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Mario Fratti torna a L'Aquila nell'insolita veste di poeta

Mario Fratti torna a L’Aquila, la sua amata città natale, nell’ insolita veste di poeta. Mercoledì  24 settembre, alle 17.30, e stato presentato il volume “Volti”, una silloge di poesie giovanili risalenti agli anni Quaranta e Cinquanta (ed alcune scritte dopo il 1963, a New York), pubblicata dalle Edizioni Tracce, nella collana diretta da Annamaria Barbato Ricci.

il celebre drammaturgo abruzzese Mario Fratti, da tempo residente a New York negli Usa,e arrivato in Italia per una serie di presentazioni e iniziative culturali che coinvolgeranno anche la città di Pescara.

Per Fratti una settimana densa d’impegni, e cominciata dalla sua citta natale che tuttavia non spaventa per nulla il grande scrittore italo-americano, il quale vive la sua veneranda età - è nato a L’Aquila il 5 luglio 1927 - correndo da un capo all’altro del mondo con la leggerezza d’un maratoneta infaticabile e l’entusiasmo d’un ragazzo giovane.

Nella mattinata di mercoledì, a Roma, nella splendida sede di Piazza Firenze, il grande drammaturgo italo-americano e stato ricevuto da Alessandro Masi, Segretario Generale della Società Dante Alighieri, la più prestigiosa istituzione che tutela e promuove la nostra lingua nel mondo, fondata nel 1889 da Giosuè Carducci. L’omaggio della ‘Dante’ allo scrittore è anche il riconoscimento del suo straordinario ruolo di promoter della lingua italiana.

L’evento di Poesia e stato presentato nell’Aula magna dell’Università dell’Aquila, nel nuovo palazzo bianco sede del Dipartimento di Scienze Umane. Per l’occasione, era un panel di relatori di tutto rispetto, a cominciare dalla Rettrice dell’ateneo, Paola Inverardi, anche lei aquilana, una delle pochissime donne in Italia a guidare un’università. Quindi le relazioni sulla silloge poetica “Volti”, sono state di Liliana Biondi, docente di critica letteraria presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’ateneo aquilano, di Paolo Di Paolo, scrittore e critico letterario, di Anna Maria Giancarli, poeta e saggista, e di Goffredo Palmerini eccellentissimo operatore culturale del CRAM.

Coordina i lavori la giornalista Annamaria Barbato Ricci, mentre l’attrice e poetessa Daniela Cecchini ha recitato alcune liriche.

Alla fine delle relazioni Mario Fratti commosso dalla presentazione del suo lavoro e della sua vita ha parlato dei suoi lavori e della sua lunghissima carriera con una promessa che a Novanta anni tornera ad Aquila per un altro evento ...

Liliana Biondi docente di critica letteraria ha descritto Mario Fratti in una maniera che ha sorpreso lo stesso celebre drammaturgo abruzzese,io ho scelto questa relazione di Liliana perche la trovo completta e importante per descrivere  il lavoro fatto da Mario Fratti :

Ultimo ma non tra gli ultimi perché è il protagonista,saluto con affetto la presenza di  Mario Fratti  nell’Ateneo dell’Aquila, egli  ha insegnato alla Columbia University  e all’Hunter Collegedi  New York,  metropoli dove vive dal 1963.In questa seconda università, mi piace ricordare,ho conosciuto Mario Fratti nel  1998 in occasione del convegno internazionale di studi su Ignazio Silone, nel ventennale della morte dell’illustre scrittore,convegno organizzato da  quell’ateneo,nella persona dell’italianista prof.ssa  Maria Nicolai Paynter.Conoscere, in America, a New York, non solo un abruzzese ma addirittura un aquilano, drammaturgo e  docente, del quale  qui all’Aquila non avevo mai sentito parlare,mi parve cosa molto bella e onorevole per la mia città,essendo, egli , un suo figlio che si era distinto per motivi culturali ed artistici fuori dai confini nazionali,nel grande mare del mondo .Era il mese di ottobre e ricordo che trascorremmo insieme l’intera  serata dedicata alla sontuosa festa degli Italiani,dove restai impressionata da una eleganza generale molto appariscente: saloni  sfarzosi,capi d'abbigliamento femminili  molto vistosi,una straripante abbondanza nello squisito buffet. Era l’America.In quell’occasione, sperimentai l’innata abilità osservatrice di Mario Fratti: occhi azzurri mobilissimi e mai fermi, e un sguardo fulminante e penetranteche, sul suo volto bonario sempre atteggiato a sorriso,si convertiva immediatamente  in parola: un paragone,  una metafora,  un  giudizio di valore talvolta   mordace,ma talmente vero che,  impressionata da tanta capacità ironica,gli confessai che non osavo chiedergli cosa cogliesse in me.Con sguardo serio  mi disse:«Stare con voi che venite dall’Italia è come stare a casa» e percepii  tutta la sincerità di quel suo bisogno di essere se stesso. Ecco,  quello che mi colpì in  lui, fu questo duplice aspetto: una intelligenza  simpaticamente estroversa ed arguta che sottendeva tuttavia ad un certo  scetticismo, ad una velata , generale,  malinconica diffidenza  verso tanta esteriorità, dove, pur  tuttavia,  egli si muoveva bene e a proprio agio. Ho poi incontrato nuovamente--artefice il bravo Goffredo Palmerini-- Mario Fratti all’Aquila, nel 2007,in varie cerimonie organizzate dalla Città e dal Teatro Stabile in suo onore per i suoi 80 anni.Fu presentato, in quell’occasione,nel salone della Presidenza della Provincia,alla presenza dell’allora presidente  Stef. Pezzopane il suo bel dramma, Eleonora Duse, dove egli ritesse magistralmente la trama della vita dell’artista attraverso la trama delle opere che ella ha interpretato. Un dramma che era stato rappresentato per la prima volta in America nel 1967; e che nel 2007, a 40 anni dalla sua prima rappresentazione,fu tradotto  in italiano, dalla lingua inglese, da  Emanuela Medoro  con una mia introduzione e stampato a cura della Provincia, col patrocinio del Comitato Aquilano della Società Dante Alighieri di cui ero allora presidente. Personalità simpatica e coinvolgente quella del drammaturgo  Mario Fratti!

Ad ascoltare una sua recente video- conversazione,emerge  una persona  ottimistica verso la vita molto più di quanto non appaia dalle  sue opere.Ottimista ,  forse per gratitudine alla vita stessa: che lo ha dotato di  intelligenza, esuberanza  e immaginazione vivaci; di ingegnosa e volitiva curiosità  verso la cultura e verso  il mondo.

Si è laureato , giovanissimo, in lingue straniere all’università di Venezia; ha vinto, subito dopo,  un premio RAI per un dramma mai, poi, mandato in onda; e, con una scelta intuitiva riuscita, a 36 anni si  trasferì in America,come critico teatrale per testate giornalistiche italiane.

Da allora, in questi  50 anni, Mario Fratti ha scritto «più di 90 testi teatrali» che  sono stati tradotti in varie lingue e rappresentati  in diverse parti del mondo, in più di 600 teatri;

testi  ispirati anche ad eventi e personalità note: Che Guevara, Pinochet, Cile 1973, Kissinger, Tangentopoli, Obama,la famosa Nine , ispirata al film  8 ½  di Federico Fellini, ecc.

Suoi grandi maestri d’arte  e di vita «Pirandello, per la maschera che ognuno di noi ha, Arthur Miller per l’avidità, e Tennessee  Williams per la poesia» (Diario proibito, p.181)

Oggi, Fratti  è un uomo  pago di aver realizzato e di realizzare  ancora quanto la propria  volontà ha teso e tende a conseguire.

Mai  drammaturgo e autore al comando  degli altri,attentissimo e paterno maestro dei giovani artisti,è stato sempre attratto  dalla realtà,informato sugli  eventi del mondo, che sono fonte prima della sua ispirazione e della sua riflessione artistica.

Ancora  oggi, con cadenza settimanale,il noto giornale online italo-americano La voceospita  suoi brevissimi atti unici,piccoli quadri in forma di dialogo,  in cui due protagonisti,una donna  e un uomo,  Chiara e Benito,espongono con pacatezza e senza voler imporsi  l’uno sull’altro i propri punti di vista su un evento,su una situazione attuale contingente,informando e formando il lettore su aspetti di essa o poco noti e inediti,o talmente  scontati da non far andare, chi legge,oltre l’aspetto epidermico,sottovalutando  la vera essenza della realtà che non si presenta mai univoca.

L’ultimo, sugli islamisti dell’ISIS, a un certo punto recita: «Chiara: Hanno anche distrutto tutte le statue della madonna. Benito: Le statue non soffrono. Le donne, le vittime, sì»: da parte dell’autore,una chiara presa di posizione a favore della vita e di chi è creatrice di vita prima che dell’arte e della religione, in questo caso.Teniamole a mente , per  meglio capire i suoi versi.

Ma torniamo a Mario Fratti,questo  ultraottantenne   con una verve ancora fortemente  giovanile che incanta,noto, al suo pubblico  americano e italiano,da sempre, come  drammaturgo.

Bene,  da due anni,   sorprendendo  il lettore italiano Fratti  non  giunge dall’America con  nuovi drammi,  bensì con due generi  letterari   diversi  dalla drammaturgia un romanzo e con un testo  poetico.Anche in questo caso, come accade nella trama dei suoi  drammi,potremmo dire,  un finale,che ci auguriamo lungo e  mobilissimo e con ancora tante sorprese) con lo scoppio!

A guardar bene, infatti,  Mario Fratti sta applicando,nel disegnare il copione della propria vita,il metodo con cui edifica i suoi drammi.

Poche regole -afferma egli stesso in un’intervista-:  «Per scrivere un copione che funziona bisogna avere in mente la storia,[ il fatto]e  sapere da subito come finisce,possibilmente con un colpo di scena che il pubblico non dimenticherà»(una struttura che già piaceva molto al nostro  San Bernardino da Siena le cui prediche, costituite da un racconto concreto, breve e accattivante,concentravano  nell’ultima frase,  a sorpresa,un sano  insegnamento morale).Bene, fra  i colpi di scena che Fratti sta attuando in questi ultimi due anni nella vita oltre all’avvicendare a sorpresa un romanzo  e una silloge poetica,c’è anche  l’affermazione che la stesura sia dell’uno che dell’altra

risale alla sua giovinezza;antecedente, quindi,sia all’intera sua carriera di drammaturgo sia  alla stessa sua  emigrazione cólta in America:lo scorso anno, col dissacrante romanzo  Diario Proibito,sul regime fascista della Repubblica di Salò ambientato, non realisticamente, all’Aquila; quest’anno con una  silloge in versi,freschissima di stampa, edita da Tracce di Pescara,dal titolo,  concreto ma sfuggente,  Volti ,che non ha corrispondenza con nessun altro titolo all’interno del libro;un sostantivo plurale indeterminato come  indefinibile  è il volto dell’immagine in copertina: -         una specie di cristo mefistofelico, dallo sguardo impenetrabile e dal sorriso enigmatico – ; una lente di ingrandimento, il titolo,che non restringe, tutt’altro, l’angolo di visuale del testo,quasi a ripetere con l’Edipo re, che l’uomo è già di per sé un enigma.Silloge, per la quale, oggi  siamo qui. Essa  è dotata  anche  di due importanti ed approfonditi contributi introduttivi,-         rispettivamente di Paolo di Paolo, di Gino Spinelli de’ Santelena -e da una interessante poesia, quasi un preludio, di Joseph Tusiani.Paolo di Paolo  è qui;Il nome di  Gino Spinelli de’ Santelena, invece,dovrebbe riferirsi  -- a meno con che non sia un omonimo vivente,e allora chiedo venia per quel che dico--,all’illustre critico, saggista e studioso d’arte e letteratura, nonché poeta, pugliese,che diresse dal 1945 la rivista internazionale Pensiero e Artee che è scomparso  nel 2001.

Se così è, mi viene da chiedere  da quanto tempo il nostro amico Fratti accarezzasse  l’idea di dare alle stampe questo volume,o, se,in previsione di farlo in futuro-  il famoso colpo di scena finale -aveva sottoposto l’inedito, prima del 2001,all’acribia valutativa e interpretativa di questo illustre critico, le cui indagini esegetiche  si caratterizzano per la loro lettura psicologica piuttosto che  linguistico-stilistica del testo,come emerge, appunto, dallo scritto che qui si pubblica.

Il terzo intervento, il preludio di Joseph Tusiani non è meno eccellente:

Il  noto poeta, saggista, scrittore pugliese, anch’egli italo-americano,autore di poesie in italiano,in inglese, in latino e in dialetto garganico,in un sonetto perfetto, anche se non diviso in strofe, a mo’ di lettera,  sintetizza tutti gli aspetti presenti  nella silloge:

«…sai misurare l’ora breve  e lunga,

tu che in tal modo cogli istante  ed anno,

ritmo di tempo e risonanza  eterna.

Io sento e tu fotografi l’affanno

Che da le umane menti si squaderna; tu numeri le lagrime ch’io tergo,io curo le ferite  e tu le conti;io di mia fede mi fo santo usbergo,e tu fra bene e male innalzi i ponti /….» Potremmo dire davvero, il miracolo della buona poesia,che sa condensare in poche parole un universo.

E  un universo umano e  reale,perché coglie le tante sfumature dell’essere e del modo d’essere,è quello che  Fratti fa muovere nelle 115 composizioni del testo Volti, che ha solo due sezioni:la prima, con 101 poesie, è  senza titolo;la seconda , con 14 poesie, indica solo la dicitura «SCRITTE DOPO IL 1963, A NEW YORK »,lasciando  intuire che la prima sezione si riferisca alle poesie scritte in Italia.

Solo a lettura ultimata dell’intero volume,  si colgono la complessità della folla mosaicale  dei numerosi Volti,che emergono da questo testo semplice, ma non facile,perché facili non  sono  mai l’esistenza e l’animo umano:di quello che agisce, come  di quello che osserva e valuta,

fotografati,  a sorpresa, nella immensa scena del vivere: volti, come modi di apparire e di mostrarsi  di persone  e cose,l’ aspetto esteriore delle quali è un riflesso  della realtà interiore.La scelta stilistico- strutturale operata dal poeta, inoltre,

con l’uso di un registro linguistico quotidiano,con versi  franti,   brevissimi  -spesso di una sola parola-che richiedono  costanti pause di lettura,perché la parola, quasi sempre concreta,penetri nella mente  e nel cuore del lettore,e con strofe altrettanto  brevi,in testi cortissimi, quasi  epigrammi,vista la brevità e la icasticità che li caratterizzano,tende a dare  uno spessore morale  al messaggio.

Così che quando si torna a leggere i singoli componimenti,per meglio definire i tanti volti, perlopiù  deformati,il sapore che essi lasciano è diverso, più amaro,ma,  non per questo, meno solidale.

Sono  schizzi rapidi, come quelli che un vignettista lascia di una scena realistica e unica:  CITO: «lei, / con un braccio infilato / a ribadire uno stato  // lui, / con la mano al bambino / a dire un dovere //sicura lei // triste lui  //piagnucolante , / il bambino» (FAMIGLIA, 113).Talvolta sono frammenti  epigrammatici fulminanti «l’abbiamo tradita mille volte, / ignorandola. // Ci ha traditi una sola volta,/  uccidendosi» (UNA POETESSA), tal’altra veri  Haiku, come questo,dove il dettaglio della natura in una stagione,bene si lega alla condizione umana: «Mani aperte / palme venate /foglie // maledicono / il cielo / che uccide // dopo breve stagione» (AUTUNNO, 94). Come nel teatro e nel romanzo,--dai quali  potrebbero trarsi tanti di questi frammenti--,così, in questi suoi versi, Fratti non si discosta mai dalla realtà delle cose, dell’esistenza, della quotidianità, unica e vera fonte delle sue illuminazioni lapidarie. Alcuni suoi componimenti  potrebbero essere rocambolesche didascalie teatrali : gambe malferme. / un bastone// nasconde la destra,/ a cuccia, sotto il cappotto,/ quando elemosina //parallelo alla sinistra, / il bastone //illusione perfetta/ d’invalidità. (GAMBE MALFERME, 31),dove la spia poetica e è tutto in quell’ironico  “A cuccia”a denunciare  lo scherno verso il falso invalido.Altri componimenti  sono  frammenti  taglienti di dialogo:-Non ho toccato più libri / -nemmeno io  //ridono (STUDENTESSE,67)e ognuno può cogliervi  lievità giovanile o superficialità o ignoranza in nuce o un degrado della cultura, ecc..che segue è un irriguardoso, ma dolorante contraltare del testo  prima  letto:-lo sai come piscio? /- pensaci //- non ho braccia io./ -come i cani. (IL MUTILATO,61).Qui,  la costruzione a chiasmo, dove il dialogo è in realtà un monologo,e il titolo brutalmente esplicito Il mutilato, rispetto all’altro, Gambe malferme,dà  tutta la cifra della denuncia  del poeta castigatore degli squallidi  inganni, come dei  vizi:-complimenti. / una figlia magnifica.// non è sua figlia. /vuol solo punirlo/ d’averla comprata. UN INCONTRO, 27.Non si pensi tuttavia che intento di Fratti sia quella di porsi sul piedistallo della esemplaritào sullo scranno del giudice.Uomo tra gli uomini ,  beffardo verso la stupidità e i vizi della società, solidale col dolore dell’umanità,il poeta riconosce,come recitava il Mario quattordicenne di Romanzo proibito,di essere anch’egli un minuscolo «piede nudo che svela un mondo crudo».  Consapevole che vivere equivale  a lottare, attendere e sperare,e che per alcuni lo è più degli altri,e che tra questi altri anch’egli a suo tempo ha  avuto l a sua parte dolorante come  emerge dalla poesia SOGNI INQUIETI :«Torture,  persecuzioni, agonia. // Respinto, deriso, nudo. // Ma al mattino, / sollievo /e  gioia. //  Stavo solo sognando. // Son vivo e felice /e mi godo una mattina / di sole»,Consapevole, come dicevo, che vivere equivale  a lottare, attendere e sperareIl poeta non può non chiedere al proprio simile che perdono:«Perdonami, /uomo / solo il tuo volto / merita il canto / fatto di dolore / attesa,  desiderio». (PERDONO,)E’ l’unica poesia in cui appare al singolare la  parola VOLTO, un volto dalle tante facce.Un ultimo, breve, riferimento, prima di cedere la parola,vorrei dedicarlo proprio  ai titoli dei componimenti.Per quanto brevi, ogni testo  ha il proprio titolo,che è sempre esplicativo, chiarificatore,talvolta essenziale a focalizzare nella giusta luce il testo che altrimenti risulterebbe ambiguo o generico Segno  della precisa volontà dell’autoredi voler guidare il lettore fino in fondo nella lettura di questi volti, dei tanti volti,dove ognuno può ritrovare il proprio,i propri tanti volti in cui la vita ci deforma.

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