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“Instaurare omnia in Christo”, il pontificato di san Pio X

PIO X sanguinetti

Il Novecento, il cosiddetto “secolo breve”, non è stato soltanto il secolo delle “idee assassine”, come lo definìlo storico inglese Robert Conquest, ma fu anche il secolo dei Papi santi e dei quasi santi, a cominciare da S. Pio X e per finire con S. Giovanni Paolo II. Leggendo con più attenzione la vita e il magistero di questi Papi mi sono convinto che in tutto il secolo sono stati i leader migliori non solo per la Chiesa ma anche per la società civile. E se il Novecento ha collezionato i più orrendi crimini è perché non sono stati ascoltatiabbastanza.

Agli inizi del novecento diventa papa, Giuseppe Sarto, pontefice dal 1903 fino al 1914, anno della sua morte. Scriveva il principe Bernhard von Bulow, una delle personalità politiche più rilevanti della Germania della fine del secolo XIX, su Pio X, “Conosco un gran numero di sovrani e uomini di Stato, ma raramente ne ho incontrato uno con una veduta così penetrante della natura umana e delle forze che reggono il mondo e la società moderna”.

A 100 anni dalla morte e a 60 dalla canonizzazione, Oscar Sanguinetti, storico milanese,scrive un saggio, pubblicato da Sugarcoedizioni, “Pio X. Un pontefice santo alle soglie del ‘secolo breve’”. Sanguinettirilegge il pontificato di papa Sarto, ricostruendo un profilo che non scade né nell’oleografia del tradizionalismo “imbalsamatore” né nell’aspra critica di marca ideologica che connota la storiografia progressista.“Vi è infatti chi di PioX ha fatto un’autentica icona, - scrive Sanguinetti nella premessa - perché lo ritiene un campione – per alcuni l’ultimo – del tentativo di riportare l’orologio della Chiesa a prima del 1789, se non prima degli esordi della modernità, e chi invece, ne ha fatto l’emblema della Chiesa più retriva, chiusa alle istanze dell’uomo moderno e, addirittura, nostalgica di una poco apprezzabile cristianità medievale”. L’indagine storica, compreso il libro di Sanguinetti, smantella definitivamente entrambi gli stereotipi. Anche se l’autore del testo ci tiene a precisare che sulla figura di S. Pio X, non vuole assumere un atteggiamento di equidistanza pregiudiziale o di ignavia. Peraltro Oscar è militante della prima ora di Alleanza Cattolica, che da sempre ha omaggiato S. Pio X e l’idea di cristianità. Comunque il libro intende cercare di disegnare un’identikit di Pio X e del suo tempo quanto più possibile aderente alla realtà e alle fonti storiche. Infatti il merito di Sanguinetti oltre ad occuparsi della vita del papa, ha dedicato molte pagine a sintetizzare i fenomeni storicamente più rilevanti dei tempi in cui è vissuto S. Pio X.

Pio X non è stato un cieco reazionario, ma un papa dalle ampie vedute riformatrici, desideroso di far recuperare alla Chiesa un ruolo incisivo nel mondo.Infatti c’è tutta una storiografia pregiudizialmente avversa che intende ridurre gli undici anni del pontificato di Papa Sarto alla lotta contro il modernismo teologico e sociale, dimenticando le riforme da lui intraprese come il codice di diritto canonico, l’ordinamento della curia, i catechismi, la liturgia, la musica sacra,o la riorganizzazione del laicato impegnato. Sicuramente aveva ben presente lo spirito missionario della Chiesa, per questo utilizzò l’espressione di S. Paolo, “instaurare omnia in Christo”, tradotta con “restaurare ogni cosa in Cristo”, successivamente La Civiltà Cattolica, cercò di spiegarne il significato di questa restaurazione: “restaurare un edificio non è abbatterlo per farne un altro, è rinnovarlo, conservandolo e preservandolo. Tale fu l’opera instauratrice di Pio X; d’incremento e miglioramento da un lato, di correzione e di difesa dall’altro”. Pio X era convinto che bisognava ricondurre al centro, Cristo, la vita della Chiesa, nonché ricollegare il Vangelo al centro della società, “lavorando” primariamente sulle strutture ecclesiali, sulla qualità del clero e sulla pietà popolare, senza però dimenticare il movimento cattolico e il problema dell’impegno dei cristiani in politica.

In sostanza la Chiesa ha sempre avuto bisogno di riforme, soprattutto quando sale al soglio pontificio un nuovo papa, così anche al tempo di San Pio X, c’era una situazione di decadimento, perchéla Chiesa si stava allontanando dalla sua radice. Pertanto per Pio X, la parola d’ordine paolina, “Instaurare omnia in Christo”, non è una opzione tra le tante, ma una precisa idea che investe simultaneamente Chiesa e umanità. E’ una frase assunta come divisa, che papa Sarto probabilmente ha ripreso dal cardinale francese, Louis-Edouard Pie, vescovo di Poitiers, che “sottintende il richiamo a un luogo dottrinale che ai tempi di Pie- non a quelli di Pio X- è ancora allo stato di abbozzo: quello della regalità sociale di Cristo. E qui naturalmente occorre aprire una parentesi sul concetto di regalità sociale di Cristo, che non deve essere “solo un motivo spirituale interiore, - scrive Sanguinetti - ma generi obblighi, atti di devozione e di culto di qualche rilievo, anche da parte delle collettività umane. E, soprattutto, si configuri come l’antitesi specifica del secolarismo moderno”. Certo l’argomento rimanda inevitabilmente alla nozione di cristianità, all’autorità politica informata al Vangelo, ai popoli cristiani governati dal sacro Impero. A questo proposito lo storico milanese scrive: “La bellezza del regime ‘a misura d’uomo e secondo il piano di Dio’- negato dalle rivoluzioni, a partire dal Rinascimento – è una realtà riscoperta nel primo Ottocento dalla scuola controrivoluzionaria, anche se spesso letta con le lenti deformanti del nostalgismo dalla cultura romantica”.

Più tardi, la dottrina della regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo troverà la sua formulazione autorevole nell’enciclica “QuasPrimas”, del 1925 di Pio XI. Tuttavia è rilevante precisare che la “sovranità di Cristo sulla società umana (ossia il diritto di Gesù Cristo a regnare socialmente) e quindi nell’impegno a ‘temporalizzare’ quest’istanza ultima, occorre sempre “calarla nella storia tenendo conto dei principi che non mutano e delle congiunture che ne fanno variare le applicazioni, in modo da dare soddisfazione allo spirito del tempo senza offendere le esigenze divine”.

Ritornando al programma pìano di fronte al decadimento e all’apostasia vigente inquel tempo, per far ritornare i popoli a Cristo, secondo papa Sarto, bisogna affidarsi alla Chiesa docente, che è maestra ed insegna le verità del Vangelo, circa la santità del matrimonio, l’educazione della gioventù, il possesso e l’uso dei beni, i doveri verso la politica. Ma soprattutto S. Pio X vede la necessità di “lavorare” specialmente sul clero, riformandone i costumi e le istituzioni e curandone attentamente e irrobustendone l’iter di formazione, soprattutto nei seminari. Infatti a questo proposito osserva lo storico Giovanni Vian: “L’obiettivo del programma intrapreso da Pio X nel corso del suo pontificato coincideva con quello che aveva guidato il governo del suo più immediato predecessore, Leone XIII: la restaurazione cristiana della società; cioè, il ristabilimento di un’organizzazione della vita collettiva regolata da norme pienamente coerenti con principi di quella morale cattolica che solamente i papi e i vescovi concorrevano a definire attraverso il loro insegnamento; e dunque la realizzazione di una società che riconoscesse il ruolo di imprescindibile guida morale che spettava alla chiesa cattolica e alle sue istituzioni nei confronti dello stesso ordinamento civile”.

Un’ultima annotazione, sembrerebbe paradossale rievocare la figura di un pontefice come Pio X, quando oggi pare che ci sia un Pontefice che si sta muovendo in direzioni completamente opposte. E’ vero papa Francesco propone il dialogo con la Modernità, mette al primo posto l’annuncio e non la razionalità della fede, chiede alla Chiesa di “uscire”, di aprirsi al mondo, sostanzialmente sembrerebbe molto diverso rispetto a San Pio X. Certamente scrive Sanguinetti nella premessa al suo libro: “La diversità di accenti e di priorità è senz’altro autentica, ma, come si vedrà, sono probabilmente più i punti che accomunano i due pontefici: l’immediatezza e l’informalità del tratto, la pastoralità, la volontà riformatrice della Chiesa dal vertice alla base, la devozione mariana, la spiccata predilezione per gli ultimi, che non quelli che pure li distinguono”. Comunque sia i papi volenti o nolenti si assomigliano tutti, possono cambiare i metodi di evangelizzazione, ma i fondamenti dottrinali rimangono sempre quelli.

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