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Domenica prossima, 17 aprile, siamo chiamati a recarci alle urne per dire un “si” o un “no” su un quesito voluto da 9 Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto) preoccupate per le conseguenze ambientali e per i contraccolpi sul turismo di un maggiore sfruttamento degli idrocarburi.

In particolare si chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo. La domanda che si troverà stampata sulle schede è "Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c'è ancora gas o petrolio?"

Dunque chi vuole - in prospettiva - eliminare le trivelle dai mari italiani deve votare sì, chi vuole che le trivelle restino senza una scadenza deve votare no.

Sulla questione proponiamo il pensiero del nostro Vescovo S.E. Mons. Antonio Staglianò

Oltre le trivelle, quale sviluppo per il nostro Sud?

“Come Chiesa non abbiamo nostre soluzioni per i problemi concreti, partecipiamo piuttosto alla comune ricerca di giustizia e di pace insieme a tutti gli uomini di buona volontà. I Vescovi italiani, a proposito del prossimo referendum voluto per abolire - con il “sì” - la continuità di licenze per estrazioni petrolifere nei mari, hanno chiesto che sia occasione di confronto onesto e lungimirante.

Resta peraltro il fatto che il referendum è una significativa forma di democrazia con cui esercitare la sovranità popolare. E, al di là degli esiti, sono importanti tre questioni che come Chiesa e come Vescovo condividiamo in quanto partecipi delle tensioni per il bene comune. La prima questione riguarda i nostri territori: quale sviluppo vogliamo? Sembra chiara la vocazione del nostro Sud e del nostro Paese ad un turismo che sempre più si caratterizzerà come turismo sostenibile e che, per questo, avrà bisogno di territori liberi da qualsiasi forma di inquinamento, da qui un doveroso e improcrastinabile rispetto per il creato. La seconda questione riguarda: quali attenzione a salvaguardare ecosistemi e salute? Il papa nella “Laudato sì” invita ad un’attenzione agli ecosistemi, ai loro equilibri, che non dovrebbe lasciarci indifferenti. Diventa importante allora la ricerca di energie alternative, caratterizzate da sostenibilità ambientale, senza sottovalutare, in pari tempo, i gravi rischi per la salute che molte forme estrattive comportano. La terza questione riguarda quella che Papa Francesco chiama un’ecologia integrale: diventa ormai chiaro che rispettiamo l’uomo se rispettiamo l’ambiente e che il rispetto si coniuga con il custodire, logica opposta al profitto, all’appropriarsi, allo sfruttare le risorse della terra senza attenta valutazione delle conseguenze.

Mi pare allora importante che dal referendum del 17 aprile prossimo scaturisca una più ampia e continuativa presa di coscienza della nostra responsabilità sulla custodia della casa comune e verso le nuove generazioni, senza trascurare le conseguenze riguardanti il mondo, già difficile, del lavoro. Come Chiesa non mancheremo di sollecitare, educare, promuovere testimonianze credibili. L’incontro con un testimone, come don Maurizio Patriciello, che si terrà nei prossimi giorni per tutta la diocesi (18 aprile alle 18,30 all’Oratorio S. Domenico Savio di Rosolini), aperto a tutti gli uomini di buona volontà, rientra in questo impegno per il bene comune che si traduce in scelte concrete e quotidiane a favore dell’uomo e del creato.

Esorto, pertanto, ad una partecipazione responsabile, in sintonia con il Magistero della Chiesa, al servizio del bene del Paese e delle future generazioni”.

 

 

+ Antonio Staglianò Vescovo

Elio Pintaldi, Corrado Bonfanti e Paolo Mieli

La testimonianza è arrivata direttamente da Paolo Mieli: “Ritrovo con piacere Noto e la rivedo più bella, più accogliente, più vicina al mondo. Segno che si è lavorato bene per migliorarla, segno che chi lo ha fatto, ha veramente a cuore questo territorio”. Un plauso indiretto, da parte dell’ex direttore de La Stampa e del Corriere della Sera al sindaco di Noto Corrado Bonfanti. Il primo cittadino ha presenziato al seminario di formazione giornalistica organizzato da Seby Roccaro, presidente dell’Istituto Superiore di Giornalismo, che si è svolto alla Sala Gagliardi e che ha visto quale unico relatore il noto giornalista milanese, che dal 2009 è anche presidente di Rcs Libri. Mieli si è rivolto ai numerosi giornalisti presenti in sala illustrando “La figura del giornalista nei nuovi media”, parlando anche del suo ultimo libro “L’arma della memoria” donato poi ai presenti e allo stesso sindaco Bonfanti.

Per noi è un onore aver avuto qui Paolo Mieli per ciò che rappresenta nel mondo del giornalismo nazionale – ha detto il sindaco Bonfanti -. E’ stato bello osservare la stima che molti netini, passeggiando insieme per Corso Vittorio Emanuele, hanno avuto per Mieli per la professionalità dimostrata negli anni, frutto di tanto lavoro, di approfondimento, di tanta voglia di conoscere e di curiosità, per quel senso di rispetto dimostrato verso chi ascolta e chi legge. Ringrazio i ragazzi del liceo Classico accompagnati dalla professoressa Fatale e dal professore Randazzo che hanno dedicato il loro giorno di riposo per assistere a questa giornata di formazione e informazione. Oggi non dobbiamo avere paura della tecnologia – ha aggiunto Bonfanti - anche se ritengo che la sensibilità e l’odore della carta stampata, rappresenti un elemento non superato perché oggi abbiamo ancora voglia di avere nelle mani un libro piuttosto che andare a sfogliarlo su E-book nel grande mondo del web: ritengo che sia giusto approcciarsi alla tecnologia ma non privilegiare la velocità dell’informazione all’approfondimento proprio come dimostrato da Paolo Mieli”.

 

Carissimi,

credere cristianamente significa credere in Gesù e in quello che Gesù ci ha rivelato di Dio. Questa rivelazione è definitiva e quindi non dobbiamo aspettarci che ci siano altri modi (diversi da Gesù) o altri tempi (differenti da quelli di Gesù) in cui Dio potrebbe parlarci, per manifestare qualcosa di più di sé. Anche Maria di Nazareth (con tutto il rispetto), la “madre di Dio, perché madre di Gesù”, quando “parla”, non dice (e come potrebbe!!!) nulla di nuovo di Dio e di Gesù. Ora, pensiamoci bene: poiché, in Gesù, Dio ci parla non tanto “mandandoci una lettera” o “comunicandoci una bella dottrina”, ma piuttosto “mostrandosi vitalmente in quello che Gesù in persona è e vive”, allora non ha altro modo di parlarci che attraverso l’umanità di Gesù. L’umanità di Gesù è, infatti, la Parola del Dio vivente (= l’uomo Gesù è il Figlio di Dio, la Parola di Dio). Questo permette di capire perché, se crediamo, con questa fede ci concentriamo non solo su “Dio”, ma, meglio, anche su “ciò che ce lo fa vedere”. Non è così? Allora con la fede cristiana puntiamo sull’umanità di Gesù che è sacramentum di questo Dio, perché Gesù proprio in quell’umanità è l’immagine e la somiglianza in cui Dio ci ha creati, “nel sempre del suo amore eterno” perché gli esseri umani manifestino amore-“per sempre”. Saranno capaci gli esseri umani di vivere questo “amore-per-sempre” che Dio è, nelle tante forme del dono di sé per gli altri, come la pro-esistenza di Gesù paradigmaticamente ha mostrato? Boh! Non si può dire a tavolino. Nel frattempo si può dire che Dio ci crede. Dio crede negli esseri umani, perché sa come sono fatti e lotta per e con loro, perché vivano per/come egli li ha creati (la cosa interessa la famiglia che è tanto “tradizionale”, secondo Gesù, da avere le sue radici nel passato originario dell’umano: “maschio/donna, unità generativa di figli”). Ciò che Dio crede appartiene a Dio stesso. E questo è il bello del cristianesimo: è fede in Dio e, in Gesù, è anche fede in ciò che Dio crede …degli esseri umani.

Santa giornata

Mons. Tonino Staglianò

Vescovo di Noto

Carissimi,

per ristabilire la giustizia è necessario “restituire”. La tradizione ebraica ha fissato, ogni cinquant’anni, un anno nel quale erano restituite le terre confiscate ed erano affrancati tutti coloro che avessero perduto la libertà, divenuti schiavi a causa della loro povertà. Quell’anno era introdotto dal suono di un corno di ariete (jobel, da cui viene il nostro “giubileo”). Il motivo era semplice: stabilire un po’ di perequazione, perché non ci fossero gli eccessivamente agiati e i totalmente immiseriti. Quando Gesù entrò nella sinagoga di Nazaret proclamò un “anno di grazia del Signore” attraverso la lettura del brano del profeta Isaia 61. E’ simpatico sapere “dove” e “quando” Gesù chiuse quel rotolo del Libro: avrebbe immediatamente dovuto leggere, “…e un anno di vendetta del nostro Dio” e non lo fece. Ecco lo scandalo: “il Dio di Gesù non si vendica più…è solo amore, sempre misericordia”. Tanto più che pretese: “oggi si realizza questa Scrittura”. Tanti sono stati gli anni giubilari nella tradizione cristiana e così sarà per il futuro. Resta il fatto che l’evento cristiano (l’accadimento che porta il nome di Gesù di Nazareth e si lascia raccontare nella sua vicenda di amicizia, prossimità, gioiosa vicinanza a tutti, sofferenza morte e risurrezione) è in ogni istante “giubilare”. Siamo, infatti, sempre in quell’anno di grazia del Signore. Perciò, tutto quello che facciamo deve portare il “crisma” della restituzione. Nel cammino di conversione non restituisco forse a Dio la bellezza della mia anima, tanto deturpata dalle mie miserie e dai miei peccati? Nel perdono dato al fratello non gli restituisco forse la dignità di un affetto alienato dal rancore e dall’odio? L’incontro con Gesù che redime dal di dentro l’uomo non ha portato Zaccheo a restituire “quattro volte tanto” quanto aveva rubato? La misericordia è sempre giubilare, perché fa crescere e diffonde la giustizia della restituzione. La commissione che sta lavorando sulla “questione di Avola” dovrà/potrà tenerne conto. Santa Domenica di quaresima…”Donna, nessuno ti ha condannata?... va e non peccare più”.

Con affetto,

Mons. Tonino Staglianò

Vescovo di Noto

 

Bruni e Bonfanti al Subinitaly a Roma

Tutto pronto per il taglio del nastro. Domenica mattina il Museo del Mare di Calabernardo sarà realtà. Ultimati i lavori di completamento della struttura nella frazione marinara, da domenica tutta la comunità netina e non solo sarà arricchita da un nuovo museo che rappresenta una novità assoluta, grazie alla sinergia creata in questi anni fra l’amministrazione Bonfanti e il Museo del Mare e della Navigazione antica di Santa Severa di Roma tramite Edoardo Bruni, che dirigerà l’istituzione marinara. Già in occasione del Subinitaly a Roma, la fiera nazionale della subacquea, il primo cittadino ebbe l’occasione di parlare delle bellezze del territorio e del suo mare e di come la sua amministrazione comunale fosse stata sempre lungimirante in questa direzione, investendo in cultura e turismo.

<<Il Museo del Mare – ha detto il sindaco Bonfanti - è stato realizzato in collaborazione con il “Gac dei due mari” e ci darà la possibilità di ampliare la nostra offerta museale, per proporre una nuova accoglienza turistica. Sono soddisfatto perché questa nuova istituzione rappresenterà un modo diverso di approcciarsi al mare e alle sue dominazioni per trasferire questo sapere attraverso le immagini e agli oggetti del museo, ai nostri ragazzi. Sarà mio compito – ancora Bonfanti - con i tre istituti comprensivi della città, organizzare degli incontri didattici. Questo è un ulteriore atto di amore per la nostra comunità, attraverso la rievocazione della nostra storia e la condivisione di idea e di città che si basa tutto su cultura e turismo. E rappresenta, in maniera oculata, un modo corretto di programmare il presente e il futuro>>.

Ma cosa rappresenta il “Gac dei due mari”? <<E’ il Gruppo di azione costiera – ha aggiunto il sindaco Bonfanti -, l’omologo per il mare del Gal, ovvero una rete di consorzi che mettono insieme realtà che hanno il mare come riferimento e che attraverso finanziamenti europei possono programmare tutta una serie di iniziative. Nel nostro caso, per esempio, attraverso il Gac abbiamo ottenuto i fondi per gli arredamenti del Museo del mare, mentre la ristrutturazione della vecchia caserma è stata fatta dal Comune di Noto>>.

Al taglio del nastro, previsto per le 10,30 in via Lampedusa in contrada Calabernardo, prenderanno parte il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, il Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa, la Soprintendente ai Beni culturali di Siracusa Rosalba Panvini, il direttore del Museo di Santa Severa Flavio Enei e il curatore del Museo del Mare di Noto Edoardo Bruni.

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