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Mosca, con i raid aerei distrutto un campo addestramento Isis

Appena due giorni dopo il faccia a faccia tra Putin e Obama a New York, la Russia lancia i suoi primi raid aerei in Siria, suscitando la dura reazione degli Usa, secondo cui Mosca sta usando la lotta al terrorismo come pretesto per colpire anche i ribelli sostenuti dall'Occidente che combattono contro Assad nelle province di Homs e Hama. Il segretario alla Difesa americano, Ash Carter, ha puntato il dito contro la Russia accusandola di "gettare benzina sul fuoco" e bollando il suo intervento militare come una vera e propria "aggressione". E alcune fonti denunciano che le incursioni aeree russe hanno ucciso anche dei civili. Almeno 36, secondo l'opposizione siriana. Il ministero degli Esteri russo respinge le accuse con fermezza: si tratta di "guerra mediatica", sostiene la portavoce Maria Zakharova. Mentre alcuni alti funzionari americani replicano che i jet russi hanno bombardato anche aree che non sono sotto il controllo dello Stato islamico e dove le forze governative devono affrontare l'avanzata dei ribelli
L’intervento militare russo in Siria, per quanto ampiamente previsto e annunciato, sembra aver preso alla sprovvista Washington e la maggioranza delle Cancellerie europee. Non si spiegherebbe altrimenti la reazione scomposta di un Hollande palesemente furioso per il fatto che “quel russo” lo ha defraudato dell’attenzione dei media internazionali; non si spiegherebbe il balbettio di Cameron, un momento pronto ad aperture nei confronti di Assad, il momento dopo ad atteggiarsi a duro e rigido difensore della democrazia e a chiedere la “cacciata del tiranno”
Putin che ha il problema di una forte minoranza islamica c’è l’ha in casa da sempre, e teme, logicamente, il contagio dell’Is. In effetti già duemila cittadini russi sembra ingrossino le file dei jihadisti, senza contare la forte presenza di ceceni, daghestani ed ingusci, che costituiscono un’intera brigata al servizio del Califfo. Già questo avrebbe potuto bastare per spingere Mosca ad intervenire. Questo ed il fatto che la Siria di Assad è un alleato storico, e i suoi porti sono sicure basi per la flotta russa.
La tensione sale tra Washington e Mosca sui raid aerei russi in Siria:  I jet russi hanno colpito i combattenti della Free Syrian Army, gruppo addestrato ed equipaggiato dalla Cia. Lo ha detto nel corso di un'intervista alla Cnn, il senatore americano John McCain, che conferma le voci gia' circolate su alcuni media Usa come il Washington Post.

Nelle ultime 24 l'aviazione militare russa ha effettuato in Siria 18 raid contro 12 obiettivi dei terroristi, distruggendo tra l'altro un posto di comando, un nodo di comunicazione, bunker, depositi di armi e carburanti e un campo di addestramento dell'Isis. Lo rende noto Igor Konashenkov, portavoce del ministero della difesa.

I raid di Mosca stanno martellando le zone di Idlib, Hama e Jisr al-Shughour roccaforti del fronte Al Nusra, una costola di Al Qaida. Del fronte oltranzista fanno parte ceceni, russi, uzbeki e altri integralisti delle ex repubbliche sovietiche, che combattono per la guerra santa internazionale. Gli estremisti in armi di lingua russa, che arrivano dal Caucaso o dall'Asia centrale sono almeno 3500.

Non a caso il gruppo armato uzbeko Katibat al Tawhid wal Jihad ha rivendicato il primo attacco contro le forze russe nella base aerea di Hamim. In un comunicato in rete i mujaheddin ex sovietici hanno annunciato un «attacco contro gli infedeli russi» con tanto di foto del lancio di un razzo Grad.

Il senatore John McCain, che presiede la Commissione delle forze armate Usa, ha accusato Mosca di aver colpito con «i primi raid individui e gruppi finanziati e addestrati dalla Cia». Se fosse vero sono gli stessi ribelli «buoni», che fra il 21 e 22 settembre, hanno consegnato ad Al Nusra il 25% delle loro armi ed equipaggiamento «per garantirsi un passaggio sicuro verso la loro zona di operazioni». La rivelazione è arrivata da Centcom, il comando strategico americano.

Il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, ha tagliato la testa al toro dichiarando che Mosca «non considera L'Esercito libero siriano ribelli moderati appoggiati dalla comunità internazionale nda un gruppo terroristico. Pensiamo invece che dovrebbero essere parte della soluzione politica». E poi ha aggiunto che «la Russia è sulla stessa lunghezza d'onda con la coalizione guidata dagli Usa sugli obiettivi terroristici in Siria».

Il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, ha annunciato che nella giornata di ieri sono stati bombardati 5 obiettivi dello Stato islamico in 8 raid.

E dal Libano arriva la notizia secondo cui Assad si prepara a lanciare un'operazione di terra per riconquistare parte della Siria in mano ai ribelli, con il supporto dei raid russi. Lo riferiscono fonti libanesi secondo quanto riporta il sito della Reuters. Centinaia di militari iraniani sono arrivati in Siria per unirsi ai governativi e alle milizie di Hezbollah. Possibili obiettivi Idlib e Hama, nel nord-ovest.
Intanto ci sara un vertice oggi a Parigi tra Putin-Hollande-Merkel I leader si incontreranno per un vertice previsto da tempo sull'Ucraina con il presidente Petro Poroshnko, ma sarà l'occasione per fare il punto anche sulla situazione in Siria dopo la decisione di Mosca di intervenire con l'aviazione in Siria al fianco delle truppe di Assad.

Il leader ceceno Ramzan Kadyrov scalpita per mandare i suoi soldati in Siria a combattere contro l'Isis. ''Non dico così per dire, chiedo che ci permettano di andare e partecipare a queste operazioni speciali", ha dichiarato al servizio russo delle notizie, precisando che l'autorizzazione spetta al comandante supremo Vladimir Putin.

Putin è politico fine e stratega dalla visione ampia. Una diversità radicale dai suoi omologhi occidentali, soprattutto dal miope e perennemente indeciso Obama. E ha visto chiaramente nella crisi siriana una grande opportunità per scompaginare i giochi degli equilibri internazionali e dare finalmente al Cremlino quel ruolo determinante nel Mediterraneo cui ha sempre ambito, senza mai ottenerlo né al tempo degli Zar, né al culmine della potenza sovietica. Infatti, prima di muovere le sue truppe, Putin ha tessuto una complessa rete di relazioni con Egitto, Turchia ed Israele in prima fila; una rete destinata a sortire effetti ben oltre i limiti temporali dell’attuale contingenza siriana.

Chiaramente lo Zar mira, a breve termine, a mettere in sicurezza la costa siriana e in particolare la regione di Latakia – popolata da alawiti fedeli ad Assad – rafforzando le basi russe nel Mediterraneo, dove la presenza della flotta del Cremlino minaccia di sostituire, nel breve o medio termine, la VI Flotta statunitense, ormai smobilitata e trasferita, in gran parte, nell’Oceano Indiano. Al contempo Putin cercherà di mantenere il controllo di Damasco, obiettivo fortemente simbolico per i jihadisti sia dell’Is, sia del Fronte Al Nusra, filiazione di Al Qaeda, su cui sembravano voler puntare le loro carte tanto Washington che Parigi. Strategia che trova consonanza sia con l’egiziano Al Sisi – che sta reprimendo con durezza, soprattutto nel Sinai, i movimenti radicali salafiti di ogni estrazione – sia con le preoccupazioni di Bibi Netanyahu, per il quale Al Baghdadi ed Al Zawahiri rappresentano la padella e la brace, e che vede come il fumo negli occhi l’ambigua politica mediorientale di Obama. Al leader israeliano, poi, Putin sembra aver garantito di spendersi per depotenziare la minaccia rappresentata dalle milizie di Hezbollah, che sono sue alleate in Siria, dalla parte di Assad, contro l’Is.

Il Cremlino ha dispiegato in Siria una cinquantina di caccia da attacco al suolo ed elicotteri. Un battaglione di forze speciali della Marina ha preso posizione nell'aeroporto militare di Hamim, da dove partono i raid, per garantire la sicurezza. Alla storica base russa di Tartus, sul Mediterraneo, è attraccato il lanciamissili Moskva, ammiraglia della flotta del mar Nero. Secondo l'ammiraglio, Vladimir Komoyedov, presidente del Comitato di Stato della Difesa del parlamento russo, sarebbe arrivata anche la portaerei cinese Liaoning-CV-16. I caccia di Mosca potrebbero colpire pure in Irak ora che il primo ministro iracheno Haider Al Abadi ha detto che darebbe il «benvenuto» ai raid contro l'Isis qualora i russi avanzassero l'offerta.

Il presidente, Vladimir Putin, si era detto preoccupato dall'aumento dei volontari della guerra santa in Siria che parlano russo. Assieme ai ceceni sarebbero 1500. Lo scorso anno gli Stati Uniti hanno inserito nella lista nera delle organizzazioni del terrore Jaish al-Muhajireen wal-Ansar, il principale gruppo ceceno che opera in Siria alleato dei seguaci di Al Qaida. Uno dei suoi comandanti più famosi, Salakhuddin Shishani, è uscito dalla formazione in giugno formando un'altra falange, ma ribadendo che «continua a combattere per far crescere la parola di Allah in Siria». Gli uzbechi sono poco più di 900 ed il 29 settembre hanno giurato fedeltà ad al Nusra sfilando con le bandiere nere nel loro campo di addestramento nel nord della Siria. I kazaki, stimati in 150, si sono arruolati nel Califfato con le famiglie. In alcuni video mostrano i loro figli, anche al di sotto dei 12 anni, che si addestrano o tagliano la gola ai prigionieri. Anche da Azerbaijan, Kirghizistan, Tajikistan e Turkmenistan sono arrivati a combattere in Siria in centinaia. Uno dei primi comandanti caucasici, Omar al Chechen, pontificava fin dal 2013 che con la guerra a Damasco «abbiamo la reale possibilità di fondare lo Stato islamico sulla Terra».

Fra gli obiettivi dei raid russi ci sono i campi di addestramento, i centri comando ed i depositi di munizioni di questi estremisti. E di altri gruppi non certo moderati come Ahrar al-Sham, gli «uomini liberi della Grande Siria», un insieme di diverse organizzazioni salafite finanziate dall'Arabia Saudita e dal Qatar.

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