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Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiaramente deciso, di alzare la posta in gioco in una situazione di stallo con la Turchia nel Mediterraneo orientale, dove la Francia sta appoggiando Grecia e Cipro nella loro disputa con Ankara sulle riserve di gas naturale e sui confini marittimi.

La disputa energetica nel Mediterraneo orientale si inserisce poi nell’ambito della più ampia questione cipriota, ossia la disputa tra Nicosia e Ankara in merito alla sovranità sull'isola, il cui territorio risulta diviso dalla cosiddetta “linea verde” che separa l’area amministrata dalla Repubblica di Cipro e abitata prevalentemente dalla comunità greco-cipriota dall’area amministrata dalla Repubblica Turca di Cipro del Nord e abitata prevalentemente dalla comunità turco-cipriota. Tale divisione risale al 1974, quando, in seguito al tentativo di colpo di Stato da parte di nazionalisti greco-ciprioti che favorivano l’annessione dell’isola alla Grecia, il 20 luglio, Ankara inviò le sue truppe “a protezione della minoranza turco-cipriota” nella parte settentrionale dell'isola, sulla quale la Turchia ha poi stabilito il controllo. 

Oltre Cipro la Turchia minaccia regolarmente di spingere verso l’Europa milioni di profughi siriani che si trovano sul suo territorio. A febbraio il governo turco ha volutamente creato una situazione di crisi alla frontiera con la Grecia.

Oggi il motivo principale delle frizioni oltre Cipro, riguarda la guerra in Libia, dove la Turchia è intervenuta in forze nella guerra civile, trasformando l’operazione nel punto focale della strategia per rafforzare la sua influenza, con un occhio anche alle riserve di idrocarburi del Mediterraneo orientale.

Ankara ha inviato armi, droni e mercenari siriani in Libia per aiutare il governo di Tripoli. La Francia denuncia queste violazioni delle risoluzioni dell’Onu, ma Erdoğan avanza senza curarsene dopo aver convinto Donald Trump a lasciarlo agire indisturbato. 

La situazione nel Mediterraneo orientale “è molto fragile”, afferma anche Michael Roth, ministro tedesco agli Affari europei, sottolineando che la Turchia “non si sta impegnando a sufficienza per contribuire alla pace”. Si sofferma poi sul vertice che terranno i leader da cui dovrà levarsi “un messaggio di piena solidarietà a Grecia e Cipro” insieme a nuove idee per allentare le tensioni

Tuttavia la strategia europea che sarà discussa nel summit europeo del 24-25 settembre resta quella di andare verso una de-escalation delle tensioni. Tensioni Grecia-Turchia: i Paesi europei del Mediterraneo pronti a sanzioni condivise contro Erdogan 

Le misure dell'UE, intese a limitare la capacità della Turchia di continuare con le esplorazioni di gas naturale nelle acque contese, potrebbero colpire individui, navi o l'uso di porti europei, secondo Borrell. “Possiamo anche passare a misure relative ad attività settoriali”, ha sottolineato il rappresentante, “nei settori dove l'economia turca è collegata all'economia europea”, ha aggiunto. Borrell ha tenuto una conferenza stampa a seguito dell'incontro dei ministri degli esteri dell'UE a Berlino, per discutere il sostegno alla Grecia dopo che ha ratificato un accordo marittimo con l'Egitto, il 27 agosto, per contrastare le rivendicazioni della Turchia sulle risorse energetiche nella regione.

Fondamentale sarà il ruolo di mediatore della Germania dopo che anche la Russia si è offerta questa settimana di fare da intermediario dei diversi interessi presenti nel Mediterraneo orientale

Le sanzioni dell'UE richiedono l'unanimità e una volontà comune per farle rispettare, quindi una retorica dell'UE più dura non si tradurrà necessariamente in sanzioni economiche contro la Turchia. Macron sa anche che qualsiasi pressione sostenibile dell'UE su Erdogan deve passare attraverso Berlino, la principale potenza economica dell'UE. La Germania ha finora resistito alle richieste francesi di sanzioni contro la Turchia, con la Merkel che preferisce concentrarsi sulla diplomazia.

La NATO secondo Affari italiani,sta lavorando duramente per facilitare i colloqui a livello militare tra Grecia e Turchia per evitare un'escalation, mentre le Nazioni Unite cercano una soluzione diplomatica. Ma ci sono indicazioni che la campagna di Macron per respingere l'aggressività della Turchia nel Mediterraneo orientale stia iniziando a dare i suoi frutti a Bruxelles. Il 28 agosto, il capo della politica estera dell'UE, Josep Borrell, ha avvertito Ankara che potrebbe incorrere in sanzioni economiche se gli sforzi diplomatici fallissero prima del prossimo vertice dell'UE il 24 settembre. Sembra che i membri dell'UE stiano gradualmente arrivando alla visione di Macron che un'opzione coercitiva credibile è una perdita di tempo. I francesi stanno lavorando duramente dietro le quinte per mettere sul tavolo una serie di potenziali misure economiche alla fine di questo mese.

il bacino del Mediterraneo continua Affari Italiani,orientale è ancora un posto di rilievo nel pensiero geopolitico francese. Dopo un vertice con il cancelliere tedesco Angela Merkel alla fine di agosto, Macron ha ribadito che la Francia si identificherà sempre come "una potenza mediterranea". Con la sua eredità coloniale, la Francia ha ancora una significativa influenza culturale ed economica nelle regioni costiere del Nord Africa e del Levante.

L'obiettivo strategico di Macron è sfidare l'attuale equilibrio del potere navale nella regione, che, in un'epoca di ridimensionamento americano, attualmente favorisce la Turchia. Negli ultimi dieci anni, la Turchia ha investito molto nella costruzione della propria forza navale e delle proprie capacità di produzione navale. Erdogan ha anche adottato una dottrina navale più stridente e nazionalista nota come "Blue Homeland", che mira a proteggere gli interessi marittimi di Ankara nel Mediterraneo, Egeo e Mar Nero. La preoccupazione a Parigi, Atene e in altre capitali europee è che la Turchia mira a sfruttare la sua forza navale per imporre un nuovo ordine nel Mediterraneo orientale, trasformandolo in quello che alcuni funzionari chiamano un "lago turco".

Ma non mancano in tutto ciò anche le questioni economiche, ovviamente. All'inizio di quest'anno, secondo Affaritaliani  la Francia ha richiesto l'adesione al Forum del gas del Mediterraneo orientale, un gruppo formato di recente che include Egitto, Israele, Grecia, Cipro, Giordania e l'Autorità palestinese, ma non la Turchia. L'EMGF(East med gas forum) mira a sviluppare il mercato del gas della regione per soddisfare le esigenze energetiche degli Stati membri ed esportare gas a prezzi competitivi nell'UE. Naturalmente, le compagnie petrolifere e del gas francesi vogliono un pezzo della torta. 

Il colosso energetico francese Total sottolinea affari italiani,ha ottenuto i permessi congiunti di esplorazione del gas con la società italiana Eni nelle acque cipriote, oltre che nelle acque costiere greche e libanesi. Un ruolo geopolitico più assertivo potrebbe aumentare l'influenza della Francia intorno al tavolo mentre continuano i complessi negoziati per l'estrazione, il mercato e il trasporto di gas dal Mediterraneo orientale. La Francia insomma, al contrario del nostro paese, come già accaduto in Libia cerca sempre di portare acqua la suo mulino e difendere i propri interessi nella zona. Il fatto che Erdogan adesso sembra spinto dallo stesso spirito potrebbe diventare un ulteriore motivo di tensione.

Inoltre secondo affari italiani, Macron avrebbe in parte puntato la sua presidenza sulla promessa di rafforzare l'Unione europea e di rafforzare la sua "autonomia strategica". A tal fine, una presenza turca incontrollata nell'immediata periferia dell'UE convincerebbe ulteriormente il mondo, e molti euroscettici in Europa, che l'UE non può essere considerata un attore geopolitico legittimo. Macron vuole dipingere Erdogan come lo spauracchio esterno nel tentativo di rafforzare la coesione dell'UE come progetto politico e strategico distinto.

 

 

 

 

 

 

Al referendum il Sì sfiora il 70%. D'altronde era sponsorizzato anche da Lega e FdI. Però, nei partiti, le crepe erano molte. Stando all'analisi di Tecneitalia, nel centrosinistra il No avrebbe prevalso nell'elettorato del Pd col 55%, di Italia Viva (77%) e de La Sinistra (58%). Tra l'elettorato del centrodestra avrebbe prevalso il Sì (75% FdI, 76% FI, 78% Lega).Per le Regionali, secondo le proiezioni il centrosinistra è davanti sia in Toscana, con Giani al 48% e la Ceccardi al 41%, sia in Puglia, dove Emiliano è oltre il 46% e Raffaele Fitto al 38%, e pure in Campania, con De Luca al 67% e Stefano Caldoro al 18%. Il centrodestra conquista le Marche, dove Acquaroli naviga sul 47% e Maurizio Mangialardi (Pd-Iv) sul 37%, e poi mantiene il Veneto, con Luca Zaia al 77% e Arturo Lorenzoni al 16%, e la Liguria, dove Giovanni Toti è al 54% e Ferruccio Sansa al 40%. Alto il dato dell'affluenza, che sfora il 54% per il Referendum e si avvicina al 58% per le Regionali.

"Gli italiani - è il commento di Palazzo Chigi - hanno offerto una grande testimonianza di partecipazione democratica. Gli italiani hanno dimostrato un forte attaccamento alla democrazia". A voto ancora "caldo", Zingaretti "detta" la linea e "corteggia" Di Maio a distanza. Anche perché, probabilmente sulla vittoria dei candidati di centrosinistra in bilico ha pesato anche il voto disgiunto. "Se gli alleati ci avessero dato retta - ha fatto notare il segretario Pd - l'alleanza di governo avrebbe vinto quasi tutte le regioni italiane". Un assist al ministro degli Esteri, che ne ha approfittato per una critica al modo con cui il M5s si è presentato al voto: "Potevano essere organizzate diversamente e anche per il Movimento, con un'altra strategia". D'altronde nel M5s si sta giocando la partita per la leadership. E, malgrado i reciproci riconoscimenti pubblici, fra il reggente Vito Crimi e il ministro degli Esteri, la corsa è aperta. Il voto rafforza invece la segreteria di Zingaretti. Nei giorni scorsi, quando la Toscana era data in bilico, la poltrona del segretario non era apparsa particolarmente stabile. Un dato che non può dispiacere a Palazzo Chigi, con il premier Giuseppe Conte ufficialmente alle prese con il Recovery fund, ma che esce "indenne" dalla tornata elettorale.

L'esito del voto allontana anche l'ipotesi di rimpasto: "Non cadiamo in questo tranello", ha detto il segretario dem. Sia Zingaretti sia Di Maio già parlano della nuova stagione di riforme, per una legge elettorale che si adegui al taglio dei parlamentari e per quella architettura che servirà a sfruttare i miliardi in arrivo dall'Europa. Ma è il linguaggio di Zingaretti quello più deciso: "Sui decreti Salvini c'è un accordo e ora vanno assolutamente modificati". Oltre che per le Regionali e il Referendum, in ballo c'erano anche due seggi al Senato, attribuiti con le suppletive: Luca De Carlo, di centrodestra, ha vinto quella veneta, mentre in Sardegna c'è un testa a testa fra il candidato di centrosinistra, Lorenzo Corda, e quello di centrodestra, Carlo Doria.

Pericolo scampato per il governo. I risultati in Puglia, con la conferma di Michele Emiliano, e soprattutto in Toscana, con l'elezione di Eugenio Giani, allontanano il pericolo di un contraccolpo sull'Esecutivo e sul Pd. E blindano la maggioranza. A puntellarla c'è poi l'esito del Referendum, con la solida vittoria del Sì. Per le Regionali un 3 a 3, con il centrosinistra che mantiene anche la Campania di Vincenzo De Luca e perde le Marche, dove è in vantaggio Francesco Acquaroli (Fdi). Mentre il centrodestra si conferma alla guida della Liguria, con Giovanni Toti, e del Veneto, con il leghista Luca Zaia.

Servono, infatti, due mesi per ridefinire i collegi sulla scorta del nuovo assetto del parlamento. Dopo inizieranno i dolori: la sessione di Bilancio e a gennaio la Commissione Ue faranno scannare la maggioranza chiamata a decidere dove allocare i soldi del Recovery Fund. La prima finestra elettorale si aprirà soltanto tra febbraio e fine luglio, quando scatterà il semestre bianco, periodo in cui non si possono sciogliere le Camere. Per il momento, però, i big che sostengono il premier Giuseppe Conte assicurano non solo di voler tirar dritto ma addirittura di voler aprire una stagione di riforme. Una boutade che rischia soltanto di creare ulteriori divisioni. Pensare che riescano a trovare un accordo sulla legge elettorale è fantasia. Il ritorno delle preferenze e le soglie di sbarramento sono solo alcuni dei nodi da sciogliere. E poi c'è la proposta di superare il bicameralismo paritario. Insomma, più che una stagione di riforme li aspetta una stagione di litigi continui.

Partecipare senza mai essere in partita. Basta guardare le percentuali del Movimento 5 Stelle per comprendere il flop di Vito Crimi e compagni. Come sottolinea il giornale,niente di nuovo sotto il sole, per carità. Ma a questo giro nessuno dei candidati grillini è riuscito a fare la differenza: in Toscana Irene Galletti incassa appena il 6%, in Puglia Antonella Laricchia va di poco oltre il 10%, in Veneto Enrico Cappelletti si deve accontentare del 4%. E ancora: in Liguria Aristide Massardo incassa appena il 3,5%, nelle Marche Gian Mario Mercorelli supera appena il 10% così come Valeria Ciarambino. Una disfatta. Eppure, mentre lo spoglio è ancora in corso, ecco Luigi Di Maio affrettarsi ad appuntarsi sul petto "un risultato storico". "È la politica che dà un segnale ai cittadini - ha scritto su Facebook - senza di noi tutto questo non sarebbe mai successo". Non una parola, ovviamente, sul flop alle regionali. Un flop in linea con le sconfitte incassate negli ultimi tre anni alle Amministrative. Dopo il boom di Virginia Raggi e Chiara Appendino, il declino è stato pressoché inesorabile.

Chi cresce, chi scende, chi scompare. E’ il caso del Movimento Cinque Stelle scrive il giornale, che dopo aver incassato l'ennesima batosta alle amministrative, in Veneto scopre addirittura di essere stato estromesso dal Consiglio regionale. Il candidato Enrico Cappelletti non riesce a ottenere neppure il seggio per se stesso visto che il M5S non ha ottenuto il 3% dei voti necessari per superare la soglia di sbarramento.

I grillini sono andati male un po’ ovunque, e non è un caso se i vertici pentastellati (e Di Maio in particolare) da 24 ore parlano solo del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Ma in Veneto il risultato è tragico. Il 2,69% raggranellato dai grillini lascerà fuori i “portavoce”, trasformando la regione in un polo a due tra centrodestra e centrosinistra. Secondo le proiezioni Zaia potrà contare su una maggioranza di 41 seggi, praticamente un regno sovrano, mentre l’opposizione dovrà accontentarsi di 8 seggi.

La vittoria del sì al referendum costituzionale scrivono le Agenzie di stampa,  è destinata a cambiare completamente il volto del parlamento, i cui inquilini passeranno dagli attuali 945 ai futuri 600. La riforma costituzionale taglia 345 parlamentari. L'approvazione definitiva è arrivata nell'ottobre del 2019, con il via libera della Camera. E con la nascita del governo giallorosso è stata appoggiata per la prima volta anche da Pd, Leu e Italia viva (nonostante nelle tre precedenti votazioni avessero votato contro). Hanno votato a favore anche le forze di opposizione, Forza Italia, FdI e Lega. La netta vittoria dei Sì al referendum conferma la riforma. Ora serviranno circa due mesi per ridisegnare i collegi.

Il taglio degli eletti complessivo è pari al 36,5% e porterà certamente dei risparmi. Il punto è quale sia l’entità degli stessi. Stando ai detrattori della riforma, la riduzione dei costi si limiterebbe allo 0,007%. Per i 5 Stelle, che della riforma hanno fatto un cavallo di battaglia, si risparmierebbero invece circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui

Non c’è pace per le coste italiane prese “d’assalto” da una serie di sbarchi di migranti. Da Lampedusa alle coste siciliane in genere, fino a quelle del territorio di Sulcis in Sardegna, si sta assistendo ad un notevole flusso di arrivi agevolato anche dalle attività delle Ong.

Il nostro Paese è entrato in una spirale perversa. Aumentano gli sbarchi.Crollano le domande d’asilo accolte. Restano al palo i rimpatri. Risultato inevitabile: nonostante la recente sanatoria, cresce il popolo dei migranti invisibili.

La nuova emergenza spinge ancora una volta il governatore siciliano, Nello Musumeci, a puntare il dito contro l'inefficienza della politica migratoria dell'Unione europea. "Lampedusa di nuovo stracolma e altre Ong che pretendono di utilizzare i porti siciliani mentre stiamo scoppiando - ha detto -. Vorrei che ragionassero di questo al vertice europeo del 23 settembre. 

Vorrei che capissero che l'Europa è assente sul suo fronte più scoperto: il Mediterraneo. Lo hanno abbandonato e l'Occidente non può fare finta di niente. Il prezzo lo pagano la Sicilia e il resto d'Italia". Per il presidente della Regione c'è chiaramente "una strafottenza senza precedenti, una volgare strumentalizzazione che capovolge la realtà: quelli che difendono i diritti umani sono accusati di razzismo; quelli che se ne fregano della salute degli ultimi, sono pronti per la canonizzazione. Nessuno si deve poi lamentare se la paura genera insicurezza. E di insicurezza, si sa, si alimentano i totalitarismi, non le democrazie". La situazione sull'isola però resta drammatica, a dirlo sono i numeri. Se nell'ultima giornata si sono verificati 26 sbarchi, significa che sulle coste c'è un approdo uno ogni ora

La versione IV degli accordi di Dublino, che sarà votata dai deputati della Ue a fine anno, prevede più fondi per la Turchia, ma anche misure più severe sulla ripartizione dei migranti. I paesi dell'area Schengen che non accetteranno migranti per i ricongiungimenti famigliari o i richiedenti asilo saranno esclusi dallo spazio di libera circolazione. Un messaggio forte per il gruppo dei paesi di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia) che si oppongono all'accoglienza degli immigrati. Questi accordi prevedono anche più mezzi per i paesi in prima linea come Grecia, Spagna e Italia.

Intanto, una nuova ondata a Lampedusa, dove nell'hotspot siamo arrivati a 1200 presenze a fronte di una capienza ufficiale di appena 192 posti e sale la preoccupazione per una situazione che è diventata ingestibile. Dalle 19 di ieri sono circa 20 gli sbarchi registrati e, in poco più di 12 ore, sulla più grande delle Pelagie sono approdate almeno 400 persone. Come sottolinea il Giornale,nella sola giornata di domenica, in sole 24 ore sono stati 26 gli approdi con gli uomini della Guardia costiera e della Guardia di Finanza impegnati senza sosta nelle operazioni di soccorso. Sempre ieri al largo dell'isola è arrivata anche la Alan Kurdi con a bordo 133 migranti. Tra loro anche 62 minori, di cui un neonato di 5 mesi. "Abbiamo a bordo 62 minori - si legge sul profilo twitter di Sea-Eye - Uno ha solo 5 mesi. Queste persone sono particolarmente vulnerabili". Sempre ieri, il responsabile della nave Gordon Isler aveva lanciato un appello chiedendo lo sbarco immediato della nave. "Hanno particolarmente bisogno di protezione, devono essere evacuate rapidamente e non devono diventare oggetto di negoziazione tra i paesi dell'Ue".

Nella sola giornata di domenica, in sole 24 ore sono stati 26 gli approdi con gli uomini della Guardia costiera e della Guardia di Finanza impegnati senza sosta nelle operazioni di soccorso. Sempre ieri al largo dell'isola è arrivata anche la Alan Kurdi con a bordo 133 migranti. Tra loro anche 62 minori, di cui un neonato di 5 mesi. "Abbiamo a bordo 62 minori - si legge sul profilo twitter di Sea-Eye - Uno ha solo 5 mesi. Queste persone sono particolarmente vulnerabili". Sempre ieri, il responsabile della nave Gordon Isler aveva lanciato un appello chiedendo lo sbarco immediato della nave. "Hanno particolarmente bisogno di protezione, devono essere evacuate rapidamente e non devono diventare oggetto di negoziazione tra i paesi dell'Ue

L'inviolabilità dei confini è solo una chimera, basta verificare ciò che sta succedendo a sud, tra l'isola di Lampedusa, continuamente vessata, e la Sicilia scrive il Giornale. Solo pochi giorni fa, dopo la farsa dei tuffi in mare dei migranti, a Open Arms è stato concesso di attraccare nel porto di Palermo ma la nave era entrata nelle acque territoriali italiane già prima di aver ottenuto il via libera. Prima ancora c'era stata la Sea-Watch 4, ora sotto sequestro nel porto palermitano, e così via

Come sottolinea il Giornale, Alan Kurdi naviga a ridosso del confine italiano, a meno di 5 miglia dalle acque di Lampedusa, dopo averle violate nel corso della notte. I motori sono al minimo e l'obiettivo è quello di fare pressione per ottenere l'autorizzazione all'ingresso e avere, poi, un porto. Sono 133 i migranti a bordo della nave che, come nel caso di Sea Watch, batte bandiera tedesca. Ad alzare la voce sui social contro l'Italia è Gorden Isler, executive board di Alan Kurdi. "Hanno particolarmente bisogno di protezione, devono essere evacuate rapidamente e non devono diventare oggetto di negoziazione tra i Paesi dell'Ue", ha affermato su Twitter il responsabile della nave una volta giunto a 6 miglia da Lampedusa ieri mattina.

Come scrive il Giornale,le lamentele sono proseguite anche nel tardo pomeriggio, quando Alan Kurdi ha reso nota la risposta della Guardia Costiera italiana. A Gordon Isler non è piaciuta la mail della nostra autorità marittima che, in tre punti, ha ribattuto in punta di diritto alle pretese della nave: "1. Tutte le operazioni effettuate dalla vostra nave sono avvenute fuori dall'area SAR italiana; 2. L'autorità italiana non ha mai coordinato o effettuato alcun tipo di azione sui casi citati; 3. In tutti i casi, secondo le nostre informazioni, le operazioni sono state gestite autonomamente da Alan Kurdi, per questo motivo sono a carico del vostro Stato di bandiera". La mail della Guardia Costiera italiana, quindi, prosegue dando indicazioni alla nave su come procedere: "In base a quanto specificato, questo MRCC invita il capitano di Alan Kurdi di prendere contatto diretto con l'autorità SAR nazionale a Brema al fine di ricevere le istruzioni adeguate per il caso in oggetto".

La mail chiara e diretta dell'autorità marittima scrive il giornale ha fatto storcere il naso a Isler: "Non è così che argomenterebbe l'MRCC Roma se si trattasse di soccorsi europei. Ma provengono da 15 Paesi diversi in Asia e Africa. Immaginate che una nave italiana salvi nel Mare del Nord e Brema si riferisca a Roma. È grottesco".

Secondo Italia Oggi,una nuova ondata di migranti ha invaso le isole greche. A Lesbos si trova il più grande centro di accoglienza d'Europa, capace di ospitare 7.500 migranti, ma ora, a Moria ve ne sono stipati il doppio, quasi 15 mila in condizioni insalubri, secondo quanto ha riportato Le Figaro. La settimana scorsa tredici barconi hanno sbarcato a Lesbos più di 540 migranti in poche ore facendo rivivere l'incubo dell'estate 2015 quando all'incirca un milione di persone avevano attraversato la Grecia. Una situazione che aveva spinto l'Unione europea a concludere un accordo con la Turchia, nel marzo 2016, per gestire i flussi.


Secondo la Repubblica cresce il popolo degli invisibili a fotografare la criticità cronica del nostro “governo dell’immigrazione” è uno studio della fondazione Leone Moressa. «Nel 2020 – scrivono i ricercatori – gli sbarchi nel Mediterraneo sono tornati ad aumentare, dopo il brusco calo avviato a metà del 2017. Al 21 agosto, gli sbarchi del 2020 sono 17.264, più di quelli di tutto il 2019, ben lontani però rispetto ai picchi del 2014 (170 mila) e del 2016 (181 mila). Va ricordato, inoltre, che nel periodo 2010-2019 la Grecia ha registrato quasi il doppio degli arrivi rispetto all’Italia».



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