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In merito alla questione dell'ennesima nave dell'Ong, Sea Watch3 approdata sul nostro territorio, occorre fare un po' di chiarezza, sperando di scriverle bene e comprensibilmente senza farsi odiare da nessuno. Per stabilire chi siano i buoni e chi i cattivi, bisogna conoscere tutti i protagonisti di questa storia. Mi soffermo prima sui componenti l'equipaggio delle navi ong. Per Gian Micalessin, esperto giornalista di lungo corso, queste navi hanno calato la maschera, in particolare questa, la Sea Watch 3, issando la bandiera  della pirateria umanitaria.

«Una pirateria che, al pari delle navi corsare al servizio degli stati nazionali del XVII secolo non agisce per fini propri, ma per soddisfare gli interessi di nuove entità sovranazionali poco disposte a metterci la faccia». (Gian Micalessin, Per chi lavorano “i pirati umanitari” di Sea Watch?, 27.6.19 in destra.it)

Oggi la pirateria umanitaria viene reinterpretata dalla capitana della Sea Watch, Carola Rakhete, che svolge esattamente la stessa funzione. La capitana, novella eroina, qualcuno sostiene che diventerà la nuova santa Lucia, sa bene di mentire quando dice che ha fatto tutto questo per salvare 42 «naufraghi». Così come hanno mentito tutti quelli che si sono comportati come lei. Ormai la faccenda del soccorso in mare degli immigrati sta diventando una commedia dell'arte, sembra di essere al teatro, dove tutti recitano qualcosa di già sperimentato. L'organizzazione umanitaria di cui è al soldo la 31 enne capitana le ha chiesto di «approdare solo ed esclusivamente in Italia perché solo da quel ventre molle, dove l’anomalia di un esecutivo giallo-verde ostacola la compattezza dell’Unione, può iniziare lo sfondamento dei cancelli della «fortezza Europa». La missione assegnata alla capitana Carola come a tanti altri capitani mercenari è insomma quello di penetrare in Italia per scavare una breccia nelle mura dell’Europa. Ma per conto di chi?»

Per Micalessin, la risposta è semplice, «basta seguire il denaro fatto affluire nelle casse di organizzazioni umanitarie come Sea Watch».

Pertanto il giornalista chiarisce, «La vera missione di questa capitana di sfondamento è riversare quel carico umano nella breccia del vallo italiano per dividere il nostro Paese e spaccare l’Europa. Dribblando i divieti di Salvini e scaricando sulle coste italiane quei 42 migranti utilizzati alla stregua di ostaggi la Capitana avrà esaurito il suo compito. Potrà dimostrare a chi la paga di aver contribuito a inasprire i rapporti tra l’Italia e un’Olanda che offre ai pirati di Sea Watch la sua copertura di bandiera. Potrà consolare le anime belle di una Germania che mentre lascia agire impunemente la concittadina Carola Rackete che scarica in Italia migranti narcotizzati e si vanta di aver deportato in un Paese in guerra come l’Afghanistan più di 530 migranti irregolari».

Certo non voglio minimizzare che intorno a questa tragica commedia ci sono tanti, troppi uomini, donne, bambini che perdono la vita. Di chi è la colpa? Certamente non siamo noi i colpevoli. Tanto meno del ministro Salvini, come sostengono compatti i parlamentari del Pd.

Gli altri protagonisti sono i nostri parlamentari di sinistra. A bordo, della nave oltre ai 42 emigranti c’erano anche 5 parlamentari: Graziano Delrio, Matteo Orfini, Davide Faraone (Partito Democratico), Riccardo Magi (+Europa) e Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). «Nessuna responsabilità penale è configurabile per i parlamentari ospiti della Sea Watch, stando alla Procura - scrive Stefano Magni - Ma quanta responsabilità politica hanno? Sono rappresentanti dello Stato italiano e accettano che una nave violi una legge e, nel farlo, vada addosso a un motoscafo della Guardia di Finanza? Uno speronamento che poteva costare la vita alle “fiamme gialle” che erano a bordo?». (Stefano Magni, Sea Watch sperona la GdF. Ma per “ragioni umanitarie”, 30.6.19, in LaNuovaBQ.it)

Giustamente il ministro Matteo Salvini protesta contro i parlamentari:“È incredibile che alcuni parlamentari italiani fossero a bordo di una nave privata straniera che infrange le leggi italiane e stanotte ha messo a rischio la vita di uomini delle forze dell’ordine italiane. Se fossi in loro e nei loro elettori mi vergognerei”.

Dal canto loro i parlamentari del Pd, invece di fare mea culpa, contrattaccano con una serie di surreali commenti scomposti che non sto qui a citarli, per non annoiarvi.

Mi sento però di scrivere qualcosa sul loro comportamento, l'ho sempre pensato, assomigliano molto ai comunisti del vecchio PCI, che ricordo come simbolo aveva una bandiera straniera, quella dell'Urss, si intravedeva appena quella italiana. Il Pci, che prendeva i soldi da Mosca (vedi “L'oro di Mosca”, e “Viaggio di Falcone a Mosca”) sostanzialmente i comunisti italiani lavoravano per una potenza straniera, così oggi i nostri “compagni”, lavorano per altre “potenze” straniere di non definibile natura politica.

Infine, gli ultimi protagonisti sono gli immigrati. Anche qui ci sono diverse domande da porsi.

Intanto dovremmo capire chi c’era davvero su quella nave, processare il comandante, certo, ma capire anche chi sono le persone che alcuni dicono di voler aiutare, altri di voler respingere. Da dove vengono, come hanno avuto i soldi per la traversata, di che famiglie sono, che grado di istruzione, che promesse sono state fatte loro, cosa si aspettano, chi ha organizzato il viaggio e come, di che credono di poter vivere qui in Italia. Ancora occorrerebbe sapere se questi immigrati si muovono liberamente, se vengono ingannati, se sono davvero poveri con la speranza di fare fortuna, oppure finiscono nel racket a raccogliere pomodori a due euro all'ora.

Ho trovato su facebook una interessante sintesi descrittiva sulle persone e su quello che sta accadendo nel mare Mediterraneo.

Sono, per lo più, giovani maschi provenienti dai paesi meno poveri del continente africano - e non profughi minacciati da persecuzione, abusi e prigionia - quelli che prendono l'iniziativa di affrontare il viaggio verso l'Eldorado europeo.

Appena varcato il confine, cadono prigionieri delle famigerate carceri libiche dove verranno - qui sì - almeno asseritamente, depredati, abusati e torturati. Poi, invariabilmente e inspiegabilmente, ritroveranno libertà e sufficiente denaro per pagare il compenso ai trafficanti che li stiperanno in piccoli natanti, diretti al rendez vous con le navi delle ONG, sempre, opportunamente, nelle vicinanze per salvarli dal, presunto, naufragio.

Il personale di queste organizzazioni non prenderà neppure in considerazione l'ipotesi di riaffidarli alle autorità di uno dei paesi da cui essi provengono, incluso quello che hanno scelto come trampolino per l'espatrio. Ma metterà, senza indugio, la prora verso l'Italia, nazione che sembra diventata responsabile, by default, del salvataggio di chiunque si trovi in difficoltà dall'Alpi alle piramidi. Nel frattempo, gli addetti alla comunicazione della ONG avranno annunciato, urbi et orbi, di avere salvato donne, minori e, tutti gli altri migranti, genericamente, in precario stato di salute.

Quando saranno sbarcati nell'agognato "porto sicuro", i fragili minorenni e gli stremati migranti si saranno trasformati, miracolosamente, in palestrati ragazzoni di sana e robusta costituzione. All'esame delle richieste di asilo, pochissimi risulteranno aver titolo a qualche forma di protezione.

Praticamente nessuno prenderà la strada del ritorno in patria a causa dell'inerzia alle riammissioni da parte dei paesi di origine. Resteranno nel nostro paese a rinfoltire la manovalanza del lavoro nero e di vari traffici illeciti.

Un popolo di invisibili che vivrà' di espedienti e che si insedierà nei palazzi occupati delle periferie da dove nessuno li allontanerà. Almeno finché non oseranno sconfinare nei selettivi buen retiro di quegli intellettuali che reclamano aperture di porte e abbattimento di muri. Sempre che i nuovi arrivati restino a rispettosa distanza dai loro sguardi e dal loro sensibile olfatto.

Il risultato operativo è il frutto di un’indagine del gennaio 2017, avviata dalla Metropolitan Police di Londra e proseguita unitamente al Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza ed all’ Ispettorato Generale della Polizia romena, scaturita dal furto di 260 libri antichi, del valore commerciale di 2 milioni di sterline britanniche (oltre 2 milioni di euro), consumato nella notte tra il 29 e il 30 gennaio 2017 a Feltham (Regno Unito).

I beni, di proprietà di due collezionisti italiani, uno di Pavia e l’altra della provincia di Padova, e di uno tedesco, si trovavano in un magazzino pronti per essere trasferiti a San Francisco (Stati Uniti) per la 50^ fiera internazionale dei libri antiquari.

I libri erano stati asportati con modalità singolari, infatti, i malviventi dopo aver effratto i lucernari del capannone ove erano custoditi unitamente ad altro materiale, per eludere il sistema di allarme, si erano calati al suo interno utilizzando delle corde.

Nel luglio del 2018, le autorità giudiziarie e di polizia inglese e romena, avendo necessità di proseguire l’attività investigativa in Italia, utilizzando il recente strumento processuale dell’Ordine Europeo d’Indagine, coinvolgevano i militari dello speciale Reparto brianzolo, in virtu’ della consolidata esperienza di settore che il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale riscuote anche all’estero.

Il Nucleo TPC di Monza veniva, quindi, inserito nella squadra investigativa comune (Joint Investigation Team), che proseguiva sinergicamente le indagini nei tre Paesi.

L’attività investigativa, diretta per la parte italiana dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, coordinata a livello internazionale da Europol ed Eurojust, si concludeva il 26 giugno del 2019 con l’arresto di 15 persone sul territorio britannico e romeno, nonché con l’esecuzione di 45 perquisizioni ed il sequestro di materiale probatorio in Italia, Regno Unito e Romania.

I preziosi libri, di notevole rilevanza storica, sono attivamente ricercati dai Carabinieri e dalle Polizie europee, essendo stati inseriti nella Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti gestita dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.

La viceportavoce capo della Commissione europea, Mina Andreeva, a Bruxelles ha rivelato che Il collegio si riunirà domani nella capitale belga perché il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, partirà mercoledì alla volta del Giappone per partecipare alla riunione del G20. Come ha spiegato la funzionaria europea, il collegio sarà "aggiornato sullo stato delle cose riguardante l'Italia, sulla base di una presentazione da parte del vicepresidente Valdis Dombrovskis e del commissario Pierre Moscovici, che fa seguito alle ultime discussioni nel collegio".

Alla domanda della possibilità o meno che domani venga presa una decisione riguardante la procedura per deficit eccessivo da parte del governo italiano, la Andreeva ha confermato che si tratta di un "aggiornamento". "Non pregiudico la discussione che il collegio avrà" ha concluso la viceportavoce capo della Commissione. Per l'Italia potrebbero essere quindi 24 ore decisive. Sono in molti a credere che la decisione dell'organo Ue possa avere ripercussioni molto gravi sulla sorte dell'esecutivo composto da Lega e Movimento 5 Stelle. E adesso, il rischio di una decisione che punisca le scelte economiche dell'esecutivo può essere estremamente importante

Intanto "pur apprezzando il fatto che l'Italia abbia proceduto all'evacuazione di un numero di persone dalla Sea Watch 3 per ragioni mediche", la Commissione Ue fa appello "agli Stati membri" per trovare "una soluzione per le persone che sono rimaste a bordo". Lo afferma una portavoce parlando di "imperativo umanitario" e ribadendo che l'esecutivo comunitario "continuerà a fare tutto il possibile, nell'ambito delle nostre competenze, per sostenere e coordinare eventuali sforzi di solidarietà".

La Corte di Strasburgo ha reso noto di aver ricevuto una richiesta di "misure provvisorie" da parte della Sea Watch 3 per chiedere all'Italia di consentire lo sbarco dei migranti. La Corte ha rivolto una serie di domande sia alla Sea Watch 3 che al governo italiano. Questi ultimi dovranno rispondere entro oggi pomeriggio. La Corte in base ai suoi regolamenti può chiedere all'Italia di adottare quelle che vengono definite "misure urgenti" e che "servono ad impedire serie e irrimediabili violazioni dei diritti umani".Cosi persa la partita al TAR adesso la Sea Watch prova la carta della Corte europea per i diritti dell’uomo

In particolare, l’ong tedesca la cui nave Sea Watch 3 dal 12 giugno scorso ha a bordo i migranti soccorsi quel giorno ed è ferma poco al di fuori dalle acque territoriali italiane, ha chiesto alla Corte di intervenire obbligando il governo italiano a farla ancorare presso il porto di Lampedusa.

I legali della Sea Watch avrebbero, in particolare, avanzato delle richieste volte a far emanare dalla Corte europea per i diritti dell’uomo delle “norme provvisorie” per fare in modo che il governo italiano accolga all’interno delle proprie acque la nave dell’ong.

Si tratterebbe di misure urgenti volte, come si legge nella nota della Corte, “ad impedire serie ed irrimediabili violazioni dei diritti umani”. Una lista di provvedimenti che sarebbero nella facoltà di tale organismo richiedere nel caso in cui venga accolta l’istanza della Sea Watch.

Il ricorso della Sea Watch alla Corte europea per i diritti dell’uomo, potrebbe comunque non essere l’ultimo atto del braccio di ferro politico tra la stessa ong ed il governo di Roma. Il caso è il primo che nasce dopo il via libera al cosiddetto “decreto sicurezza bis” che, tra le altre cose, prevede multe molto elevate per chi trasporta migranti irregolari in Italia.

In caso di dichiarazione di stato d’emergenza per via del deterioramento delle condizioni a bordo, la Sea Watch 3 potrebbe in effetti forzare il blocco imposto dal divieto di ingresso nelle acque italiane ed arrivare al porto di Lampedusa. Ma, per l’appunto, in base alle nuove disposizioni una volta giunti in Italia la nave sarebbe sequestrata e per il capitano scatterebbe una multa da cinquantamila Euro.

Dal canto suo il ministro dell’interno Matteo Salvini, primo fautore della linea dei porti chiusi alle navi delle ong, torna a ribadire il divieto allo sbarco ed accusa sia la Sea Watch che il governo olandese di un eventuale peggioramento della situazione. La nave della discordia infatti batte bandiera dei Paesi Bassi.

Nelle prossime ore dovrebbero dunque sorgere altre ed importanti novità: la vicenda va avanti da oramai due settimane, gli occhi in queste ore sono inevitabilmente puntati sulla Corte europea per i diritti dell’uomo.

"La Diocesi di Torino è disponibile ad accogliere senza oneri per lo Stato i migranti della Seawatch". Così l'arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia, al termine della messa San Giovanni, patrono della città. "Rivolgo una preghiera speciale a San Giovanni, che ha sempre difeso i poveri - ha aggiunto - Chiedo a lui di dare una mano per risolvere il problema che stanno vivendo le persone a bordo della SeaWatch. Per essere concreti la Chiesa di Torino è disponibile ad accogliere questi fratelli e sorelle".  

 

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