché non gli dedicavano tempo per stare insieme. Il papà di Max non c’era più e un giorno vide la sua mamma con un nuovo fidanzato; Max si arrabbiò molto e decise di scappare di casa, prese una barca e partì per il suo lungo viaggio.La barca lo portò in un’isola dove incontrò dei mostri che si trovavano nella stessa sua situazione: litigavano sempre tra di loro. All’inizio i mostri volevano mangiarlo, ma Max gli disse di essere un re e i mostri fecero festa per il loro nuovo re.

Max fece costruire ai mostri un castello a forma di cerchio ma i mostri non smettevano un attimo di litigare. Iniziavano a capire che Max non era un vero re e quindi litigarono anche con lui.

Max decise di andarsene e di ritornare a casa perché capì che aveva anche lui delle responsabilità: doveva curare la mamma e la sorella al posto del papà.

Appena ritornò a casa, andò senza pensarci due volte dalla mamma per abbracciarla e si perdonarono.

 Enrico Romano’
IC, "Anna Frank"


Per me Max era un bambino solo,non aveva nessuno,aveva una mamma e una sorella,ma non mostravano nessuna forma di affetto verso di lui.

Max,secondo me era,magari,a volte un po’ aggressivo e violento,ma questo solo perché non veniva ascoltato da nessuno si sentiva abbandonato.

A me piace molto la parte in cui Max scappa via di casa e con tutto quello che ha dentro di sé crea una palude con la sua immaginazione dove ci sono mostri che rappresentano i suoi sentimenti e comportamenti.

Ognuno di questi mostri cerca la felicità e con Max la troveranno, attraversando momenti brutti tra loro, avventure da non dimenticare e momenti tristi;

questo film mi ha fatto imparare molte cose.

Max poteva essere tutto,un bambino con tanta energia nel corpo,frenetico, ma resta comunque un bambino dolce che cerca amore e alla fine capirà che anche lui ha sbagliato qualcosa;è proprio questo che mi piace,capisce i suoi sbagli e ritorna a casa.

Una cosa che non mi piaceva molto era il suo comportamento animalesco e solo questo,che non ho accettato.

Per il resto posso affermare che è stata una storia splendida.

Io penso che i suoi comportamenti sono stati dettati dal fatto che era sempre solo.

Max voleva essere solamente ascoltato,niente di più,voleva stare con la sua famiglia e non essere ignorato, infondo era solo un bambino, non poteva capire che quello che stava facendo era sbagliato.

L’emozione che ho provato guardando questo film non si può neanche descrivere, Max, ha sbagliato, ma poi ha capito che non doveva abbandonare la sua famiglia, perché era l’unica cosa che gli era rimasta e non poteva perderla.

Chiara La Vecchia
IC, "Anna Frank"


Il libro racconta le avventure immaginarie di un bambino di nome Max che non si sente capito dalla sua famiglia e rimanendo solo nella sua camera si perde in un mondo di mostri selvaggi e strane creature.

I mostri cattivi rappresentano le paure di Max e i litigi con la sua famiglia. Max infatti era un bambino iperattivo, questo perché soffriva di solitudine e non sentendosi ascoltato, si arrabbiava e si chiudeva in un mondo tutto suo, dove capì, che se si vuole essere felice non si può stare da soli. Stare insieme ai mostri rabbiosi lo ha aiutato ad affrontare le situazioni e a capire che anche lui ha delle responsabilità, infatti è proprio lui a diventare il re dei mostri selvaggi. Quando Max capisce che i familiari gli vogliono bene e quindi non deve più essere arrabbiato con loro, decide di tornare a casa, perché la solitudine si sconfigge con l’ amore ed il perdono.

Come il piccolo Max anche io ho dei momenti in cui sono arrabbiato e mi chiudo nella mia camera perché ho bisogno di stare da solo. Mamma mi sgrida, non mi sento capito, inizio a sbattere la porta e mi trasformo in un bambino furioso. Subito dopo capisco di avere sbagliato, chiedo scusa e mi rendo conto di non riuscire a stare da solo. Ho bisogno della mia famiglia che mi rimprovera per il mio bene. In un certo modo, mi sento un po’ Max, anche se non mi circondo di mostri.

Emanuele Pupa
I C, "Anna Frank"
 

Questo film ha un significato: non si deve mai stare soli se si vuol essere felici.

Il protagonista del racconto è un bambino che si chiama Max.

Questo bambino immagina un vero e proprio mondo dove ci sono dei mostri che lo rispecchiano e che rappresentano la sua paura nel rimanere da solo e la turbolenza della famiglia.

I mostri vivono in solitudine estraniati dal mondo reale, infatti Max cerca di risolvere la solitudine con amore e perdono.

In questo film c ’è un mostro di nome Carol che è uguale e identico a Max, il suo riflesso; entrambi sono nervosi e scontrosi verso tutti.

L’esperienza con i mostri serve a Max per capire che deve amare la sua famiglia e non deve essere scontroso con essa.

Il protagonista è un bambino iperattivo e, da molto tempo, mi pongo dei perché sul suo conto.

Ho capito che era quasi solo e nessuno lo ascoltava, inoltre, il papà non c’era più per lui quindi la madre si è fatta un’altra vita e ha trovato un altro; Max pensava che quell’uomo avesse potuto portare via sua madre, inoltre la sorella non giocava mai con lui e, invece, usciva con gli amici.

Max, stando con i mostri, capisce che anche lui ha delle responsabilità e, alla fine del film, viene fuori che il ragazzo ne comprende il motivo.

Io posso capire Max perché anche io ho perso mio padre e mia madre ha trovato un’altra persona.

Infatti anche io prima ero furibondo perché non avevo un padre;adesso, invece mi sento più tranquillo perché ho trovato un vice papà.

Io sono felice e non ho paura che questo nuovo mio papà mi possa portare via la mia mamma.

Insomma, io, un po’… sono come Max.


Fausto Rotella
IC, "Anna Frank"







Un bambino un po’ violento
correva in casa come il vento
la mamma e la sorella non gli davano amore
Max per loro aveva molto rancore.
Un giorno fuggì
sulla barca dormì,
su un'isola si fermò
re dei mostri diventò.
Max capì la differenza
lui tornò a casa con amore e senza violenza.

 

Rinaldo Iona

I C "Anna Frank"

Il film “Nel paese dei mostri selvaggi” è molto istruttivo perché ci insegna a riconoscere la rabbia e i nostri stati d’animo.Il film racconta di un bambino di nome Max che non viene considerato né dalla mamma né dalla sorella.Infatti Max immagina nella sua camera un paese dove c’erano mostri selvaggi.Tra questi c’era un mostro di nome Carol con il quale lo rispecchiava molto.Max appena lo vide si affezionò subito e si misero a giocare.Purtroppo il mostro litigava con i suoi amici e proprio dalle sue azioni, Max capì che erano le stesse che lui aveva nei confronti della sua famiglia.Max e tutti i mostri si misero a costruire un paese, dividendosi i compiti e divertendosi.Quando finirono di lavorare, si buttarono tutti a terra uno sopra l’altro e si misero a dormire.Max si mise in cima alla massa e guardò il cielo e gli venne in mente la sua famiglia.Al mattino seguente, Max decise di lasciare il paese ed andarsene da sua madre.Appena tornato a casa chiese scusa alla mamma e alla sorella per il suo comportamento.La cosa più importante di tutte e che le persone ci amano così come siamo e anche se non dimostrano il loro amore, non dobbiamo prendercela male.Questo gesto, nella storia, viene rappresentato tra la mamma e il figlio e questa scena mi ha veramente colpita.

Martina Paschino

IC, "Anna Frank"

Ho letto, visto e ascoltato molte storie, ma questa é quella con più significato e con eventi che accadono anche nella vita reale.Questo libro s'intitola " Nel paese dei mostri selvaggi " e racconta la storia di un bambino che non si sentiva amato e per questo faceva delle azioni sbagliate come quando diede un morso al braccio della madre e per punizione lo fece andare a letto senza cena.Questo bambino dalla sua stanza si trovò, improvvisamente, catapultato in un bosco pieno di mostri che gli fanno capire molti aspetti della vita e lo fanno ragionare un po'.A me questo filmi ha colpito molto e mi ha insegnato diverse cose, non bisogna mentire poiché chi vive nella ignoranza non costruisce niente.Ad esempio Max ,il bambino, si fece passare per il re della foresta e quando i mostri capirono che aveva mentito, si arrabbiarono molto, ma poi riuscirono a perdonarlo.Un'altra cosa che mi ha insegnato questa storia é proprio il bisogno di perdonare perché é importante avere rapporti basati sul rispetto e sull' amore.Amare significa accettare gli altri per come sono con pregi o difetti l'importante é fidarsi.Questo gesto d'amore viene chiaramente dimostrato dallo sguardo tra la mamma e il figlio.Un' altra cosa che vorrei aggiungere é il momento in cui Max vuole salvare i mostri e costruire per loro un villaggio stupendo, quindi questa storia ci insegna anche ad aiutar reciprocamente e questo bisogna farlo sempre soprattutto nei momenti in cui una persona é triste.

 

  Garzieri Anna    Lourdes
I C, "Anna Frank"

Max è un bambino che ha diversi problemi in famiglia, la sorella maggiore non lo considera, i genitori sono separati e la madre frequenta un altro uomo. Dopo una serie di litigi Max si trasporta con la fantasia su un’isola popolata da mostri. Questi mostri rispecchiano la sua famiglia ed i suoi problemi.Carol era un mostro irrequieto e dispettoso, proprio come Max quindi non era altro che il suo riflesso. Vivendo al fianco di Carol Max capisce molte cose importanti: il perdono, l’importanza della famiglia ed il rispetto reciproco.Il perdono è un atto che rafforza un rapporto, in questo caso quello tra Max e Carol o quello fra Max e la mamma, qui Max prende consapevolezza degli errori che ha fatto e decide di perdonare.Il rispetto reciproco nel film si trova quando tutti i mostri e Max e decidono di costruire la loro casa – nido e lavorano insieme per fare ciò, ma durante la costruzione capiscono che non riescono ad andare d’accordo.La famiglia è importante perché Max ha capito grazie all’esperienza con i mostri che non bisogna solo ricevere ma bisogna dare e donarsi all’altro con tutto il cuore.In conclusione Max ritorna a casa, Carol lo perdona e si salutano con il loro ululato. Quando Max arriva a casa la prima cosa che fa è abbracciare la mamma ed il calore di quell’abbraccio diventa il fondamento del futuro legame.

 

 Carlo Pili

               
I F, "Anna Frank" 

Un film che mi è piaciuto particolarmente si intitola “Il paese dei mostri selvaggi”.Parla di un bambino che si chiama Max,ha molta immaginazione ed è iperattivo,ma lo fa perché vuole attirare l’attenzione della mamma e della sorella che lo trascurano. Lui passava la maggior parte delle sue giornate a inventare giochi strani,poiché era solo. Un giorno era in giardino a giocare nella sua casetta fatta con la neve,poi vide gli amici della sorella e lui gli tirò le palle di neve, loro iniziarono a tirargliene altre e iniziarono a giocare insieme,ma questo durò per un istante perché subito dopo gli saltarono addosso facendogli male e distruggendo la casetta,Max scappò via piangendo.Un giorno immaginò di andare in un paese dove c’erano molti mostri e qui incontrò Carol un mostro dal carattere molto simile al suo. I mostri erano impegnati a litigare e a distruggere tutto ciò che li circondava,ma quando arrivò Max li fece smettere,facendogli credere che fosse un Re con grandi poteri.Con loro Max passò mille avventure,giocavano,litigavano e costruirono persino un villaggio nel deserto.Fin quando un giorno i mostri vennero a sapere che Max era un bambino normale senza poteri e che non era un Re. Per un periodo lui litigò con tutti. Solo un mostro non si arrabbiò con lui, ma lo aiutò a farsi perdonare dagli altri mostri. Dopo alcuni giorni i mostri perdonarono Max,ma lui decise di lasciare il paese perché gli mancava la sua mamma.Cosi Max salutò tutti i mostri abbracciandoli uno per uno,però fece un saluto speciale con Carol,man mano che si allontanò con la barca fecero il loro verso speciale per salutarsi: l’ululato. Dopo un lungo viaggio Max arrivò a casa.Questo film ci insegna tre cose molto importanti,la prima è il PERDONO,perché ,nonostante Max avesse detto ai suoi amici mostri che era un Re,e non era vero, loro lo hanno perdonato facendogli capire che non bisogna mai mentire alle persone perché possiamo deluderle.La seconda cosa è l’ importanza della FAMIGLIA,ci fa capire che Max nonostante non viene trattato bene dalla mamma e dalla sorella, lui ne ha comunque nostalgia.L’ultima è il RISPETTO, perché anche se Max ha un carattere un po’ particolare,e i mostri pure, si vogliono bene e si rispettano reciprocamente accettando i propri difetti.

                                                                                                     

 Martina Scaccianoce
I F, "Anna Frank"

Il film che abbiamo visto l’altra volta ovvero “Il paese dei mostri selvaggi”,parlava di un bambino di nome Max che viveva con la madre e la sorella,il padre purtroppo era morto e lui ci soffriva molto. La madre di Max si fidanzò con un altro uomo e quando il bambino lo scoprì la picchiò dalla rabbia,dopodiché scappò di casa e arrivò in riva al mare. Qui trovò una barchetta immaginaria e con essa navigò per giorni e giorni,fino a quando non arrivò su un isola. Questa però non era un’isola qualunque,era un’isola speciale. Quando Max ci mise piede vide da lontano tanti mostri che si picchiavano, ma questi erano soltanto il riflesso delle problematiche di Max. Con questi mostri Max creò un regno dove lui era il Re. Ebbe una stretta amicizia con uno dei mostri che lo aiutava e lo difendeva sempre. Decisero di costruire un regno dove ognuno aveva un ruolo. In questo luogo tutti di dovevano aiutare reciprocamente. Dopo un po’ di giorni,Max iniziò a sentire la mancanza dalla famiglia, e decise di tornare a casa quindi salutò tutti,si imbarcò sulla sua barchetta e iniziò il viaggio di ritorno verso a casa. Appena lo videro Max ricevette un abbraccio affettuoso dalla mamma che capì che oltre il lavoro doveva dedicare del tempo anche ai figli. La parte più bella secondo me è stata quella finale,dove la mamma abbraccia il figlio e secondo me il film ci da anche un insegnamento che è quello di mettere al primo posto nella vita i legami familiari piuttosto che il lavoro o altre distrazioni.

Andrea Pio Ferrucci
I F, "Anna Frank"

Io nella mia vita ho visto e letto moltissimi film e libri,ma senza dubbio uno dei più belli è stato:”Nel paese dei mostri selvaggi”.Questo film ha come protagonista un bambino di nome Max,egli però è molto aggressivo,ed in alcuni casi anche manesco.Tutti i suoi comportamenti sono dovuti alla mancanza di attenzione da parte della sorella e della madre. Così stanco di non aver amici e di essere destinato a star solo, si mise una tutina da lupo, e si rifugiò nel mondo della fantasia. In questo mondo viaggia per molto tempo nel mare con una piccola barca, e alla fine arriva su un isolotto.Max curioso scende dalla barchetta, e da dietro un cespuglio vede un sacco di creature strane, egli dopo un po’ di tempo si accorge che sono mostri. Max però vede un mostro in particolare(Carol), e osservandolo si rese conto che si comportava come lui, cioè che ogni volta che qualcosa non gli va bene, incomincia a distruggere tutto. Egli inizia inoltre a fare amicizia con i mostri, e grazie a loro nei loro atteggiamenti e nei continui litigi capisce di aver esagerato. Max così decide di tornare a “casa”, dove la mamma e la sorella capendo di aver sbagliato lo accolgono con la cena pronta, e un forte e caloroso abbraccio.

Lidia Soda
I C, "Anna Frank"

Oltre alla felicità e al divertimento noi bambini siamo caratterizzati da una profonda solitudine e a volte ci capita di vivere con la lontananza nei nostri confronti delle persone che ci circondano. Una di queste storie è narrata nel libro intitolato “Nel paese dei mostri selvaggi” e della storia ne è scaturita la produzione di un film.Il protagonista dal nome Max è un bambino orfano di padre che viene sempre trascurato dalla madre e dalla sorella. Ciò ha trasformato il suo carattere e il suo modo di fare portandolo ad essere un bambino non rispettoso, isterico e un po’ pazzerello, ma anche molto fantasioso infatti inventò un gioco tutto suo.Max indossa sempre un costume bianco. Lui ne combina di tutti i colori perché (la madre e la sorella) lo isolano e non lo coinvolgono nel nucleo della famiglia, facendolo sentire solo e triste. Immaginando nella sua fantasia nacque una foresta, si formò anche un mare che lui utilizza notte e giorno per un anno, finché giunge nel paese dei mostri selvaggi…Appena arrivato i mostri lo rifiutano e per eliminarlo vogliono mangiarlo. Ma lui furbo per spaventarli usa una tattica cioè guardare i mostri negli occhi senza batter ciglio. Per giunta si inventa di avere strani poteri e di conoscere tutti i segreti del mondo.I mostri che desiderano più serenità, amicizia e compagnia lo proclamano re del loro paese.Dapprima tra questi mostri Max ne riconobbe uno in particolare, simile a lui: Carol, che divenne il suo migliore amico. Inoltre Max sempre più entusiasta inventa e crea giochi da fare tutti insieme. Infatti elabora e in seguito crea insieme ai mostri un nido in tal modo da avere un luogo dove vivere in pace e in serenità.Contrariamente alla felicità da loro desiderata iniziano ad esserci contrasti fra di loro, finché si scopre che Max è un semplice bambino allora i mostri vogliono mandarlo via.Con il cuore spezzato si salutano e Carol che precedentemente dalla rabbia si allontanò, ansioso, corse e corse verso Max con la speranza che egli non fosse già andato via. Lo trova, sulla barchetta con l’intenzione di tornare dalla sua famiglia. Con le lacrime agli occhi ululano per salutarsi.Max partì con la sua barchetta in vista di tornare a casa e appena rivide la mamma scoppiò una forte emozione di amore che si manifestò attraverso un abbraccio.E così, dolcemente finisce la storia di Max molto avventurosa, con situazioni tristi che si trasformano in prove di coraggio e anche arricchita di insegnamenti. In altre parole gli insegnamenti della storia ci consigliano di non esagerare quando siamo arrabbiati o tristi e di stare sempre insieme agli altri senza isolarci per avere serenità reciproca, inoltre non dobbiamo fare ciò che ci viene in mente al momento, ma prima di agire rifletterci e se ci sentiamo esclusi e non considerati parlarne per risolvere la triste situazione.E per finire devo dire che questa storia è molto toccante e io che mi reputo una bambina totalmente fortunata poiché circondata da un affetto immenso, non potrei mai immaginarmi nei panni di Max. Ma allo stesso tempo mi ha suscitato la voglia di trasmettere serenità e armonia coinvolgendo chi soffre come fecero i mostri tra loro.

 Sara Spagnulo

Questa è la storia di un bambino di nome Max, era molto vivace, gli piaceva tanto giocare, ma si innervosiva molto facilmente. Max, litigava spesso con la sorella maggiore ed ogni tanto desiderava essere capito dalla mamma.

La mamma di Max era vedova e Max soffriva per questo, infatti alcune volte picchiava la madre o la mordeva, anche perché la mamma aveva un nuovo compagno che a Max non stava simpatico.

Una sera,Max, litigò con la madre, perché la trovò con il nuovo compagno e le diede un morso, Max corse arrabbiato in camera sua.

Max aveva una grande immaginazione e mentre era in camera sua essa si trasformò in una grande foresta, dove c’era un grande mare che attraversò con una piccola barchetta. Arrivato dall’altra parte del mare, Max vide delle creature mostruose, i così detti Mostri. Max disse loro che era un re e loro lo accolsero con gioia e allegria.

Tra i mostri ce n’era uno di nome Carol che era il riflesso di Max: giocherellone, dispettoso, irrequieto e anche lui ne combinava di tutti i colori.

Per Max, però, era complicato badare a quelle creature così maestose, che non facevano altro che litigare e gridare,quindi alcune volte, per farle smettere, inventava qualcosa, come giochi, che comunque non risolvevano tanto la situazione.

Max, quando era con i mostri, spesso si rendeva conto che loro si comportavano un po’ come lui si era comportato con sua madre,pensando che a sbagliare non fu lei, ma lui. Infine, però, tutti i mostri iniziarono a sospettare di Max, compreso Carol,pensando che non fosse un vero re.

Quando tutti vennero a sapere la verità, rimasero molto delusi da Max e si arrabbiarono con lui, soprattutto Carol, che lo minacciò di ucciderlo. Max infine, pensando che la madre avesse ragione, che la colpa di tutto fosse sua, decise di tornare a casa. Max si preparò salutò tutti per bene e quando stava per partire Carol arrivò, Max lo salutò con un ululato e Carol rispose, questo vuol dire, che dopo tutti gli sbagli che Max ha fatto Carol lo ha perdonato.

Quando Max tornò a casa, cioè uscì dalla sua stanza, abbracciò forte la mamma, che gli preparò una buona cena e questa è stata la mia parte preferita, quando Max guarda la mamma in modo affettuoso.

Questo film,secondo me,vuole insegnarci che a volte ci comportiamo male e non ce ne accorgiamo e che quando sbagliamo qualcuno è sempre pronto a perdonarci.

Nicole Falco
IC, "Anna Frank"

Max è il protagonista del film "nel paese dei mostri selvaggi".

Lui vive in solitudine poiché non viene capito dalla madre, ignorato dalla sorella che purtroppo è sempre occupata con gli amici ed il ragazzo.

Questa condizione gli fa nascere tanta rabbia da distruggere camera sua, pentito va dalla madre che non lo considera, allora Max la morde.

Scappò via da casa e si costruì un mondo con la sua immaginazione dove incontrò molti mostri tra cui un mostro, Carol, molto simile a lui; Max rivide in Carol il suo comportamento nei confronti della madre e decise di aiutarli.

Questi stavano distruggendo tutto e si arrabbiavano tra loro.

Max per farsi rispettare racconto delle bugie, ma quando i mostri lo scoprirono litigarono e lo cacciarono via.

Decise cosi di tornare a casa dalla mamma prima però salutò con grande dispiacere i suoi amici mostri.

Max è un bambino molto chiuso e si sfoga comportandosi male e urlando come un mostro.

Lui non è capito e né ascoltato, perciò crea nella sua fantasia dei mostri che lo considerano e lo seguono, come se fossero la sua famiglia, gli vogliono bene! Ma lui ripensa alla madre e torna a casa triste perche ha lasciato il mondo degli amici mostri, ma felice perché ha ritrovato la pace con la sua famiglia, perché non c'è cosa più bella di una famiglia unita e felice che vive le difficoltà della vita aiutandosi a vicenda con amore.

Questo film mi ha ricordato che è importante il dialogo con i propri genitori poiché è inutile chiudersi in sé, se ci si vuol far capire, bisogna dialogare.

Martina Marasco
I F, "Anna Frank"


 

     














Riprendiamo per concludere il discorso sulla “buona scuola”, insisto con il testo di Paola Mastrocola, “Togliamo il disturbo”, che peraltro a suo tempo ha avuto un ottimo successo editoriale, visto che è arrivato nelle librerie come best seller tra i più venduti. Certo il libro della Mastrocola non rappresenta il vangelo in terra, anche perché le questioni scolastiche come l'insegnamento, l'apprendimento, i saperi, la valutazione, non esistono ricette facili. La scuola non è come negli uffici postali, dove si smistano buste, pacchi, etc, a scuola si "lavora"sui cervelli dei giovani, si costruisce il futuro della nostra società.

Ma a costo di passare per un fissato, credo che il libro della Mastrocola, che ho letto e sottolineato con passione,come faccio abitualmente con tutti i libri, può essere una buona base di partenza per intraprendere una seria riforma della scuola.Anche se occorre aggiungere che “non possono essere solo le leggi, le architetture scolastiche istituzionali più o meno complesse, le riforme a salvare i nostri bambini dalla pessima scuola che Demme descrive. La questione è anzitutto di mentalità e di cultura. Ricreare una cultura della ragione e della fede, umana e cristiana, è dunque il compito più urgente per far fronte all’emergenza educativa”. (Massimo Introvigne, prefazione al libro di Enrico Demme, A scuola dall’Anticristo, Nicola Pallotta Editore, Matera, 2008)

Il testo della Mastrocola critica il pensiero scolastico genericamente progressistama che diventafacilmentetotalitario, presente nella scuola italiana,che a sua volta diventa, un muro difficile da scalfire. I capisaldi di questo pensiero totalitario sono: 1 la scuola non deve insegnare nozioni; 2 la scuola deve motivare allo studio (possibilmente divertendo); 3la scuola deve far andare avanti tutti senza selezionare; 4 la scuola deve essere utile, e servire essenzialmente a trovare lavoro. A questo punto la professoressa torinese se la prende con gli adulti, con le famiglie di oggi che hanno accettato che la scuola non sia più severa, intransigente ed esigente. Se la scuola dà meno compiti, se dà poche insufficienze, e se poi li recupera con appositi corsi di recupero, va benissimo: la famiglia così ha più agio di andare in montagna e al mare, fare viaggi, etc.Se la scuola fa meno studiare e più giocare”, va bene.

Del resto viviamo in una società degli adulti che ha inteso la vita come un divertimento-intrattenimento, uno svago perenne, con ricerca spasmodica del successo e della felicità, pertanto la scuola non poteva certo rimanere una faccenda seria, barbosa ed esigente, in cui per esempio si dovesse studiare molto”. Certo se un padre mette la sveglia alle tre per andare a prendere la figlia in discoteca, cosa pensate che possa fare la scuola? E così quando i figli non studiano la colpa è sempre degli insegnanti che non li sanno motivare.

Dopo le famiglie la Mastrocola critica l’Europa, in particolare i ministeri dell'istruzione che sembrano dei labirinti, come il nostro, abitato da oscuri e latenti minotauri(...)invisibili, imprendibili tecnocrati, signori delle nuove tecnologie e delle strategie pedagogiche, sono loro che attualmente ci governano”. Sono dei minotauri occulti, che abitano i ministeri di tutta l'Europa. E proprio dal Parlamento Europeo, che partono le direttive della “scuola delle competenze”, che si contrappone a quella antica“delle conoscenze", dei programmi, delle cose da studiare e da sapere: le guerre, le poesie, il corpo umano etc. Cose che bisognava insegnare e poi si pretendeva che si sapessero, senza chiedersi per quale motivo. Adesso invece c'è la scuola nuova, "delle competenze". Contano le cose solo se sono utilizzabilispendibili. Scrive la Mastrocola: “Importa non il sapere, ma il saper fare. Quello che conta è, parola magica: quella mirabile arte del saper apprendere all'infinito. Per la Mastrocola, il sapere tout court non importa più a nessuno, viene rincorso all'infinito, ma mai raggiunto. Misuriamo non quello che si sa, ma le competenze. Il saper fare e il saper imparare, i metodi e non i contenuti; le capacità verificabili: manuali, tecniche, linguistiche, psicologiche, attitudinali, civiche, sociali...

Una volta si faceva studiare Dante anche ai futuri ragionieri e geometri. "Non ci si chiedeva quale spendibilità avesse per il loro lavoro futuro, non ci si chiedeva in quale modo il canto di Paolo e Francesca avrebbe potuto tramutarsi nella competenza di disegnare il progetto di un condominio o controllare i conti e le fatture di una ditta". Non ce lo si chiedeva, ma si sapeva che per qualche ragione oscura, Dante sarebbe servito anche al ragioniere e al geometra.

In pratica la Mastrocola biasima quel sistema delle competenze che apparteneva all'ambito militare, era il sistema di valutare, durante la 2 guerra mondiale, nelle Forze britanniche e statunitensi, in pratica una “teoria di quasi sessant'anni fa, che per giunta il suo autore stesso aveva criticato quarant'anni fa (1971), dicendosi sorpreso che avessero preso sul serio, e mitizzato, il suo piccolo manuale!"

Lo sanno la maggior parte degli insegnanti che operano nella scuola? Sono concetti che abbiamo scimmiottato da ambiti diversi della scuola, li stiamo estendendo al nostro sistema di istruzione, passandoli come novità e modernizzazione di una scuola antiquata.

Sostanzialmente è il miglior concentrato teorico del Pensiero Scolastico Nuovoche oggi abita le menti di chi ci governa, chiunque sia, di qualunque Paese sia e di qualunque colore politico. Secondo questo pensiero, gli insegnanti dovrebbero occuparsi di trasmettere meno sapere e occuparsi di più della crescita dei propri alunni. Per la Mastrocola è un messaggio agghiacciante. Si "sta dicendo che trasmettere il sapere NON E' occuparsi della crescita dei giovani! Che sono due cose diverse: quindi, che se insegno Dante (che è sapere, no?) non mi sto occupando di fare crescere i miei allievi! Ma ci siamo bevuti il cervello, in Europa?"

Intanto, secondo questi ragionamenti, un insegnante si giudica non da come e cosa insegna, ma da quanto ama l'allievo. L'insegnante migliore è una specie di psicologo-mamma-assistente sociale e non uno che magari ama Dante. In questa nuova scuola, è evidente un attacco alle discipline umanistiche del sapere, perché sono inutili e inapplicabili. Inservibili ai lavoratori del futuro. Del resto oggi il mondo è cambiato, quindi bisogna smettere diimpartire nozioni.

Il 3 mostro che la Mastrocola critica è il web, il nuovo mondo tecnologico, così il cerchio quarantennale di distruzione dello studio, si chiude. Un mostro che sta facendo male alla nostra scuola e non solo. "Quando apprendo – scrive la Mastrocola - che nel marzo 2010 è nata a Londra la prima clinica specializzata nella disintossicazione della mente infantile dalla dipendenza da internet e videogiochi e in particolare dal 'morbo di facebook'", allora c’è da preoccuparsi.

Forse la Mastrocola esagera un po’, ma essere sempre connessi, significa che si è dipendenti."Penso che stiamo prendendo un abbaglio: crediamo che le nuove tecnologie ci cambieranno la vita, il cervello e l'identità; invece forse, se usati con moderazione, sono soltanto utili e innovativi strumenti che ci permetteranno di essere meglio quello che siamo e ci faciliteranno la vita che abbiamo".

Del resto quando è stata inventata l'automobile, non ci siamo messi dentro per tutta la giornata, lucidando il cruscotto e per tutto il giorno a viaggiare col nuovo strumento. "Ha solo migliorato i trasporti. Ha solo cambiato, in meglio, il nostro modo di muoverci... " La stessa cosa dovrebbe essere per internet, adesso perché c'è internet non vuol dire che smetteremo di pensare e di studiare. Certo è una grandiosa novità, scoperta, progresso, che la prof non demonizza, lo considera solo uno strumento utile, per comunicare più velocemente.

L’uso di internet, secondo la Mastrocola, dovrebbe essere utile per chi ha già una buona dose di conoscenze, uno che è digiuno naviga a vuoto. Può proficuamente navigare, per la Mastrocola, chi possiede già una sua personale dispensa di nozioni, chi ha letto libri, conosce l'esistenza di certi autori, e personaggi, e fatti, e idee”. E così chi si trova in questo contesto, naviga tra le sue conoscenze, e il mezzo di internet, gli rende molto più agevole ritrovare”. Pertanto internet, serve per ri-trovare non per trovare.

Dunque niente sacralizzazione del pc, del resto, gli americani da tempo, hanno superato questo aspetto. Diversi studiosi ci mettono in guardia dalle "illusioni delle cosiddette "didattiche democratiche", dalle riforme "progressiste"fondate sui miti dell'autonomia e del territorio, dal "mammismo pedagogico" e dal trionfo tecnologico dell'informatica e della digitalità".

In conclusione la Mastrocola espone la sua ricetta, forse utopica, che chiama “delle tre scuole”, dove l’alunno deve essere libero di scegliere. Occorre ritornare a parlare di “arti”, di “mestieri”. Ma come desiderare che il proprio figlio “faccia il coltivatore di alberi!”. Ecco secondo la Mastrocola, i giovani devono avere la possibilità di scegliere se andare a scuola o no. Lo studio non si può imporre a tutti.

Allora ecco le tre scuole della Mastrocola: 1 scuola del lavoro; 2 scuola per la comunicazione; 3 scuola per lo studio. Attenzione la prima scuola, quella del lavoro, secondo la prof torinese non deve assomigliare alla scuola professionale e tecnica di oggi, dove resta riservata spesso soltanto per la popolazione svantaggiata, “deve diventare appetibile e fascinosa anche per le classi medio-alte, essere competitiva, alzare il livello culturale (…)” Per la Mastrocola, “le professioni manuali e tecniche devono essere considerate alla pari delle professioni più teoriche-speculative. Diventare artigiani del legno o del ferro, elettricisti, pasticcieri, mastri cioccolatai, affrescatori di stanze deve costituire un’alternativa concorrenziali al diventare medici, avvocati, ingegneri”.

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