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Asia Bibi

 

Mentre nel mondo si prega per l'unità dei cristiani delle diverse confessioni non accenna a diminuire l'emergenza libertà-religiosa in Pakistan, dove ancora oggi i seguaci di Gesù che vogliano restare fedeli al Vangelo devono affrontare persecuzioni, intimidazioni e non di rado processi giudiziari di vario tipo fino a subire la condanna a morte. Da ultimo, la situazione potrebbe persino peggiorare se la recente proposta della Corte Federale della Shari'a di estendere la pena capitale anche ai supposti casi di blasfemia contro il Corano dovesse trovare riscontro a livello legislativo. Di fatto, Asia Bibi, la donna cristiana, madre di cinque figli, arrestata nel giugno 2009 in seguito a un'accusa artefatta di blasfemia verso il profetta dell'islam Maometto, è ancora in carcere e nemmeno la pressione mediatica internazionale sembra aver sortito alcun effetto. Per non dimenticarla, e soprattutto per informare sull'ignota quanto drammatica quotidianità dei cristiani dalle parti di Islamabad le associazioni dei cristiani pakistani in Italia hanno organizzato a Roma, presso il centrale Convento Gesù e Maria, una giornata di riflessione e denuncia dal titolo “Legge sulla blasfemia e pena di morte in Pakistan: una condanna per gli analfabeti”. Una delle cause dell'attuale situazione di sopruso e violenza generalizzata è infatti proprio l'analfabetismo che colpisce larga parte della popolazione e – all'interno di questa – in particolar modo le donne (solo una su due è in grado di leggere e scrivere correttamete). Soprattutto, scarsissima è la conoscenza dell'arabo (che è invece la lingua ufficiale del Corano): in tutta la nazione si stima che solo il 5% sia in grado di padroneggiarlo adeguatamente. In questo contesto di estrema povertà e miseria, quindi, incrementare ulteriormente la possibilità di essere processati per avere diffamato il libro sacro dell'islamismo apparirebbe come un totale non-senso logico e giuridico se non fosse per la pressione sociale e culturale che proprio i gruppi radicali e fondamentalisti esercitano sul governo e sull'opinione pubblica. Una pressione che ha raggiunto oramai livelli spaventosi: oltre al caso di Asia Bibi (e senza parlare degli omicidi di quanti a livello politico ne avevano sostenuto la difesa, come il governatore del Punjab Salmaan Taseer (1944-2011) e il ministro federale per le minoranze religiose Shabhaz Bhatti (1968-2011)) le cronache degli ultimi anni registrano oltre 2500 vittime extra-giudiziarie e veri e propri pogrom, come quelli che provocarono la morte di sette cristiani a Gojra (in provincia di Faisalabad, nel Punjab), tra cui due bambini, bruciati vivi nell'agosto del 2009.

Ne ha parlato approfonditamente Marta Petrosillo in rappresentanza dell'Associazione dei Pakistani Cristiani in Italia: la studiosa ha spiegato che nell'attuale quadro giuridico e sociale “neanche i bambini o i disabili mentali” possono considerarsi al sicuro, come dimostra il recente caso di Rimsha Masih, la ragazzina di 12 anni, affetta da un ritardo mentale (la sindrome di Down) che era stata accusata strumentalmente di aver bruciato delle pagine del Corano (in realtà le fantomatiche prove a suo carico erano state fabbricate dal suo stesso accusatore, un imam locale) e successivamente – con non poche difficoltà e l'intervento diretto nientemeno che del ministro dell'immigrazione canadese – è riuscita a trovare rifugio nel Paese nordamericano con la sua famiglia, per evitare il peggio. Insomma, “é sufficiente un’accusa, il più delle volte infondata, perché una persona possa essere arrestata. La norma non prevede l’onere della prova da parte dell’accusatore, è il presunto blasfemo che deve provare la sua innocenza. La polizia dovrebbe ricercare le prove ma l’alto numero di casi e la pressione della comunità ostacolano le indagini. Spesso l’accusato non può neanche contare sulla testimonianza di familiari e amici, perché se parlassero in sua difesa, rischierebbero di essere incriminati a loro volta. Le accuse non cadono se non nei successivi gradi di giudizio, quando l’imputato ha trascorso già un lungo periodo in carcere. Younis Masih è stato rilasciato nel novembre scorso dopo essere stato assolto dall’accusa di aver insultato il profeta Maometto, [ma] si trovava in carcere dal settembre 2005”. D'altra parte, ha aggiunto Petrosillo, “a decidere l’apertura di un’indagine e l’esito di un processo, specie nei primi gradi di giudizio, è spesso la grande pressione esercitata sia sulle forze di polizia che sui giudici dei tribunali di primo grado, in molti minacciati e talvolta uccisi. Nel 1997, un anno dopo aver prosciolto un ragazzino cristiano di 11 dall’accusa di blasfemia, il giudice dell’alta corte di Lahore, Arif Bhatti, è stato ucciso perché, spiegherà il suo assassino, assolvendo un blasfemo aveva si era anch’egli macchiato di blasfemia”. E' chiaro quindi che c'è un problema anzitutto culturale ed educativo - di dialogo, di comprensione e di confronto leale con l'altro, in quanto religiosamente diverso - alla base, ma in questo caso le altre leggi dell'Ordinamento dello Stato (che pure in teoria sarebbe repubblicano) e gli orientamenti sposati dalle Supreme Magistrature non aiutano affatto a fare chiarezza, anzi, sembrano peggiorare ancora di più le cose, come ha spiegato il successivo relatore.

A seguire è stata infatti la volta del professor Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, che affrontando il tema da una prospettiva squisitamente giuridica ha chiarito che la libertà religiosa, fin dalle sue prime codificazioni internazionali (a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948), è stata sempre riconosciuta come un diritto innato, alla stregua del diritto alla vita, perchè fa da base, e coerentemente presuppone, tutti gli altri diritti, a partire dalla libertà di pensiero e di espressione. Non a caso oggi viene considerata come un caposaldo imprescindibile di un moderno Stato di diritto, almeno in Occidente. Viceversa la proposta della Corte pakistana sembra andare invece proprio nel senso opposto perchè non solo nega i fondamenti – teorici e pratici – che rendono possibile socialmente la libertà religiosa ma introduce addirittura un'ipotesi di reato penale “senza specificare in che cosa consiste la fattispecie del delitto di blasfemia” e quindi venendo clamorosamente al principio di tassatività (secondo cui uno Stato che si fondi sulla forza della legge deve indicare sempre e comunque chiaramente ai suoi consociati quali siano le attività riprovate penalmente e quali no). Altri rappresentanti della comunità pakistana, come Adan Farhaj e Jeem Phey Ghouri, hanno peraltro ricordato come storicamente la Repubblica nasca (nel 1947) con delle radici chiaramente multiconfessionali e come il padre fondatore stesso della Patria, Mohammad Ali Jinnah (1876-1948), avesse in mente non uno Stato islamico ma laico, che accogliesse tutte le realtà religiose presenti già allora al suo interno. Oggi invece l'islamismo radicale (anche dopo l'opera di islamizzazione promossa dal generale Muhammad Zia ul-Haq (1924-1988), dittatore per un decennio (1978-1988)), sembra avere preso piede ovunque al punto che la secolare presenza dei cristiani, come quella di altre minoranze, viene sempre meno tollerata pubblicamente e molti sono costretti a fuggire in Paesi dell'Estremo Oriente come la Thailandia o le Filippine. Anche per questo i vari deputati presenti e intervenuti (tra cui Luca Volontè, Luigi Bobba, Elena Centemero e Massimiliano Fedriga) hanno promesso di richiamare nei prossimi giorni l'attenzione del Parlamento auspicando un pronunciamento - per una volta unanimemente bipartisan - che faccia luce su questo autentico dramma dimenticato dei giorni nostri e richiami concretamente l'attenzione dell'opinione pubblica, anzitutto nelle scuole e nei grandi mezzi di comunicazione sociale. Volontè, in particolare, ha fatto presente che tramite la piattaforma civica citizengo (www.citizengo.org) è già possibile firmare una petizione in sostegno di Asia Bibi che ha raggiunto le 15.000 sottoscrizioni e sarà consegnata personalmente alla stessa Bibi da una delegazione ufficiale in visita nel carcere dove attualmente si trova il prossimo febbraio. In conclusione, Attilio Tamburrini dell'Osservatorio per la Libertà Religiosa del Ministero degli Esteri e Luisa Capitanio Santolini, già deputato alla Camera, ora esponente dell'associazione Italia-Pakistan ISIAMED, hanno ricordato i recenti interventi del Pontefice in materia (Papa Francesco ha infatti denunciato più volte che oggi nel mondo contro i cristiani vi sono più persecuzioni di duemila anni fa, da ultimo nell'Angelus del 17 novembre) sottolinenando come quella attuale sia una “persecuzione diffusa” a livello capillare e non episodica che interessa - in modo diverso - praticamente tutti i continenti. Perchè le emergenze appaiono tali in tutta la loro gravità occorre però che se ne parli e qualcuno se ne faccia eco: dopo la giornata romana, a cui hanno partecipato in prima persona in veste di moderatori anche giornalisti di primo piano di Tv2000 e di Rai2, si spera che ora anche le altre realtà laiche più 'impegnate' di denuncia sociale - sempre attente alla tutela dei diritti umani, ma solitamente un po' distratte sul campo religioso - ne tengano debitamente conto.

EUPlay nasce dalla volontà di indagare il ruolo centrale svolto dalla Cultura, in generale, e dalla Musica, in particolare, nella creazione e nella diffusione dell'attuale concetto di Europa.

Tale concetto prende vita nell'800 da idee quali l'idea di nazione, di indipendenza, di fratellanza, di associazione internazionale dei popoli, di progresso dell'umanità.

Idee scaturite, all'epoca, anche grazie al forte rivolgimento culturale delineato dai grandi movimenti Romantici (artistici, letterari, musicali, ma anche filosofici e politici). Proprio questo forte e comune background culturale ha spinto i pensatori del tempo ad attraversare il continente Europeo per riunirsi e scambiarsi informazioni. In molti casi, a fare da collante per questi incontri è stata la passione per la Musica,che loro stessi componevano o eseguivano come strumentisti.

La Musica, infatti, rappresenta da sempre un veicolo globale capace di oltrepassare i confini delle identità linguistiche e di unire i popoli, di trasmettere con una forza pari o addirittura maggiore delle parole messaggi coinvolgenti dal punto di vista emotivo, di infondere sentimenti di appartenenza e di comunione che superano gli individualismi personali e fanno sentire "parte di un tutto" in modo potente, poiché concretamente provato (come chiunque di noi abbia mai assistito ad una performance live può facilmente testimoniare).

In un'epoca pre-Mass Media, erano i gruppi da camera a far viaggiare le idee: il canto patriottico rivoluzionario francese La Carmagnole venne preso a spunto da Niccolò Paganini, che lo eseguì in una sua personale versione a Genova, il canto della Marsigliese divenne il tema delle variazioni di Ferdinando Carulli, l'Inno Nazionale Inglese è stato utilizzato da Beethoven e da Fernando Sor. Ma la Musica contribuiva anche concretamente a creare terreno fertile perché le idee politiche potessero attecchire: Giuseppe Mazzini, ad esempio, utilizzava l'esibizioni di celebri cantanti italiani residenti a Londra per raccogliere fondi, e considerava la Musica come elemento integrante dell'educazione e della formazione del suo ideale di uomo nuovo. Chopin raccontava nelle sue opere il grido di libertà di un popolo oppresso, non a caso lo zar di Russia, esercitando una censura ante litteram su di una composizione musicale, vietò di suonare la sua Polacca, opera 40, n.1, intuendone la forza rivoluzionaria.

La Musica, dunque, non é più solo un passatempo ma diventa anche rappresentazione delle contraddizioni della realtà, non deve soltanto piacere ma anche coinvolgere, non cerca più solo una semplice partecipazione estetica o intellettuale, ma un'immedesimazione emotiva ed anche politica, divenendo una sorta di piazza virtuale dove si convogliano le istanze delle singole nazioni di appartenenza, dei pensatori, dei musicisti, dei politici.

Il progetto EUPlay ha l'intento non solo di ripercorrere la storia dello stretto (e, per certi versi, inedito) legame intercorso tra Musica e nascita della coscienza europea, ma anche quello di riproporre questo stesso legame in chiave attuale, dando vita ad una nuova piazza virtuale della Musica, in questo caso di nome e di fatto, con la creazione del portale www.euplay.net.

Le due anime del progetto si svilupperanno parallelamente, culminando in eventi nei territori dei paesi partner, con tavole rotonde e concerti/spettacolo in cui si alterneranno musica dal vivo e brani recitati.

Il portale www.euplay.net, dal canto suo, si prefigge lo scopo di fornire un luogo dove la Musica e la passione per la Musica possano tornare ad essere il collante di incontri tra cittadini dell'Europa (e del mondo), terreno di un fecondo scambio di informazioni e di pensieri, di un proficuo confronto su tematiche musicali (e non).

Una rinnovata piazza virtuale dove possano conoscersi musicisti provenienti dai diversi paesi, maestri, ma anche allievi. Dove possano mettersi in gioco, grazie ai concorsi per esecutori e compositori alla ricerca della nuova colonna sonora europea, professionisti, ma anche dilettanti appassionati. Dove ci si possa ritrovare, grazie alla forza di un interesse in comune, e poi riscoprire più simili ed uniti di quanto si immaginasse, per superare grazie ed attraverso la Musica - ancora una volta - i confini delle proprie identità nazionali e creare insieme un nuovo movimento di aggregazione che, partendo dalla Musica, in particolare, e dalla Cultura, in generale, riesca a ricordarci ed a rafforzare le radici da cui è nata la nostra unità - la nostra Unione Europea.

I paesi promotori del progetto EUPlay sono Italia, Inghilterra e Polonia. A partire dalla loro storia, sono state scelte le figure chiave di riferimento, personalità del mondo della politica, della cultura e della musica strettamente legate tra loro e fortemente connesse con i concetti alla base dell'attuale Unione Europea. Nella fattispecie, per l'Italia si sono scelti Giuseppe Mazzini e Niccolò Paganini, entrambi originari di Genova, che hanno intrattenuto rapporti con altri rappresentanti di spicco del pensiero europeo, come la grande scrittrice e pensatrice francese George Sand; per la Polonia, si sono scelti il Principe Adam Jerzy Czartoryski insieme al grande pianista e compositore Fryderyk Chopin, anch'egli legato alla filosofa francese, nonché al famoso pianista ed organista tedesco Felix Mendelssohn ed a sua sorella, Fanny Mendelssohn; per l'Inghilterra, il poeta inglese George Gordon Byron, il cui pensiero politico si è espresso nei celebri discorsi contro la repressione dei movimenti di protesta del popolo e si è palesato con la sua partecipazione ai moti carbonari italiani.

Partner ufficiali del progetto sono: N.E.M.O. g.e.i.e. (IT); Smolna Street Association (PL); QED Film & Stage Productions Inc (GB).

continuano a pensare con i piedi

 

In questi giorni ho letto un libretto che mi ha consigliato Attilio Trentini, responsabile culturale della Sugarcoedizioni. Trentini è fratello di Raffaele Trentini, l’estroso portiere del Foggia calcio degli anni 70’(lo ricordo benissimo perché raccoglievo le figurine Panini), quando trionfava nei campi di serie A, ai tempi di Rognoni, Bigon, Re Cecconi, Saltutti e di tanti altri campioni. Il testo è “Continuano a pensare con i piedi”, di Massimiliano Castellani, pubblicato qualche anno fa dalla casa editrice milanese, Sugarco. Il libro di Castellani racconta un mondo del calcio che non esiste più, quello di Nando Martellini, del presidente Costantino Rozzi, dell’allenatore Carletto Mazzone e purtroppo, anche quei capitoli che riguardano il “calcio malato”, dalla sla al calcio scommesse, sempre attuale come si legge dalle cronache dei giornali in queste settimane.

L’autore del libro ha “messo in campo alcune storie, una piccola squadra di personaggi” che per certi versi a loro modo “hanno inciso profondamente nella cultura e nella poetica di quello che fino a ieri era solo un gioco, il più bello e il più seguito, ma comunque un gioco”. Un libro che secondo l’autore dovrebbero leggere i ragazzi di oggi, sui banchi di scuola, e che imparassero a leggere la storia di questo calcio attraverso i racconti di una vita e di un calcio più vero di quello di adesso. Un libro scritto per tutti quelli che vogliono continuare a pensare con la propria testa. La prima storia riguarda il grande telecronista Nando Martellini, l’uomo che ha insegnato a raccontare la poesia del calcio, che nella notte dell’estate del 1982, urlava: “Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!”

Il 2° e il 3° capitolo si occupano del due morbo del calcio dei nostri giorni: il morbo di Gehrig o Sla (Sclerosi laterale amiotrofica), ribattezzato il “morbo del pallone”. La percentuale di morti fra i calciatori è allarmante, pare che sono 150 ogni anno. Una nuova peste del calcio? Quello che si sa con certezza che ha ucciso 16 calciatori, mentre i casi accertati sarebbero una cinquantina, come risulta dall’inchiesta del giudice Guariniello. Molti sono giovani, a cominciare dal grande capitano del Genoa, Gianluca Signorini, che se ne è andato quando aveva appena 42 anni. E poi Giorgio Rognoni, che negli anni settanta era stato il vice Rivera nel Milan. Il libro racconta la storia di un giovane Luca Pulino, un buon giocatore dilettante del Capranica. Se ne è parlato poco, perché evidentemente, esistono i malati di serie A.B,C.

Pare che questo morbo dovrebbe essere una diretta conseguenza dell’abuso di farmaci, o meglio del famigerato doping. Il doping uccide: “frutto dell’ingenuità e della completa fiducia che il calciatore riponeva nel medico e nel massaggiatore che gli somministrava pillole e flebo, ma comunque tutto parte da lì per arrivare all’estate del 1998: l’anno zero della caccia alle streghe del doping che fino ad allora non aveva interessato proprio nessuno”.

Che cosa è successo che l’allenatore Zdenek Zeman, ha avuto il coraggio, vista la grande omertà che regnava nell’ambiente del pallone, di denunciare: “facciamo uscire il calcio dalle farmacie”. Il tecnico boemo intendeva dire che bisognava smetterla “con tutte le pratiche assurde di giocatori dopati con quel cocktail velenoso di farmaci che le società mettono a disposizione dei loro medici assumendo ormai prima i farmacologi e poi i preparatori atletici. Pertanto sembra che ormai “gli spogliatoi da troppo tempo sono delle infermerie e molti giocatori che ho incontrato, specie quella della generazione degli anni Settanta-Ottanta, mi hanno ripetuto spesso la stessa frase: ‘C’era lo stesso odore delle corsie degli ospedali’. Così per quella massa di medicinali presi per alterare la prestazione, ci sono decine di calciatori malati. Un altro che ha avuto il coraggio di dirlo è stato Nello Saltutti, morto a 58 anni, dopo un trapianto al cuore.

Commovente il racconto in merito a Edo Bortolotti, il giovane difensore di fascia, talento del Brescia, arrivò in nazionale under 21 con Cesare Maldini, quando venne fermato dall’antidoping, da questo momento inizia la sua lente ed inesorabile discesa calcistica e poi anche esistenziale che lo portò al suicidio. Il 4° capitolo è dedicato alle “vittorie dopate”, l’imbroglio del calcio scommesse, dove a volte non si capisce chi è la vittima e chi il carnefice. Un mercato che è cominciato negli anni Ottanta, in maniera casereccia, quasi ridicola, con il gatto e la volpe romani Trinca e Cruciani. In pratica un ristoratore e un fruttarolo, “pesci piccoli di un meccanismo che portò a pagare altre pesci minuscoli del calcio”. Da allora sistematicamente si parla sempre di probabili combine quasi ad ogni campionato, partite truccate, finte, che devono finire secondo patti ben precisi, con valigie piene di milioni per far tacere l’inganno. Il libro di Castellani fa tanti nomi, quelli che poi sono apparsi su tutti i giornali sportivi e non, fino a quello del centravanti Carlo Petrini.

Il libro di Castellani però non racconta le storie di violenza nei campi e fuori dai campi, forse perché nel periodo che ha osservato non ci sono stati casi legati alla violenza. Oggi sono troppe le partite di calcio dove prevale la violenza, soprattutto al Sud, e in particolare nelle categorie inferiori, tempo fa ho commentato i gravi fatti di Lega Pro, Salernitana-Nocerina. Ogni domenica nelle categorie dilettanti, a partire dalla terza categoria, si registrano episodi di violenza verbale e fisica. Quello che non si riesce ad accettare è che quasi tutti minimizzano sia le aggressioni di calciatori, di arbitri, che eventuali invasioni, lo fa la stampa ma anche chi organizza. Capita spesso che la “giustizia sportiva” non sanzioni adeguatamente i vari casi di violenza che si registrano sui terreni di gioco. Pertanto visto che frequentemente ormai si ripetono ogni domenica gravi atti di violenza, non sarebbe il caso di fermare per qualche tempo questi tornei, dove ormai non si riesce a garantire neanche le più elementari regole del vivere civile ?

Mentre attendevo in stazione a Milano, presso la libreria Feltrinelli, ho consultato un interessante volumetto, “Calcio criminale” di Pierpaolo Romani, edito da Rubbettino. Un testo che si affida ai dati acquisiti dalle varie procure e soprattutto alla DIA e Dda dislocate sul territorio. Romani fa una panoramica dettagliata delle vicende che riguardano i campionati di calcio, soprattutto nelle regioni meridionali, dove la criminalità organizzata, dalla camorra alla mafia, si impadronisce di calciatori, dirigenti, squadre, e degli stessi campionati. “Le mafie spendono milioni in scommesse, sia clandestine che legali: enormi lavatrici, che restituiscono denaro ripulito per effetto della corruzione di tante componenti dell’ambiente calcistico, dove truccare una partita è diventato, o diventa, più semplice di quanto si possa pensare”.

Romani usa un tono asciutto, posato, quasi cronachistico, e i commenti dell’autore sono quasi sfumati, come se volesse lasciare al lettore la possibilità di farsi da solo un’idea, di fronte all’enorme mole di dati, fatti, circostanze riportate nelle quasi 300 pagine del suo lavoro.

In questo mondo ormai prevale uno stato di rassegnazione che anche episodi gravissimi non fanno più notizia del resto il “giocattolo” del calcio fa comodo a molti, lo “spettacolo” deve andare avanti sempre e comunque. Probabilmente è vero quello che Castellani fa dire a Osvaldo: “il calcio sta male, è vero, ma perché è l’uomo che è malato”.

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