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La Corte europea per i diritti umani di Strasburgo conferma che sono vietati esperimenti sugli embrioni

La Corte europea per i diritti umani di Strasburgo ha stabilito oggi che l’Italia non ha violato la Convenzione europea sui diritti dell’uomo per non aver permesso la donazione a scopo scientifico di embrioni umani ottenuti attraverso la fecondazione in vitro.

Il caso riguarda una cittadina italiana, Adelina Parillo, vedova di Nassiriya, che nel 2002 ricorse alla fecondazione in vitro insieme al suo partner, ottenendo cinque embrioni che non sono stati però mai impiantati a causa della morte del compagno nel novembre 2003. La signora Parillo rinunciò alla gravidanza, ma decise di donare gli embrioni per la ricerca scientifica, in particolare per la cura di malattie difficili da curare.

La legge italiana vieta tuttavia esperimenti sugli embrioni umani. La richiesta della signora Parillo è stata quindi rifiutata, nonostante sia giunta prima che l’attuale legge che vieta l’uso di embrioni umani fosse entrata in vigore nel 2004. La Corte spiega la sua decisione sottolineando che la preparazione della legge italiana "ha generato un dibattito significativo e che le autorità italiane "hanno preso in considerazione l’interesse dello Stato nel proteggere l’embrione e l’interesse degli individui coinvolti, si legge in una nota della Corte. La Corte ritiene inoltre che in questo caso specifico «il divieto è necessario in una società democratica" in quanto non ci sono prove che il compagno della signora Parillo fosse d’accordo con la donazione degli embrioni. La Corte ha però accettato per la prima volta il principio che una decisione sulla sorte di un embrione riguarda la vita privata di una persona, aprendo quindi nuove possibilità di ricorsi nel futuro. La Corte di Strasburgo fa capo al Consiglio d’Europa, un’organizzazione distinta dall’Unione europea, e di cui sono membri anche paesi come Russia, Turchia e Azerbaigian.

Il divieto di utilizzare gli embrioni per la ricerca scientifica, contenuto nella legge 40/2004, non viola i diritti di Adelina Parrillo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani con una sentenza definitiva.

I giudici di Strasburgo hanno stabilito che l'articolo 13 della legge 40/2004, che vieta la sperimentazione sugli embrioni, non viola il diritto al rispetto della vita privata di Adelina Parrillo. La Corte ha riconosciuto all'Italia un ampio margine di manovra su una questione così delicata su cui non esiste consenso a livello europeo.

I giudici affermano inoltre che non è sicuro che il compagno della Parrillo, morto a Nassiriya, avrebbe voluto donare gli embrioni alla scienza. Gli stessi giudici hanno ritenuto che il diritto alla proprietà invocato dalla Parrillo "non può applicarsi a questo caso, dato che gli embrioni umani non possono essere ridotti a una proprietà come definita dall'articolo 1 protocollo 1 della convenzione europea dei diritti umani

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