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In queste settimane la Grecia è attraversata ancora una volta da proteste e malcontento in seguito alle nuove misure di austerità varate dal governo guidato dalla sinistra radicale di Alexis Tsipras, misure necessarie all'esborso di una cruciale tranche di aiuti, senza la quale Atene rischia in estate di andare in bancarotta sotto il peso degli interessi sul debito. E l'alleggerimento del debito rimane un punto di divisione tra i creditori; il governo ellenico si aspetta però che il varo dell'ennesimo pacchetto di tagli e tasse possa portare ad un superamento dello stallo.

L’ultimo Eurogruppo tenutosi a Bruxelles il 22 maggio è finito con un nulla di fatto dopo sette ore di discussioni tra i 19 ministri dell’Eurozona e il danese Poul Thomsen, rappresentante del Fmi. Tutto è stato rinviato al prossimo Eurogruppo che si terrà il 15 giugno e in quell’occasione si dovrà decidere se dare il via libera alla tranche di aiuti per evitare il default, consentire il pagamento di 7 miliardi di euro di debiti e trovare una formula per ridurre il debito greco che viaggia al 180% del Pil.

La Grecia è l’unico Paese dei cinque dell’Eurozona che hanno chiesto aiuto (Irlanda , Cipro, Portogallo e Spagna) che non è ancora uscita dai piani di salvataggio. Mentre la tensione sociale non accenna a diminuire.

Cosi Atene ancora nel mirino delle forze che vogliono la destabilizzazione del Paese mediterraneo da sette anni in piena crisi del debito sovrano. In un clima di forte disillusione sociale e politica dopo l’ennesimo varo di misure di austerità e il rinvio sull’esborso di aiuti e della riduzione del debito in seguito alla fumata nera dell’Eurogruppo di lunedì, un ordigno è esploso ad Atene nell’auto dell’ex premier Loukas Papademos, che è rimasto ferito insieme all’autista e al poliziotto della scorta. L’esplosione, secondo quanto indicano fonti della polizia, è avvenuta al centro di Atene.

Papademos, 69 anni, è rimasto ferito al petto, alle gambe e alle braccia: le sue condizioni, ancorché serie, non fanno temere per la sua vita, secondo i media greci. Al momento è si trova, per precauzione, in terapia intensiva.

Le altre due persone che erano nel veicolo blindato - che nelle immagini appare integro - sono rimaste ferite in maniera più lieve. Tutti sono stati ricoverati all'ospedale Evangelismos. Economista formatosi al Mit, Papademos, già vicepresidente della Bce, è attualmente docente in visita a Harvard. È stato primo ministro 'tecnico' della Grecia dall'11 novembre 2011 al 16 maggio 2012.

Lo scoppio è avvenuto alle 18:45 locali all'incrocio tra le vie 3 settembre e Marni, in pieno centro di Atene. La polizia - che non ha confermato ufficialmente che si sia trattato di un pacco bomba - ha isolato la zona. "Siamo completamente scioccati da quello che è successo", ha affermato il ministro greco Nikos Pappas. 

Nessuno ha rivendicato l'azione, ma in passato alcuni politici greci, banche ed istituzioni finanziarie sono stati bersaglio di attacchi da parte di militanti di estrema sinistra o gruppi anarchici. 

"Siamo scioccati, condanno questo gesto infame", ha detto poco dopo la diffusione della notizia, il ministro per la Comunicazione, Nikos Pappas. Yannis Stournaras, presidente della Banca Centrale greca, si è recato subito in ospedale e ha parlato di "un attacco codardo". Il governo greco "condanna in maniera inequivocabile" l'attentato, secondo quanto detto dal portavoce Dimitris Tzanakopoulos, anche lui andato all'ospedale dove ha trovato i tre feriti "in condizioni stabili e coscienti". Il primo ministro Alexis Tsipras, al summit Nato a Bruxelles, è costantemente aggiornato sulle condizioni di Papademos.

Economista, Lucas Papademos ha guidato un Governo tecnico in Grecia tra il 2011 e il 2012, dopo essere stato governatore della banca di Grecia tra il 1994 e il 2002 e vice presidente della Banca Centrale europea tra il 2002 e il 2010. Il suo governo di larghe intese nel novembre 2011, approvò il secondo piano di salvataggio del paese dopo la caduta del governo di George Papandreou.

Nato ad Atene nel 1947, dopo essersi diplomato nella capitale greca, Papademos ha studiato negli Usa laureandosi al Massachusetts institute of technology (Mit), prima in Fisica (1970) e poi prendendo un dottorato in Ingegneria Elettrica (1972) e uno in Economia (1978). Mentre studiava ha lavorato come ricercatore nel Mit. Nel 1985, è tornato in Grecia per diventare consigliere economico della Banca di Grecia, una posizione che ha ricoperto fino al 1993. Nello stesso anno è stato nominato vicegovernatore e nel 1994 governatore della Banca di Grecia, incarico ricoperto sino al 2002.

In questa posizione Papademos ha avuto un ruolo chiave nel processo di integrazione della Grecia nella zona dell'euro. In seguito è divenuto vicepresidente della Banca Centrale Europea, posto che ha ricoperto fino ai primi mesi del 2010. Dal 1988 Papademos e docente di Economia presso l'Università di Atene e dal 2006 è membro ordinario dell'Accademia di Atene. E' tuttora membro del Consiglio della Bce (dal 2001) e membro del Consiglio generale dello stesso Istituto (dal 1999).

Ha Governato ad interim dei leader dei partiti politici e ha giurato quanto era Presidente della Reppublica era Karolos Papoulias . Al epoca erano presenti il premier uscente George Papandreou, il leader di Nuova Democrazia, Antonis Samaras, il leader del partito di destra del Laos, Giorgos Karatzaferis.

In questo breve lasso di tempo a Papademos ha avuto l'ingrato compito di rassicurare i mercati e i partner europei dopo il pasticcio provocato da Papandreou con la sua proposta (poi ritirata) di un referendum sul pacchetto di misure concordato con l'Europa il 27 ottobre e di portare quindi il Paese alle elezioni politiche anticipate in programma a febbraio. Con una solidissima esperienza sia come docente universitario che nella finanza internazionale, Papademos ha un curriculum molto nutrito e di tutto rispetto e molti concordano sul fatto che aveva il profilo giusto per l'incarico di premier di transizione in una Grecia sull'orlo del collasso..insomma e stato il primo ad aprire questa catastrofe finanziaria...che regna in Grecia da tanti anni.

Il suo governo di unità nazionale con i voti dei socialisti del Pasok e dei conservatori di Nea Dimokratia si formò all’indomani del ritorno dal tempestoso summit di Cannes - alla presenza di Obama, Sarkozy, Merkel e Berlusconi - del premier greco di allora, George Papandreu, che si dimise dall’incarico dopo aver proposto di andare a un controverso referendum sulla permanenza del Paese nell’euro. Il partito socialista, il Pasok, si spaccò e l’allora ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos, guidò la fronda a Papandreu che decise di farsi da parte aprendo la strada alla formazione del governo tecnico di Papademos in uno dei momenti più difficili della crisi del debito sovrano greco, una vicenda che dopo sette anni non è ancora finita.

 

 

L'altra sera presso il centro culturale Rosetum di Milano in occasione della presentazione del libro “La famiglia in Italia. Dal Divorzio al Gender” (Sugarco) di Invernizzi e Cerrelli, è intervenuto anche il professore Massimo Gandolfini, presidente del comitato “Difendiamo i nostri figli”. In poche battute si è capito di che pasta è fatto il medico bresciano, che da alcuni anni sta guidando la battaglia culturale a favore della famiglia in Italia. Ascoltando il suo caloroso intervento mi viene spontaneo accostarlo a quegli uomini dal“Codice cavalleresco”, che Roberto Marchesini descrive nel suo ottimo libretto. Oppure a quegli “Italiani seri”, che Vittorio Messori, evocava in un libro, riferendosi al beato Fa' di Bruno. Tuttavia per chi vuole conoscere meglio Gandolfini deve leggere, “L'Italia del family Day”, (Marsilio Editori, 2016) scritto dallo stesso Gandolfini insieme al giornalista Stefano Lorenzetto.

Massimo Gandolfini, ama talmente la famiglia che ha adottato ben sette figli perchè non ne poteva averne di suoi. Ha organizzato il Family Day del 20 giugno 2015 e del 30 gennaio del 2016 al circo Massimo a Roma.

Il professore quando parla è molto chiaro e preciso. In questo libro racconta la sua vita, pur provenendo da una famiglia cattolicissima, militava nei Cristiani per il socialismo. Professava la teologia della liberazione. I suoi riferimenti spirituali e politici erano in personaggi particolari come dom Franzoni ed altri compagni preti di sinistra. Successivamente cambiò vita, dopo aver incontrato il Cammino neocatecumenale, facendogli intraprendere un itinerario di fede che si è rivelato fondamentale per la sua vita. “Questo percorso di fede non è estraneo alla scelta di campo compiuta dal leader del Family day, discendente da una nobile famiglia che da almeno mezzo millennio si batte per questo, per mantenere intatto il depositum fidei, il patrimonio della verità e dei precetti morali insegnati da Gesù”. Nell'introduzione Lorenzetto scrive che la figura del condottiero è stata sempre presente nel suo casato. Pare che la compagnia di cavalleria di Castel Goffredo fosse comandata dal capitano Domenico Gandolfini.

Gandolfini è un chirurgo, specialista in neurochirurgia e psichiatria e dirige il Dipartimento di neuroscienze e chirurgia testa-collo dell'Ospedale Poliambulanza di Brescia. Fa un lavoro difficile e impegnativo, come quello di “scoperchiare un cranio”. A volte deve rimanere concentrato anche per 18 ore, in piedi, senza mangiare e dormire.“Non è preso dal panico quando mette le mani sulle meningi? Domanda Lorenzetto e lui risponde: “Adesso aprire la testa è diventata una cosa normale. Ma le prime volte mi ponevo tutti gli angosciosi dubbi[...] Mi dicevo: sto manipolando l'organo fondamentale di questa persona, dal quale dipendono la sua vita, le sue relazioni affettive, la sua attività professionale, la sua cultura”. Praticamente il professore Gandolfini compie da cinque a sette interventi a settimana. Nella sua carriera ne ha fatti all'incirca 15.000.

Seguendo le informazioni di Lorenzetto, apprendiamo che Gandolfini è anche docente di neurochirurgia all'Università Cattolica di Roma, ha scritto diversi studi e pubblicazioni scientifiche e partecipa come relatore a centinaia di congressi, convegni, conferenze all'anno. Non basta, è anche presidente dell'Associazione medici cattolici lombardi; vicepresidente nazionale dell'associazione Scienza & vita. Inoltre da vent'anni è consultore della Congregazione delle cause dei santi. Per conto del Vaticano, il perito neurochirurgo ha esaminato con freddezza scientifica tra i tanti, i miracoli attribuiti a Madre Teresa di Calcutta, e a Giovanni Paolo II.

Comunque da questo ricco curriculum secondo Lorenzetto,“si capisce meglio perchè il marito, il padre, il medico Gandolfini si sia imbarcato in questa temeraria impresa del Family day. C'è di mezzo qualcosa che ha a che fare con la nobiltà vera, quella d'animo. Nessun tornaconto personale. Nessun calcolo delle convenienze. Nessuna fregola di vanagloria. Solo un inderogabile dovere di coscienza lo ha obbligato a raccogliere una bandiera dalla polvere e a mettersi alla guida di un'altra Italia, popolosa o deserta che sia, di sicura scarsamente rappresentata dal parlamento e dai mass media”.

A questo proposito è veramente significativa l'esperienza dei coniugi Gandolfini che riguarda l'adozione dei sette di bambini trovati in giro per il mondo. Hanno raccontato, le difficoltà, le peripezie, gli ostacoli, che con la pazienza e l'aiuto di Dio hanno sempre superato.

Tutti si chiedono e gli chiedono se questa Italia del Family Day diventerà un partito, ci sono i precedenti storici dell'insuccesso della lista di scopo“Aborto? No grazie”, che il giornalista Giuliano Ferrara, in un esempio di sconsiderata generosità, presentò per la Camera alle elezioni del 2008, ottenendo la miseria di 135.578 voti”. Certo la questione della rappresentanza politica dei cattolici, dei difensori della famiglia naturale e cristiana è un argomento aperto, che prima o poi bisognerà affrontare. Della questione se ne é occupato Alfredo Mantovano esponente di rilievo di Alleanza Cattolica con una intervista su Formiche.net  (“Come andare oltre il Family Day”, 2.2.17).

Nel dialogo con leader del comitato “Difendiamo i nostri figli”, il testo affronta tutti i temi scottanti inerenti alla “buona battaglia”, culturale, sociale e politica che occorre combattere sulla famiglia di oggi. Si passa dall'aspetto dell'organizzazione dei Family Day, al ribadire che cos'è la famiglia naturale, l'omosessualità, il matrimonio omosessuale, le adozioni gay, l'utero in affitto, infine l'ideologia del gender.

Il medico bresciano racconta i vari passaggi organizzativi dei raduni a Roma, chi ha aderito e chi no. Chi riteneva inutile e controproducenti le manifestazioni di piazza, come il Forum delle famiglie, Comunione e Liberazione.

Il rapporto con la politica, in particolare con il Pd di Renzi è abbastanza conflittuale, “Il nostro premier prende ordini da Barak Obama”, che è al servizio dei padroni del mondo, che non sono certo i governi. Gandolfini fa riferimento a oltre 200 aziende americane, tutte insieme, hanno chiesto e ottenuto da Obama nel 2013, l'abolizione del marriage act, la legge federale che, definisce il matrimonio esclusivamente come unione tra uomo e donna. Tra questi colossi c'è Google, Apple, Microsoft, Facebook, Amazon, Ebay, Intel, Pfizer e tanti altri. Multinazionali in grado di orientare l'opinione pubblica e determinare le sorti dei governi.

Comunque sia il comitato è apartitico, aconfessionale e non ha fini di lucro e si propone attraverso convegni, manifestazioni, dibattiti ad “affermare, promuovere, diffondere e difendere nella loro interezza”, quei principi enunciati nel manifesto in difesa della famiglia naturale e dei figli. “Una famiglia debole significa una società debole”. Gandolfini nella destrutturazione della famiglia, da credente, vede lo zampino del diavolo, che è per sua natura divisore, il separatore. “Il diavolo è l'antagonista della verità. Infatti oggi vengono attaccate le verità più elementari”. Del resto “una società debole, formata da figli con orientamenti sessuali incerti e mutevoli. È altissimamente condizionabile da qualsiasi imput proveniente dall'esterno”. Avremo un mondo di figli che non hanno genitori, ne avranno quattro, cinque, non avranno nessun riferimento, cercheranno ragioni della loro esistenza nella cultura corrente, nel consumismo, nei prodotti, nell'Iphone o l'Ipad.

Per il professore Gandolfini,“siamo diventati una somma di individui, non siamo più una somma di persone in relazione”. Siamo soli con Facebook, con Twitter, con Google, con i social network che sostanzialmente propagandano e sostengono l'ideologia gender.

Gandolfini ci tiene a precisare che la sua battaglia culturale non è contro le persone, ma contro le idee, “la nostra cultura ci obbliga a combattere le idee sbagliate, non gli uomini che le rappresentano”. La campagna culturale di Gandolfini è di ordine educativo e formativo e proseguirà per dare voce a chi non ha voce.

Praticamente le associazioni Lgbt rappresentano una minoranza esigua nel nostro Paese, eppure l'arroganza di Renzi ha fatto in modo di trattarli come “maggioranza”, infischiandosene della aspettative della vera maggioranza degli italiani. Qualcuno ha scritto che siamo ormai alla dittatura dell'ideologia gender, del nuovo marxismo.

Nel libro Gandolfini riporta del suo colloquio con Papa Francesco, che gli ha ribadito di andare avanti nella battaglia, nella missione a favore della famiglia e dei figli. Il Papa gli ha parlato della pericolosità della “colonizzazione del gender” nella cultura e nella scuola.

Chiaramente il movimento, il comitato non ha bisogno di “vescovi piloti”, bensì di “vescovi pastori”, che indichino con chiarezza la via della verità. Del resto,“spetta ai laici, illuminati da una coscienza ben formata, compiere scelte sociopolitiche coerenti e idonee, mentre spetta ai pastori non fare politica, ma indicare i grandi valori e i principi del messaggio cristiano, necessari per costruire una società più giusta, libera, pacifica, orientata al bene[...]”. Questo è stato il pensiero espresso dal Santo Padre Francesco.

Il presidente del Comitato difendiamo i nostri figli, fa riferimento alla scelta di Adinolfi e Amato di fare il partito, “Il popolo della famiglia”. E' una loro scelta personale che non si può condividere, anche perchè è molto difficile che il popolo del Family Day, possa trasformarsi in un partito. Non siamo al tempo di De Gasperi o del banchiere Giuseppe Antonio Tovini o del medico Luigi Gedda, il fondatore dei Comitati Civici.

Gandolfini ama precisare che i suoi discorsi hanno pochissimo di confessionale, “saranno soltanto ispirati alla ragione e alla scienza”. E' particolarmente abituato all'incomprensione, anche alle aggressioni, di chi non accetta l'ovvietà, la verità delle cose. Il professore utilizza spesso l'esempio della mela, che non può trasformarsi in pera. Di fronte all'evidenza,“cessa ogni contesa, ritirati da costui, perché ormai le sue capacità razionali si sono indurite come pietre”.

Tuttavia il professore non ha paura di testimoniare la verità sulla famiglia, è pronto di andare anche in prigione. “Bisogna essere testimoni della verità, sempre, a qualunque costo. Non si possono fare sconti alla verità”. Bisogna essere meno intransigenti, meno aggressivi, bisogna cercare il dialogo? Tommaso Moro e San Giovani Battista ci rimisero la testa per non cedere al volere dei loro re.

Si può discutere sulla manovra economica, sulle pensioni, sull'alta velocità, ma sui valori fondamentali della società non è possibile nessun accomodamento. Anche se usciremo battuti, perdenti, almeno possiamo dire come San Paolo, rinchiuso nel carcere Mamertino e avviato verso il martirio: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”.

Che il ministro Boschi si sia interessata alle sorti di Banca Etruria non è uno scandalo: poteva – e forse doveva – farlo, per motivi famigliari (che non sono necessariamente illegittimi) e per motivi istituzionali, come factotum di Renzi. In questa ottica, però, non si spiega allora come il ministro in questione abbia sempre rifiutato, reiteratamente, ogni contatto con la rappresentanza delle Banche popolari, come se a queste ci si potesse interessare privatamente ma non pubblicamente (tra l’altro, sostenendo  che la competenza spetterebbe al Ministero dell’economia). Questa delle Banche popolari è davvero una vicenda dai contorni chiaroscuri, dunque, sotto più profili. L’ex premier Renzi, ad esempio, sostiene ora che chiarirà tutto – per la vicenda Boschi-De Bortoli – in sede di Commissione d’inchiesta e, a suo tempo, aveva su un quotidiano addirittura invocato l’istituzione della Commissione, per una verifica sul suo provvedimento di legge contro le Banche popolari: ma gli emendamenti tesi a stabilire che la Commissione dovesse occuparsi  della legge Renzi-Boschi di riforma di queste banche sono poi stati tutti respinti dal suo partito sia alla Camera – tanto in Commissione che in aula – che al Senato in Commissione (in aula devono ancora andarci, e qua Renzi – anche da segretario pienamente in carica, oggi – potrebbe ancora intervenire; né l’urgenza di varare la Commissione lo vieta: prima di tutto, perché è più importante chiarire questo che altro; e poi, perché se non figura espressamente tra i compiti dei commissari, l’argomento Popolari sarà del tutto saltato, certamente). Tra l’altro, i comportamenti del ministro Boschi da una parte e di Renzi dall’altra, potrebbero oggi  (anche quanto ai motivi – da indagare – che spinsero a rieditare un provvedimento del fascismo contro le Popolari, a parte l’indagine giudiziaria su chi da ciò trasse profitto) i comportamenti Boschi-Renzi, dicevo, potrebbero avvalorare la tesi che la “riforma” si volle comunque fare per dimostrare all’opinione pubblica che non si aveva timore di andare contro le Popolari nonostante la posizione famigliare nell’Etruria (e questo, anche con riguardo a come si atteggiò il Governo Renzi a proposito dell’applicazione, addirittura anticipata, del bail in alle famose 4 banche – 3 Casse e una Popolare, proprio la sola Etruria –, atteggiamento che sacrificò a esigenze a tutt’oggi sconosciute la reputazione dell’intero sistema bancario, o quasi, con un disdoro per lo stesso che ad oggi è tutt’altro che rimediato e chissà quando lo sarà mai).

Al di là della vicenda nata in questi giorni dall’opera di uno stimato giornalista, è comunque un fatto che la Commissione d’inchiesta sarebbe oggi in grado (essendosi oramai svolte le assemblee delle Popolari trasformate, salvo le due Popolari che dalla riforma hanno saputo, e potuto, starne fuori) la Commissione d’inchiesta – dunque – sarebbe oggi in grado di valutare a chi l’attuazione della riforma abbia giovato. Ormai, al proposito, le cose si fanno vieppiù chiare nonostante persistenti opacità che impediscono di conoscere sino in fondo i dettagli partecipativi degli azionisti dei fondi: la legge contro le Popolari ha giovato al capitale straniero, così che oggi il sistema bancario è, con una modalità o l’altra, in gran parte in mano ai fondi d’investimento e speculativi esteri (per la maggior parte statunitensi, ma anche europei), con i risparmiatori italiani che sono stati cacciati dalle loro banche per essere rimpiazzati da “governatori” stranieri – più o meno velati – , con conseguenti problematiche (di cui peraltro nessuna parla) anche sulla possibile stabilità del nostro sistema bancario, non appena i nostri interessi non collimassero, per un verso o per l’altro, con quelli dei Paesi interessati alle (e maggioritari nelle) nostre banche. Un argomento sul quale bisognerà che, chi può e deve, intervenga prima o dopo, e sul quale converrà in ogni caso ritornare.

 

                                                                                                                                             Corrado Sforza Fogliani

                                                                                                                                             presidente Assopolari

                                                                                                                                             Twitter @SforzaFogliani

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