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Regeni: vertice investigatori Italia-Egitto

Sono iniziati i lavori della seconda giornata del vertice tra gli investigatori e gli inquirenti italiani ed egiziani che indagano sulla morte di Giulio Regeni. L'ultimo ad arrivare, nella Scuola superiore di polizia a Roma, è stato il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, che era stato preceduto di pochi minuti dalla delegazione del Cairo composta da due magistrati e quattro alti ufficiali di polizia. Presenti anche gli investigatori di Ros e Sco e il pm titolare del fascicolo Sergio Colaiocco.

La delegazione egiziana è arrivata alla scuola di Polizia a bordo di tre auto, con una mezzora di ritardo rispetto all'orario concordato a guidarla il procuratore generale aggiunto egiziano Mostafa Soliman, accompagnato dal segretario del procuratore generale Mohamed Hamdy El Sayed e da quattro ufficiali di polizia: il generale Adel Gaffar, della National Security, il vicedirettore della polizia criminale del Governatorato di Giza Mostafa Meabed, il vicedirettore delle indagini criminali di Giza Alaa Azmi - il vice del generale Kaled Shalabi, che secondo le mail inviate da un anomimo a 'Repubblica' sarebbe colui che ha ordinato il sequestro e l'uccisione di Regeni - e Ahmed Aziz. Questi ultimi due hanno preso il posto del generale dei servizi centrali della polizia egiziana Alal Abdel Megid, inizialmente indicato nella delegazione ufficiale. Stando a quanto riportano i media egiziani, il dossier consegnato dai sei conterrebbe addirittura "prove materiali" che "determinano nel dettaglio la maniera in cui è stato perpetrato il crimine senza però poter giungere al criminale". A cominciare dalle registrazioni delle telecamere di sorveglianza della zona di Dokki.

Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, il sostituto Sergio Colaiocco, gli investigatori di Ros e Sco hanno consegnato agli egiziani gli elementi raccolti finora, vale a dire l'esito dell'autopsia e l'analisi delle chat sul pc di Giulio e attendono che gli atti in arabo contenuti nel dossier consegnato dagli egiziani vengano tradotti dai nostri esperti prima di fare una valutazione complessiva

Un dossier "ancora incompleto" come scrivono le agenzie stampa e nel quale mancano un paio di elementi fondamentali chiesti dall'Italia da oltre un mese e mezzo: l'analisi delle celle telefoniche, come e perché i documenti di Giulio siano spuntati fuori due mesi dopo la scomparsa a casa della sorella del presunto capo di una banda di sequestratori, ucciso dalle forze di polizia. La fonte che ha partecipato al vertice tra Roma e il Cairo, sintetizza così il primo giorno d'incontri tra inquirenti ed investigatori dei due paesi che indagano sulla morte di Giulio Regeni. Perché, al di là di quel che scrivono i media egiziani, l'Italia non si ritiene per il momento soddisfatta da quanto messo sul tavolo: anzi, le carte portate susciterebbero perplessità poiché non contengono elementi davvero utili per arrivare al come e soprattutto al perché un giovane ricercatore sia stato torturato e ucciso in quella maniera così brutale

Secondo le agenzie stampa se il Cairo avesse davvero consegnato quelle immagini, allora ci sarebbe da chiedere come mai, per due mesi, le autorità hanno detto e ripetuto che o non esistevano più o erano totalmente inutili. Con i video, a Roma sarebbe anche arrivata l'autopsia completa - una delle cinque richieste avanzate dall'Italia - le "testimonianze di ufficiali e amici" di Giulio, un "registro delle chiamate del suo telefono". Pur ammettendo che sia vero, bisognerà vedere se si tratti del materiale completo: gli inquirenti avevano infatti chiesto i tabulati di Giulio degli ultimi due mesi (avevano già quelli degli 3 giorni precedenti la scomparsa), e i tabulati e i verbali di una dozzina di persone a lui più vicine: amici, vicini di casa, rappresentanti di sindacati e ambulanti. Oltre all'analisi delle celle telefoniche per vedere quali telefoni 'agganciano' la cella di Dokki la sera del 25 gennaio e quali quella del luogo del ritrovamento il 2 e 3 febbraio.

Al momento gli inquirenti italiani non confermano nulla e, anzi, ricordano quante 'notizie' diffuse da siti e giornali egiziani si siano rivelate dopo poche ore per quel che erano, depistaggi o aria fritta. Un esempio, dicono le fonti, si è avuto anche ieri quando il sito del quotidiano Al Masri Al Youm - lo stesso che pubblicò l'intervista a Shalaby nella quale il generale parlò di un incidente stradale come causa della morte di Giulio - ha scritto di un probabile incontro tra i membri della delegazione e la famiglia Regeni. Notizia subito smentita dai genitori: "finora non siamo stati contattati in alcun modo dagli inquirenti egiziani". E in questa chiave va letta anche un'altra informazione proveniente dal Cairo: che ci sarebbe un accordo per proseguire i colloqui per una settimana.

 

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