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Al via il ciclo di studi promosso dalla Scuola Politica “Vivere nella Comunità”, fondata  da Pellegrino Capaldo insieme a Marcello Presicci e a numerose personalità di spicco del mondo accademico come i professori Sabino Cassese, Francesco Profumo, Paolo Boccardelli, Bernardo Mattarella e – fra gli altri – i rappresentanti di Intesa Sanpaolo, Poste Italiane, ANSA, Enel, Sace, Banca d’Italia, SKY, Ericsson, Ferrovie dello Stato e Fondazione Compagnia di San Paolo.

Il comitato di controllo della Scuola ha deciso di affidare ad una delle personalità più influenti d’Italia, il dott. Carlo Messina, Consigliere Delegato e CEO di Intesa Sanpaolo, la Lectio Magistralis dal titolo “L’importanza della formazione e l’investimento nei giovani”.

Carlo Messina, principale conferenziere della giornata, ha sottolineato la grande importanza di un’iniziativa volta ad aumentare la preparazione dei giovani: “È motivo di grande soddisfazione personale far parte di questo progetto formativo di altissimo livello, un’iniziativa dedicata ai giovani, al capitale umano e all’ampliamento delle competenze. Come Intesa Sanpaolo sosteniamo questo progetto poiché siamo profondamente convinti che la Scuola Politica “Vivere nella Comunità” potrà rappresentare un elemento di forte rafforzamento nella formazione dei partecipanti, utile per tutto il Paese”.

L’iniziativa formativa, gratuita grazie al sostegno economico delle imprese coinvolte, intende così contribuire al dibattito civile e politico, elaborando attraverso i suoi partecipanti e i docenti coinvolti, analisi sulle problematiche che riguardano il nostro Paese. L’obiettivo è quello di cercare di individuare soluzioni alle criticità connesse al mondo del lavoro, della sanità, della scuola, delle infrastrutture e dell’ambiente. Nei mesi scorsi Mario Draghi, fra gli allievi del professor Pellegrino Capaldo, è tornato a parlare dei giovani e del loro futuro sottolineando come il miglior investimento sia quello legato all’educazione e alla formazione professionale.

Su questo tema Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo, ha sottolineato come: “L’aiuto ai bisognosi, l’attenzione ai giovani e il sostegno all’economia circolare sono nel dna del nostro gruppo, rappresentano la nostra identità e noi vogliamo continuare a investire per fronteggiare l’emergenza delle persone, specie in questo momento complesso per il paese. Occorre lavorare per il futuro, progettandolo attraverso una programmazione economica e sociale che rafforzi anche la formazione e l’istruzione delle future classi dirigenti.”

Sono stati 30 i giovani individuati dalla commissione esaminatrice fra le oltre 250 candidature giunte. Il modello didattico si baserà sia su lezioni in aula sia su remoto, ciò grazie alla piattaforma Webex fornita da CISCO, partner tecnologico dell’iniziativa. 

L’amministratore delegato di CISCO Italia, dott. Agostino Santoni, ha ribadito “la volontà e l’importanza di supportare iniziative di formazione al servizio del Paese, come la Scuola Politica Vivere nella Comunità.”

Il progetto, totalmente apartitico, è nato allo scopo di rimettere al centro dell’attenzione il tema delle competenze, sia nel privato che soprattutto nel pubblico. Politica compresa. La politica che noi intendiamo è quella inerente alla gestione della cosa pubblica, la buona amministrazione che riguarda tutto il Paese e la capacità di progettare il futuro in maniera sostenibile. La nostra volontà è quella di offrire un'opportunità di alta formazione culturale e civica a giovani di talento, investendo quindi sul capitale umano del sistema Paese grazie alle aziende che sostengono la Scuola” così ha spiegato il suo fondatore Pellegrino Capaldo.

 

La disputa tra Grecia e Turchia ha innescato durante l'estate un importante rafforzamento militare che ha sollevato preoccupazioni per lo scontro militare. La Turchia sostiene che le isole greche lungo la sua costa stanno bloccando il suo accesso ai depositi di gas sottomarini e che i confini dovrebbero essere fissati intorno alla terraferma e non includere le isole scrive Kmetro0.

Ma oltre le isole Elleniche c'è l'annosa questione di Cipro. Cipro è oggetto di una controversia tra Grecia e Turchia da quando le forze turche hanno invaso l'isola in risposta a un colpo di stato militare appoggiato dalla Grecia nel 1974 e alla successiva dichiarazione unilaterale di una Repubblica turca di Cipro del Nord. Ma tutto in realtà nasce molto prima, da una lunga antipatia tra greci e turchi che risale a prima della fondazione del moderno stato turco.

Michael Carpenter, un consigliere per la politica estera di Biden, secondo  Kmetro0,  ha affermato che la nuova amministrazione potrebbe cercare una più stretta cooperazione con Francia, Germania e altre nazioni europee nella sua politica nei confronti della Turchia e del suo presidente, Recep Tayyip Erdogan.

Ad agosto, la Grecia e l'Egitto hanno firmato un accordo che delimita i confini marittimi dei due paesi e definisce le rispettive zone economiche per lo sfruttamento di risorse come l'estrazione di petrolio e gas.

L'accordo, ha suscitato l'indignazione di Ankara, che ha accusato Atene di cercare di accaparrarsi una quota ingiusta di risorse nel Mediterraneo orientale.

Il premier Mitsotakis dopo un incontro ad Atene con il presidente egiziano Abdel-Fattah el-Sisi ha affermato: “Abbiamo tutte le ragioni per accogliere, insieme a tutti i nostri partner nella regione, il ritorno degli Stati Uniti ad avere un ruolo centrale di leader della NATO”.

L'Unione Europea e gli Stati Uniti hanno entrambi criticato le missioni di ricerca marittima della Turchia in acque dove la Grecia rivendica la giurisdizione. Ma Atene riferisce che spera in un’amministrazione Biden più impegnata nella disputa.

Intanto ad Abu Dhabi sta andando in scena in queste ore una pagina nuova della diplomazia ellenica: la visita del premier Kyriakos Mitsotakis va ben oltre accordi commerciali e semplice partnership ma investe difesa e geopolitica.

Gli EAU sono un bastione contro la Fratellanza Musulmana, l'espansionismo turco e il panislamismo, recitando anche un ruolo di primo piano contro l'espansionismo iraniana. Inoltre vantano, insieme all'Arabia Saudita e al Bahrein, nuove e rinnovate relazioni bilaterali con Israele.    

L’avvicinamento della Grecia alla regione mediorientale scrive Sicurezza internazionale giunge nel clima di tensioni tra Ankara e Atene. A tale riguardo, Reuters rivela che le relazioni tra Grecia e Turchia risultano compromesse per via di molteplici fattori. Principalmente, ad aver incrinato i rapporti tra Ankara e Atene concorrono le dispute in materia di diritti minerari nel Mar Egeo, all'interno delle quali si inserisce la controversia sulle trivellazioni condotte dalla Turchia a largo delle coste di Cipro, ricche di gas naturale.

Per quanto riguarda i diritti minerari nel Mar Egeo, in aggiunta, le relazioni tra i due Paesi si sono inasprite ulteriormente dopo che, lo scorso 27 novembre, Ankara aveva siglato con Tripoli un accordo sulla definizione dei confini marittimi tra Libia e Turchia. Il memorandum, sottolinea Reuters, definisce i confini marittimi anche nei pressi dell'isola greca di Creta. Tale isola, a detta di Ankara, non dispone di piattaforma continentale, ma solo di acque territoriali, motivo per cui è stato possibile definire i confini delle acque intorno a Creta. La Grecia, invece, da parte sua, considera l’accordo siglato tra Libia e Turchia una “palese violazione del diritto internazionale”.

Un altro elemento cruciale secondo quifinanza, del puzzle è la politica estera molto più aggressiva perseguita da Erdogan, che alcuni analisti hanno persino paragonato a una rinascita del vecchio impero ottomano. Gli orizzonti geografici del presidente si sono certamente ampliati. La posizione strategica della Turchia è cambiata notevolmente dalla fine della Guerra Fredda, con la scomparsa dello stato fermamente laico e l'imposizione, da parte di Erdogan, di un taglio decisamente più islamista alla sua politica.

il partito al governo AKP ha capito che un’economia turca dinamica e in crescita ha contribuito a stabilire la nazione. Nonostante alcuni segnali recenti di crisi, Erdogan non molla e tira dritto. La cosiddetta dottrina “Blue Homeland” del governo, che prevede esplicitamente un ruolo marittimo molto più grande per Ankara all'interno di quelle che considera le proprie acque strategiche, sembra pagare.

In tale clima, e date le tensioni tra Atene e Ankara, alcuni esperti avevano evidenziato che i due Paesi siano stati vicini allo scoppio di uno scontro armato.

Intanto accompagnato il primo MInistro Ellenico, sottolinea il modo Greco, dal Ministro degli Affari Esteri, Nikos Dendias, da quello dello Sviluppo e degli Investimenti, Adonis Georgiadis e dal Responsabile della Diplomazia Economica Kostas Frangogianni, Mitsotakis punta ad allargare le frontiere greche relativamente alle nuove alleanze internazionali.

La dichiarazione di partenariato strategico e l'Accordo di cooperazione nei settori della politica estera e della difesa con gli EAU (che hanno omaggiato la Grecia raffigurando una bandiera greca su un grattacielo di Abu Dhabi) sono la punta dell'iceberg: Atene sta usando un nuovo glossario rispetto al suo passato (più recente targato Syriza e meno recente con il Pasok), anche in riferimento al fil rouge cucito con Israele e Usa scrive il Mondo Greco.

L'obiettivo è costruire una fitta rete di relazioni anche in Medio Oriente ma di tipo euro-atlantico, nella consapevolezza che i mille fronti di crisi presenti in tutta la fascia settentrionale del Mediterraneo (Libia, Tunisia, Libano, Cipro, Turchia) meritano un diverso e più articolato approccio. Dendias in un tweet ha scritto: "Siamo qui per suggellare il partenariato strategico bilaterale e promuovere la pace e la stabilità nella regione" scrive il Mondo Greco.

Sul tavolo anche una possibile interlocuzione sottolinea Mondo Greco, nel settore della difesa, visto che i due paesi hanno in comune i caccia Mirage e F-16 Viper. Verrà trattato anche il dossier relativo ai carri armati Leclerc che gli Emirati Arabi Uniti hanno in abbondanza. Recentemente Abu Dhabi ne ha donati 80 alla Giordania.

Come se non bastassero i guai politici, ora Giuseppe Conte deve affrontare anche quelli giudiziari. La scorsa settimana è stata infatti aperta un'indagine da parte del Tribunale dei ministri di Roma contro il Premier, alcuni suoi ministri e i consulenti, per la gestione dell'emergenza coronavirus. Ad averlo confermato su Twitter, nel silenzio assordante della grande stampa è stato l'avvocato professor Carlo Taormina, il quale diede in prima persona avvio a questo procedimento, sporgendo denuncia alla Procura di Roma.

La denuncia principale, spiega il penalista, riguarda la «gestione dell’emergenza» nel suo complesso. Ovvero i «ritardi accumulati» nella messa a punto delle misure anti-epidemia pur nella «consapevolezza» della gravità della situazione fin dal mese di dicembre. Secondo Taormina,e carte alla mano («ho allegato la documentazione del ministero della Salute»), l'esecutivo avrebbe avuto consapevolezza del pericolo «imminente» almeno trenta giorni prima della proclamazione ufficiale del primo stato di emergenza nazionale, l’8 marzo scorso. «Un ritardo costato oltre 30mila morti», attacca Taormina, «nonostante l’Istituto superiore di sanità avesse dato parere favorevole alle chiusure».

Già interrogato dalla pm di Bergamo Maria Cristina Rota per la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, Conte è stato spesso criticato per i metodi con i quali ha gestito la crisi sanitaria.

A muoversi contro l'esecutivo Carlo Taormina, che aveva deciso di sporgere formale denuncia presso la procura della Repubblica di Roma. "Sì, ho presentato una denuncia alla Procura di Roma con la quale sollevavo un interrogativo sulle modalità utilizzate per affrontare il Coronavirus. La mia denunzia è stata supportata da documenti che provenivano dal ministero della Sanità", aveva dichiarato a Libero.

Uno dei più gravi errori del governo, secondo Taormina, è quello di aver tardato a dichiarare lo stato di emergenza. "Ed è stato quello il periodo in cui si sono accatastati i contagi e i morti, soprattutto nelle zone della Lombardia che ben conosciamo", aveva proseguito. "Nella denunzia avevo fatto specificamente presente anche il problema della mancata istituzione delle zone rosse per Lodi, Nembro e Alzano Lombardo e aree limitrofe.

Avevo sollevato questo tema ponendo l'accento su quelle che io ritengo omissioni governative".Le ipotesi di reato sono l'epidemia colposa e l'omicidio colposo plurimo,risponde Taormina alle domande del "Diario del Web" a carico di esponenti del governo, principalmente Conte e Speranza, nonché dei consulenti tecnici. Con una particolarità: si tratterà di stabilire se questi consulenti abbiano dato o meno le indicazioni corrette.

"Se dovessero avere dato quelle indicazioni,secondo l intervista del 'Avvocato al "diario del web", è chiaro che le responsabilità sarebbero solo del governo. In caso contrario, le responsabilità sarebbero anche dei consulenti, a cominciare dall'Istituto superiore di sanità.


Il 3 gennaio 2020. E, nell'ambito del mese di gennaio, il ministero della Salute ha emanato ben quattro o cinque circolari, inviate agli assessorati di tutte le Regioni italiane, da cui risultava esattamente quello che stava accadendo. Cioè che l'epidemia era galoppante, che si trattava del coronavirus, che era in grado di determinare gravi danni alla salute e che aveva il tasso di mortalità di cui poi abbiamo purtroppo fatto esperienza. Tutto era perfettamente noto. Un'organizzazione internazionale, alla quale aderiva anche la Cina, che pure si è mossa con notevole ritardo rispetto ai tempi della diffusione nel suo stesso Paese, aveva comunicato di intervenire velocemente e drasticamente per evitare il contagio. Questo non è avvenuto, il virus si è propagato in forma esponenziale e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti".

“Ho inondato le principali Procure italiane di denunce contro il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per la cattiva gestione dell’emergenza coronavirus”. Così il noto avvocato Carlo Taormina a “StopEuropa”, il talk in streaming del gruppo Stop Euro Alt Europa condotto da Riccardo Corsetto, come scrive  L'Unico

Il giurista è inoltre convinto che “se prima si parlava di sottovalutazioni, ora si comincia a pensare che dietro le scelte governative, sostenute da pareri controversi di virologi non all'altezza della situazione, forse ci sia qualcosa di più grave che l’epidemia colposa di cui si parla in queste settimane”.

Sollecitato da Corsetto, scrive l Unico, Taormina è inoltre intervenuto sullo stato di salute della magistratura in Italia. “Di Matteo (sentito giovedì scorso in commissione antimafia, ndr) ha messo la ciliegina sulla torta – commenta il giurista – perché è andato a fondo sulla querelle che l'ha visto protagonista per una mancata nomina da parte di Bonafede”. L'attuale Consiglio superiore della magistratura “è marcio dentro“, secondo Taormina, e “se è vero che il Presidente della Repubblica non può sciogliere il Consiglio, è pur vero che può chiamare i singoli consiglieri e invitarli a dimettersi, per tornare a nuove elezioni”.

La vicenda Palamara, del resto, “ha dimostrato che si tratta di una situazione di sistema che interessa la magistratura da molti anni”. “È bene che si sappia che le ‘mele buone’ sono poche nell'ambiente giudiziario”, aggiunge Taormina. E non la si può pensare diversamente “quando ci si trova di fronte a magistrati o a capi di uffici giudiziari diventati tali non per merito ma perché appartenenti a una corrente associativa”.

Intanto meglio tardi che mai, scrive il giornale,verrebbe da dire. A emergenza quasi finita, l'epidemiologo ritorna sui suoi passi avvalendosi di alcune affermazioni precedenti sul trend infettivo. Se fino a qualche tempo fa, infatti, sosteneva che il virus non si fosse ''rabbonito'', adesso Lopalco molla la presa: "La quota di suscettibili al Sud è superiore al 99% - afferma in un post -in Puglia è il 99,1%. Al Nord solo la Lombardia si discosta sensibilmente dalla media nazionale ma sempre con un limitatissimo 7,5%. Il 97,5% degli italiani non ha mai incontrato il virus''.

Un dietrofront decisamente inaspettato, su cui hanno inciso i risultati preliminari dell'indagine svolta dal Ministero della Salute in collaborazione con la Croce Rossa Italiana e l’Istat su un campione di 64.660 persone. Secondo la ricerca, il 2,5% degli italiani è entrato in contatto con il virus, pari, cioè, ad un milione e 482 mila persone. Dai dati, infatti, emerge che è forte la differenza territoriale che conferma la Lombardia al primo posto per numero di persone positive al virus (7,5 %), mentre tutte le altre Regioni del Sud sono al di sotto dell’1%.

 

 

 

 

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