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Ognuno di noi si sarà chiesto, almeno una volta: “Cosa posso fare per dare vita ad un mondo migliore?”.

Il Natale ci dà la risposta giusta, forse, l’unica possibile: “Posso migliorare me stesso! Posso cercare di rinascere ogni giorno migliore!”.

La persona dotata di un animo sensibile accetta e si avvicina agli altri in modo pieno e completo, in quanto l’amore e il rispetto per l’altro è ricchezza interiore, è nobiltà d’animo, è indice di elevata cultura e altruismo, è sinonimo di quella generosità che conduce alla costruzione di un mondo migliore.

Non è certamente grande quella persona che alla minima occasione dice: “Gliela farò pagare”, oppure: “Devo difendermi”, o “Occhio per occhio …..”. La persona davvero grande è quella che è in grado di cambiare il male in bene; è quella che è capace di mutare il negativo in positivo, la disonestà in rettitudine, il vizio in virtù, la corruzione in moralità. Ebbene, il primo modo di comportarsi è certamente più semplice e più facile da seguire; il secondo, invece, richiede un impegno notevole, il possesso di particolari doti, la condivisione di specifici principi, il possesso e la comprensione dei valori autentici.

E’ necessario, perciò, essere, a tutti costi, persone dabbene, virtuose e brave, anche se essere sempre disponibili e generosi, il più delle volte, determina incomprensioni, fraintendimenti, esiti negativi. Talune persone finiscono con il confondere la disponibilità e la bontà con la dabbenaggine, con l’ingenuità, e spesso la interpretano come vera e propria stupidità.

Voler cambiare il mondo è impossibile, agire per incominciare a cambiare qualcosa è, invece, l’impegno che ogni persona dovrebbe assumere.

Sarebbe veramente bello se le armi venissero raccolte in grossi capannoni, in attesa di essere distrutte; se i terroristi dell’Isis e di altre appartenenze ancora non stroncassero più vite innocenti; se le sostanze stupefacenti si trasformassero in cibo per sfamare chi vive una situazione di indigenza e di disagio; se ognuno avesse un lavoro, una casa, una famiglia unita; se l’illegalità, le ingiustizie, le prepotenze, gli sprechi non ci fossero più e tutti potessero disporre delle risorse necessarie per mangiare, vestirsi, curarsi. Sarebbe veramente bello se la pace regnasse sull’intero pianeta. Sarebbe veramente bello se ….. Forse sono davvero tanti i se…..! Forse nessuno di questi “se” si realizzerà mai! Forse l’unica certezza è che gli uomini continueranno ad essere sempre gli stessi. Continueranno ad essere indegni di cotanto nome e del ruolo che svolgono all’interno dell’armonia dell’universo.

Sebbene questa nota di diffidenza e di scetticismo, è necessario, comunque, avere fiducia nella persona e continuare a sperare; è necessario supporre che, in tempi non particolarmente lunghi, ognuno potrà vedere in chi ci sta di fronte una persona da rispettare, da sostenere e difendere senza mai sminuire l’altrui dignità.

Il tema della pace è, oggi, diventato argomento di particolare importanza tanto da coinvolgere e interessare sia il campo della politica, sia quello della morale, della sociologia, della filosofia, del diritto, della religione.

Pace, legalità, socialità, libertà, salute, salvezza, sono valori saldamente connessi tra loro e non separabili l’uno dall’altro. Della pace se ne sono sempre occupati non solo i vari governi, ma soprattutto la Chiesa. Ha come fondamento la morale, la giustizia, la carità, il rispetto delle leggi e dell’altro. È, in sintesi, conquista dei valori effettivi e concreti della persona e della società.

La pace è, soprattutto, il messaggio saldo e irremovibile della Chiesa, in quanto è il messaggio primario di Cristo. Il suo esempio ed i suoi princìpi sono insegnamenti di redenzione, di riscatto, di carità, di amore; precetti, questi, che conducono alla pace. Si tratta, comunque, di una pace che affonda le sue radici nella giustizia, nella lealtà, nella carità, nell’etica, nella osservanza e nel rispetto delle leggi.

Spesso l’uomo è portato a differenziare e ad attribuire significati diversi al concetto di pace, distinguendo tra una pace “politica”, cioè una pace degli uomini e dei popoli che ha come fine il perseguimento di interessi materiali e personali, e una pace “cristiana” intesa in senso religioso, ovvero una pace rivolta all’equilibrio interiore, alla relazione uomo/Dio il cui obiettivo primario e determinante è il raggiungimento della salvezza eterna della persona e dell’intero genere umano in quanto tutti figli dell’unico Padre: Dio.

La pace si trova nella giustizia, ma va ricercata, soprattutto, nella carità intesa come rispetto e amore per l’altro. Ebbene, sono proprio questi due elementi, carità e giustizia, che rappresentano i principi determinanti, necessari e sostanziali su cui fondare ogni dissertazione e ogni discussione sulla pace.

La giustizia abbraccia e racchiude l’armonia sociale; ed è proprio l’armonia sociale che determina quell’essenziale equilibrio, necessario per offrire, a tutti, una determinata certezza di vita.

Ma la pace non si ottiene né si raggiunge una volta per tutte. Bisogna ricercarla sempre, di continuo, ininterrottamente e, sebbene questa ricerca incessante, non sarà mai definitivamente raggiunta. È, nello stesso tempo, ricerca e conquista continua. Lo stesso Salvatore, Gesù Cristo, si è fatto uomo per portare la pace nel mondo. Egli si annuncia agli uomini con il messaggio: “Pace agli uomini di buona volontà”.

La pace è un impegno, una grazia, una promessa divina; è una benedizione del Signore che arricchisce e pervade la vita degli uomini. È dalla pace con se stessi che sboccia e cresce l’amore per l’altro e per il creato; mentre è dalla pace con se stessi, con il mondo e con Dio che nasce la Fede.

Ma la pace può anche venir meno, può essere persa; la sua conservazione è legata al modo in cui gli uomini riescono a salvaguardarla, a difenderla ed a tutelarla.

Ecco perché salvaguardare e promuovere la pace vuol dire agire sempre verso la sua più completa e piena attuazione.

Non un segnale di fiducia, non uno spiraglio di speranza, non un segno di ottimismo sembra giungere dalla realtà che ci circonda. Ma ormai il Natale è vicino.

Il Natale non è solo una importante occasione per stare insieme con altri; non è neanche un momento opportuno per scambiarsi dei doni, né una favorevole circostanza per ritrovarsi nella intimità familiare e con gli amici. Il Natale è qualcosa di più significativo e profondo. È la festa dell’uomo. È la ricorrenza della rivelazione di Dio all’uomo. È un evento che determina un cambiamento profondo nella vita degli uomini.

Per il Natale ogni persona è un valore da rispettare e tutelare. Questo vuol dire che gli avvenimenti che, oggi, sovvertono e turbano la nostra realtà, se vissuti alla luce che il Natale emana e diffonde, acquistano un significato particolare, diverso e profondo. Si tratta, comunque, di eventi importanti e, spesso, drammatici; ma si tratta, comunque, di eventi che ci offrono la possibilità di sentirci vicini a quanti soffrono e di condividere le loro difficoltà. Condividere non significa commuoversi di fronte alle altrui difficoltà; vuol dire, invece, denunciare le prepotenze e l’arroganza di quanti detengono il potere commettendo varie forme di abusi nei confronti della collettività. Ma significa, soprattutto che nessuno potrà mai sentirsi in pace con se stesso fino a quando la luce della speranza in una realtà migliore e più umana non ritornerà ad illuminare il volto dei disoccupati, degli emarginati, dei sofferenti, degli ammalati. Ecco perché il Natale deve entrare nel cuore di ogni persona per portare quella percezione e quel senso di fiducia, di serenità e di pace che solo il Natale emana ed effonde nell’aria e nell’animo di ogni persona.

Se ognuno pulisse davanti al proprio portone, alla fine tutta la strada risulterebbe pulita; se ognuno vivesse il Natale tutti i giorni, il mondo diventerebbe certamente migliore!

 

Siamo tutti a conoscenza del continuo dilagare della violenza. Si tratta, di certo, di una modalità della condotta dell’uomo che, nell’attuale realtà sociale, ha assunto una portata e una entità allarmanti. Viviamo, oggi, sommersi da comportamenti violenti, sebbene il proliferare di sempre nuove ed articolate indagini e teorie sulla sua origine.

Sia nelle grandi città che nei piccoli centri la violenza non è da addebitare alla sola presenza di gruppi eversivi, ma soprattutto al comportamento di tanti giovani che, noncuranti delle conseguenze, saccheggiano, violentano, abusano, prevaricano, devastano locali e interi quartieri. Sono giovani che si mostrano sempre più baldanzosi, arroganti, presuntuosi e convinti di poter calpestare, a loro piacimento, le regole più comuni del vivere civile. Si tratta, in ogni caso, di forme di violenza prettamente giovanile che nulla hanno a che vedere con proteste di ordine sindacale o politico.

E proprio nel momento in cui si parla della giovane generazione, l’attenzione viene subito rivolta alleistituzioni, le quali se da una lato hanno contribuito notevolmente alla crescita culturale ed alla solidarietà sociale, dall’altro hanno dato origine anche alla nascita di un elevato numero di persone incuranti di compiere azioni di devastazione, di distruzione, di inaudita violenza. Quantoaccaduto nel quartiere di Pianura, a Napoli, rappresenta uno dei tanti incresciosi, spiacevoli e condannabili casi di assurda e non giustificabile violenza.

L’ignara vittima è Salvatore, un quattordicenne, ricoverato, in gravissime condizioni, all’ospedale San Paolo di Napoli, dove gli èstato asportato il colon, a seguito delle numerose e gravi lesioni riportate. Gli autori del raccapricciante gesto sono tre giovani di 24 anni, di cui uno fermato con l’accusa di tentato omicidio e violenza sessuale.

Ai medici che l’hanno preso in cura il minorenne ha raccontato di essere stato oggetto, in un primo momento, di insulti perché troppo grasso e,poco dopo, di una violenta aggressione.

La dinamica dei fatti è spaventosa, terribile, sia per la violenza usata, sia per lo strumento adoperato: una pistola compressore utilizzata per gonfiare pneumatici.

Siffatti episodi denotano che la violenza rappresenta, ormai, uno degli elementi costitutivi di una società, in cui il degrado culturale, sociale ed economico dell’ultimo decennio, associato alla crescente crisi di valori e assenza dello Stato e delle Istituzioni, sta determinando un profondodeclino. Questo vuol dire che la violenza può insorgere in qualsiasi momento e senza motivo alcuno.

Cosa ancora meno accettabile è la giustificazione fornita dai familiari dell’irresponsabile gesto, i quali hanno asserito, in modo semplicistico, che si trattava solo di un “gioco”.

Si tratta di affermazioni che ci presentano una società deviata, degenerata, deteriorata nei valori e nella stima degli elementi portanti e connotativi della coesistenza socialee dei suoi sentimenti essenziali.

Si tratta di un gesto del tutto privo di qualsiasi senso della vita, di rispetto dell’altro e dell’altrui decoro.

Anche questi parenti dell’autore del censurabile e spiacevole gesto, nel cercare in tutti i modi di giustificare il proprio congiunto, dimostrano di non essere esenti da colpe in quanto, con le loro scelte educative e con la loro discutibile e opinabile idea di rispetto dell’altro, hanno contribuito ad infondere ed ispirare la formazione di questo giovane. Si tratta, quindi, di una persona cresciuta nella convinzione che il rispetto delle leggi e delle norme che regolano la convivenza civile sono solamente degli ostacoli che bisogna superare ad ogni costo; che la vita degli altri è semplicemente un “gioco”, e che il proprio compito e il proprio dovere, è quello di prevalere sugli altri, di vincere sempre e ad ogni costo, di prevaricare, di opprimere, di soffocare e annientare i più deboli e gli indifesi.

Ebbene, è proprio il desiderio di sentirsi superiori che fa nascere, in queste persone,il desiderio di assumere comportamenti primitivi, incivili, privi di qualsiasi oggettività morale.

Oggi viviamo fenomeni di devianza nuove sia nei modi in cui si presentano, sia nell’insieme dei sistemi che coinvolgono. Per quanto riguarda le cause delle devianze, allo stato attuale, vengono valutate nuove ipotesi rispetto al passato. In un recente passato si sosteneva che le persone che presentavano comportamenti deviati erano dei soggettiaffetti da disturbi del comportamento e da disturbi psicologici. Oggi, invece, si valutano anche i disturbi a livello medico, sociale, sociologico. Spesso ci si interroga su che cosa questi ragazzi intendono comunicare ai propri familiari, agli adulti, alla comunità sociale,con questi loro gestianomali e deviati.Ecco perché è necessario, sempre di più, far leva sulla prevenzione; ma è necessario soprattutto valutare con attenzione i problemi dei fanciulli, degli adolescenti, dei giovani, attribuendo loro l’oggettiva responsabilità per gli eventuali reati e misfatti che compiono, senza mai dimenticare che la pena o la sanzione da infliggere rappresenta la giusta e necessaria dimensione.

Siamo, perciò, tutti vicino al giovane Salvatore ed alla sua famiglia e ci auguriamo che, in tempi brevi, possa uscire dalla grave situazione clinica in cui, attualmente, versa.

Di fronte a siffatti eventi nascono spontanee tante domande: è vero che la violenza è una caratteristica del nostro tempo o c'è sempre stata? Forse l'uomo è violento per natura e non avendo le ultime generazioni potuto scaricare in guerra la loro innata violenza lo fanno con altre forme? Non è forse vero che queigenitori che si disinteressano dei propri figli equegli insegnanti che picchiano i propri alunni,assumono comportamenti violenti? E, poi, è giusto parlare solamente di violenza giovanile? Dove l'hanno respirata gli attuali giovani? Da dove l'hanno assimilata? A quali figure di adulti si sono ispirati?

Anche nelle scuole e nelle famiglie, istituzioni con competenze intenzionalmente educative e formative, il più delle volte non c'è rispetto per i ruoli, per le istituzioni, per i colleghi, per i propri superiori gerarchici, per i vari componenti; non c’è più rispetto per niente!

Questo significa che ogni adulto dovrebbe chiedersi con maggiore frequenza: con quale coraggio, domani, potrò chiedere ai miei alunni di attendere il loro turno, di ascoltare i propri compagni e i docenti, di non essere prepotenti e prevaricatori? Con quale coraggio potrò dire a mio figlio di compiere il proprio dovere di studente, di rispettare le leggi, le istituzioni, gli altri?

Ebbene, sono proprio taluni comportamenti discutibili di tanti adulti che rappresentano le radici della violenza; sono una grave forma di violenza, anzi, costituiscono la base di ogni forma di violenza.

In Parlamento, nei Consigli comunali, provinciali e regionali non siedono ragazzini; nelle riunioni dei collegi dei docenti non ci sono giovani, così come in alcune famiglie, oggi, non si riesce più a dialogare, a discutere. Assistiamo, spesso, a sceneggiate veramente deprimenti; in questi adulti c'è violenza allo stato puro! Ci sono genitori che giustificano, padri che istigano, docenti che non sanno "docere"; dall’altra parte ci sono, invece, tanti ragazzi e tanti giovani che imparano!

Ma, in definitiva, dove sono le radici della violenza? È certamente difficile dare una risposta esauriente e completa a questa domanda. In effetti non lo sappiamo, forse "è la somma che fa il totale", diceva il grande “Totò”. E, allora, dove ricercarle, dove risiedono! Non nella crisi economica e nella disoccupazione .... ma è pur vero che l'ozio è il padre di tutti i vizi; non nella società ..... ma è pur vero che l'ambiente in cui viviamo ci condiziona; non nella famiglia .... ma è pur vero che è nel periodo dell'infanzia che si plasma il nostro "io"; non nella scuola .... ma è pur vero che è una delle prime forme di aggregazione sociale che incontriamo; non nella fede .... ma è pur vero che spesso ideali religiosi o politici sono il paravento di gravissime violenze!

La violenza è una pianta che ha tantissime radici; radici che pescano nel presente e nel passato, radici che assorbono veleni, radici che vanno in profondità e che è difficile sradicare.

Ma anche questa pianta, come tutte le piante, se incontrerà il sole, riuscirà a trasformare tutto in linfa vitale: il sole dell'AMORE, che è rispetto, tolleranza, solidarietà, disponibilità, speranza! La speranza non può mancare perché sono "giovani" anche i ragazzi che vanno a spalare il fango nelle zone alluvionate, i ragazzi che operano in tante associazioni di volontariato, i tanti ragazzi che in modo semplice e naturale fanno il loro dovere in un mondo non certo facile!

 



All'inizio del terzo millennio, noi cristiani siamo chiamati a vivere una nuova primavera della fede, ad impegnarci in nuove iniziative pastorali perché la Chiesa per bocca del suo Pastore supremo  ci spinge a compiere una nova evangelizzazione.

Credo che non ci sia nulla di più immediato e di più stimolante , per entrare nel tessuto vivo della nostra società , che imitare  la vita dei santi e nel nostro caso specifico di San Rocco, cioè  di coloro  che, seguendo le orme di Cristo, non hanno anteposto nulla al suo Regno.

Hanno dato tutto con coraggio, senza chiedere nulla in cambio, sono passati  facendo del bene e amando, escono morti perdonando.

A volte mi sono chiesto perché il signore mi abbia messo davanti San Rocco, come santo da invocare, da proclamare, da venerare.

Siccome nulla il Signore fa "per caso ", allora ho creduto che l'esempio di carità verso i poveri, gli ultimi, i malati  che San Rocco ha dato, mi ponga sul binario della carità .

Una carità vissuta, praticata, per la quale ognuno deve dare il meglio di se.

Questo nostro quindicesimo anno di cammino della nostra Associazione vuole proporre e vuole aiutarci a capire come anche San Rocco che tanto amiamo abbia posto a fondamento della sua vita Cristo Gesù.

Anche Lui ha bene dimostrato, come San Paolo , che "Per me il vivere è Cristo  e il morire un guadagno" ( Fil.1,21).

Il Signore oggi ci dice a tutti noi, nuovi evangelizzatori, che che il nostro cammino personale, quello delle nostre famiglie e delle nostre comunità parrocchiali, la nostra Associazione, deve essere un cammino di santità.

Non possiamo esimerei nessuno da questo.

Noi cristiani, sempre e in ogni luogo, dobbiamo essere disposti a diffondere. La luce della vita che è Cristo  (cfr. Dignitatis humanae, n. 14).

La Chiesa  proclamando santo il nostro caro San Rocco, lo ha reso nella liturgia. Oggetto di rispetto e di venerazione e lo ha  indicato all'umanità come modello a cui far riferimento.

È noi tutti rapiti dal l'esempio di vita di San Rocco ci rivolgiamo in questi giorni che veneriamo le reliquie del suo corpo glorioso per ricevere protezione e conforto nelle sofferenze.

Il mondo ha bisogno di valori autentici.

Si può immaginarlo senza questo campione di fede e di umanità che ci fa scoprire o riscoprire  nella sua testimonianza il senso vero della vita?

 

Fraternamente

Fratel Costantino

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