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Pompei, dove la carità ha posto le tende

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Il giorno della Supplica, tanto atteso dai fedeli di tutto il mondo, è finalmente arrivato. La città mariana, chiusa al traffico fin dalle prime ore del mattino, ha accolto, ancora una volta, migliaia di pellegrini accorsi ad “abbracciare” Maria e a pregare ai Suoi piedi.

Tanti sono giunti a piedi, anche da molto lontano, come i fedeli di Pignataro Maggiore (Ce), fedeli all’appuntamento con la Supplica, fin dal dopoguerra, per un voto fatto alla Vergine di Pompei.

La cerimonia solenne è iniziata alle 10.30 con la santa Messa, ed è proseguita, alle 12.00, con la recita della preghiera composta nel 1883 dal Beato Bartolo Longo, fondatore della Nuova Pompei e del Santuario. Il rito è stato presieduto dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, e concelebrato dall’Arcivescovo di Pompei, mons. Tommaso Caputo, da numerosi arcivescovi e vescovi delle diocesi campane e da tutto il clero pompeiano.

«Siamo in un luogo dove la carità ha posto le tende - ha detto nell’omelia il card. Parolin -, si è insediata come elemento costitutivo di una storia di fede che continua a guardare avanti sospinta dalla forza poderosa e umile della sua origine: qui la preghiera, la corona del Rosario di cui si è fatto apostolo il fondatore Bartolo Longo, si è calata in una realtà che parlava d’altro. Parlava di miseria e di abbandono, di ingiustizia e di sopraffazione. L’uomo era calpestato nella sua dignità e i poveri, gli ultimi della fila, non erano quasi considerati. La carità ha aperto le porte, anzi le ha spalancate alla speranza, dando vita a un’era nuova». Il Segretario di Stato ha sottolineato che questo rimane vero anche in un tempo, come quello presente, che non è privo di difficoltà e angustie, «come l’insidia di una violenza sempre in agguato, o le scarse e incerte prospettive di lavoro per i nostri giovani». In particolare, il Porporato ha esortato i credenti a professare la fede mettendola «in pratica con l’amore al prossimo» e ad «essere luce per il mondo».

Ad accogliere il Cardinale, l’Arcivescovo Caputo, che, ricordando le parole pronunciate da Papa Francesco al termine dell’Udienza Generale di ieri, ha invitato la Chiesa universale ad unirsi a Pompei nella recita della Supplica. Nel saluto, il Prelato si è rivolto al primo e più diretto collaboratore del Santo Padre, venuto «a rinnovare il legame tutto speciale con i Pontefici e ad aprire idealmente anche al Papa venuto dall’altra parte del mondo, la strada che ha già condotto San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in pellegrinaggio al Santuario della Beata Vergine del Rosario».

Hanno preso parte alla celebrazione l’Ambasciatore della Repubblica di Cipro presso la Santa Sede, George Poulides, i Cavalieri del Sovrano Militare ordine di Malta, con il Venerabile Balì Frà Carlo D’Ippolito di Sant’Ippolito e il Gran Priore del Priorato di Napoli e Sicilia, Frà Luigi Naselli Di Gela, e i Cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, oltre a numerose autorità civili e militari.

Tra i numerosi pellegrini, un gruppo di trentacinque bambini provenienti dalla Parrocchia “Santa Maria Assunta” di Turi, in provincia di Bari, venuti per la “seconda comunione”, dopo essersi accostati al Sacramento per la prima volta qualche giorno fa nella loro chiesa.

La celebrazione è stata trasmessa in diretta televisiva da Napoli-Canale21, l’emittente campana che dal 1979 segue tutte le manifestazioni del Santuario, e TV2000 (Canale 28 del digitale terrestre, canale 140 di Sky e canale 18 di TvSat), la Tv della Conferenza Episcopale Campana, che, per tutto il mese di maggio, trasmetterà in diretta televisiva, dal lunedì al sabato alle 6.30, il “Buongiorno a Maria”, e tutti i giorni alle 8.30, la santa Messa.

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Santa Messa

in occasione della supplica

Pompei, 8 maggio 2014

OMELIA DI S. EM.ZA CARD. PIETRO PAROLIN

SEGRETARIO DI STATO DI SUA SantitÀ

 

Cari fratelli e sorelle,

Sono grato a Sua Eccellenza Mons. Tommaso Caputo Arcivescovo Prelato di Pompei per il suo cortese invito a presiedere questa celebrazione nella giornata della Supplica alla Beata Vergine Maria di Pompei. Ringrazio le Autorità civili e militari per la loro gradita presenza, a testimonianza del loro affetto verso il Santuario e dell’importanza che esso riveste per la città e per la Regione, oltre che per la devozione di tutti i fedeli cattolici, che qui provengono numerosi da ogni parte del mondo per ringraziare la Madre di Gesù per le tante grazie di cui si fa benevola mediatrice e per impetrarne sempre di nuove. Sono lieto di farmi pellegrino, insieme a voi, nella città di Maria. Saluto i fratelli Vescovi della Campania, venuti numerosi a condividere questo momento. E saluto i sacerdoti e in particolare i sacerdoti della Prelatura di Pompei.

Ascoltare le letture nella “città di Maria”, l’altro nome di questa terra meravigliosa e così ricca di storia, offre suggestioni che la vicinanza al tempo pasquale rende ancora più intense e significative.

La liturgia di oggi ci presenta innanzitutto la Chiesa nascente. Gli Apostoli, rinvigoriti dal dono dello Spirito Santo, iniziano la loro missione di annunciatori della buona novella. Pietro, indicato da Gesù come pastore del piccolo gregge, proclama la sua fede in Cristo crocifisso e risorto ed invita i presenti a pentirsi dei propri peccati e a lavare nell’acqua del battesimo le proprie colpe per rinascere a vita nuova. Si fa strada una prima domanda: in che cosa consiste questa vita nuova? Per i cristiani non può che esserci una sola risposta: essa consiste nell’amore e si manifesta nella carità.

E qui siamo precisamente in un luogo dove la carità ha posto le tende, si è insediata come elemento costitutivo di una storia di fede che continua a guardare avanti sospinta dalla forza poderosa e umile della sua origine: qui la preghiera, la corona del Rosario di cui si è fatto apostolo il fondatore Bartolo Longo, si è calata in una realtà che parlava d’altro. Parlava di miseria e di abbandono, di ingiustizia e di sopraffazione. L’uomo era calpestato nella sua dignità e i poveri, gli ultimi della fila, non erano quasi considerati.

La carità ha aperto le porte, anzi le ha spalancate alla speranza, dando vita a un’era nuova. Nessun problema, nessuna apprensione, per quanto forte e motivata, può tenere lontana una speranza che, proprio in questo luogo si manifesta come concreta, fatta di opere che parlano il linguaggio di una carità che trasforma, costruisce e fa nuove tutte le cose. Questo rimane vero anche se oggi ciò che viviamo non ci mette al riparo da difficoltà e angustie, come l’insidia di una violenza sempre in agguato, o le scarse e incerte prospettive di lavoro per i nostri giovani, ai quali non solo la crisi economica di questi tempi, ma ritardi antichi e strutturali rendono difficile guardare al futuro con serenità e fiducia.

Siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli”, dice Giovanni nella prima Lettera.

Quali riflessioni, dunque, possiamo ricavare da queste letture? Cosa ci vuole dire oggi il Signore? Vorrei soffermarmi, assieme a voi, su tre concetti in particolare: professare la nostra fede, metterla in pratica con l’amore al prossimo; essere luce per il mondo.

1. Professare la nostra fede. Pensiamo a Pietro, povero pescatore di Galilea, trascinato da Gesù in un’avventura più grande di lui. Il Signore gli dà le chiavi del Regno, lo mette a capo degli Apostoli, gli dà fiducia. E lui che fa? Nel momento del bisogno, lo rinnega per tre volte. Ma la fede in Cristo è più forte! Pietro “pianse amaramente”, si pentì di quello che aveva fatto e, dopo la Risurrezione di Gesù riunì i suoi fratelli. Ma era ancora timoroso. La sua umanità era molto molto fragile. Ecco allora che Dio manda lo Spirito Santo che dà agli Apostoli, riuniti con Maria nel Cenacolo, la grazia e la forza per annunciare e costruire il Regno di Dio.

Come non notare la presenza di Maria nel Cenacolo? Accanto agli Apostoli, vicina ad ognuno di essi nel momento in cui lo Spirito Stato li spingeva sulla via della testimonianza e della missione, Maria, in un certo senso, replicava il “sì” dell’Annunciazione, facendosi presente come prima evangelizzatrice. Maria si poneva così al servizio di Gesù e del Vangelo. Umile ancella del Signore, ma anche madre nostra nella nostra fede. È questa innanzitutto la dimensione che essa ci offre, particolarmente in questa sua “bella casa” di Pompei, un Santuario posto nel cuore di una città cresciuta alla sua ombra e sotto la sua protezione. Nessuna delle ansie, delle preoccupazioni, come pure delle gioie e delle speranze di questa comunità può esserle estranea. Essa veglia come madre amorevole e premurosa non solo sulle vicende della nostra vita quotidiana, ma anche sulla saldezza della nostra fede. È Lei che ci invita a rivolgere lo sguardo al Suo Figlio. È Lei che continua ad assistere gli apostoli dei nostri giorni, per i quali non è mutato il dovere della testimonianza e della missione.

Tutti noi siamo battezzati ed abbiamo ricevuto, nella Confermazione, il dono dello Spirito Santo. Facciamo fruttare questo dono. Professiamo la nostra fede come San Pietro e gli altri Apostoli. Anche se ciò dovesse costarci, come è accaduto a lui. Pensiamo alle migliaia di cristiani, fratelli e sorelle nostri che, ancora oggi, nel XXI secolo, soffrono a causa della loro fede, sono perseguitati, vedono i propri diritti calpestati. Preghiamo per loro e, soprattutto, agiamo come loro, senza scendere a compromessi. Papa Francesco direbbe “senza scendere a compromessi con lo spirito di mondanità”, ma vivendo e professando in pienezza la nostra fede.

2. Mettere in pratica la nostra fede, cioè amare il prossimo. È proprio qui il cuore della nostra fede. È questa la rivoluzione portata da Gesù. L’amore vicendevole è il comandamento che egli ha dato ai suoi, prima di morire, definendolo suo e nuovo. È, quindi, l’essenza stessa del suo insegnamento. Solo attraverso l’amore al fratello, infatti, ci dice San Giovanni, “passiamo dalla morte alla vita”. Rinasciamo, cioè, a vita nuova.

Esempio di vita nuova è la terra che oggi vi accoglie, e sulla quale oggi ho potuto sperimentare la gioia della celebrazione eucaristica.

Quel “nuova”, che precede il nome proprio di Pompei, non indica solo la grande distanza di epoche con l’antica e splendida città degli scavi, tramandata a noi da un complesso monumentale unico al mondo. La distanza della “Nuova Pompei” è invece in rapporto al territorio della Valle desolata che si presentò agli occhi di un evangelizzatore come Bartolo Longo. Un laico, con esperienze di vita piuttosto difficili e tormentate, che vide in quella terra abbandonata e infestata da degrado e malavita, non un luogo al quale voltare le spalle, ma il punto di partenza per un “nuovo inizio”. C’era innanzitutto una speranza da ricostruire. Bartolo Longo considerò necessario mettere in pratica la fede, ossia amare il prossimo, confidare nella Provvidenza e nella misericordia di Dio. A trovarsi al centro del progetto della “Nuova Pompei” fu così la preghiera. I grani del Rosario, di cui fu instancabile propagatore, diventarono i veri e più saldi “mattoni” per l’edificazione di questo Santuario, casa comune della fede e della speranza di un popolo nuovo.

La fede vissuta, testimonia l’esperienza di Pompei, diventa la nostra forza, unisce e comprende tutte le nostre azioni e ci porta a Dio. L’amore fra gli esseri umani è ciò che sta più a cuore a Dio, ciò che Lui vuole per noi, perché è Padre di tutti. Amandoci gli uni gli altri, dunque, siamo più vicini a Dio. E l’unione con Lui è sorgente inesauribile di luce interiore, è fonte di vita, di fecondità spirituale, di rinnovamento continuo.

3. Essere luce per il mondo (missione). Forti della nostra fede, decisi ad amare il fratello, ogni fratello, possiamo, quindi, essere, davvero luce per il mondo, come Gesù. Questa luce, questa verità dobbiamo portarla al mondo, testimoniarla ed annunciarla a tutti. E farlo con gioia, come esorta Papa Francesco: “Non siate mai uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma dall'aver incontrato una Persona, una Persona che riempie il nostro cuore, la nostra vita e dà senso alla nostra esistenza: Gesù, dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti!. Aiutare gli uomini di questo nostro difficile tempo a credere in Gesù e in Colui che lo ha inviato; ridare la speranza all’umanità, perché Egli non è venuto per condannarci, ma per salvarci: non può essere che questo il nostro impegno di cristiani maturi e coraggiosi. Non possiamo tenere per noi questa gioiosa certezza, ma dobbiamo comunicarla agli altri, perché – avverte ancora Papa Francesco nella Evangelii Gaudium – “giungiamo ad essere pienamente umani quando siamo più che umani, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero”. (n. 8).

Pensiamo a Maria, che qui a Pompei veneriamo con il titolo di Vergine del Rosario. Lei ha accolto il dono che Dio le ha fatto e lo ho portato al mondo. Nel Magnificat, ha professato la sua fede, vivendo allo stesso tempo l’amore concreto al fratello. Ha seguito Gesù fino alla fine, sotto la croce, essendo la testimonianza viva della luce della fede, ed ancora oggi si dona ai suoi figli.

Anche il fondatore del Santuario di Pompei, il Beato Bartolo Longo, ha vissuto in pieno questi fondamenti della vita cristiana. Dopo la sua conversione, non esitò a professare la propria fede, usando tutti i mezzi a disposizione nella sua epoca. Fece dell’amore ai fratelli, soprattutto gli ultimi e gli emarginati, lo scopo della sua vita. Irradiò la luce della fede in tutto il mondo, con un’instancabile azione evangelizzatrice, che continua nel presente grazie all’impegno del Santuario.

Affidiamo, dunque, fratelli e sorelle a Maria, Sovrana del Cielo e della Terra, ma soprattutto nostra dolcissima Madre, la “più tenera fra le madri”, tutte le nostre preoccupazioni, le nostre ansie, le nostre necessità. Preghiamo per la Chiesa, preghiamo per il Papa Francesco – il Quale mi ha chiesto che lo ricordiamo in modo particolare in questo giorno e in questo luogo – preghiamo per il mondo intero, preghiamo per la pace.

Il Bambino che vediamo sulle ginocchia di Maria e la mistica corona che miriamo nella sua mano ci ispirano fiducia che saremo esauditi. E così sia.

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Santa Messa

in occasione della supplica

Pompei, 8 maggio 2014

Saluto di S.E. Mons. Tommaso Caputo

Arcivesvovo prelato di Pompei-Delegato Pontificio

 

Eminenza, siamo pieni di cristiana letizia nel momento in cui le diciamo: “benvenuto a Pompei!”, città di Maria e terra legata, fin dalla fondazione, alla Santa Sede. Lei, primo e più diretto collaboratore di Papa Francesco, viene a rinnovare il legame tutto speciale con i pontefici e ad aprire idealmente anche al Papa “venuto dall’altra parte del mondo”, la strada che ha già condotto San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in pellegrinaggio al Santuario della Vergine del Rosario. In questo giorno solennissimo, vogliamo esprimere – con più forza che mai – l’amore che Pompei prova per la Chiesa e per il Papa. Le mie parole sono l’eco di una comunità ecclesiale che sente di vivere, pur tra tante difficoltà, un momento importante della propria vita e della propria storia. Sono l’eco di tutti i presenti: delle distinte Autorità civili e militari, a cui porgo un deferente saluto, dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, dei fedeli e dei pellegrini tutti.

Siamo raccolti davanti a questo Santuario, del quale due giorni fa, il 6 maggio, abbiamo ricordato il 75° anniversario della solenne dedicazione, dopo i lavori di ampliamento degli anni Trenta del XX secolo. Il 6 maggio 1939, il card. Luigi Maglione, Segretario di Stato di Papa Pio XII, benedisse il nuovo Santuario, voluto da Maria, costruito grazie alla fede del Beato Bartolo Longo ed ampliato per poter accogliere il sempre più crescente numero di fedeli.

Siamo riuniti qui per la celebrazione della santa Messa e per la recita della Supplica, la preghiera che potremmo definire specchio dell’anima e della spiritualità del Fondatore: una tenera invocazione che, in questo giorno, unisce in unico coro milioni di fedeli in ogni parte del mondo. Questa preghiera, nella quale sono raccolti i desideri e le speranze di tutti gli uomini, è un inno di fede e di pace, alla quale è consacrata anche la facciata stessa del nostro santuario.

Oggi, 8 maggio, come nella prima domenica di ottobre, decine di migliaia di pellegrini sono giunti qui da tutta Italia e dall'estero. Molti di loro, in segno di devozione, sono arrivati qui a piedi, anche con pellegrinaggi di tre giorni. Li accogliamo e salutiamo con calore. Un saluto cordiale va a coloro - in particolare, agli ammalati, agli anziani e ai detenuti, - che ci seguono attraverso TV2000 e Napoli Canale 21.

E poi, il Santuario di Pompei, centro della spiritualità del santo Rosario, “catena dolce che rannoda a Dio” e che ci fa fratelli, è anche una realtà pulsante di carità verso gli ultimi e gli emarginati. Il nostro fondatore, il Beato Bartolo Longo volle, infatti, fare di Pompei la cittadella dell’amore fraterno, il luogo per offrire solidarietà e riparo agli esclusi e agli “ultimi della fila”. Oggi, dopo 130 anni, continuiamo ad accogliere orfani, figli di detenuti, vittime del disagio familiare e sociale, ragazzi sfruttati o provenienti da nazioni in guerra e in grave sottosviluppo. Nel pomeriggio, Lei avrà modo di visitare alcune delle nostre opere di carità.

Eminenza, grazie ancora per essere qui! Dica al Santo Padre Francesco che lo amiamo, che preghiamo ogni giorno per lui e che lo aspettiamo al più presto qui a Pompei!

 

 

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