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Non si riesce a comprendere l’insistenza dei soliti presunti “amici”di facebook, schierati sul fronte di un presunto neotradizionalismo, che continuano a dare una falsa interpretazione del pontificato di Papa Francesco, facendolo apparire come un progressista o addirittura un comunista. Si può sospettare che sono in malafede oppure che non hanno letto quello che il Papa dice e scrive.Oppure leggono le tesi edulcorate dei media, ma questoper loro, che si sentono eruditi dovrebbe essere disonorevole .

Uno che legge attentamente e integralmente tutti i discorsi del Papa è il professore Massimo Introvigne, vice reggente nazionale diAlleanza Cattolica, peraltro preso di mira sempre dai soliti frequentatori “amici” di facebook che non apprezzano le sue letture documentate. Possiamo trovare delle complete sintesi dei discorsi di Papa Francesco, curate daIntrovigne, sulla rivista Cristianità . Il numero 375 di gennaio-febbraio della rivista sembra di essere un vero e proprio dossier monografico per comprendere il poderoso magistero di papa Francesco. In trentadue pagine, Introvigne dà conto dei discorsi effettuati da papa Francesco a Strasburgo al Parlamento Europeo, in Turchia, nello Sri Lanka e nelle Filippine. Oltre a questi viaggi, la rivista pubblica un interessante articolo di uno studiosofinlandese, OskariJuurikkala, dal titolo redazionale, “Povertà virtuosa e libertà cristiana: un apprezzamento di Papa Francesco da un’ottica pro-mercato”.

Al Consiglio d’Europa, a Strasburgo, il papa ha rivolto il più lungo discorso del suo pontificato, riconducendo l’attuale grave crisi delle istituzioni europee al “rifiuto di riconoscere le radici cristiane e di aprirsi al trascendentale”. In pratica l’Europa ha abbandonato da tempo la nozione di verità, per affidarsi al relativismo e al soggettivismo, promossi da ‘imperi invisibili’ dei poteri forti, nemici della vita, della famiglia e della libertà religiosa”.

Papa Francesco si sofferma sugli effetti della crisi economica che portano alla “solitudine con conseguenze drammatiche(…)Da più parti si ricava un’impressione generale di stanchezza, e d’invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace”. I grandi ideali che hanno ispirato l’Europa, “hanno perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni”. Dopo aver ben descritto il significato dell’affresco di Raffaello Sanzio, “La Scuola di Atene”, Papa Francesco ribadisce quello che insegnava Benedetto XVI: “Un’Europa che non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita è un’Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima”.

L’Europa per papa Francesco non deve aver paura del cristianesimo e del contributo della Chiesa, piuttosto è un arricchimento. Il papa è convinto che solo “un’Europa che sia in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose, sapendone cogliere la ricchezza e le potenzialità, possa essere anche più facilmente immune dai tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno, anche per il grande vuoto ideale a cui assistiamo nel cosiddetto Occidente, perché è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza”. Il Pontefice ha ricordato anche il vergognoso silenzio sulle persecuzioni dei cristiani in diverse parti del mondo: “(…)Comunità e persone che si trovano ad essere oggetto di barbare violenze: cacciate dalle proprie case e patrie; vendute come schiave; uccise, decapitate, crocifisse e bruciate vive, sotto il silenzio vergognoso e complice di tanti”.

Papa Francesco anche a Strasburgo ritorna a parlare di famiglia, e si scaglia contro gli imperi sconosciuti che non la amano. L’ecologia ambientale rimane monca se trascura “l’ecologia umana”. Parla anche di accoglienza, ma l’Europa ha il dovere di “proporre con chiarezza la propria identità culturale e mettere in atto legislazioni adeguate che sappiano allo stesso tempo tutelare i diritti dei cittadini europei e garantire l’accoglienza dei migranti”. Nessuna vera accoglienza è possibile senza una chiara affermazione dell’identità, che deve essere custodita e fatta crescere, dai parlamentari di Straburgo. E’ veramente splendido il rapporto tra radici e verità che fa papa Francesco che esorto con forza l’’Europa a riscoprire quella tensione ideale che ha animato e reso grande la Storia europea.

In Turchia il papa ha ricordato l’ecumenismo del sangue e della sofferenza, e l’urgenza della riconciliazione fra cattolici e ortodossi. Alle autorità turche che il futuro pacifico della Turchia passa da una riconciliazione, non da uno scontro, fra le sue eredità laica e islamica. Il papa ha ricordato inoltre, che la Turchia, ha pure una eredità cristiana, più antica dell’islam. Peraltro, la Turchia“(…)è cara ad ogni cristiano per aver dato i natali a san Paolo, che qui fondò diverse comunità cristiane; per aver ospitato i primi sette Concili della Chiesa e per la presenza vicino ad Efeso, di quella che una venerata tradizione considera la ‘casa di Maria’”.

Il papa ha parlato di vero dialogo in un Paese troppo importante per l’intero Medio Oriente, in preda a continui conflitti fratricidi. Senza entrare direttamente nella questione del conflitto con il cosiddetto Califfato, il Pontefice ha voluto, “(…) ribadire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto, sempre però nel rispetto del diritto internazionale” e tenendo conto che “non si può affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare”. Certo quest’ultima, “è parte della soluzione del problema, - scrive Introvigne - che richiede anche una risposta sul terreno delle idee, visto che il Califfato recluta miliziani in tutto il mondo, Europa compresa, con il sapiente uso della propaganda, cui si deve trovare modo di rispondere culturalmente e non solo con iniziative di polizia”. Pertanto secondo il professore torinese la prospettiva realistica del problema, richiede un dialogo con “l’islam non fondamentalista, che va invitato a denunciare con chiarezza e senza ambiguità il Califfato e il terrorismo”.

Del resto Papa Francesco incontrando numerosi leader musulmani ha ribadito che la situazione in Medio Oriente è veramente tragica, specialmente in Iraq e Siria(…) Tutti soffrono(…)soprattutto a causa di un gruppo estremista e fondamentalista”. Il Papa rivolgendosi ai capi religiosi, ha detto che proprio noi, “abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani (…) la violenza che cerca giustificazione religiosa - ricorda il Papa – merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace. Da tutti coloro che sostengono di adorarlo, il mondo attende che siano uomini e donne di pace, capaci di vivere come fratelli e sorelle, nonostante le differenze etniche, religiose, culturali o ideologiche”.

In pratica papa Francesco invita i musulmani di non aver paura nell’isolare i fondamentalisti e denunciare i terroristi, ma anche ai cristiani che qui sono una comunità piccola, chiede di non “fare resistenza allo Spirito Santo”.

 

 

la roccia n. 5

Mi è già capitato altre volte, a settembre quando inizia la scuola, la mia piacevole e faticosa attività di giornalista freelance subisce qualche contraccolpo, si presentano varie tentazioni, prima fra tutte quella di lasciar perdere, con la solita frase che risuona nell’orecchio: “chi te lo fa fare”. Quest’anno però l’arrivo del nuovo numero de “La Roccia”, e la sua veloce lettura, mi ha trasformato, in un certo senso rinvigorito, ricaricato, per continuare quell’umile opera di testimonianza missionaria a cui ciascun credente è chiamato a fare, ognuno secondo i propri talenti.

Ricomincio a scrivere presentando questa rivista, nata a gennaio di quest’anno, edita dalla casa editrice Shalomsrl. Esce ogni due mesi, nata per “seguire il Papa sempre”, infatti in ogni copertina primeggia una immagine di papa Francesco, ma soprattutto è una rivista per dare una spinta alla Nuova Evangelizzazione. E’ diretta da Marco Invernizzi, che oltre ad essere un esponente di punta di Alleanza Cattolica, è collaboratore dagli anni 90 della battagliera Radio Maria.

Ma c’era bisogno di un’altra rivista cattolica? Certamente si, se intende seguire, come ha scritto nel 1° numero il direttore Invernizzi, il Magistero non di un Papa, ma del Papa, cercando di incarnarlo nelle scelte di apostolato, nei criteri e nelle valutazioni che sono all’origine delle nostre azioni. Questo comporta di seguire, di leggere i suoi interventi, encicliche, discorsi, omelie e catechesi. Mi pare che “La Roccia”, sta adempiendo nel migliore dei modi questo compito.

Nella storia della Chiesa, soprattutto degli ultimi due secoli, dopo l’esplosione delle ideologie, il laico cattolico ha avuto spesso bisogno di una bussola, di un punto di riferimento, di un giornale, di libri per poter difendersi meglio dagli attacchi più o meno violenti delle ideologie che via via si sono presentati nella storia. La storia del movimento cattolico italiano è piena di iniziative culturali, penso a don Davide Albertario a don Giacomo Margotti, che alla fine dell’Ottocento hanno fondato battagliere pubblicazioni, ma anche a don Giacomo Alberionecon la sua vasta opera della famiglia Paolina. Pertanto anche nel nostro tempo servono riviste, pubblicazioni per “evangelizzare la cultura” come auspicava il beato Paolo VI.

La Roccia, è arrivata alla quinta uscita, nell’ultimo numero di settembre-ottobre oltre al consueto editoriale del direttore si possono leggere interessanti e documentati articoli di sicura dottrina, scritti in maniera agevole da collaboratori attenti e preparati.

Il bimestrale è un ottimo strumento per i laici cattoliciper essere “testimoni di una Chiesa che ‘esce da se stessa’. Papa Francesco seguendo il costante Magistero dei suoi predecessori, “ha sempre insistito nei sui interventi per promuovere una Chiesa missionaria, - scrive Invernizzi nell’editoriale - orientata a evangelizzare le periferie, non soltanto quelle geografiche dove vivono i poveri della terra, ma anche quelle esistenziali, frutto del peccato, del dolore, dell’ignoranza e dell’assenza della fede, dell’ingiustizia”. Invernizzi, biasima i frequenti brontolii, le polemiche, gli scontri fra scuole diverse, di queste settimane e mesi che circolano nel mondo cattolico.Tuttavia “è come se, davanti a un mondo di evangelizzare e ricostruire, ci si perdesse nelle miserie umane, che pure ci sono e ci sono sempre state, anche perché non ogni diversità di opinione è un’eresia e la Chiesa, felicemente, non è una caserma”. Pertanto secondo il direttore della rivista ai cattolici di oggi manca quello “zelo apostolico, - di cui parlò il cardinale Bergoglio -, il desiderio di evangelizzare a 360 gradi, senza pregiudizi ideologici. Dobbiamo parlare a chiunque, non soltanto a quelli che sono più in sintonia con la nostra impostazione culturale”.Invernizzi ritorna sulla grande importanza della manifestazione per la famiglia del 20 giugno a Roma. Qui “finalmente il laicato cattolico in autonomia, e senza il permesso previo di alcun vescovo ‘vescovo pilota’ hanno promosso una grande manifestazione pubblica per affermare la bellezza della famiglia…”.

A proposito della manifestazione, il nuovo numero evidenzia l’intervista al promotore dell’iniziativa, il neurochirurgo bresciano professor Massimo Gandolfini, presidente nazionale del Comitato “Difendiamo i Nostri Figli”. Un evento organizzato in soli 18 giorni, senza sovvenzioni o sponsor, senza nessuna collaborazione dei mass-media che non hanno voluto diffondere la notizia dell’evento e soprattutto senza nessun bisogno di “vescovi pilota”. Si perché i laici come sancì il Vaticano II, hanno un ruolo fondamentale nell’evangelizzazione della società e poi ancora ribadito da san Giovanni Paolo II con la Christifideles laici, infine per ultimo il santo padre Francesco. Certo i laici si devono muovere in autonomia, ma che non significa “distacco” dai pastori, hanno sempre bisogno della “chiarezza dottrinale magisteriale, strumento indispensabile perché si formino ‘coscienze rette’ e non autoreferenziali, ove si può dire tutto e il contrario di tutto”.

Il professore Gandolfini risponde a quelli che hanno criticato l’importante evento, a quelli che hanno detto che non c’è bisogno della piazza, che è meglio la testimonianza personale e che non bisogna contrapporsi al Governo alzando muri. O a quelli che sostengono che è più importante il lavoro culturale-formativo. Per Gandolfini, sono tutte polemiche artificiose, perché già molte associazioni, i promotori stessi, questo lavoro l’hanno sempre fatto. Per esempio Alleanza Cattolicache fa parte del Comitato organizzatore, nei suoi oltre quarant’anni di attività si è mossa sempre nell’ambito culturale e sociale. Poi per quanto riguarda l’alzare i muri e urlare, non siamo noi a farlo, piuttosto è la militanza omosessualista a farlo che ha reagito come sempre in maniera scomposta alle nostre prese di posizione contro l’ideologia del gender e il ddlCirinnà.

Segnalo altri interessanti interventi presenti nella rivista, in particolare quello dell’economista Ettore Gotti Tedeschi, già presidente dello Ior, conosciuto per avere contribuito in modo importante a diffondere l’idea che l’inverno demografico, cioè il fatto che in Italia dagli anni ’70 nascano sempre meno bambini, non sia una delle tante problematiche che affliggono il Bel Paese, ma sia la questione che ha originato la crisi economica che stiamo vivendo e dalla quale non si riesce a uscire, volendo negarne le vere origini.

Nelle prime pagine de La Roccia troviamo due interventi sull’imminente Sinodo sulla Famiglia. Lo sottoscrivono Andrea Morigi e Massimo Introvigne. Il primo segnala che continuano le pressioni dei mezzi di comunicazione per creare l’idea di un “Sinodo parallelo”, diverso da quello reale. Così come avvenne per il Concilio Vaticano II, per Morigi, “si vuole proporre un Sinodo diverso da quello dei documenti: il primo progressista, aperto, rivoluzionario, contrapposto al secondo, oscurantista e retrogrado”. Mentre Introvigne, vede una vera e propria “intossicazione” dei documenti, dei testi del Sinodo, da parte dei mass-media. Si assiste a una “forzatura dei testi, facendogli affermare quello che si desidera, a prescindere dal reale contenuto. Oppure tacendo quanto vi è scritto chiaramente”. Ci sono titoli sparati in prima pagina su come il Sinodo si appresterebbe a rivoluzionare la dottrina della Chiesa in tema di famiglia, ammettendo il divorzio e aprendo perfino alle unioni omosessuali. Del resto avviene la stessa cosa ai vari documenti della Chiesa, “ci sono addirittura pontificati presentati secondo una classificazione maliziosa”, scrive Introvigne.Quel che è grave che anche molti cattolici bevono con entusiasmo questa alterazione della verità.

Infine la rivista ci regala altri e ben scritti articoli, che certamente aiutano chi vuole essere un vero apostolo della nuova evangelizzazione.

 

GIUSEPPE_SERMONTI

L’editore Lindau nel 2010 ha riproposto una scelta degli editoriali che il prof. Giuseppe Sermonti aveva scritto per la Rivista di Biologia-Biology Forum da lui diretta dal 1979 al 2009. Editoriali attraverso i quali è possibile ripercorrere la storia della biologia in un periodo particolarmente importante e ricco di novità.

Ma la preziosa pubblicazione è arricchita da un’introduzione, scritta per l’occasione, che è un’autobiografia del professore romano e che assume una particolare importanza ora che sta per compiere 90 anni. Il suo compleanno cadrà infatti il 4 ottobre e rivivere la sua storia è ripercorre le tappe della vita di un grande scienziato e di un grande perseguitato dall’establishment della scienza italiana. Fosse vissuto in Unione Sovietica sarebbe finito, probabilmente, come Nicolai Vavilov, il grande biogeografo di scuola mendeliana, imprigionato e morto nel Gulag (1943) per le sue idee sulla genetica.

Sermonti, che si laurea a Pisa in Agraria e poi in Biologia prende una strada completamente diversa inventando la Genetica dei Miscorganismi Industriali. A trent’anni vince una borsa di studio che lo porta all’Università di Yale, ma l’esperienza americana non risulta positiva anche se, qualche anno dopo, a 35 anni, vince la cattedra di Genetica a Palermo. Comincia, in questo periodo, a maturare la sua critica alla Scienza come ideologia che descrive ampiamente ne Il crepuscolo dello scientismo (Rusconi, 1971) e iniziano i primi attacchi e i processi in stile maoista. La Sapienza di Roma ne è protagonista “processando” il volume senza l’autore e senza repliche, da quel momento tutte le porte cominciano a chiudersi. Gli editori gli voltano le spalle a cominciare da Zanichelli col quale aveva pubblicato nel 1972 un libro per ragazzi (Vita Coniugale dei Batteri), anche Mondadori, dopo aver pubblicato una raccolta di fiabe legate alla scienza (Il Ragno, il Filo e la Vespa) lo ritira rapidamente dalla circolazione. Solo Rusconi rimane fedele allo scienziato romano.

Ma torniamo al Sermonti genetista. Nel 1968 e fino al 1986 presiede un gruppo internazionale: Genetics of Industrial Microorganism che tiene congressi in molte parti d’Europa. Gli viene proposta la direzione del neonato reparto di Genetica all’Istituto Superiore di Sanità di Roma, ma arriva subito un veto che lo riporta alla sua Università di Palermo e poi di Perugia (1974).

Nello stupore generale viene nominato vice-presidente del XIV Congresso Internazionale di Genetica che si svolge a Mosca (1980) e che sancisce il ritorno dell’Urss nella genetica occidentale dopo l’ubriacatura lysenkoiana. Lo stupore è generale e il boicottaggio nazionale consueto: la Rai commenta dicendo che nessun italiano è stato invitato! Un fantasma per la scienza italiana, un appestato che ovviamente la Sapienza di Roma rifiuterà di accogliere nonostante avesse più titoli del collega che prende il suo posto.

Il 1980 è l’anno di Dopo Darwin (con Roberto Fondi che scrive la parte paleontologica) sempre per l’ospitale Rusconi, quasi un best seller con le sue cinque edizioni in due anni col quale si distacca dal darwinismo fazioso e da quei darwinisti che W. H. Thompson descrive così: « Si riuniscono a difesa di una dottrina che non sono capaci di definire scientificamente e ancor meno di dimostrare, tentando di mantenere il suo credito col pubblico attraverso la soppressione della critica e l’eliminazione delle difficoltà». «La rappresentazione dell’origine dell’uomo – dice Sermonti – con un piccolo corteo iniziato da un peloso e chino scimpanzé e coronato da un umano eretto e roseo tiene ancora campo, benché smentita da decenni di osservazioni e misure». Considerazioni ancora molto attuali.

Il suo itinerario all’interno del mondo della fiaba, iniziato con le fiabe legate alla scienza, lo porta anche a fare un ragionamento inverso: «scovare leggi naturali nel fondo delle fiabe: leggi astronomiche, chimiche o botaniche» scrivendo tre volumi (Rusconi editore), sulla luna, l’alchimia e i fiori. Quello sull’ Alchimia della fiaba, che gli è particolarmente caro, è stato ripubblicato da Lindau (2009).

Sermonti rende anche omaggio alla vita di alcuni scienziati come lui ostracizzati, dimenticati o fraintesi dagli ambienti accademici ufficiali. Nascono così alcune “commedie da tavolo”, brevi operette (Di Rienzo editore) con le quali descrive i drammi di Gregor Mendel con la riscoperta postuma e il tentativo di Hugo De Vries di appropriarsi delle sue scoperte, William Harvey e la disputa sulla circolazione sanguigna, Ignazio Filippo Semmelweis incompreso scopritore delle cause delle infezioni puerperali che si darà la morte per dimostrare la ragione delle sue teorie, Paul Kammerer, suicida a causa della sconfessione delle sue teorie sull’eredità dei caratteri acquisiti, J. Robert Oppenheimer, protagonista del Progetto Manhattan col quale la fisica si rende conto che può distruggere il mondo, Pavel Florenskij, Pope, filosofo e matematico internato nelle isole Solovski dove muore fucilato, e infine Charles Darwin distorto, emendato, usato dai neo-darwinisti tanto che lo stesso naturalista inglese non si riconosce più.

Drammi veri e propri che insegnano che le grandi scoperte «nascono spesso tra errori, contese, sconfessioni, che talvolta provocano la prematura scomparsa del protagonista, prima che la sua idea si sia affermata».

Nel 1999 accetta l’invito di Rusconi a tornare a scrivere su Darwin e lo fa in stile propositivo piuttosto che critico con Dimenticare Darwin, che presenta a Roma alla Sapienza tra contestazioni dei “collettivi” annunciate ma che comunque non impediscono la presentazione.

Sermonti non cessa di chiedersi cosa abbia scatenato le ire dei suoi detrattori e così si risponde: «Non la mia critica al darwinismo (…). Neppure lo stesso Crepuscolo (…). Fu proprio Genetics of Antibiotics, con il quale ero uscito dall’uovo come il brutto anatroccolo di Andersen, senza avere chiarito prima a quale specie appartenessi. (…) Sono stato osteggiato per idee che non mi hanno mai appartenuto, mentre l’unica colpa di cui sono confesso è la vaga percezione di qualcosa di costante nell’universo, che non oso chiamare “dio”».

La sterminata produzione di Sermonti è anche ricca di articoli comparsi su molti quotidiani, il Tempo, Roma, Il Giornale, il Foglio con i quali entrava nell’attualità, ma sempre col suo sguardo verso i grandi orizzonti.

Caro prof. Sermonti, grazie e tanti cari auguri.

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